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Tag:

natura

abruzzo con i bambini parco nazionale del gran sasso
animaliviaggi

Abruzzo con i bambini: tre esperienze per sfatare pregiudizi

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Luglio 2021

Credo con fermezza che il mio ruolo di genitore includa anche il compito non semplice di distogliere i miei figli da certi pregiudizi e falsi miti radicati, anche quando, come nel recente weekend in Abruzzo con i bambini, li portiamo in vacanza. E questo, a maggior ragione oggi, Giornata Internazionale degli Squali, vale anche per tutti quegli animali che spesso sono fraintesi, misconosciuti, ingiustamente evitati o temuti, per non dire di peggio. Dai pipistrelli ai bruchi, dagli squali alle api ai ragni, a casa nostra cerchiamo come possiamo di aprire le menti e i cuori dei nostri bambini alla meravigliosa varietà del mondo animale (uno sforzo che in effetti mi viene abbastanza facile, vista la mia attitudine spontanea nei confronti di bestie e bestioline di ogni tipo).

Nelle ultime settimane, complici le tanto sospirate – e chissà quanto stabili, sigh – riaperture, abbiamo approfittato di un sensazionale weekend in Abruzzo con i bambini per fare amicizia con una serie di creature meravigliose eppure ancora oggetto di sospetti infondati, paure e reticenze immotivate.

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14 Luglio 2021 2 Commenti
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allevare farfalle con i bambini
animali

Allevare farfalle con i bambini: perché farlo e come

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Aprile 2021

Nelle ultime settimane, “approfittando” dell’ennesimo periodo in zona rossa (e anche per favorire un minimo l’elaborazione del nostro lutto per Artù) ho deciso di provare una nuova esperienza: allevare farfalle con i bambini! Ecco quali sono, per me, i motivi per vivere questa avventura, e qualche informazione pratica su come procedere.

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22 Aprile 2021 1 Commenti
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tenere i bambini all'aperto quando fa freddo
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Perché è sano tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo

by Silvana Santo - Una mamma green 3 Novembre 2020

Tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo: sì o no? È il classico dibattito autunnale che si ripete tra i genitori (e non solo) italiani, forse perché avvezzi a climi particolarmente miti e poco in confidenza con condizioni meteo più “nordiche”. Nei paesi più freddi, infatti, il problema non si pone nemmeno: i bambini giocano all’aperto, frequentano boschi e parchi, vanno a scuola a piedi, escono normalmente anche se le temperature esterne sono rigide. E lo fanno equipaggiati al meglio, con abiti adeguati e scarpe adatte.

Non so di quale avviso siate voi, ma io sono convinta che tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo sia un’abitudine salutare, ancora di più in questo momento di apprensione generale per la pandemia di Coronavirus. Ovviamente, e lo scrivo a chiare lettere, nel rispetto del distanziamento fisico e dei vari decreti, limitazioni e restrizioni del caso.

all'aperto quando fa freddo

Il freddo non fa ammalare

La prima e fondamentale cosa che giustifica la scelta di tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo: raffreddori, mal di gola, influenze e simili sono causate da virus e batteri, non dalle basse temperature ambientali. Se non si viene a contatto con un agente patogeno non ci si ammala, anche se fuori ci sono due gradi sotto zero o se soffia un vento forte e gelido. È vero che la parola stessa (“raffreddore”) lascerebbe intendere il contrario, come è vero che a volte ci cola il naso quando fa molto freddo – ma quello è un fenomeno temporaneo legato alla differenza di temperatura tra l’aria che inaliamo e l’interno caldo e umido delle nostre narici – ma sono specifici microrganismi a causare i tanto temuti mali di stagione. Il fatto, per esempio, di aver “preso freddo” ed essersi ritrovati, ventiquattr’ore dopo, con un bel raffreddore, dovrebbe essere considerato come una mera coincidenza, anche perché raffreddori e influenze hanno comunque un tempo di incubazione che di norma supera le poche ore.

Una concausa relativa e superabile

Quello che gli studiosi sospettano da tempo, invece, è che il freddo potrebbe in qualche modo abbassare le difese immunitarie dell’organismo, favorendo di conseguenza le infezioni. Ma non esistono ancora studi definitivi e verificati sull’argomento, e comunque anche in questo caso un equipaggiamento adeguato (abbigliamento, scarpe e accessori) può contribuire in modo sostanziale a risolvere il problema. Senza dubbio, determinati virus temono il caldo, o comunque circolano per lo più nei mesi più freddi, e questo spiega in parte la stagionalità di influenze e altre affezioni, ma è soprattutto la persistenza in ambienti chiusi a favorire il contagio. E qui veniamo difatti al punto successivo, che rende ancora più valido il consiglio di tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo.

Stare al chiuso è il vero rischio

In autunno e in inverno, specie alle nostre latitudini, si tende a trascorrere molto tempo in ambienti chiusi, magari anche con le finestre serrate e quindi con ricambio d’aria limitato. In realtà, le precauzioni di “restare al caldo”, o di “evitare gli spifferi” possono paradossalmente aumentare la concentrazione di virus e batteri in una stanza e favorire la diffusione dei vari malanni. Non a caso, nei mesi invernali il pediatra dei miei figli si ostina con grande pazienza a spalancare le finestre della sala d’attesa tra una visita e l’altra, sapendo che puntualmente arriverà tutte le volte a richiuderle qualche mamma o nonna solerte – e in ottima fede – preoccupata per il freddo. I luoghi con scarso ricambio d’aria e magari molto affollati (penso per esempio a mezzi di trasporto, centri commerciali, piccole ludoteche e simili), per quanto “caldi e asciutti” rappresentano di fatto quelli in cui è forse più facile beccarsi un virus invernale. Sarebbe invece più salubre tenere i bambini all’aperto, e farli camminare a piedi, anche quando fa freddo, specie se si ha la possibilità di portarli in luoghi relativamente incontaminati e con poco inquinamento. Servono, questo è ovvio, indumenti termici, comodi e impermeabili, cappelli e guanti adeguati e anche delle scarpe che tengano il piede al caldo e all’asciutto, oltre a essere confortevoli e rispettose della fisiologia dei piccoli piedi in crescita. E pure, perché no, di quelli già cresciuti.

