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Autore

Silvana Santo - Una mamma green

Silvana Santo - Una mamma green

life

Cose da cui dovrei essere uscita indenne, anche senza vaccino.

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Gennaio 2021

Non è dato sapere, visto anche il mio profilo di persona “a basso rischio” quando potrò avere accesso al vaccino per il Covid 19. Mi auguro di arrivarci presto e soprattutto indenne (scongiuri, scongiuri e ancora scongiuri!), ma intanto ho aperto l’anno riflettendo su una serie di cose per le quali il vaccino non esiste, eppure io dovrei essere ormai definitivamente al sicuro (scongiuri, scongiuri e ancora scongiuri!).

I pidocchi. Sui quali nella mia famiglia sono sempre circolate storie orripilanti che cominciano tutte con me che, alla verdissima età di 3 anni, rientro dalla materna con la testa brulicante di bestioline assetate di sangue. Per fortuna, non conservo alcun ricordo degli avvenimenti successivi, ma le cronache familiari raccontano di interminabili sedute manuali di spidocchiamento condotte da mia zia, che a quanto pare aveva conquistato sul campo il titolo di massima esperta sull’argomento. Dopo 6 anni complessivi di materna, spero, almeno su questo fronte, di averla sfangata in via definitiva.

I “Me contro te”. Che, per carità, saranno due bravissime persone (e senza dubbio alcuno sono due imprenditori geniali), ma mi è sempre parso che il loro ingresso nella vita quotidiana dei bambini tendesse facilmente a trasformarsi in una mezza dipendenza. Dò per scontato che presto finiremo anche noi invischiati alla grande nel tunnel di qualche youtuber, ma per ora, almeno, ci siamo salvati. Scansando anche l’infinito corollario di gadget e regali a tema (il film al cinema, però, siamo andati a vederlo per il compleanno di un’amica!).

Le domande sul terzo figlio. Ho quasi 40 anni, un figlio e una figlia. E un ovaio in meno. Un cocktail fenomenale di caratteristiche che dovrebbe ormai mettermi al riparo dalle domande indiscrete su eventuali altri figli.

Le palline e le sorpresine dei distributori. Con due figli di 8 e 6 anni, penso di poterlo dire ormai in via ufficiale: siamo usciti indenni dalla palude delle palle rimbalzine, delle macchinette mangiasoldi, dei regalini a sorpresa. Ai quali avremo concesso non più di pochi euro complessivamente.

Il parchetto. Che, pandemia permettendo, continuiamo ogni tanto a frequentare, ma con un’ottica ormai diversa rispetto a qualche anno fa: è un luogo ideale per incontrare gli amici e passare un po’ di tempo “in natura”, ma le classiche giostrine, dopo anni di parchi meravigliosi frequentati generosamente durante i nostri viaggi in mezza Europa e non solo, hanno perso decisamente l’attrattiva di un tempo.

Le cianfrusaglie dell’edicola. Ai quali raramente, in realtà, abbiamo fatto delle concessioni.

Scarta la carta. Riconosco che la pandemia ha dato il suo contributo decisivo, da questo punto di vista (forse è vero che anche le tragedie più grandi nascondono un piccolo seme di speranza), ma dopo anni nei quali ci capitava, per mesi e mesi, di frequentare sale feste e ludoteche più della nostra camera da letto, sembriamo ormai fuori dal tunnel di scarta la carta, dei festeggiati sul trono e dei palloncini a forma di fallo. Presto, presumo, entreremo in quello dei compleanni al pub e in pizzeria, ma se non altro vorrà dire che saremo finalmente liberi dal Covid.

I cartoni da piccolissimi. Peppa Pig, Masha, i Teletubbies e tutto il resto. Anche se, devo dire, alcuni capolavori struggenti come Puffin Rock ogni tanto mi mancano ancora.

Confido che presto verremo fuori dal rosa confetto e dagli ovetti di cioccolato, per tuffarci a capofitto, con rinnovato entusiasmo, nelle future manie. Perché essere genitori, si sa, è anche una lunga sequela di tunnel nei quali mettere le tende assieme ai figli. Il che, per inciso, può essere una cosa divertente assai!

4 Gennaio 2021 1 Commenti
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come rendere più sostenibile la didattica a distanza sostenibile
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7 spunti per rendere la Didattica a distanza più sostenibile (in ogni senso)

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Dicembre 2020

Il 2020, nella mia memoria, resterà per sempre anche l’anno della Didattica a distanza. Con due figli in età scolare (Flavia ha cominciato la scuola primaria proprio nel mezzo della pandemia) e un’esperienza particolarmente intensa di lezioni a distanza (abitiamo nella regione italiana che ha fatto più ricorso alla Dad, dall’inizio dell’emergenza sanitaria), ho avvertito l’esigenza di rendere questa singolare avventura un po’ più sostenibile. Per l’ambiente, per il bilancio familiare e soprattutto per i miei piccoli studenti smart.

Ecco dunque, a valle di lunghi mesi di “scuola da casa”, i miei spunti per una Didattica a distanza più sostenibile:

1. Una stampante che rispetti l’ambiente

stampante sostenibile

Era dai tempi dell’università che non mi ritrovavo a stampare così tanto, ogni giorno. Schede che le maestre inviano ai bambini, poesie da imparare a memoria, disegni da colorare, ma anche ricette da preparare assieme ai miei figli o istruzioni per lavoretti e “attacchi d’arte” (le consegne della DaD possono essere davvero molto fantasiose!). Un’esigenza spesso imprescindibile, a cui si può far fronte utilizzando un dispositivo concepito per ridurre l’impatto ambientale, la produzione di rifiuti e lo spreco di inchiostro e materiali. Come le stampanti della gamma EcoTank di Epson, che al posto delle classiche cartucce di inchiostro impiegano serbatoi ricaricabili ad alta capacità. Una tecnologia che permette di ridurre la quantità di rifiuti, di risparmiare tempo, di stampare in modo particolarmente efficiente (una ricarica di inchiostro è equivalente a 72 cartucce) e anche di ridurre i costi di stampa fino al 90%. Per una sostenibilità che sia davvero a tutto tondo.

