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viaggiare con i bambini

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Austria con bambini, Carinzia in family hotel

by Silvana Santo - Una mamma green 23 Settembre 2014

Immaginate di essere, insieme alla vostra famiglia, un’appassionata viaggiatrice, che amiate raccontare le vostre avventure e che vi venga offerto all’improvviso un weekend in Austria con tutta la famiglia. Un piccolo prolungamento delle tanto agognate vacanze estive, in un contesto che amate (l’alta montagna), in un paese che conoscete ancora poco (l’Austria, appunto) e in una struttura ricettiva pensata appositamente per le famiglie con bambini (e dotata di SPA).

Capirete facilmente il mio entusiasmo all’idea di andare in Austria col mio bambino, accettando l’invito della catena alberghiera Falkensteiner, specializzata nella ricettività per famiglie, che mi ha chiesto di raccontare, con la complicità di Davide e di suo padre, la nostra esperienza nel suo family hotel Sonnenalpe, in Carinzia. Detto, fatto: biglietto preso e valigie fatte, dal 12 al 15 settembre siamo stati tutti ospiti (grazie mille, davvero!) di questo albergo di montagna. Ecco come è andata.

terrazzino

Austria con bambini: dove siamo stati

vistaIl comprensorio sciistico di Nassfeld-Pramollo, a 1.500 metri di altitudine, si trova a pochi chilometri dal confine con l’Italia, nella cornice fatata delle Alpi Carniche. Qui gli amanti degli sport invernali potranno trovare “neve per i loro sci”, ma anche in estate il territorio offre una miriade di opportunità per tutte le tipologie di viaggiatori: piccoli e grandi, pigri e atletici, allenati e fuori forma (ma di questo parleremo in un post dedicato). Di certo si tratta di una zona tranquilla, in cui godersi una pausa di totale relax al cospetto di incantati boschi di conifere e alpeggi che ospitano placide mandrie al pascolo. Vi sveglierete dolcemente al suono dei campanacci delle vacche e potrete, se vi va, far vagare lo sguardo per ore sulle idilliache cime alpine che incorniciano l’area.

Austria con bambini in family hotel

La catena di strutture ricettive Falkensteiner comprende – ma non solo – diversi family hotel, pensati in modo specifico per rispondere alle esigenze delle famiglie con bambini di tutte le età. Il Falkensteiner Sonnenalpe di Nassfeld, dove ho alloggiato con la mia famiglia, era ovviamente uno di questi.

palline

Questo significa non solo avere a disposizione tutto l’occorrente per la permanenza dei più piccoli (seggioloni, fasciatoi, bavaglini, stoviglie, giochi, etc), ma essere ospitati in una struttura in cui l’approccio generale è “famiglia-centrico”. Tutto è concepito per accogliere anche gli ospiti più giovani, dagli arredi delle camere (interruttori ad altezza bambino, lavabo aggiuntivo più basso, doppia maniglia per le porte, etc) all’offerta gastronomica (menu dedicati, con diverse possibilità di scelta, buffet per i bambini ai pasti, pappe per i bimbi in fase di svezzamento, disponibilità di scaldabiberon, scovolini etc), alle attività proposte (escursioni per famiglie e un programma quotidiano di attività indoor e outdoor per i bambini dai 3 anni di età). E poi, volete mettere, il personale e la stessa clientela – noi abbiamo trovato quasi esclusivamente famiglie austriache e tedesche – sono perfettamente abituati ad avere a che fare con i bambini piccoli. Se vostro figlio dovesse essere colto da una terribile crisi di pianto, saprete che nessuno storcerà il naso, semplicemente perché vive la medesima cosa con la sua stessa prole, o perché lavora quotidianamente con quegli adorabili mostriciattoli sotto il metro di altezza.

hallA mio parere – e lo avevamo già sperimentato in Trentino lo scorso anno – si tratta del compromesso ideale tra il villaggio (che personalmente trovo una soluzione troppo “chiusa” e asettica, quasi ghettizzante, spesso collocata in contesti isolati e organizzata in modo da tenere gli ospiti quasi esclusivamente al suo interno), il classico albergo (che non sempre va incontro alle esigenze dei viaggiatori minuscoli, anche perché c’è il rischio di suscitare il malumore di chi viaggia senza figli) e l’appartamento/residence (sicuramente il massimo in termini di autonomia e flessibilità, ma anche l’opzione più faticosa nella gestione: tocca cucinare, pulire, riordinare, etc).