bambini all'aperto d'inverno

Attenzione agli sbalzi termici

Più che il freddo in sé, quello a cui fare attenzione sono in realtà i repentini sbalzi termici, che rendono difficile l’adattamento da parte dell’organismo (senza contare che, spesso, nei filtri dell’aria condizionata si annidano muffe, germi e altre schifezze). Quello che va evitato, dunque, non è uscire con i bambini anche quando fa freddo, ma surriscaldare gli ambienti nei mesi autunnali e invernali.

Tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo: ma come?

Il fatto che non sia il freddo a farci venire l’influenza non vuol dire però che i climi rigidi possano essere sottovalutati. Se non si è attrezzati, le temperature molto basse sono difficili da tollerare, specie per i bambini molto piccoli, e causare addirittura dolore o problemi anche permanenti, soprattutto a carico delle estremità del corpo. Per questo i nordici dicono che “non esiste il cattivo tempo, ma solo il cattivo equipaggiamento”. Per tenere i bambini all’aperto anche quando fa freddo occorre che indossino abiti caldi ma pratici, meglio se idrorepellenti e antivento (vestirli a strati può essere una buona strategia per migliorare il confort). La massima attenzione va sempre dedicata alla testa, alle mani e ai piedi, che sono le parti del corpo che risentono maggiormente delle temperature rigide. Le scarpe, in particolare, dovrebbero essere calde ma comode e flessibili, rispettose della fisiologia del piede. Per le giornate non troppo rigide io vi consiglio le calzature Wildling Shoes, realizzate con materiali naturali e concepite in modo da lasciare il più possibile liberi i piedi di bambini e adulti. “Come se si camminasse scalzi”, ma con il confort e l’isolamento extra di specifiche solette aggiuntive. La collezione autunno/inverno include modelli più o meno pesanti, con o senza membrana impermeabile. La soluzione perfetta per non rinunciare a uscire e giocare all’aperto anche con un clima fresco e umido (mentre sono consigliabili stivaletti in gomma o sovrascarpe impermeabili quando piove forte).

uscire coi bambini quando fa freddo

Post realizzato con l’assistenza di Widling Shoes

3 Novembre 2020 0 Commenti
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verdura e frutta di stagione biologica
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Frutta di stagione bio: perché la preferisco e come la scelgo

by Silvana Santo - Una mamma green 2 Settembre 2020

Sono lontani i tempi in cui avevamo accesso solo a verdura e frutta di stagione: le moderne tecniche di coltivazione dei prodotti ortofrutticoli, ma anche le maggiori possibilità di conservarli e trasportarli anche a distanze enormi hanno riempito progressivamente i supermercati di alimenti che non seguono la stagionalità naturale dei raccolti. Trovare in vendita le fragole a Natale, insomma, non è più così impossibile. Ci sono molte ragioni, però, per preferire comunque la verdura e la frutta di stagione, meglio ancora se biologica. Ed esiste un modo interattivo e divertente per riuscire a scegliere i prodotti migliori mese per mese: l’Albero della stagionalità, che vi racconterò in questo post!

albero della stagionalità per la frutta di stagione

La frutta di stagione è più buona

La natura dà il meglio di sé quando le viene appunto consentito di esprimersi al meglio, con spontaneità. La frutta di stagione, così come la verdura, ha di solito proprietà organolettiche che non sono paragonabili a quella dei prodotti consumati “fuori tempo”: sapori, profumi, consistenze e colori raggiungono il massimo quando viene rispettata la naturalità del raccolto. E, almeno per la mia esperienza, quando si punta sul biologico. La natura, del resto, è generosa e piena di fantasia: in ogni stagione ci regala una varietà di colori, gusti e aromi in grado di soddisfare i palati più esigenti e di assicurarci un pieno di acqua, fibre, vitamine, minerali e altri elementi fondamentali per il nostro benessere. Anzi: rispettare la stagionalità di frutta e verdura può essere l’occasione perfetta per assaggiare nuovi prodotti e sperimentare ricette alternative, magari riscoprendo i sapori della tradizione gastronomica del nostro territorio.

frutta di stagione bio

Verdura e frutta di stagione bio sono più green

La frutta e la verdura fuori stagione sono prodotte in serre, spesso riscaldate e illuminate artificialmente, con maggiori quantità di pesticidi e concimi di sintesi rispetto alle colture che assecondano i tempi naturali. Oppure provengono da luoghi di coltivazione molto lontani da quelli di consumo, con un importante dispendio di carburante e di antiparassitari per sopportare il lungo viaggio. In altre parole, inquinano di più e sono potenzialmente più inquinate. La scelta di prodotti di stagione, meglio ancora se coltivati secondo i crismi dell’agricoltura biologica, permettono di ridurre l’impatto sull’ambiente, grazie a una filiera produttiva che esclude l’impiego di pesticidi e fertilizzanti sintetici e che riduce gli sprechi idrici e lo sfruttamento del suolo.