2. Una postazione “di lavoro” ergonomica

Il lungo lockdown di primavera aveva evidenziato tutti i limiti organizzativi del nostro piccolo appartamento. Mio figlio Davide si era ritrovato a seguire le sue video-lezioni dalla nostra camera da letto, sistemato alla buona su un comò. Per questo, a giugno, il mio primo pensiero e quello di suo padre è stato di rivoluzionare la cameretta, in modo da garantire sia a lui che a sua sorella una postazione di studio confortevole e salubre con una scrivania ampia e seduta ergonomica. Per ovviare alla carenza di spazio, abbiamo sfruttato l’altezza, acquistando due letti a soppalco con scrivanie sottostanti.

3. Soluzioni smart e veloci

Accompagnare dei bambini ancora piccoli nell’esperienza della Dad può essere davvero molto impegnativo. Per quello mi sembra importante semplificarsi il più possibile la vita con soluzioni smart e di utilizzo immediato da parte di tutti, inclusi i diretti interessati. Un esempio? Collocare la stampante in uno spazio “neutro” o in un ambiente comune consente a tutti i membri della famiglia di utilizzarla senza disturbare o interrompere le attività degli altri. Anche una buona qualità della rete e dei dispositivi utilizzati può rappresentare un aiuto decisivo per rendere più fluide e sostenibili le varie operazioni: per quanto riguarda la stampante, trovo che siano una svolta irrinunciabile i modelli con connettività wi-fi, come le stampanti a ridotto impatto ambientale EcoTank di Epson. Nella gestione della Didattica a distanza capita ogni giorno di ricevere materiali, liste, schede e altri documenti direttamente via WhatsApp o sul registro elettronico. Poter lanciare la stampa direttamente dallo smartphone significa semplificare la routine quotidiana e rendere più autonomi i bambini nello svolgimento delle attività didattiche.

come rendere la dad più accettabile

4. Un ambiente salubre e confortevole

Per una Didattica a distanza sostenibile nel lungo periodo (sigh!) sono importanti diversi parametri di confortevolezza e abitabilità dell’ambiente. A cominciare dall’acustica, che a casa nostra è sempre accettabile grazie a infissi e doppi vetri isolanti. La silenziosità della stampante, garantita da prodotti come le inkjet EcoTank di Epson, è un altro dei parametri da tenere in considerazione, specie se, come in casa nostra, viene attivata più volte al giorno da tutti i membri della famiglia. Godere di un minimo di privacy, inoltre, è a mio parere un aspetto fondamentale, anche per un piccolo “smart worker”. Io ho deciso di aggiungere una tenda oscurante in un punto strategico del nostro appartamento: pochi euro di investimento e installazione super veloce! L’illuminazione, per fortuna, non è mai stato un problema, dal momento che la nostra casa, al primo piano, è esposta a sud ovest e gode di un considerevole spazio libero dinanzi. Piuttosto, in alcune ore del giorno diventa indispensabile schermare la luce naturale con le tende, per evitare riflessi fastidiosi sul monitor e consentire una migliore visione delle lezioni online (io preferisco le tendine a rullo, che consentono anche di modulare l’effetto schermante). Per quanto riguarda infine la temperatura, la mia raccomandazione è di non surriscaldare l’ambiente, ricordando che sull’uso dei termosifoni esistono precisi parametri da rispettare (la temperatura interna della casa, per esempio, non dovrebbe superare i 20-22 gradi di media).

5. Didattica a distanza sostenibile: no agli sprechi

Rendere più sostenibile la didattica a distanza significa anche fare attenzione a evitare gli sprechi a qualsiasi livello, per ridurre l’impatto sull’ambiente ma anche le spese a carico della famiglia: carta, materiali di cancelleria, inchiostro e simili dovrebbero essere utilizzati con consapevolezza e attenzione, anche se con i bambini piccoli ci può stare un po’ di indulgenza in più. Davide e Flavia, per esempio, utilizzano penne cancellabili (come richiesto dalle loro maestre) con cartucce intercambiabili, in modo da poterle sostituire ogni volta che si esauriscono. Anche una stampante con serbatoio di inchiostro ricaricabile, come le inkjet EcoTank di Epson, permette di evitare sprechi di inchiostro e ridurre la produzione di rifiuti (4 flaconi valgono come 72 cartucce!). Per quanto riguarda invece i consumi di carta, piuttosto che fare stampe fronte/retro preferiamo utilizzare il lato posteriore dei fogli per disegnare, prendere appunti o scrivere bozze.

6. Occhio ai consumi elettrici

Una Epson EcoTank rappresenta anche una garanzia di risparmio energetico. A differenza delle stampanti laser, infatti, le stampanti inkjet della gamma EcoTank funzionano “a freddo” e non richiedono il riscaldamento del toner, permettendo appunto di ridurre il dispendio di energia. Per la scrivania, inoltre, è importante l’uso di lampadine a Led orientabili e con con temperature indicate per lo studio. E, come Davide non perde occasione di ricordarci, ricordarsi di spegnere il computer e la luce quando le lezioni online sono terminate.