A parte la connotazione “family”, il Falkensteiner Sonnenalpe è un grande albergo che coniuga lo stile alpino tradizionale con il design più moderno, dotato di un’area SPA di 1.700 metri quadri (vedi oltre), ristorante, piscine, bar, area gioco per i bambini e una hall immensa. La nostra stanza era un bellissimo appartamento per famiglie, circa 40 metri quadri organizzati in diversi “angoli” (il salottino, la camera da letto, la cameretta, il terrazzino, etc), ma esistono soluzioni diverse a seconda delle esigenze – e delle disponibilità economiche – degli ospiti. Decisamente confortevole pure per i “grandi”, insomma, anche se per quanto mi riguarda rimane una soluzione ideale soprattutto per chi ha con sé dei bambini, se non altro perché i mini-viaggiatori costituiscono una discreta percentuale degli ospiti dell’albergo e sono, di conseguenza, quasi dappertutto.

La SPA in Austria con i bambini

spaPiscina interna ed esterna (leggermente riscaldate), baby pool, piccolo acquascivolo interno, innumerevoli zone relax e un’area SPA con biosauna, bagno di vapore, vasca idromassaggio esterna, sauna finlandese, fonte del ghiaccio, vasca di acqua fredda, angolo tisane e palestra. Devo aggiungere altro? La zona piscina è sempre accessibile anche ai bambini, mentre la SPA è di norma preclusa a chi non ha ancora compiuto 14 anni, anche se sono previsti orari dedicati in cui l’accesso è consentito a tutta la famiglia. È possibile inoltre prenotare massaggi e trattamenti di ogni tipo (il listino include anche trattamenti per i bambini e massaggi per mamme in attesa) o acquistare cosmetici e prodotti per l’igiene personale (anche organici).

Che dire? Questa per me è la chicca della struttura, in grado di assicurare preziosi momenti di relax anche al più stremato dei genitori! Io di solito facevo a turno con mio marito: uno dei due si divertiva in piscina o all’area gioco con Davide, mentre l’altro si godeva la tranquillità della SPA (per poi ricongiungerci tutti per un’ultima sessione di tuffi e nuotate). Nonostante il mio avanzato stato di gravidanza ho potuto beneficiare della biosauna (una sauna “dolce”, a temperatura non superiore ai 60 gradi) e dell’idromassaggio (immaginate una grande vasca fumante e spumeggiante all’aperto, con vista sulle Alpi…). Insomma. Difficile da dimenticare.

La tutela dell’ambiente

Per quanto la SPA sia di certo un servizio ad alto impatto ambientale, sia per quanto riguarda il consumo idrico che energetico (visto che la adoro, dovrei aggiungerla alla lista dei miei peccati “non green”, sic!), direi che l’attenzione alla sostenibilità non manca. Il larghissimo uso del legno, tipico degli ambienti di montagna, rende la struttura molto bene isolata termicamente (e acusticamente), anche in virtù degli ottimi infissi isolanti. Nei bagni e nella SPA non è previsto l’utilizzo di detergenti e altri prodotti monouso, ma di dispenser che vengono via via ricaricati o sostituiti. Anche al ristorante l’uso di monoporzioni è ridotto ai minimi termini, mentre le stoviglie per i bambini sono tutte lavabili. Molti prodotti alimentari sono a km zero, e non mancano gli alimenti biologici. Il buffet è corredato da informazioni sulle pietanze vegetariane, vegane, adatte ai celiaci e a chi è affetto da varie altre intolleranze alimentari. L’acqua e le bevande vengono distribuite mediante spillatori, utilizzando caraffe o bicchieri di vetro.

Conclusioni sulla vacanza in  Austria con bambini

albergoSe vi ispira l’idea di una vacanza che consenta di coniugare alla perfezione il relax totale con attività di ogni genere, se amate la SPA e siete in cerca di servizi che vi consentano di “gestire” dei bambini piccoli senza stress né fatica, ma l’idea di chiudervi in un villaggio con braccialetto al polso e spettacoli serali vi fa venire l’orticaria, questa è sicuramente un’opzione da considerare. I prezzi non sono da ostello (si tratta di un hotel a 4 stelle), ma sul sito dell’albergo sono spesso disponibili offerte speciali e pacchetti scontati che, soprattutto evitando l’altissima stagione, mi sembrano tutto sommato accessibili. Sono previste tra l’altro gratuità per bambini e sconti per ragazzi. Quanto a me, spero di avere presto l’occasione di tornarci, magari con più calma (e la prossima volta saremo in 4!).