frutta e verdura biologica di stagione

I prodotti di stagione costano meno

Normalmente, mettere nel carrello prodotti ortofrutticoli di stagione, anche quando si tratta di cibi biologici, permette di spendere meno (in qualche caso, anche considerevolmente meno) rispetto all’acquisto di prodotti fuori stagione che, per il loro processo produttivo più “artificiale” o per la provenienza da territori lontani, hanno di norma un costo più alto. Rispettare la stagionalità della natura, insomma, fa bene anche al bilancio familiare.

frutta biologica di stagione

Come scegliere verdura e frutta di stagione

Un modo davvero semplice e divertente per individuare i prodotti di stagione mese per mese, magari coinvolgendo i bambini in un passatempo simpatico e allo stesso tempo istruttivo, è l’Albero della Stagionalità che trovate sul sito di Made in nature, un bellissimo progetto nato per promuovere la cultura del biologico in diversi paesi europei. L’Albero virtuale è davvero di immediato utilizzo, basta scegliere un mese sul calendario per accedere ai frutti e agli ortaggi che la terra ci regala in quel periodo. Cliccando sui disegni dei vari prodotti, inoltre, si possono leggere utili informazioni sulle loro caratteristiche e proprietà. La grafica è molto accattivante, anche per i bambini, che in questo modo potranno, con un semplice clic, imparare tante cose nuove sulla natura e sui suoi preziosi “tesori”, conoscere il valore della stagionalità dei prodotti e magari mangiare la verdura anche più volentieri!

come scegliere la frutta di stagione

Voi cosa ne pensate? Portate in tavola solo prodotti di stagione, oppure vi concedete qualche prelibatezza “fuori tempo”? Ritenete di essere sufficientemente informati sulla stagionalità di frutta e verdura?

 

Post realizzato con l’assistenza di Made in Nature

albero della stagionalità della frutta

2 Settembre 2020 0 Commenti
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perché adottare un alveare
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Perché adottare un alveare e come farlo

by Silvana Santo - Una mamma green 11 Giugno 2020

Avete mai pensato di adottare un alveare? Un gesto semplice e alla portata di tutti, un piccolissimo investimento che può fare davvero la differenza per la salvaguardia della natura e la protezione di questi piccoli meravigliosi insetti che rischiano di estinguersi. Adottare un alveare, inoltre, rappresenta un’occasione unica per i bambini, per avvicinarli al mondo dell’apicoltura e conoscere da vicino la straordinaria società delle api e i “miracoli” che riescono a compiere. E offre anche, non da ultimo, la possibilità di ricevere direttamente a casa propria una fornitura preziosa di “dolcissimo oro”, oppure di fare un regalo originale e green.

Se volete saperne di più, vi racconto come funziona l’adozione di un alveare e, soprattutto, perché farlo!

Perché adottare un alveare: senza api non si mangia

Le api sono fondamentali per la nostra vita: sono loro che, grazie all’impollinazione, ci permettono di portare in tavola molti frutti e molte verdure per noi irrinunciabili. Solo in Europa, circa quattromila diverse colture dipendono dal “lavoro” quotidiano e infaticabile delle api. Garantire la loro sopravvivenza sulla Terra significa dunque garantire l’esistenza stessa della specie umana, che altrimenti dovrebbe fare i conti con problemi serissimi di approvvigionamento di prodotti agricoli.

Paladine della biodiversità

Non è solo una questione di “pappa” per noi umani: la presenza delle api come impollinatori assicura la sopravvivenza di migliaia di specie vegetali, che altrimenti non potrebbero più riprodursi. A cascata, mantenere in salute piante e alberi offre habitat, rifugio e nutrimento alla fauna, contribuisce all’equilibrio climatico (già messo a dura prova dal riscaldamento globale) e previene il dissesto idrogeologico. In generale, adottare un alveare e proteggere le api significa dare un contributo molto importante alla tutela di interi ecosistemi.

come adottare un alveare

Tutto il bello del miele

Il miele non solo è una leccornia di cui l’umanità gode da millenni: gli antichi egizi già allevavano le api per raccoglierlo, mentre per i Greci era “il cibo degli dei”. Il miele vanta anche proprietà antinfiammatorie e antibiotiche e contiene vitamine, minerali e antiossidanti. È inoltre uno dei prodotti alimentari più “naturali” che ci siano e, nel caso del miele “grezzo”, non subisce alcun tipo di pastorizzazione, cottura, trattamento o addizione di sostanze. Adottare un alveare significa assicurarsi una preziosa (e deliziosa!) scorta di miele, da utilizzare in purezza o in mille ricette dolci e salate. Io, per esempio, adoro impiegarlo in preparazioni di ispirazione orientale, come il salmone caramellato, il pollo in salsa teriyaki o i gamberi cotti sulla piastra giapponese.

Altri tesori dell’alveare

Dentro un alveare si producono anche molte altre materie prime dalle proprietà insostituibili. Dalla propoli alla pappa reale, dalla cera d’api al polline stesso, alle api si deve un vero e proprio forziere di tesori naturali, che l’uomo conosce e apprezza fin dalla notte dei tempi.

Le api sono in pericolo

Nonostante il ruolo inestimabile e unico che ricoprono negli equilibri ambientali e nella vita dell’uomo, le api sono attualmente minacciate di estinzione. Negli ultimi decenni, il loro numero è calato costantemente a causa dell’uso sempre più massiccio di pesticidi, della perdita di habitat, della diffusione di parassiti provenienti da altri ambienti. Anche il pregiudizio che a volte gli uomini hanno nei loro confronti rischia di aggravare ulteriormente la situazione. Adottare un alveare significa preservare nel modo più concreto e immediato possibile una popolazione di api, preziose impollinatrici e generose alleate dell’uomo.