7. Una routine sana

come rendere più accettabile la dad

Cercare di rendere accettabile un’esperienza come la Dad prolungata – che per bambini piccoli resta a mio parere una forzatura – significa anche sforzarsi di mantenere una serie di sane abitudini, indispensabili, come sanno tutti i lavoratori “smart” di lungo corso, per preservare salute mentale, concentrazione e tono dell’umore. Il mio consiglio è di cercare di riprodurre il più possibile la routine che si manterrebbe con la normale frequenza scolastica: svegliare i bambini alla stessa ora, fare una regolare colazione prima di cominciare le video-lezioni, non derogare alle pratiche quotidiane di igiene personale, non consentire ai bambini di seguire le lezioni in pigiama.

Non sarà mai come andare a scuola, ma con questi accorgimenti la Didattica a distanza diventerà forse più sostenibile. Voi quali accorgimenti state adottando? Vi sembra che la scuola a distanza stia aumentando o riducendo l’impronta ambientale della vostra famiglia?

Post in collaborazione con Epson EcoTank

 

21 Dicembre 2020 4 Commenti
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creare la magia del natale per i bambini
essere madre

10 modi per creare la magia del Natale per i bambini

by Silvana Santo - Una mamma green 18 Dicembre 2020

La magia del Natale non allietava più la mia vita da molti anni, prima dell’arrivo di Davide e Flavia. Dopo i magici Natali della mia infanzia, avevo perso gran parte del mio spirito natalizio, in parte a causa del disincanto dell’età adulta e della crisi di alcune mie convinzioni religiose, in parte per le mutate abitudini familiari e per diverse dolorose perdite che purtroppo la mia famiglia ha dovuto subire negli anni. Le festività di fine anno erano diventate un motivo di malinconia e disagio (e il Capodanno, in parte, lo è tuttora, a meno di riuscire a salire su un aereo!). Avere dei bambini, però, ha riacceso in me il desiderio e la volontà di trasformare il Natale in un periodo magico e incantato, che i miei figli potessero vivere con allegria e amore, e ricordare con emozione per il resto della loro vita. Negli ultimi anni, allora, ho cercato ogni modo possibile per regalare la magia del Natale ai miei bambini, alimentando la loro immaginazione e costruendo quelli che spero saranno tra i loro ricordi più felici.

Ecco dunque le abitudini natalizie che riempiono la nostra casa di magia per un mese all’anno!

1. L’albero di Natale e gli addobbi

addobbi di natale

Partiamo dall’ABC, dalla quintessenza della magia del Natale (per i bambini e non solo): gli addobbi natalizi, a cominciare dal tradizionale abete addobbato, che a casa nostra è piccolino e adorno dei numerosi cimeli acquistati durante i nostri viaggi, ma anche di tante decorazioni per lo più in legno, latta e stoffa. Nonostante la mia “napoletanità”, non sono particolarmente amante del presepe tradizionale, ma abbiamo comunque alcune piccole e simboliche natività che sistemiamo in giro su mensole e librerie. Il pezzo “forte” dei nostri addobbi natalizi, però, è un improbabile copri-water in panno a forma di pupazzo di neve. No comment!

2. Il calendario dell’avvento

calendario dell'avvento per bambini

Dicembre è il solo mese dell’anno in cui i miei figli si catapultano giù dal letto con entusiasmo incontenibile. E il merito si deve totalmente al calendario dell’avvento, un elemento a mio parere molto utile per regalare un pizzico di magia natalizia ai bambini di qualunque età. Non essendo troppo versata nelle attività manuali, personalmente non ho l’abitudine di realizzare il calendario dell’avvento con le mie mani. Quest’anno ne abbiamo ricevuti in dono due, da due persone speciali e alle quali vogliamo tanto bene. Sia il primo, artigianale e bellissimo, realizzato con materiali naturali, che l’altro dedicato a una delle passioni di famiglia (Harry Potter, guarda un po’!) hanno riscosso grandi consensi, e sono il primo pensiero di Davide e Flavia quando si svegliano al mattino.

3. Luci e candele

candele per la magia del natale

Nella mia piccola casa, candele, lanterne e stelline luccicano praticamente ogni sera dell’anno, a prescindere dalle stagioni, dal meteo e dalle eventuali ricorrenze. Per niente al mondo, quindi, potrebbero mancare nel periodo di Natale! Il mio consiglio è di non lesinare sulla qualità dei prodotti che comprate, scegliendo luci sicure ed efficienti e candele naturali, meglio ancora se artigianali.

4. Elf on the shelf

elfo di natale per bambini

Da un paio di anni abbiamo adottato questa tradizione americana che consiste nell’arrivo di un elfo del Polo Nord (o più elfi: noi per esempio abbiamo Arya e Timo) all’inizio dell’avvento. Ogni notte, mentre i bambini dormono, l’elfo si diverte a combinare marachelle e architettare scherzi sempre nuovi, che saranno poi scoperti al mattino con grande divertimento di tutti. Durante il giorno, invece, l’ospite immobile tiene orecchie e occhi ben aperti per monitorare il comportamento dei piccoli di casa, e fare il suo report finale niente meno che a Santa Claus in persona. A casa nostra il rito di Elf on the Shelf riscuote davvero un grande successo. Anche se richiede un certo impegno da parte dei genitori, che ogni sera devono “aiutare” l’elfo a compiere un prodigio sempre nuovo, questa consuetudine rende davvero magica per i bambini l’attesa del Natale. I “nostri” Arya e Timo, in particolare, non somigliano ai classici elfi che popolano le case durante l’avvento ma sono più piccini e con sembianze più nordiche (li ho adottati in un negozio Tiger!).