——-> Leggi anche il post con le attività che consiglio con i bambini in Carinzia.

23 Settembre 2014 10 Commenti
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viaggi

Creta con bambino piccolo e pancione

by Silvana Santo - Una mamma green 11 Settembre 2014

Creta per me

Creta1Creta è odore di incenso che sale dalle braci ancora tiepide. È il rosso sanguigno della terra argillosa, il verde polvere degli ulivi e il blu lapislazzulo del mare e del cielo. Creta è un gatto magro che mendica gli avanzi della cena, un vecchio d’altri tempi – bastone, baffi e bretelle – che gioca a backgammon davanti a un bicchiere di raki. Creta è avamposto d’Europa e promessa d’Africa, periferia di Occidente e annuncio d’Oriente, profumato di spezie e spugne di mare. È la luce di mille diamanti imprigionata nelle acque basse del Mar Libico, è la pietra ocra che si scalda al tramonto, è il canto assordante di mille cicale. Creta è una distesa di cardi bruciati dallo scirocco d’Africa, è l’eco millenaria di guerrieri, sirene e marinai. Terra di conquista, baluardo conteso, cittadella di fedi e superstizioni. È un minareto ottomano che svetta su un’icona di Bisanzio. È una candela che arde sottile, una nenia sacra che si spande nell’aria, un sorriso irregolare che si spalanca sincero. Creta è una brezza incessante, una luna precoce e una ferita, troppo profonda, di calcestruzzo. Un groviglio di reti stese al sole ad asciugare, una lenza luccicante tesa sull’abisso, una famiglia di capre che pascola al sole. Creta è lenta, polverosa e ruvida. Come un vecchio cuore che pulsa in mezzo al Mediterraneo.

 

Creta con i bambini

Creta con bambiniSpiagge di ogni tipo (sabbia fine, sabbia grossolana, ciottoli) e di ogni dimensione, esposte a Est o a Occidente, rapidamente digradanti o con acque basse per decine di metri. Rigorosamente attrezzate (parcheggi gratuiti, ombrellone e lettini di proprietà comunale noleggiabili a 6 euro in tutto per l’intera giornata, docce tiepide gratuite, cabine per il cambio – chevvelodicoaffa’, gratuite) e pulite, acqua cristallina. E poi una grande disponibilità da parte degli autoctoni, sempre pronti a trovare una risposta alle esigenze dei piccoli: un seggiolone per il pranzo, una porzione ridotta per stomaci baby, un giocattolino per intrattenere il mini-viaggiatore affamato. Quanto alle attrazioni dedicate ai bimbi, merita davvero, se vi piace il genere, il moderno acquario di Heraklio (il Cretaquarium). Davide era troppo piccolo per apprezzare musei e acqua-park, ma l’isola offre diverse possibilità in questo senso. Meno varia, per la stessa natura del territorio, la scelta di aree verdi.

Creta2Perché andare a Creta con bambini piccoli

Perché il mare è davvero memorabile, i centri storici sono piccoli e facilmente visitabili, la gente è fantastica. Il caldo, almeno nelle due settimane in cui abbiamo girato noi (costa nord e ovest, anche se so bene che non sono le più belle) era assolutamente sopportabile, mitigato dalla brezza e da una scarsa umidità. Anche nelle giornate ventose, informandosi in giro si riesce a trovare una spiaggia riparata in cui fare il bagno. L’offerta di strutture con angolo cottura, comode ed economiche quando si viaggia in famiglia, è vasta e accessibile.

Perché NON andare a Creta con bambini piccoli

Direi solo per la scarsa disponibilità di aree verdi e per le distanze in auto, che possono essere importanti (noi abbiamo optato per una vacanza itinerante proprio per evitare di passare troppo tempo in auto). Se visitate i siti archeologici, cercate di andarci al mattino presto, perché il caldo e la folla possono creare parecchi problemi.