Una storia e una cultura millenarie

Se le api sono a rischio, lo è ovviamente anche l’apicoltura, che vanta migliaia di anni di storia e di cultura, di tecniche e conoscenze spesso tramandate di generazione in generazione, da famiglie che allevano le api con passione e amore a stretto contatto con la natura. Sostenere un apicoltore non significa solo aiutare lui/lei e la sua famiglia, ma anche contribuire alla tutela di un patrimonio millenario e insostituibile di saperi, tradizioni e buone pratiche.

Come adottare un alveare

Con 3Bee adottare un alveare è estremamente semplice: basta andare sul loro sito, scegliere l’apicoltore che si vuole sostenere tra le tante realtà in tutta Italia e selezionare la formula con cui si vuole sostenere il progetto. I piani di adozione degli alveari partono da un costo di appena 12 euro l’anno, ma già con un investimento di poco superiore (21 euro) è possibile assicurarsi una piccola fornitura annua di miele. Oltre al prezioso “cibo degli dei”, potrete visitare virtualmente l’alveare che avete deciso di adottare e seguirne le novità e l’evoluzione nel tempo (personalmente, ho rinunciato a parte del mio compenso per questa collaborazione per adottare un alveare con il piano “La Queen”, vi racconterò più avanti l’esperienza di monitoraggio a distanza dal punto di vista di Davide e Flavia). A me sembra anche una perfetta idea regalo, adatta a tutte le esigenze e a tutte le tasche.

adottare un alveare: consigli

Voi cosa ne pensate? Vi piace il miele, lo utilizzate sulla vostra tavola? Ditemi la vostra nei commenti o sulla mia pagina Facebook.

Post realizzato con l’assistenza di 3Bee

La foto di copertina e quella delle arnie sono di Azienda Agricola Borgo al Mezzanino

 

11 Giugno 2020 5 Commenti
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life

Fame d’aria

by Silvana Santo - Una mamma green 9 Giugno 2020

La condizione generale di questi mesi, ora che riesco a guardare con un minimo di prospettiva le settimane oscure dell’emergenza più profonda, degli ospedali straripanti, delle camere mortuarie piene di feretri, mi pare che si possa sintetizzare dicendo che abbiamo avuto tutti fame d’aria (e in parte ce l’abbiamo ancora).

Non solo per le implicazioni cliniche di questa malattia sconosciuta e complessa, non soltanto i più sfortunati, cui il virus ha tolto letteralmente l’aria dai polmoni. È come se a un tratto tutti quanti, incluso chi ha avuto la fortuna di restare sempre sano, ci fossimo trovati in un certo senso a trattenere il fiato. E ad avere fame d’aria.

Abbiamo trattenuto il fiato per la paura.
Per l’angoscia per chi stava male, per chi moriva solo nelle terapie intensive e per chi, a casa, pregava un qualche dio di risparmiarlo dal dolore.
Per la preoccupazione costante, più per i nostri cari anziani o malati che per noi stessi.

Hanno avuto fame d’aria i bambini, chiamati a un sacrificio doveroso ma estenuante per tutelare altre generazioni da una minaccia invisibile. Abbiamo trattenuto il fiato noi, guardandoli in silenzio e temendo le conseguenze a lungo termine di questa condizione così innaturale.

Abbiamo trattenuto il fiato per non litigare più del dovuto. Per non infierire, per non vomitare sugli altri la nostra frustrazione, la nostra rabbia, la nostra ansia. Qualche volta ci siamo riusciti, altre volte no. Ma in ogni caso abbiamo dovuto coricarci, la sera, con una specie di fame d’aria che non riusciva ad abbandonarci. Anche se la saturazione dell’ossigeno nel nostro sangue era perfetta, anche se i nostri alveoli polmonari erano sgombri e funzionanti.

Abbiamo avuto fame d’aria perché costretti a restare per mesi in case spesso piccole e senza spazi esterni.

Una fame insaziabile e destinata, almeno per quanto mi riguarda, a rimanere feroce a lungo, anche ora che il lockdown è finito. Ho avuto fame di natura, di mare, di verde, di viaggi. Di alberi e di animali. Di vento forte e sole cocente. Una fame che mi rode da sempre, ma i cui morsi si sono fatti sempre più crudeli man mano che le settimane di chiusura si accumulavano una sopra l’altra. E che ora cerco di alleviare organizzando gite e passeggiate, rigorosamente all’aperto e alla luce del sole.

Vorrei che in qualche modo ci restasse in gola, questa metaforica fame d’aria che spinge tanti di noi, anche tra quelli che erano sedentari e pantofolai, a cercare di nuovo il contatto con gli elementi naturali. A tuffarsi in un mare ancora ghiacciato, ad azzardare una passeggiata ogni settimana più lunga e più impegnativa.

Non penso, purtroppo, che “sia andato tutto bene”. Nè che la pandemia ci abbia nel complesso migliorati, che abbia sublimato i nostri veleni o messo in fuga i nostri spettri (anzi!). Ma forse ci ha reso più consapevoli di quanto siano fondamentali per tutti noi gli spazi di natura. E di quanto, in loro assenza, ci sentiamo affamati.

9 Giugno 2020 1 Commenti
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Esiliati da Madre Natura

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Maggio 2020

Questa mattina, per la prima volta da quando è cominciata l’emergenza Coronavirus, sono stata con Flavia e Davide in uno dei parchi pubblici della nostra città. È il “nostro” parco, quello più vicino a casa, dove nei pomeriggi di primavera (le primavere normali, s’intende) ci diamo appuntamento con gli amici dopo la scuola. Dove, proprio accanto a una delle entrate, c’è la nostra libreria preferita e dove, quando era più piccola, ho spinto Flavia sull’altalena per ore e ore.