5. Attività creative a tema

attività creative di Natale

Sia Davide che Flavia amano qualsiasi attività che preveda l’uso di colla, forbici, tempere, brillantini, legnetti, nastrini e chi più ne ha più ne metta. In casa abbiamo sempre disponibili un paio di contenitori traboccanti di materiali creativi e oggetti da riciclare, che loro utilizzano a piacimento per gli scopi più disparati. Da diversi anni ho l’abitudine di regalare loro, a dicembre, un libro natalizio di attività creative da poter realizzare nelle ore libere, per dar vita a un po’ di magia del Natale extra!

6. Biscotti e dolci natalizi

dolci natalizi per bambini

Non sono certo quella che si definisce una cuoca sopraffina, e soprattutto non sono abituata a preparare spesso dolci e torte. Però amo alla follia i biscotti, e soprattutto a Natale mi piace fare alcuni in casa insieme a Davide e Flavia. Oltre ai classici cookies al cioccolato, ci piacciono tanto i biscotti allo zenzero, ma quest’anno ci siamo cimentati anche nei tradizionali cinnamon rolls (i dolci nordici alla cannella sono una nostra passione, mentre i miei figli non sono particolarmente amanti delle leccornie natalizie di casa nostra). La ricetta l’avevo trovata sul profilo di Elegrafica, che a sua volta, se non ricordo male, l’aveva presa qui.

7. Musica natalizia

magia del natale bambini

Un ingrediente fondamentale dell’atmosfera natalizia è di certo la musica! Playlist a tema, grandi classici e brani tratti dalle recite scolastiche degli anni passati sono spesso in esecuzione a casa nostra, anche semplicemente mentre apparecchiamo la tavola per la cena.

8. Libri per creare la magia del Natale per i bambini

libri di Natale per bambini

Per quanto riguarda le letture natalizie, ovviamente non avete che l’imbarazzo della scelta. Dai classici di Natale della Disney alle leggende dei popoli scandinavi, dalle poesie alle filastrocche adatte per bambini di qualunque età. Quest’anno, per esempio, ci siamo regalati un libro magnificamente illustrato sulla Natività di Gesù: non so come la pensiate in fatto di fede, ma a mio parere ha senso, se si decide di festeggiare il Natale, raccontare ai bambini l’aspetto religioso della festa, che poi ne costituisce l’origine e il senso. E questo a prescindere dalle proprie convinzioni religiose.

9. La casetta di pan di zenzero

casetta di pan di zenzero natale

Da bravi appassionati di Scandinavia e tradizioni natalizie nordiche, in casa nostra, sotto Natale, non manca mai una coloratissima casetta di pan di zenzero. Viste le mie limitate attitudini alla pasticceria, di solito prendiamo il kit di Ikea, con gli elementi di biscotto, le decorazioni e la colla alimentare (stavolta ci siamo premurati di acquistarlo addirittura all’inizio di novembre, visto il progressivo peggioramento della pandemia di Covid 19 e la previsione, poi azzeccata, di limitazioni via via più severe).

10. Laboratori e viaggi a tema

attività e viaggi di natale per bambini

Un altro elemento che trovo molto efficace per riempire il Natale dei bambini di magia sono le esperienze a tema, da condividere quando possibile con altri bambini. Quest’anno, per forza di cose, dovremo accontentarci di qualche laboratorio online, ma di solito cerchiamo di partecipare ad almeno un laboratorio tematico in un museo o in qualche centro per bambini. L’apice della nostra “natalitudine” familiare, che credo non potrà in alcun modo essere eguagliato (soprattutto per il costo, sigh), resta il viaggio di Capodanno a casa di Babbo Natale di qualche anno fa, che Davide e Flavia custodiscono ancora tra i loro ricordi più preziosi, nonostante lei avesse appena 3 anni. Ma i mercatini di Natale, se posso, li evito volentieri, a meno che non servano dell’ottimo vin brulé!

Voi cosa fate per rendere magico il vostro Natale in famiglia? Vi sentite più elfi, più grinch o (come me) un misto di entrambe le cose?

18 Dicembre 2020 2 Commenti
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La vita di prima

by Silvana Santo - Una mamma green 16 Dicembre 2020

La vita di prima viene a trovarmi ogni tanto nei sogni, e lo fa nel modo più scontato possibile. Spesso sto salendo su un aereo, dentro quei sogni, guardandomi i piedi mentre mi arrampico sulla scaletta che oscilla leggermente nel vento. Mentre stacco l’ultimo passo in terra straniera e mi congedo con gratitudine e un po’ di malinconia.

Sogno i luoghi, della vita di prima. Stanze d’albergo, chiese in penombra, piazze inondate di sole. Sogno i libri, qualche volta. Le parole, le immagini, le sensazioni che ho provato mentre li leggevo. È una relativa novità, per me. Di solito i miei sogni sono popolati di gente, di voci, di incontri. Di abbracci e risate.

Non me la ricordo tanto bene, la vita di prima. O almeno, ho l’impressione che sia così. Le giornate del 2020 sono state talmente dense e ricche e faticose – tutte identiche e tutte così differenti l’una dall’altra – che questo singolo straordinario anno sembra essere durato un lustro o due. La vita di prima è come un posto, o una condizione, che mi sono stati familiari più o meno a lungo, ma che poi mi sono lasciata alle spalle: il luogo di villeggiatura abituale dell’infanzia, l’edificio in cui ho fatto il liceo, la casa della mia migliore amica delle elementari. La gravidanza, l’appartamento da studentessa in cui abitavo 20 anni fa. Sono incistati da qualche parte nella mia memoria, ma devo riflettere un poco per riportarli alla luce davvero.

