Il male che facciamo ai nostri figli

C’è un pensiero che mi accompagna, senza farmi compagnia, da alcuni giorni.

Un pensiero per niente estivo e per certi versi censurabile, che è difficile condividere perché è difficile da ascoltare. Da fronteggiare.

Il pensiero del male che, inevitabilmente, finiamo col fare ai nostri figli.

È un’idea che tendiamo d’istinto a rimuovere, per fortuna, un po’ come cancelliamo, per la maggior parte del tempo, la consapevolezza della morte che ci attende inevitabile. La natura, nella sua infinita saggezza, ci garantisce una generosa dose di oblio e di dimenticanza, che ci consente di andare avanti in serenità e goderci l’esistenza un giorno dopo l’altro.

Eppure io, affetta da sempre da un patologico eccesso di consapevolezza, dopo un anno estenuante e doloroso come quello che tutti assieme abbiamo dovuto attraversare, da un po’ di tempo non posso fare a meno di pensarci.

Facciamo tutti del male ai nostri figli, che ci piaccia riconoscerlo oppure no. Le paure, le fragilità, le nevrosi della stragrande maggioranza delle persone che conosco sono quasi tutte spiegabili a partire dalle famiglie in cui sono (e in cui siamo) cresciuti. E per comprendere certi moti, certe idiosincrasie e certi nodi irrisolti dei bambini che mi capita di frequentare, spesso basta osservare con un po’ di attenzione i loro genitori.

Le famiglie, i genitori, le madri sono ali e sono catene, sono nidi e sono lacci.

Sono radici e sono cicatrici.

Vale, naturalmente, anche per me. Soprattutto per me, come figlia e come madre.

Se a volte mi capita di pensare che avrei fatto meglio a non avere figli, è per una sola e unica ragione: il peso immenso della certezza che, per quanto io mi impegni e mi sforzi ogni singolo giorno di essere per loro la madre migliore possibile, alla fine i miei figli si porteranno addosso ferite e traumi che io, senza giri di parole, gli avrò inflitto. Come tutti i genitori di tutti i figli del mondo. E anche se questo non impedirà loro di perdonarmi e di amarmi, e possibilmente di essere delle persone ragionevolmente felici e risolte, ci sono giorni in cui questa certezza mi schiaccia e mi affligge.

Se ne parla troppo poco, questo a mio parere è il vero problema. La narrazione della genitorialità e della famiglia in senso lato sono ancora parziali, intrise di buonismo, censurate dalla paura e dal fastidio, dalla resistenza verso certe fastidiose ma ineluttabili verità.

Si raccontano ancora le famiglie – e le madri, in particolare – con il filtro stucchevole della retorica, come se non avessero zone d’ombra, come se non fossero, alla fine, la causa principale di molti dei nostri casini (oltre che, non lo nego di certo, una fonte inesauribile di amore, di tenerezza, di gioia e di forza interiore).

Il male che tutti facciamo ai nostri figli non viene raccontato. Non viene condiviso, non viene dichiarato. Spesso viene addirittura negato, come se potesse in qualche modo sporcare l’amore che lega, senza dubbio, una generazione alle altre.

E invece è una parte incancellabile del viaggio. Dell’esperienza che facciamo come figli, come genitori, come nipoti. E se imparassimo a guardarla negli occhi, forse riusciremmo a esorcizzarla e disinnescarla, cancellando i sensi di colpa e imparando a essere più veri. Come figli e come genitori.

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1 Commenti

Paola 27 Giugno 2021 - 23:05

Da convivere questo post!

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