Ero consapevole che oggi avrei trovato i prati incolti, il laghetto asfittico e l’area giochi interdetta, transennata con dei nastri di plastica in stile scena del crimine. Ma è stato comunque un po’ triste ritrovarmi a girovagare in quella che, inaspettatamente, mi è parsa una landa squallida e grigia (complice forse una cappa d’afa inattesa e un cielo ingrigito dalla sabbia e dalla polvere arrivate con lo scirocco).

Mi è sempre piaciuto, tutto sommato, il nostro parco cittadino. È stato una valvola di sfogo importante nei primi anni della mia vita da madre, quando l’unico modo per tenere tranquillo Davide era passeggiare per ore tenendolo nel marsupio o quando, trovatami improvvisamente senza lavoro e con pochi amici dopo la seconda maternità, affogavo l’ansia e la solitudine camminando con Flavia in fascia per intere mattinate.

Sono intimamente grata a quel parco. E ho sempre pensato che, rispetto a tanti comuni del circondario, noi fossimo davvero dei privilegiati a poter godere di un’area verde così estesa.
Non a caso, l’ultima uscita prima del lockdown l’avevo fatta assieme ai miei figli proprio nel “nostro” parco pubblico.

Ma questa mattina, per la prima volta da che ne ho memoria, quello spazio urbano ampio e un po’ trascurato mi è apparso per quello che realmente è: un pallido surrogato della “natura” di cui avremmo tutti bisogno per stare bene, per stare bene davvero. Una soluzione di ripiego che può bastare quando, appena se ne trova il tempo e la possibilità, si è avvezzi a partire alla scoperta della natura “vera”, che sia per un viaggio dall’altra parte del mondo o per una gita fuori porta.

Adesso che, però, l’emergenza sanitaria ha limitato drasticamente la nostra libertà, adesso che ci è preclusa la possibilità di fuggire dalla città in cerca di spazi naturali, il compromesso si fa davvero duro da accettare. E quella che mi è sempre parsa una bella opportunità, e che ora, dopo mesi di reclusione, dovrebbe forse apparirmi come una realtà idilliaca, mi sembra tutto a un tratto un palliativo inaccettabile. Un surrogato squallido, appunto.

Forse è perché sono stata aggredita da due enormi oche incattivite, che ho scacciato usando un libro di Rodari come scudo e difendendo i miei figli col mio stesso corpo. Forse è perché da giorni, legittimamente e comprensibilmente, amici che vivono in luoghi più ameni di me non fanno che condividere le testimonianze colorate e gioiose della loro recuperata libertà: campagne invase da fiori selvatici, spiagge deserte, boschi nel pieno del rigoglio primaverile, prati arrossati dai papaveri e mossi dal vento. Fatto sta che questa “fase 2” mi ha rivelato con una chiarezza inedita che le nostre città sono posti tecnicamente inabitabili. Lontani dalla natura e complessivamente insostenibili. E lo dice una che è sempre stata, e probabilmente resterà, un animale convintamente urbano, intimamente incapace di fare a meno del fermento cittadino, delle opportunità (fosse anche solo teoriche), dei servizi e delle occasioni di incontro della città. Ma che oggi, privata della possibilità di evadere temporaneamente dall’asfalto e dall’aridità metropolitana, si sente all’improvviso in prigione assieme ai suoi figli. Non so se avremo occasione di ripensarle, queste nostre isole di asfalto ingrigite e aride. E non so se, personalmente, troverò finalmente il coraggio per mettere in discussione le mie scelte di vita e inseguire una dimensione esistenziale più naturale e più appagante.

Ma so che non esiste libertà, nemmeno se autorizzata per decreto, per chi vive lontano dalla natura.

La nostra “fase 2” è solo una proroga dell’esilio. Del nostro esilio da Madre Natura.

14 Maggio 2020 0 Commenti
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È la fantasia che trasforma in pianeti i sassi

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Ottobre 2019

(Ovvero la monnezza che i bambini si portano in casa, attribuendole proprietà apotropaiche e poteri magici).
Ditemi che non sono sola. Ditemi che non è un sintomo allarmante, che non finiremo come quelle famiglie di americani della TV, sommersi dalla spazzatura e dagli escrementi di ratto.
Ditemi che anche i vostri figli sono accumulatori seriali di:

Vetrini da spiaggia

Potremmo realizzare la nostra personale versione del parco Guell e rivestirla completamente di vetri colorati smerigliati dalla risacca. Ne abbiamo di ogni sfumatura, forma e dimensione, credo che la collezione annoveri anche i resti di una bottiglia di acquavite che Noè ha stappato per dimenticare la scomparsa dei Liocorni. Oramai sono espertissima nel riconoscere le marche di birra dalla nuance del vetrino da spiaggia residuo (poi dici che una si dà all’alcol).

Bacche e semi

Vi ricordate quando alle elementari ci insegnavano che l’uomo primitivo era cacciatore e cercatore? Sono sempre stata scettica sul fatto che intere tribù di ominidi riuscissero a procacciarsi da mangiare semplicemente raccattando in giro noci e bacche, ma è solo che allora non conoscevo ancora i miei figli. Ghiande, castagne (con e senza riccio), castagne matte, nocciole, noci, semi, samare, soffioni, bacche, coccole e chi più ne ha più ne metta. Ne trovo dappertutto: una volta mi ero quasi convinta che Totoro avesse visitato nottetempo la provincia nord di Napoli, disseminando ghiande anche in casa nostra. Quasi quasi metto su un business di “aperitivi preistorici”. Innaffiati con l’acquavite di Noè.