C’è sempre stata, nella mia vita, una vita di prima, ora che ci penso bene. La vita prima dei figli, prima del matrimonio, prima di rientrare da Roma, prima che morissero mia nonna o mio zio o mio cugino o l’altro cugino e l’altro zio prima di loro. La vita prima che mi trasferissi a Viterbo, prima che mio padre avesse l’infarto, prima che smettessi di andare in chiesa. I temperamenti come il mio sono più inclini a misurarsi col passato che a immaginare il futuro: non c’è dolo, in questo, non c’è vergogna, anche se a lungo mi è parsa una specie di iattura. È come nascere con gli occhi marroni invece che neri o azzurri: per certe cose si è come si è, e va bene in ogni caso.

Non mi piaceva del tutto, la vita di prima, mentre la stavo vivendo. E non sono così ipocrita, né così retorica (eppure io retorica lo sono eccome!) da dire che adesso ho cambiato idea. Ci sono cose, della mia vita di prima, che non mi mancano per niente. Cose che mi aspettano in agguato – lurking, si direbbe meglio in inglese – alla fine di questa castrata e castrante vita in pandemia, e da cui vorrei potermi fare scudo con un bel vaccino nuovo. Mi offrirei senza esitare come cavia, per un vaccino così.

La vita di prima, domani, sarà quella che sto vivendo adesso. E finirà che non ricorderò bene neanche questo. Neanche questo tempo singolare, fugace eppure denso come melassa, che ora mi sembra così peculiare e a buon diritto “memorabile”. Perché così è la vita: lei procede, inarrestabile. Indifferente o potentissima, a seconda di come ci piaccia definirla.

Il passato ci rotola sotto i piedi e diventa futuro prima ancora, a volte, di darci il tempo di viverlo.

È la vita di oggi, che dovrei mordere forte e senza riserve. Quella che domani diventerà la vita di prima.

16 Dicembre 2020 0 Commenti
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scarpe ecologiche wildling shoes
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5 cose che spero di tornare a usare nel 2021

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Dicembre 2020

Le mie amate scarpe ecologiche, il mio rossetto preferito, il Claddagh Ring che ho comprato a Galway un’estate (e una vita) fa. E soprattutto il mio amato zaino da viaggio. Ci sono un sacco di oggetti che ho smesso di utilizzare, o quasi, da quando ci troviamo nel mezzo della seconda ondata di questa interminabile pandemia. Ma che – bando alla scaramanzia! – confido con tutto il mio cuore di riprendere a usare intensamente nel corso del 2021. Più intensamente di prima, se possibile.

Che sia di buon auspicio per noi tutti, allora, questo piccolo ma accorato elenco delle 5 cose che spero di ricominciare a usare nel 2021.

1. Il rossetto

cose che spero di tornare a usare nel 2021

Chi mi conosce di persona sa quanto poco sia avvezza a truccarmi. Non mi piace “perdere tempo” a farlo e non sempre mi sento a mio agio col viso ornato dal make up. Eppure, negli ultimi tempi, avevo preso l’abitudine di mettere il rossetto, prassi che ho del tutto abbandonato da quando il mio sorriso si apre per lo più dietro una mascherina. Ma conto davvero di riprendere a usarlo, se non altro per stampare dei segni colorati sulle guance ancora così paffute (ma fino a quando, sigh?) di Davide e Flavia.

2. Gli anelli

Gli anelli sono stati tra i compagni più fedeli del mio ultimo decennio, al punto che uscire con le dita sguarnite mi faceva sentire quasi “meno vestita”. Sfoggiare i miei anelli preferiti, spesso acquistati come souvenir di un viaggio, mi rendeva orgogliosa dei progressi compiuti, anno dopo anno, in termini di autostima, perché per decenni, in passato, mi negavo di indossarli a causa delle mie mani tozze e delle mie unghie rosicchiate. Nell’ultimo anno, ahimè, il migliore amico delle mie ore fuori casa è diventato il gel disinfettante, per cui preferisco fare a meno degli anelli. Con grande rammarico, devo dire: ed è per questo che sono tra le cose che spero di tornare a usare nel 2021. Ma sul serio!

3. Le scarpe

scarpe minimaliste wildling shoes

Credits: Nora Tabel

Per quanto io adori restarmene in pantofole, e per quanto sia abituata a togliere le scarpe non appena varco la soglia di casa, confesso che avrei voglia, finalmente, di consumare un po’ le suole delle mie nuovissime Wildling Shoes, le scarpe minimaliste che fanno sentire i miei piedi liberi e a proprio agio (decisamente più di quanto non abbia potuto sentirmi libera e a mio agio io in questo folle 2020). Spero di tornare ben presto a calpestare l’erba secca dell’inverno e l’asfalto ribollente dell’estate. I ciottoli lucidi della Costiera Amalfitana, i lapilli polverosi del Vesuvio, gli antichi basoli di Pompei. Ma anche, proprio per strafare, i sampietrini dell’Appia Antica, le strisce pedonali di Abbey Road e, perché no, la Hollywood Walk of Fame di Los Angeles, che pure è una destinazione che non ho mai desiderato visitare (ma la verità è che dopo questo interminabile anno senza viaggi, le mie scarpe minimaliste e sostenibili le porterei a sgranchirsi pure sulla luna!).

4. Il passaporto

cose che non uso più nel 2020

Questa è facile, e anche un pochino scontata. Ho già scritto, a cuore aperto e senza vergogna, quanto disperatamente mi manchi viaggiare, e quanto sia cambiata in peggio la mia vita quotidiana da quando non posso più trascorrere il mio tempo libero organizzando e ideando i nostri viaggi di famiglia. Mi consolo pensando all’emozione pazzesca che proverò quando finalmente rimetterò piede su un aereo. Quando respirerò – e mai metafora è stata più calzante – l’aria di un posto completamente nuovo. E quando, per mettere di nuovo il naso fuori dall’Europa, dovrò tirare fuori il mio passaporto.