Creta per le mamme in attesa

Creta con bambiniIl volo da Roma dura un paio d’ore, il clima è caldo ma ventilato e non afoso (almeno quando ci siamo stati noi!), le possibilità di intrattenimento sono molteplici – poltrire in mare tutto il giorno o avventurarsi in escursioni impegnative -, la cucina è gustosa ma semplice e ovviamente “mediterranea”, il mare è tiepido e la disponibilità di farmacie, ambulatori e ospedali è ampia. Tutte ragioni per cui Creta è una destinazione ideale durante la gravidanza.

Il nostro itinerario a creta con un bambino

Creta è un’isola molto grande (la quinta del Mediterraneo), personalmente sono convinta che non abbia senso arrivarci dall’Italia e fermarsi in una singola località. Di qui la scelta di spostarsi, prenotando (dall’Italia, via internet) in 4 strutture diverse e scegliendo anche di ripartire da un aeroporto diverso rispetto a quello di arrivo (andata Easyjet per Heraklio e ritorno da Chania con Ryanair, sfruttando l’ottimo servizio di trasferimento della nostra auto dallo scalo romano di partenza a quello di arrivo, offerto dal parcheggio in cui avevamo prenotato per soli 25 euro). Viaggiare con al seguito un bambino di un anno e mezzo e un pancione di quasi sette mesi ci ha indotti a fare dei compromessi, rinunciando consapevolmente alla costa meridionale, più bella e selvaggia ma anche peggio collegata e più “faticosa”, e ai siti più rocamboleschi da raggiungere (tipo il paradiso di Balos). L’idea è di tornare a completare il giro tra qualche anno. La parte nord-est di Creta, comunque, ci ha permesso di alternare mattinate – o pomeriggi – al mare a passeggiate ed escursioni in centri storici, villaggi e siti archeologici – non siamo mai stati, né io né il papà di BigD, i tipi che si spalmano in spiaggia per l’intera giornata.

Ecco dunque l’itinerario che abbiamo seguito:Creta5 Arrivo a Heraklio e trasferimento immediato ad Agia Pelagia, una località tutto sommato perdibile ma vicina a siti come la stessa Heraklio, il Cretaquarium e la rovine del palazzo di Cnosso, nonché bagnata da un bel mare con ciottoli e sabbia grossolana. La scelta si è rivelata felice rispetto all’alternativa Heraklio, per la maggiore calma di Agia Pelagia e la vicinanza con spiagge invitanti. La tappa successiva, dopo una sosta-bagno a Balì, è stata Georgioupoli, che abbiamo scelto come base per visitare Rethymno e i dintorni: tre pernottamenti nei pressi del porto fluviale, con bagni mattutini nella grande spiaggia locale e visite a Kournas (lago e omonimo villaggio) e alla stessa Rethymno (pittoresco il porto antico, davvero interessante la Fortezza). Georgioupoli in sé offre poco, ma a me sono piaciuti molto il porto e la minuscola chiesina che si raggiunge percorrendo un lunghissimo molo di pietra. A questo punto siamo partiti per Kissamos, sul lato occidentale dell’isola. Abbiamo dormito lì una sola notte, in modo da raggiungere le spiagge di Falasarna (al tramonto, davvero struggente!) ed Elafonisi, una specie di paradiso in Terra che da sola valge l’intero viaggio (andateci di mattina presto, però!). Col senno di poi, ci saremmo fermati a Kissamos anche una seconda notte, approfittando per visitare anche la spiaggia e le rovine di Paleochora, ma in fase di organizzazione ci era sembrata un’opzione troppo stancante. Così ci siamo diretti a Chania, la nostra ultima tappa (4 pernottamenti). Si tratta della località più pittoresca di Creta, con il vecchio porto veneziano che, nonostante l’affollamento di botteghe e ristoranti, non ha perso il suo fascino. La vicinanza con le belle spiagge di Marathi e Stavros (belle, ma niente di paragonabile a quelle precedenti, sia chiaro) ci ha permesso di continuare ad alternare mare e passeggiate senza particolare stress.

Garantisco che si tratta di un itinerario perfettamente alla portata di una famiglia con una futura mamma e un bambino piccolo, purché siate già abituati (e vi piacciano!!) a questo tipo di viaggi in famiglia, con parecchi spostamenti in auto (tra i 20 minuti e l’ora e mezza, con una media di 30/35 minuti) e preferiate andare in giro rispetto alla classica vacanza balneare “stanziale”.