Manuali d’istruzione e foglietti illustrativi

Qui mi sa che c’entra il DNA. Mia nonna aveva una passione malsana e incontenibile per i bugiardini dei farmaci. Io sono cresciuta leggendo le informazioni sulle confezioni di dentifricio e di assorbenti mentre espletavo le mie funzioni corporali. E ora che sono adulta conservo meticolosamente (e consulto con una inquietante periodicità) i manuali d’uso di ogni elettrodomestico presente dentro casa. Non dovrei stupirmi, dunque, se i miei figli – in particolare la secondogenita – custodiscono con rigore ogni foglietto allegato a giocattoli, sorpresine e stronzatine che le vengono regalate. Credo che abbia passato più tempo a giocare con il foglietto allegato alla LOL che con la suddetta bambolina ipertiroidea.

Sassi, per l’appunto

Calcare, granito, marmo, arenaria, pomice, tufo, ossidiana. Ma anche gres, porcellana, terracotta e Pozzi e Ginori, Tutte, ce le abbiamo. “Mamma, guarda che bel sasso!” è la tipica frase che i miei figli scambiano, durante una passeggiata o una gita, dalle 14 alle 93 volte in tre ore. L’unica consolazione è che finora non hanno ancora raccattato delle feci essiccate (tratto da una storia vera che prima o poi vi racconterò. Forse).

Nastri, nastrini e fiocchetti

E dire che da piccola nemmeno mi piaceva il cartone di Hilary. Per contrappasso, a quanto pare, mi sono toccate in sorte due creature fissate coi nastri. E con gli spaghi, le corde, i fili di lana, cotone, seta e qualsiasi fibra naturale e artificiale esistente al mondo. Con l’assortimento che abbiamo accumulato negli anni, quel tizio francese di Art Attack (che ho sempre sospettato essere un serial killer) potrebbe realizzare una copia a grandezza naturale del Giudizio Universale di Michelangelo (e poi ucciderci tutti, dopo averci torturato col bondage estremo). Anche in questo, sospetto, i geni non ingannano: la scatola dei bottoni di mia nonna non era una scatola, ma una specie di container, che in precedenza aveva contenuto un carico di biscotti danesi al burro. Ma devo ammettere che ancora ricordo l’aura di magia e di scoperta che esercitava su di me ogni volta che la trafugavo più o meno di nascoso e mi mettevo a frugare nel suo contenuto.

Tutti i grandi sono stati bambini, una volta. E per fortuna io sono una di quelli che ancora se ne ricorda.

22 Ottobre 2019 5 Commenti
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8 facili gesti per essere più green
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Sulle tracce di Greta: 8 gesti green che mi impegno a fare

by Silvana Santo - Una mamma green 26 Settembre 2019

Negli ultimi dieci anni ho modificato profondamente il mio stile di vita nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale, introducendo abitudini più “ecologiche” rispetto a quelle di un tempo.

Stile di vita green: quello che ho fatto finora

Attualmente utilizzo detergenti ecologici made in Italy (acquistati in taniche da 5 o 10 litri per ridurre la produzione di plastica) e cosmetici bio, ho ridotto il più possibile la quantità e le tipologie di prodotti chimici impiegati (niente ammorbidente, disinfettanti solo in casi eccezionali, anticalcare fatto in casa con acido citrico, etc), lavo il bucato a trenta gradi, uso ogni mese la mia coppetta mestruale e il mio kit di salvaslip e assorbenti di stoffa, ho comprato un’auto a GPL, che cerco comunque di usare il meno possibile. Negli ultimi due anni ho abbandonato progressivamente il fast fashion per votarmi all’abbigliamento sostenibile o usato (per i bambini ricicliamo a tutto spiano, grazie a zii e amici che ci passano interi guardaroba), ho perseverato nella mia scelta di bere solo acqua di rubinetto e usare borracce o bottiglie di vetro, di lavare i piatti a mano e di asciugare i panni al sole. Per struccarmi sono passata ai dischetti lavabili, per la depilazione uso un rasoio con lamette intercambiabili e ho il mio stesso spazzolino elettrico (ricaricabile) da anni, il che mi permette di sostituire solo la parte della testina, peraltro meno spesso di quanto facevo con gli spazzolini tradizionali. Ho investito qualche euro in una postazione di ricarica per batterie, che utilizzo ogni giorno per le mie candele a Led e per i giocattoli a pila dei bambini. Cerco di comprare prodotti locali e di stagione, possibilmente biologici. Ho ridotto considerevolmente l’uso di pellicola per alimenti, fogli di alluminio (utilizzo contenitori in vetro o plastica e, da qualche tempo, “fogli” protettivi di cotone e c’era d’api) e cannucce. E faccio di tutto per evitare il più possibile gli sprechi di cibo, incluso nutrire con gli avanzi la colonia di gatti che vive nei giardini sotto casa. Per soffiarci il naso usiamo fazzoletti di carta (ho lavato per anni pannolini pieni di cacca, ma il moccio è un mio limite al momento invalicabile), ma in casa utilizziamo le scatole con i fazzolettini sfusi. Naturalmente facciamo una raccolta differenziata scrupolosa, abbiamo in casa lampadine a risparmio energetico, elettrodomestici efficienti, infissi molto isolanti e rompigetto ai rubinetti. Porto con me le borse riutilizzabili quando vado a fare la spesa e cerco di contenere la passione di mio marito per l’aria condizionata (alimentata dal fatto che viviamo in una casa caldissima con esposizione a sud-ovest). Oltre a questo, cerco di passare all’aperto più tempo possibile, preferendo, quando riesco, il suono del mare o un’amaca con supporto a centri commerciali e negozi.