5. Le ciotoline di arachidi dell’aperitivo

Io amo gli stuzzichini. Da sempre. Da prima che diventassero popolari gli aperitivi, le apericene, gli aperitutto. Quando avevo vent’anni facevo pressione sui miei amici perché il sabato sera scegliessimo locali in cui servivano le cosiddette “stuzzicherie” di accompagnamento alla birra. Eppure, da quando conviviamo nostro malgrado col Covid, non riesco più ad attingere con leggerezza alle ciotole di salatini, arachidi e patatine (non è bastato questo a farmi dimagrire, anzi!) che ti portano con lo Spritz. Per quello mi auguro per me, e per tutti noi, un anno di noccioline mangiate a piene mani. Col sorriso, senza paura.

 

Post in collaborazione con Wildling Shoes, scarpe ecologiche e minimaliste per adulti e bambini

14 Dicembre 2020 1 Commenti
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essere madre

“Te lo ritroverai nel lettone fino a 15 anni”

by Silvana Santo - Una mamma green 11 Dicembre 2020

Quando Davide era piccolo, mi sono ostinata per mesi a farlo dormire nella sua culla, nonostante lui mostrasse che proprio non ci voleva restare. Altrettanto a lungo, mi sono sforzata di non farlo addormentare al seno, nonostante fosse la cosa che, palesemente, lo rendeva più tranquillo. Quando poi, nella canonica estate fra i due e i tre anni, abbiamo tentato di “spannolinarlo”, sono andata in crisi di fronte alle sue sfacciate resistenze, per non parlare dell’ansia con cui ho vissuto quello mi pareva un abbandono del ciuccio decisamente tardivo. Avevo paura di instaurare o di mantenere in essere, come avevo sentito dire decine di volte, “cattive abitudini” che sarebbero diventate poi molto difficili da eradicare. Di ritrovarmelo nel mio letto fino alla maggiore età, di non riuscire più a svezzarlo se non a prezzo di sacrifici e sofferenze notevoli.

Con Flavia è stato un po’ più facile, lei ha goduto da questo punto di vista di alcuni benefici che i secondogeniti ricevono in dote pur senza merito alcuno. Ha potuto contare su una madre un po’ più smaliziata e consapevole, già passata e riemersa relativamente indenne dalle forche caudine dell’inesperienza, dei luoghi comuni, dei consigli non richiesti. Per quattro mesi, per sua scelta, ha dormito solo sul mio petto o su quello di suo padre. Un letto tutto suo, quando era una neonata e manifestava la propria necessità assoluta e ineludibile di contatto, non glielo abbiamo nemmeno mai comprato. Eppure, anche al cospetto della mia seconda figlia, mi è successo spesso (e talvolta mi capita ancora) di perdere il senso della prospettiva e sentirmi sopraffatta dalla preoccupazione che un certo status quo, a causa della mia presunta “mollezza educativa” potesse “non cambiare più”.

Beh, sapete cosa vi dico? Quando ho sentito che per me era giunto davvero il momento di smettere di allattare i miei figli, semplicemente ho smesso. Per un figlio e poi per l’altra. Abbiamo sostituito un po’ alla volta, e senza traumi, le poppate con le coccole, le ninne nanne e le canzoni. Non appena Flavia si è sentita sufficientemente sicura e serena da lasciarsi andare un po’ di più al di fuori del pancione che era stata la sua casa per nove mesi, ha cominciato a riposare da sola, sempre più a lungo. Quando Davide ha capito di essere pronto a mollare il pannolino, alla veneranda età di tre anni e un mese, in pieno inverno e pochi giorni prima di un viaggio in aereo, banalmente, ce lo ha detto lui. E da allora non ne ha avuto più bisogno neanche di notte (ad eccezione di episodi che si contano sulle dita di una mano sola, non so, personalmente, cosa significhi raccogliere pipì dal pavimento o lavare lenzuola bagnate). E ora che i miei figli hanno 8 e 6 anni, nonostante la lunga stagione di incondizionato cosleeping, dormono entrambi nella stanza che condividono, stabilmente e senza problemi (tutti e due, non so se sia o meno una coincidenza, hanno completato spontaneamente questo passaggio attorno ai 6 anni, dopo una serie di progressi graduali, qualche regressione, sporadiche concessioni che volentieri concediamo ancora, sfruttando il letto aggiuntivo tuttora disponibile nella nostra camera da letto).

Quelli che sembravano pericolosi e inguaribili “vizi” sono stati ridimensionati dal tempo, dalla crescita, dalla naturale maturazione dei miei figli. Dal loro potente, istintivo e sano istinto di indipendenza e autodeterminazione.

Non sto dicendo, e ci mancherebbe, che i bambini vadano “assecondati” sempre e comunque. E neanche che non valga la pena tentare di incoraggiare ogni giorno la loro autonomia. Dico però che, forse, per la serenità dei bambini stessi ma anche di tutti i neo-genitori, potrebbe essere utile fare una riflessione collettiva su quali siano le reali istanze educative da perseguire e quali, invece, dei bisogni individuali profondi – diversi per ciascun bambino e per ciascuna madre – da assecondare o addirittura sfruttare senza troppe paranoie (dare il seno a richiesta, per esempio significava disporre di una soluzione infallibile e sempre disponibile di fronte a malesseri, spaventi addormentamenti difficili, stanchezze moleste e via dicendo). E liberarsi da una certa ossessione, che a me pare molto “italica” alla precocità e alle tappe prefissate. Un po’ contraddittoria, peraltro, visto che per tanti altri aspetti i bambini e i ragazzi italiani mi sembrano poi tra quelli meno “autonomi” e precoci in assoluto.

