Come vi è andata, nei mesi passati, con lo smart working? E come sta andando ora? Siete tra quelli che lavorano da casa, dopo lo scoppio della pandemia? Questo telelavoro è promosso o bocciato, secondo voi? E soprattutto, è davvero smart?
Uno smart working… poco smart
In quest’anno pazzo e ineffabile, non tutti hanno avuto la possibilità di sperimentare un vero e proprio “smart working”. Molti si sono trovati a dover fare per la prima volta esperienza di un telelavoro improvvisato, imbastito “in qualche modo” a emergenza ormai in corso, senza gli strumenti, la formazione e la flessibilità necessari. Molti hanno continuato pedissequamente a fare quello che facevano sul posto di lavoro, con gli stessi orari, le stesse riunioni, le medesime scadenze. E hanno dovuto utilizzare, magari, piattaforme, programmi e tecnologie messi a punto in fretta e furia, oppure mutuati da altre esperienze e da altre professioni. Una realtà, in effetti, che di smart non ha poi così tanto.
La mia (positiva) esperienza
Ma per fortuna non è stato così per tutti. Non è stato così per me, ad esempio. Che avevo già una lunga esperienza di telelavoro e che da due anni collaboro con un’agenzia digitale estremamente “smart”, appunto, concepita proprio per lavorare da remoto e con grande flessibilità, con dipendenti e collaboratori delocalizzati in luoghi diversi e avvezzi a lavorare per obiettivi, utilizzando piattaforme ad hoc. Tutte le fasi del mio lavoro avvengono senza problemi online: l’assegnazione delle consegne con le relative scadenze, le comunicazioni con colleghi e responsabili, la verifica di quanto effettuato, le riunioni etc. Per il resto, potrei fare il mio lavoro a qualsiasi orario e in qualsiasi luogo dotato di connessione a internet. Condizioni che non sono applicabili ad ogni attività o professione, certo, ma che secondo me potrebbero essere estese a tante categorie.
Wildling Shoes: virtuosi dello smart working
È il caso, per esempio, di Wildling Shoes, un’azienda tedesca di scarpe sostenibili ed etiche (ve l’ho presentata qualche giorno fa in questo post) che già da anni lavora in modo decentralizzato e offre a quasi tutti i suoi 160 dipendenti la possibilità di lavorare in modo agile, nei luoghi e negli orari che preferiscono. Nata appena nel 2015 da una coppia di genitori, l’azienda Wildling Shoes, che nel frattempo è molto cresciuta, si fonda proprio su un sistema di lavoro flessibile e intelligente, con dipendenti che si incontrano dal vivo solo di tanto in tanto e, sulla base di un progetto condiviso, portano avanti i propri compiti in autonomia. Una formula incentrata sulla fiducia reciproca, ma anche su competenze specifiche e strumenti adeguati – dal cloud per la condivisione dei documenti alle chat aziendali, passando per software che consentono la suddivisione e il controllo dei processi di lavoro – e che ha permesso un migliore adattamento in questo periodo di crisi globale.
Il futuro è smart?
Che ne direste, dunque, dello smart working, se questo significasse poter contare su tecnologie ad hoc, dispositivi adeguati e una flessibilità maggiore? Se voi, i vostri colleghi e i vostri superiori veniste formati al lavoro agile e messi in condizione di portare avanti i vostri compiti con una certa flessibilità oraria? Per me il lavoro agile, a prescindere dal Coronavirus, è il futuro. E anche se purtroppo penalizza fortemente alcune categorie economiche – penso a bar, ristoranti, gastronomie etc – credo che possa dare un contributo significativo anche in termini di sostenibilità ambientale e di conciliazione con la famiglia. Purché, però, sia davvero smart.
Voi cosa ne pensate? Quanto è stato faticoso riconvertire la vostra routine lavorativa, ammesso che abbiate potuto farlo? Vi piacerebbe lavorare da casa in pianta stabile? Lo smart working è promosso o bocciato?
Post in cooperazione con Wildling Shoes
3 Commenti
Io lavoro da sola nel mio ufficio, che è proprio sotto casa. Da mamma è comodissimo pero’ rimpiango tanto molti aspetti di quando lavoravo in uno studio più grande: l’assenza di confronto quotidiano o quasi con i colleghi, la mancanza di socialità, di pause caffè con due chiacchere – a casa se stacco è solo per incombenze domestiche e comunque da sola -. Certo, incontro i clienti e vado in Tribunale ma in questo periodo, in cui si è ridotto anche questo e spesso facciamo le udienza on line, è veramente pesante e tutto più difficile perchè l’espressività e la gestualità spesso parlano più delle parole e manca l’aspetto “umano” del lavoro ed il confronto. Insomma, finchè i bimbi sono piccoli, per me andrebbe bene ma se ci fossero incontri in studio con altri colleghi una volta a settimana o anche solo i nostri pomeriggi di formazione in presenza una volta ogni 15 giorni. E poi, diminuite le esigenze di cura dei bambini, preferire lavorare con altri in ufficio. Nel caso in cui, pero’, per raggiungere i luoghi di lavoro siano previsti lunghi spostamenti, immagino che lo smart working sia di gran lunga preferibile. Il contro secondo me è lo svuotarsi delle città. Non tanto quelle turistiche, ma tutte le altre.
Hai ragione, probabilmente l’ideale (ferme restando le tutele per i genitori di bimbi molto piccoli) sarebbe una giusta via di mezzo. Con una dose variabile di flessibilità. Ma chiedo troppo, ne sono consapevole!
Che sogno mamma avvocato! Vorrei lavorare anche io da sola! Non sopporto la mia collega e ultimamente vorrei scappare su un’isola deserta