Creta bimbiL’ambiente

Purtroppo non mancano le note dolenti: la costa nord è spesso deturpata da costruzioni orrende, in molti casi, tra l’altro, incompiute (pare siano embrioni di abusi edilizi in attesa di essere condonati e finiti, ma io sospetto che la grave crisi dell’economia greca abbia contribuito alla creazione di molte di queste “cattedrali” abbandonate). Le città principali si sono sviluppate in modo irregolare e disarmonico intorno ai pittoreschi centri storici, in certi punti il traffico può essere intenso. Il sistema fognario è rudimentale, tanto che non si può gettare la carta igienica nel water e si è di fatto costretti a bere, per sicurezza, acqua in bottiglia. La raccolta differenziata è molto limitata. In compenso, le spiagge, oltre a rimanere sotto la gestione pubblica, scelta che personalmente condivido profondamente, sono sempre presidiate e ben tenute (ad Elafonisi diversi cartelli avvertivano delle sanzioni a carico di chi osasse portar via della sabbia), i centri storici sono quasi tutti pedonali e sopravvivono, anche nella parte di isola che ho visto io, lunghi tratti di costa ancora incontaminata, appannaggio di ulivi e macchia mediterranea (e pare che a Sud sia molto meglio!). A Chania ho letto informazioni interessanti su un programma ambientale per la tutela della Caretta caretta e anche la capra endemica cretese, il Kri Kri, è sottoposta a iniziative di protezione. Nonostante ci avessero detto che la costa settentrionale fosse “brutta”, abbiamo trovato sempre e dovunque acqua a dir poco cristallina e arenili puliti.

Creta3Conclusioni su Creta con i bambini

Creta è la destinazione ideale per chi sia in cerca di un mare fantastico da abbinare a escursioni culturali, passeggiate, gastronomia e shopping (oltre a tanta paccottiglia, ho visto oggetti davvero pregevoli, specie a Chania). Chi è nelle condizioni di tempo e di energia, può dedicarsi anche a dei trekking molto soddisfacenti, specie nella parte meridionale dell’isola (a cominciare dalle Gole di Samaria). Consigliatissima dunque per i viaggi in famiglia, ma si tratta di una meta ideale anche per coppie, ragazzi, anziani, etc. Pensateci, anche perché i costi sono ragionevoli.

 

 

Creta9

Creta7

11 Settembre 2014 4 Commenti
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lifeviaggi

Elogio delle vacanze tardive (Una mamma green va in ferie)

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Agosto 2014

vacanze tardiveCosta meno.

C’è poca gente.

Ad agosto la città è più vivibile.

Almeno nel mio caso, lavorare ad agosto è meno pesante che nel resto dell’anno.

La fatica di attendere per lunghi mesi viene ricompensata da una goduria altrettanto intensa.

C’è una sottile soddisfazione nel fare i bagagli mentre la maggior parte della gente che conosci è in preda al trauma da rientro. Sai che tanto poi toccherà anche a te, ma per il momento… godi.

Questi sono i motivi principali per cui, potendo scegliere, la sottoscritta madre verdastra e il suo uomo preferiscono di solito ritardare alquanto la partenza per le vacanze estive. Questa volta siamo in partenza per Creta, sperando che gli dei dell’Olimpo e i flutti del Mediterraneo ci siano amici. Molto amici, ché con un vulcanino di un anno e mezzo al seguito ce n’è davvero bisogno.

Ci risentiamo tra un paio di settimane. Buone vacanze a chi parte e un abbraccio a chi resta!

22 Agosto 2014 11 Commenti
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Imprevisti (meglio viaggiare con un paracadute di scorta)

by Silvana Santo - Una mamma green 12 Agosto 2014

AllianzLa mia prima volta non è andata esattamente come sperassi. Il mio lui era già Lui, quello che a distanza di oltre 10 anni sarebbe diventato il padre di mio figlio. Eravamo eccitati come due scolaretti, consapevoli che quel momento avrebbe cambiato la nostra vita per sempre. In effetti, non ci sbagliavamo: l’avvento delle compagnie aeree low cost stava per regalarci la tanto sognata possibilità di esplorare l’Europa, zaino in spalla o trolley al seguito, con poca spesa e tanto entusiasmo.