Tanti sforzi, devo riconoscerlo. Che di certo hanno cambiato nel complesso lo stile di vita della mia famiglia, dandogli un’impronta più green e indirizzando, almeno per il momento, la visione dei miei figli. Ma tanto c’è ancora da fare, e mi sembra davvero giunto il momento di passare a una fase successiva, con un ulteriore impegno nella direzione della sostenibilità. Ecco, dunque, cosa vorrei fare per alleggerire la mia impronta ecologica e quella della mia famiglia.

1. Ridurre ancora di più il consumo di carne

Come ho raccontato più volte sul blog e sui miei profili social, io non sono vegetariana. Mangio poca carne (pollame biologico, per lo più) e cerco di privilegiare prodotti a minore impatto ambientale, ma vorrei provare a ridurne ulteriormente il consumo, in particolare per quanto riguarda i mammiferi. Anche a proposito del pesce sento di dover ponderare meglio le mie scelte, orientandomi su prodotti e marchi più sostenibili. E dare un taglio drastico, per tante ragioni diverse, al mio amatissimo sushi.

2. Ritornare ai tovaglioli di stoffa

Per anni in casa abbiamo usato soltanto tovaglioli di cotone, ma con i bimbi piccoli abbiamo alla fine ceduto alla praticità dell’usa e getta. Mi sembra giunto il momento, però di recuperare la sana abitudine dei tovaglioli di stoffa. Che, per inciso, sono anche decisamente più belli.

3. Ridurre il ricorso allo shopping online

Io detesto andare per negozi. E purtroppo non ho molta disponibilità di botteghe locali nei dintorni, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento etico e sostenibile. Spesso, inoltre, non resisto alle lusinghe dei prezzi più bassi, specie per quanto riguarda i libri (di cui siamo grandi acquirenti). Non sono pronta, insomma, a rinunciare del tutto allo shopping online, né sono sicura che abbia senso farlo in maniera “oltranzista”. Però voglio acquistare in maniera sempre più consapevole, valutando sempre le alternative e, soprattutto, evitando a monte gli acquisti non necessari.

4. Ridurre l’acquisto di monoporzioni e cibi confezionati

Non sono contraria a priori alle piccole porzioni: se l’alternativa deve essere quella di sprecare cibo, meglio, a mio parere, puntare sulle quantità ridotte e sulle monoporzioni, anche se questo finisce col far aumentare il volume degli imballaggi. In casa nostra, per esempio, mangiamo spesso tutti cose diverse, e per ragioni di salute tendiamo a non eccedere con le quantità, perlomeno noi adulti. Piuttosto che gettare via del formaggio ammuffito, tanto per dire, preferisco comprarne una razione più piccola. Quindi non credo di poter eliminare a prescindere le piccole confezioni (che comunque faccio attenzione a riciclare al meglio), però riconosco di dover fare uno sforzo nella riduzione a monte dei rifiuti da imballaggio. Mi piacerebbe anche preparare in casa più cose, a cominciare dalla merenda di Davide e Flavia, per cui mi riduco quasi sempre a prodotti confezionati.

5. Migliorare la dieta di Artù

Non tanto per quanto riguarda gli alimenti in senso stretto (scegliamo già marchi cruelty free e attenti alla sostenibilità), quanto per i loro imballaggi. Vorrei passare, se micio collabora, a confezioni più grandi e solo in metallo. Il problema sono i suoi gusti estremamente complicati e la sua leggendaria voracità. Ho provato in passato anche a somministrargli pasti preparati in casa, ma purtroppo non ha funzionato come sperassi.

6. Acquistare una bicicletta

Io (e di conseguenza Davide e Flavia) cammino molto a piedi, ma ricorro alla macchina quando le distanze sono proibitive. Mi piacerebbe da tempo avere un’alternativa più green, e le crescenti abilità ciclistiche dei miei figli potrebbero essere l’occasione giusta per votarsi alle due ruote.

7. Comprare candele ecologiche

Ho un debole per le candele, l’ho dichiarato spesso e volentieri. Le uso quotidianamente, e non mi sento pronta a farne a meno. Ma se per quelle a Led ho risolto con una partita di batterie ricaricabili, per quelle “a fiamma” non ho ancora trovato una soluzione che sia sostenibile economicamente. Le candele naturali sono fantastiche, ma anche molto più costose rispetto a quelle convenzionali a base di paraffina, e per chi, come me, ne fa un largo uso, la differenza sul lungo periodo pesa parecchio. Per ora mi sto imponendo di tenerle accese un po’ meno, ma mi riprometto di trovare risorse sufficienti per comprarne di più ecologiche. Nel frattempo, se voleste farmi un regalo, sapete cosa scegliere. 😉

8. Viaggiare un po’ meno in aereo

Il mio peccato più grave, probabilmente. Anni fa – beata ingenuità – avevo sottoscritto un impegno online a non fare più di un viaggio aereo l’anno per ragioni “di piacere”. Non ho problemi a dire di aver disatteso la mia promessa, e per il momento non mi sento di reiterarla. Sarei ipocrita e mi imporrei una sofferenza cui non voglio sottopormi. Però voglio impegnarmi a non prendere l’aereo per viaggi della durata di pochissimi giorni. E a scegliere, una volta l’anno, destinazioni vicine, raggiungibili in treno. Visto che poi i viaggi intercontinentali impattano, in proporzione, meno di quelli a medio raggio, confido di visitare molte mete esotiche per sentirmi meno in colpa! (Ovviamente l’ultima affermazione è uno scherzo. O forse no!).

