Come aiutare i figli a gestire la (propria) diversità?

come educare i figli alla diversità

Non è facile per un adulto, figuriamoci per un bambino o un adolescente: sentirsi “diversi” dal gruppo sociale a cui si appartiene, avvertire la sensazione di essere in qualche modo “strani” e divergere da una presunta norma o “normalità” non è una condizione di semplice gestione. Il rischio è di finire col sentirsi soli, incompresi, se non addirittura sbagliati.

Il problema è che spesso le scelte dei genitori – più o meno “libere”, di carattere educativo ma non solo – possono avere proprio questa conseguenza indiretta. Cosa fare, in queste circostanze? Come trovare il giusto compromesso tra la necessità di garantire ai figli autostima e senso di appartenenza e quella di educarli all’autenticità e all’autonomia di pensiero, nonché mantenere un minimo di coerenza educativa e di onestà intellettuale?

Capita anche a voi, ci scommetto: il dubbio di negare ai figli esperienze generazionali fondative, o di farli sentire in qualche modo “esclusi”, per non recedere su principi educativi che riteniamo insindacabili.

Può accadere, per esempio, che i nostri figli siano gli ultimi della propria classe a restare senza cellulare, oppure che facciano parte della minoranza che non frequenta l’ora di religione e il catechismo (e vi assicuro, per esperienza diretta, che in certi contesti questa scelta costituisce ancora un’eccezione). O ancora che ci si trovi a essere un po’ più “severi” della media in termini di orari serali e altre regole: entità della paghetta, uso dei social e videogiochi, assenze scolastiche “ingiustificate”, cibo spazzatura etc.

Altre volte, sono le possibilità economiche a costringerci, nostro malgrado, a negare cose che magari ad altri bambini vengono concesse: la festa in ludoteca, il regalo estemporaneo, le vacanze di un certo tipo. Oppure può succedere che in famiglia si manifestino esigenze nuove o insolite, per esempio per questioni di lavoro o di organizzazione domestica, o ancora per una sopraggiunta separazione, e che magari nostro figlio sia l’unico a restare a scuola fino a tardi, a frequentare un doposcuola privato o a dover rinunciare a un anno di sport.

Personalmente, mi trovo spesso ad avere la sensazione di navigare “in direzione ostinata e contraria” rispetto a tante consuetudini dell’ambiente in cui vivo e in cui stanno crescendo i miei figli. È stato così per le scelte di “maternage” dei primi anni di vita dei miei figli – l’allattamento prolungato, il cosleeping, il babywearing, l’autosvezzamento che, contrariamente ad altri contesti, dalle mie parti sono ancora prassi molto di nicchia – ed è tuttora così per una serie di piccole e grandi questioni educative, dalle regole in fatto di tecnologia agli orari, dall’uso di seggiolini e cinture alle modalità stesse di “educazione”. Lo è finanche per banali abitudini che mi sembrano non essere condivise dalla maggioranza dei nostri amici e conoscenti, a cominciare dalle preferenze della nostra famiglia in tema di tempo libero e vacanze e passando per la routine giornaliera.

Come si fa, in questi casi, a stabilire quali compromessi siano non solo accettabili ma addirittura necessari per il benessere psicologico di un bambino? Qual è il confine tra l’intransigenza e la strafottenza?

Voi come fate, se vi capita di porvi le medesime domande?

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6 Commenti

L'angolo di me stessa 5 Ottobre 2021 - 14:34

Eccome se mi capita. E man mano che crescono mi capita sempre di più e ho imparato che bisogna iniziare a cedere su certe cose, mantenendo certe altre. Come per ogni cosa bisogna scegliere che battaglia vincere per poter vincere tutta la guerra.
Forse a te sembra di essere sola perché magari la geografia non aiuta, ma non sei sola, anzi. E io geograficamente mi sono sempre trovata in posti dove navigavo in direzione ostinata e contraria, ma non mi è interessato molto, anche perché ero comunque la strana, fino a quando però ho capito che dovevo comunque “integrare” i miei figli perché con la vita che facciamo li sradichiamo già sufficientemente. Insomma sono scesa a compromessi per loro, non perché l’ambiente, le persone, la geografia me lo richiedeva.