Solo che le cose non andarono proprio nel verso giusto. Il volo da Ciampino a Bruxelles, pagato qualcosa come 30 euro, assicurazione manco a pensarci, venne prima ritardato (costringendoci a passare una notte praticamente insonne nell’aeroporto romano) e poi, ormai il giorno dopo, definitivamente cancellato. Troppa nebbia, ci dissero. E mi chiederò per sempre se la causa sia stata davvero quella (altre voci ufficiose si inseguirono nella lunga notte di un’attesa che si sarebbe rivelata vana). Ricordo ancora il sapore acre della delusione. La rabbia impastata di sonno, la telefonata depressa a mio cugino che avrebbe dovuto ospitarci in Belgio. Alla fine, una corsa disperata verso Fiumicino e l’acquisto di un nuovo biglietto di andata (generosamente offerto dai miei genitori) salvò la nostra vacanza, e il volo di ritorno partì e atterrò senza intoppi.

Da allora, di check-in, imbarchi e partenze ne ho vissuti a decine, e non sempre tutto è filato liscio. Una volta – destinazione Inghilterra del Nord, per andare a trovare sempre lo stesso cugino ramingo che all’epoca studiava in una fighissima università medievale – mi hanno perso i bagagli, che ho rivisto solo dopo 72 ore (passate con indosso la biancheria del cugino di cui sopra). Al ritorno da Bali, in luna di miele, abbiamo seriamente rischiato che non ci lasciassero imbarcare, perché mio marito aveva il braccio ingessato (sì, sono tra le poche privilegiate ad aver avuto uno sposo ingessato, invece che in gessato) e la compagnia aerea pretendeva non so che strana certificazione medica. Avevamo una polizza sanitaria, ma niente che ci avrebbe risolto la grana se ci avessero impedito di partire (immaginate quindi la strizza…).

allianz1 2E poi, un classico, c’è stata quella volta in cui, a Lisbona, mi hanno fregato il portafogli, contenente contanti, carta di credito, abbonamento ferroviario e – sì, ovviamente sì – documenti. Non solo ho “vinto” un colloquio con uno sveglissimo poliziotto portoghese (“Ma se ha perso i documenti, io come faccio a identificarla?”) e una gita all’ambasciata italiana a Lisbona, ma sono stata anche presa in giro dai giovani gestori del b&b in cui alloggiavamo: “Sei di Napoli e ti fai fregare il portafogli? Ah-ah-ah!!”. Da sbellicarsi, davvero.

Morale della favola: talvolta l’imprevisto fa parte del “pacchetto viaggio”. E soprattutto quando si vola con un bambino piccolo, un banale contrattempo può trasformarsi nel più devastante degli incubi. Per questo, specie se il viaggio prevede lunghi trasferimenti, tappe intermedie o un costo particolarmente impegnativo, ho imparato a prendere sempre in considerazione l’acquisto di una polizza assicurativa che copra annullamento, ritardi, smarrimento dei bagagli o dei documenti. E quando serve, ovviamente, una bella assicurazione sanitaria (che se ti viene un’enterite durante un viaggio negli USA, rischi di lasciarci un rene per coprire le spese mediche, salvo poi dover trovare un modo per pagare l’intervento di espianto…).

Perché l’avventura è molto emozionante, ma è sempre meglio avere con sé un bel paracadute di scorta.

Questo post è offerto da Allianz Global Assistance, che propone pacchetti assicurativi per ogni tipologia di viaggio o vacanza.

 

12 Agosto 2014 5 Commenti
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lifeviaggi

Vacanze in famiglia: dimmi quale fai e ti dirò chi sei

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Agosto 2014

Lo specchio dell’anima di una persona – quello vero – non sono gli occhi, né i libri che legge, né gli amici di cui si circonda. Lo specchio dell’anima di un individuo sono le vacanze in famiglia. Se vuoi conoscere la vera natura di una persona, chiedigli come passerà le ferie con compagno/a e figli.

20140711_114913Il vacanziero avventuroso
Se uno era parecchio movimentato da prima, dopo aver avuto dei figli cercherà di dimostrare a se stesso e al mondo che famiglia e avventura non sono un connubio poi tanto strampalato. Armato di fasce portabebè in colori sgargianti, zanzariere e Lonely Planet, parlerà del viaggio itinerante in Bolivia con i suoi gemelli di pochi mesi come dell’esperienza più rilassante della sua vita. Lo svezzamento a base di farina di tapioca e le passeggiate postprandiali nella Foresta Amazzonica saranno probabilmente i suoi aneddoti preferiti una volta tornato a casa.