Sto dicendo, insomma, che magari vale la pena chiederci se abbia senso impuntarsi (e magari prendersi un mezzo esaurimento nervoso) perché il proprio figlio di pochi mesi dorma tutta la notte nella culla, o perché tolga il pannolino a 2 anni spaccati, per poi ritrovarsi a preparare il suo zaino in terza elementare, o a rifargli il letto quando ha già 15 anni.

11 Dicembre 2020 4 Commenti
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life

Dicembre

by Silvana Santo - Una mamma green 3 Dicembre 2020

Dicembre è arrivato senza fare rumore. Ha portato con sé la pioggia che mancava da mesi, un grado in meno nella mia casa sempre troppo calda e qualche addizione temporanea alla quota già generosa di candele e lucine presenti normalmente nella piccola cucina in cui oramai si dipanano le nostre vite.

Dicembre è arrivato, troppo presto eppure in ritardo. Atteso con ardore dalla parte di me che desidera solo andare avanti veloce, mettere distanza tra sé e la disgrazia che si è abbattuta sul mondo da un tempo che è durato un anno appena e che sembra un’era geologica, perlomeno a me. E temuto con angoscia da un’altra parte di me. Quella che da quasi sempre soffre le festività di fine anno, lo specchio che le presentano implacabili e che le rimandano un’immagine in cui detesta fissare lo sguardo. Quella parte di me che da almeno vent’anni si salva da questo malessere senza scampo soltanto con una fuga programmata per dopo Natale.

Dicembre è arrivato, e ci ha trovati stanchi eppure ancora saldi, consapevoli in qualche modo che restare uniti è la sola cosa che in questo momento può tenerci a galla. Più che una famiglia, a volte sembriamo una squadra. Addestrati a fare quel che è necessario, affinati negli automatismi della cooperazione dai lunghi mesi di isolamento e reclusione. Una piccola cellula autarchica, cosa che nelle giornate buone mi sembra un vero miracolo e in quelle storte un mezzo abominio.

Ci ha trovati in trappola da mesi, a differenza di tanti che hanno potuto – o voluto in barba a ogni raccomandazione – mantenere degli sprazzi di normalità. A casa nostra, questo autunno tiepido e denso come melassa somiglia tantissimo alla primavera che nessuno di noi potrà mai dimenticare: niente scuola, niente amici, niente parchi, niente di niente. Solo che allora il senso di “universalità” della sciagura mi rendeva in qualche modo sopportabili la reclusione, l’isolamento, il disagio quotidiano affrontato da Davide e Flavia, mentre adesso non riesco più a liberarmi da una sensazione strisciante e cronica di bruciante ingiustizia. È più difficile accettare la solitudine, la clausura e l’immobilità, se senti che questo sacrificio viene condiviso solo da una parte minoritaria della popolazione. Rinunciare fa più male, se ti sembra che a farlo sia soltanto tu (e pochi altri “fessi” assieme a te).

Dicembre è arrivato, e sta scivolando via in un miscuglio indefinibile di tristezza e speranza, di magia e di frustrazione. Di aspettative e di paura per quello che verrà dopo. Dicembre è qui, e prova come tutti a fare il suo lavoro, con nuovi crismi e nuovi linguaggi.

Credere non è mai stato così difficile. Eppure non è mai stato così necessario.

3 Dicembre 2020 1 Commenti
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essere madre

Se voi non ci foste

by Silvana Santo - Una mamma green 1 Dicembre 2020

Se voi non ci foste, quest’anno senza tempo sarebbe stato più facile. Più veloce e più lento assieme, meno preoccupante. Incredibilmente meno faticoso. Avrei dovuto trovare il modo per riempire le giornate e scongiurare la noia. Per rompere il silenzio. Mi sarei allenata con regolarità, avrei mangiato bene, mi sarei concessa maratone di serie TV e avrei forse ripreso in mano la bozza di quel romanzo che mi si agita dentro da anni. Mi sarei risparmiata l’esperienza tostissima della Didattica a distanza, l’onere e la responsabilità di farvi da insegnante, il lavoro quotidiano di smistare centinaia di messaggi, di digerirli, a volte di decidere di ignorarli e basta.

Ma se voi non ci foste, quest’anno sarebbe stato ancora più insensato e vuoto. Avrei dovuto fare i conti col silenzio, con la noia, con le lunghe ore senza impegni. Avrei avuto molto più tempo e molte più energie per preoccuparmi della pandemia e delle sue conseguenze – effettive o potenziali – sulle persone che amo. Per realizzare che non mi è consentito viaggiare, organizzare viaggi o anche solo sognarli. Per sentire la mancanza delle persone che non posso incontrare. Se voi non ci foste, sarei stata per tutto l’anno a corto di baci e di abbracci, di fantasia e di colore. E soprattutto avrei avuto una ragione in meno per tentare con ogni fibra di mantenere salda, in qualche modo, la speranza. Nonostante tutto.

È sempre così, con voi due. Da sempre. Mi disordinate la vita e la casa, mi riempite la testa di rumore, vi prendete il mio spazio, il mio tempo e le mie energie. La mia presunta autonomia. Rendete le cose più complicate e più faticose. Eppure mi inchiodate alla vita come niente e nessuno era mai riuscito a fare. Mi richiamate alla necessità della speranza, mi obbligate alla ricerca della lucidità. Non si capisce mai, con voi due, se mi fate prigioniera o mi regalate la vera libertà.