26 Settembre 2019 11 Commenti
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Vacanze al mare coi bambini: 5 consigli per rispettare l’ambiente

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Giugno 2019

L’estate è scoppiata, sul calendario e sul termometro, e la maggior parte delle famiglie deciderà probabilmente di trascorrere le ferie in spiaggia, per godere del sole e del mare. Il paradosso, però, è che le vacanze al mare coi bambini possono finire col pesare negativamente proprio sul tanto amato ambiente marino. Come evitarlo? Bastano un po’ di buon senso e qualche accorgimento semplicissimo. Ecco 6 consigli per rispettare l’ambiente durante una vacanza al mare con i bambini, fatemi sapere i vostri, se vi va!

1. Non tirare fuori dall’acqua le stelle marine

Le stelle marine sono davvero affascinanti, colorate e magnetiche. E si prestano tantissimo, lo so, alla foto perfetta da postare su Instagram. Però possono essere danneggiate molto seriamente dall’emersione, perché il funzionamento del loro organismo (banalizzo) si basa su un delicato equilibrio legato anche alla presenza di acqua all’interno del corpo: quando l’acqua “fuoriesce” e vi entra invece dell’aria, c’è il rischio che le funzioni fisiologiche delle stelle marine vengano compromesse. Se avete la fortuna di vederne una, dunque, fotografatela quanto volete ma evitate di toccarla. E, soprattutto, non tiratela fuori dall’acqua.

2. Non dare da mangiare a pesci e gabbiani

Una tentazione che può essere irresistibile, specie per i bambini piccoli. Ma la regola di non nutrire gli animali selvatici vale anche in riva al mare, per tante ragioni diverse. Intanto, un’alimentazione non adeguata può essere dannosa per la salute, ma, a parte questo, gli animali che vivono in natura non dovrebbero abituarsi a essere nutriti dagli umani, perché questo finirebbe con l’alterare in modo potenzialmente irreversibile e pericoloso il loro comportamento. Alimentare forzatamente gli animali, infine, può favorire la proliferazione di specie che, per quanto “simpatiche”, possono essere invasive e dannose per l’ecosistema. L’ideale sarebbe vivere questa esperienza con i bambini solo in contesti controllati e regolamentati, come parchi faunistici e centri di recupero, attenendosi ai consigli di guide, ranger e veterinari.

3. Non strappare la Posidonia

Se trascorrerete le vostre vacanze sulle sponde del Mediterraneo, potreste avere la fortuna di imbattervi in qualche bella prateria (sommersa) di Posidonia oceanica. Si tratta di una pianta acquatica (non è un’alga, contrariamente a quello che molti pensano!) che a dispetto del suo nome vive solo nel mare nostrum, che è un indicatore di acqua pulita e, soprattutto, che ha un ruolo ecologico fondamentale, non solo per l’ossigenazione del mare ma anche perché previene l’erosione costiera e offre cibo, riparo e sostegno a tantissime specie animali. Strapparla, pertanto, rappresenta un atto davvero dannoso per l’intero ecosistema marino costiero, anche perché la Posidonia è minacciata dall’inquinamento e da altri fattori ambientali. Anche le cosiddette banquettes, gli ammassi si foglie secche e marroncine che si accumulano sulla spiaggia, sono preziose: prevengono l’erosione (e quindi l’assottigliamento) della spiaggia e offrono nutrimento e rifugio a tanti organismi. So che rovinano le foto, che hanno un odore pungente, ma sappiate che si tratta di un segnale di salute dell’ambiente marino. Siamo noi gli ospiti, non dimentichiamolo mai!

vacanze al mare con bambini

4. Portare via un po’ di spazzatura dalla spiaggia

Purtroppo è diventato davvero difficile trovare un luogo di villeggiatura in cui le spiagge e il mare non siano minacciati dalla presenza di rifiuti di ogni tipo, abbandonati dai bagnanti, scaricati dalle imbarcazioni, trasportati dal vento e dalle correnti. Senza abbandonare i necessari accorgimenti per la sicurezza e l’igiene, potreste approfittare delle vostre passeggiate sul bagnasciuga per raccogliere e smaltire in modo corretto bottiglie di plastica, sacchetti e altro. Fate attenzione, naturalmente, a oggetti taglienti, appuntiti o sporchi!

5. Non prelevare sabbia e conchiglie

Vecchio consiglio, sempre utile. La spiaggia risente dell’asportazione di materiale, in parte già inevitabile per il solo fatto che tante persone la calpestano, si sdraiano, stendono i loro teli etc. Io confesso che a volte non riesco a impedire ai miei figli di scegliere “un tesoro” della loro vacanza (un sasso o un guscio), ma di norma riesco a dirottare il loro interesse verso materiali “estranei”, come legnetti di barca, piume di gabbiano o vetrini colorati levigati dalla risacca.

6. Scegliere una crema solare meno inquinante

Anche la protezione solare che giustamente ci spalmiamo con cura sul corpo ha un certo impatto sull’ambiente marino, perché contiene sostanze che possono inquinare l’acqua e il fondale. In commercio esistono però formulazioni più “green”, spesso basate su filtri fisici, che dovrebbero essere più gentili con il mare e i suoi abitanti. L’ideale, laddove possibile, sarebbe fare una doccia prima di entrare in acqua (e poi spalmarsi di nuovo la crema solare prima di rimettersi al sole!), ammesso naturalmente che lo scarico della doccia finisca in un depuratore!

In generale, vale sempre il suggerimento di avere occhi aperti e cuore attento, comportarsi da ospiti e da amici di quel mare che tanto amiamo e che ha bisogno di noi per non finire distrutto.

27 Giugno 2019 2 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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