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Silvana Santo 28 Ottobre 2021 - 16:56

Che tipo di compromessi fai?

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Simona 8 Ottobre 2021 - 07:25

Ciao Silvana,
noi stiamo iniziando adesso a confrontarci con questo “dilemma”. Nostro figlio ha appena iniziato la scuola primaria, e già torna a casa con domande sui cartoni che gli altri guardano e lui no (in realtà ha un tempo definito la sera in cui può guardare quelli che a nostro giudizio sono adatti alla sua età) , i videogiochi che gli sono proibiti, e perché se gli altri li fanno, la Play ecc.
Sarà una bella sfida.. sicuramente non transigeremo su tutto quanto potrebbe portare a qualche forma di dipendenza (videogiochi e cellulare), dovremo probabilmente compensare con qualche concessione in altri campi.

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Silvana Santo 28 Ottobre 2021 - 16:56

Per forza, il compromesso secondo me è inevitabile…

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Priscilla 10 Novembre 2021 - 09:03

Ciao, io sono stata educata da una famiglia che ha sempre navigato in direzione contraria e ci sono stati dei momenti in cui essere diversa è stato un peso. Arrivata però ad una certa età ossia attorno ai 19-20 anni ho iniziato a capire che essere diversa è un pregio anziché un difetto.
In quest’ottica ho deciso di vivere la mia vita e crescere i miei figli: trovando delle soluzioni che andassero bene per noi, infischiandomene di quello che gli altri facevano o dicevano.
Ora che i bambini sono in età scolare e iniziano a ragionare con la loro testa spesso mi chiedono perché noi certe cose le facciamo così anziché cosà ed io spiego il mio punto di vista. Poi su alcune cose cerco di fare delle eccezioni, tipo bere mezzo bicchiere di cocacola ai compleanni visto che a casa non entra, su altre sono un duce, tipo mangiare l’insalata. Ma tant’è per quanto ci si sforzi ho capito che chi più chi meno anche senza motivo ci si sente spesso diversi…

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Mina 11 Novembre 2021 - 10:18

Capita spessissimo a casa nostra! E proprio per i motivi che descrivi tu, dalle scelte sul possesso di uno smartphone, all’esonero dall’ora di religione, il tipo di viaggi o vacanze, come passare il tempo nel weekend. Mio figlio quest’anno è in prima media e ti posso dire che col il tempo le cose diventano sempre più complicate, questa è l’età in cui i ragazzi si vogliono uniformare, ci siamo passati tutti, è così anche per loro.
Noi, come molti immagino, scendiamo a compromessi: gli abbiamo concesso l’uso di un nostro vecchio smartphone, ma senza social (no, nemmeno whatsapp), abbiamo una playstation che può usare massimo 2-3 ore a settimana, solo giochi passati al vaglio della nostra insindacabile censura (si può “guadagnare” delle ore di gioco in più svolgendo qualche compito extra in casa, non so cosa ne pensano gli esperti di educazione…), no TV ma si netflix, prime e disney+, sempre e solo con la nostra supervisione, cibo spazzatura e bibite quasi mai in casa, libero fuori casa. Pochi giorni fa preoccupati di farlo vivere in un mondo parallelo gli abbiamo chiesto se sentisse il bisogno di scaricare whatsapp per stare più in contatto con gli amici e ci ha risposto che no, per ora non lo vuole, perché i compagni di classe gli riempirebbero la memoria del telefono di cose inutili nel giro di un paio di giorni.
Per ora, con questi compromessi pare non sentirsi escluso dal mondo. Frequenta la scuola ed il doposcuola perché lavoriamo entrambi anche il pomeriggio, fa sport ed è libero di uscire da solo in paese, a piedi e in bici, questa cosa lo fa sentire grande e responsabilizzato. Ad alcuni suoi amici che nel nostro modo di vedere non danno “regole” questa cosa non è permessa, i genitori non si fidano. Viviamo in un piccolo paese dell’Emilia, forse le cose sono più semplici ma il pensiero di farlo sentire un “disadattato” rimane.

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