1 Dicembre 2020 4 Commenti
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life

Se non capisco qualcosa, ve lo dico io

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Novembre 2020

Sono una donna e mastico di calcio. Ma anche di ciclismo, di basket, di Formula 1. Anche se negli anni mi sono allontanata dallo sport, sono cresciuta leggendo la Gazzetta, stracciando gli amici al Fantacalcio, snocciolando a memoria le formazioni di Serie A, il ranking mondiale di tennis, i Passi più celebri del Giro d’Italia.

Sono una donna e detesto guidare. Ma il codice della strada lo conosco bene, a scuola guida ero la migliore del mio corso.

Sono una donna e sono io, in casa, che appendo quadri, prendo misure, cambio batterie e azzardo piccole riparazioni. Sono io che, se andiamo a visitare un appartamento in vendita, mi informo con l’agente in fatto di materiali, consumi, dotazioni antisismiche. Perché sono io, nella coppia di cui faccio parte, a essere la più informata in fatto di edilizia e manutenzioni.

Sono una donna e, guarda un po’, ho imparato a leggere. A cinque anni. Particolarmente bene.

Sono una donna e non so nulla in materia di moda, di ginnastica artistica, di smalto semipermanente. Ma ho una laurea scientifica e trascorsi da grande amante della matematica. Sono una donna e sono appassionata di cose considerate “femminili” (le candele, gli oli essenziali, la narrativa) e di altre ritenute di pertinenza “maschile” (il whiskey, la birra, le serie fantasy). Perché, semplicemente, non esistono ambiti di competenza “per maschi e per femmine”, ma solo interessi e attitudini personali.

Sono una donna che comprende e conosce un sacco di cose, altrettante ne ignora e moltissime spera ancora di impararne. Come ogni donna e ogni uomo che cammini errante su questa Terra.
Sono una donna e non ho bisogno che un maschio mi spieghi necessariamente le cose, a meno che non sia io a richiederlo in modo esplicito. Che dia per scontato di dovermi aiutare a capire il fuorigioco, il motore ibrido, le classi di efficienza di una caldaia. Non ho bisogno che un maschio mi tratti con sufficienza e paternalismo, che mi guardi con un sorrisetto sarcastico mentre mi educe su argomenti di cui crede di saperne più di me solo in quanto maschio. E di cui, magari, sono in effetti più esperta di lui. Sono una donna e sogno un mondo libero dal “mansplaining”, dai “maschi che ci spiegano cose”, dando per certo che ne abbiamo bisogno. Perché non esistono limiti a quello di cui una “femmina” può essere interessata o esperta. Esattamente come per i maschi. Se non capisco qualcosa, state tranquilli, ve lo dico io.

*La bellissima illustrazione è della mia amica Elisabetta Bronzino “Minoma”, che ringrazio per aver tradotto in arte, con talento e grande efficacia, quello che le mie parole volevano esprimere.

27 Novembre 2020 0 Commenti
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life

Il senso che non c’è

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Novembre 2020

Dovevamo diventare migliori.

Più consapevoli. Più grati. Più altruisti.

Dovevamo diventare più empatici e – per usare una parola che ho imparato nei primi anni 2000 per l’esame di Ecologia e che adesso non sopporto perché si usa troppo e non sempre a proposito – più resilienti.

Ma come avremmo potuto, di fronte alla prova a cui siamo stati chiamati?

Ci siamo progressivamente schierati tutti contro tutti. Divisi in categorie – i genitori e i non-genitori, i giovani e i vecchi, i settentrionali e i meridionali, i responsabili e gli incoscienti, i dipendenti e le partite iva, gli insegnanti e tutti gli altri lavoratori – eppure soli, arroccati disperatamente nell’unico dolore che conosciamo, il nostro.

Siamo stati progressivamente travolti da un flusso ininterrotto e ridondante di informazioni, spesso contraddittorie, vaghe o semplicemente incomprensibili. A volte destinate a essere smentite, ridimensionate o corrette nel giro di poche ore o di pochi giorni. C’è chi ha finito col non sapere più a chi o a cosa credere.

Le nostre interazioni sono state affidate a mezzi aridi e spesso asincroni, fraintendibili e freddi. Basati su filtri che ci consentono di tirare fuori senza vergogna il peggio di noi, di additare il colpevole di turno, trincerati nel nostro anonimato informatico. Qualcuno si è abituato a urlare, tanti si sono ridotti a un silenzio difensivo e disarmato.

Siamo stati chiamati a prendere decisioni terribili. A vivere con il peso di responsabilità schiaccianti. A farci medici dei nostri genitori anziani, a diventare insegnanti, allenatori e psichiatri dei nostri figli piccoli. A scegliere il male minore tra due prospettive a volte disarmanti, a decidere con quale paura o con quale senso di colpa convivere, sapendo peraltro che qualsiasi scelta ci tirerà comunque addosso critiche, allusioni e commenti.

Abbiamo distillato lentamente il veleno della nostra frustrazione, inchiodati alle differenze che ci affliggono da ben prima del fantomatico “paziente zero”. Abbiamo stilato l’aberrante classifica dei privilegiati tra i privilegiati, facendo a gara per stabilire chi se la stia passando peggio e chi abbia più diritto a lamentarsi.

Forse poteva andare solo nel modo in cui è andata. O magari stiamo pagando un prezzo altissimo a causa di errori che potevano essere evitati. Io non lo so, ho smesso di chiedermelo molto tempo fa perché in fondo non ha alcuna importanza.

Vorrei solo trovare un senso a questa roba faticosa che è diventata la vita, ma forse è troppo presto. O più probabilmente, non esiste alcun senso: siamo solo animali, dopo tutto, in balia di meccanismi naturali più grandi di noi.

24 Novembre 2020 2 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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