Il vacanziero affezionato
È quello che ha passato tutte le 40 estati della sua vita nella stessa località balneare tirrenica/adriatica (barrare l’opzione più adatta), rigorosamente in appartamento, condiviso con il resto della famiglia allargata, inclusa l’anziana prozia vedova che dal 1987 non è più in grado di distinguere un paguro da una tellina. Una volta diventato genitore, dà per scontato che la tradizione proseguirà con la sua prole, semplicemente perché la sua forma mentis non prevede alternative.

Il vacanziero punkabbestia
Dipendente dalle compagnie low cost, strenuo sostenitore del bagaglio a mano, non capisce perché tanti genitori si lamentino della quantità di valigie necessarie per partire col pargolo. È in grado infatti di incastrare tutto l’occorrente per 10 giorni all’estero in una valigia formato tic-tac che rispetti i rigidi standard Easyjet, e si chiede sempre se non abbia in fondo portato troppi vestiti di ricambio. Accoglie con rammarico le risposte negative degli ostelli della gioventù alla domanda “Avete culle da neonato?” e aspetta con trepidazione che i piedi di suo figlio raggiungano il numero 24 per comprargli le sue prime Birkenstock.

Il vacanziero prudente
Sceglie destinazioni rigorosamente “bimbo proof”, che variano da Riccione a Vieste, da Bibione a Torre dell’Orso, passando per Bagnara Calabra e San Benedetto del Tronto. La località prescelta deve rispettare tutte le seguenti caratteristiche: presenza del mare («Perché ai bambini fa bene lo iodio»), spiaggia di sabbia, profondità massima dell’acqua non superiore ai 65 centimetri per almeno 250 metri dal bagnasciuga, ventilazione adeguata, raggiungibilità in auto. La possibilità accessoria di usufruire di uno stabilimento balneare con bagnino è molto gradita.

Il vacanziero babyclub
Aspetta la settimana di villeggiatura pensando con desiderio alle ore che suo figlio passerà con gli animatori, auspicabilmente di numero non inferiore alle 14 al giorno. La sigla della babydance è per lui il più celestiale dei suoni. La località di villeggiatura è del tutto ininfluente, tanto che spesso il vacanziero babyclub non ricorda neanche con precisione in quale regione abbia soggiornato.

Il vacanziero snob
Sceglie solo destinazioni alternative e radical chic, quasi sempre all’estero, come l’Albania o la Danimarca. Aborrisce come l’Ebola l’idea di alloggiare in un villaggio turistico e considera le escursioni organizzate alla stregua di una tortura corporale. Se durante la villeggiatura individua gruppi o famiglie provenienti dalla sua stessa regione, gira immediatamente al largo e, se accidentalmente intercettato, finge di non capire l’italiano. Prima di acquistare un souvenir, si accerta sempre che non sia made in China.

Il vacanziero da campeggio
Sinceramente convinto che il camper sia la quintessenza del relax e che il cambiamento climatico non costituisca una reale complicazione per le vacanze in tenda, considera dei rammolliti tutti coloro che soggiornano in hotel/appartamento/residence/b&b/ostello. Si entusiasma per tutti gli accessori in vendita da Decathlon nel reparto “escursionismo” e subisce come un’onta insuperabile la decisione dei figli adolescenti di rinunciare alle vacanze in campeggio in favore di una settimana a Barcellona con gli amici.

E voi, di che vacanze siete? 🙂

5 Agosto 2014 11 Commenti
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transilvania vacanza famiglia
viaggi

In Transilvania con un bambino (piccolo): guida di viaggio e itinerario

by Silvana Santo - Una mamma green 30 Giugno 2014

Vorreste visitare la Transilvania con un bambino, ma avete paura che sia un viaggio troppo impegnativo? Eccovi servite tante informazioni pratiche, insieme a consigli sull’itinerario e dritte per godervi la vacanza al meglio.

Come visitare la Transilvania con i bambini

Da Napoli raggiungiamo la Romania con la compagnia BlueAir. Nessuno ci avverte, al momento della partenza, che al ritorno dovremo pagare 10 euro a testa per i diritti di check-in, e questo genera qualche incomprensione col personale di terra romeno. Il volo è un po’ in ritardo per i temporali che spazzano l’Europa, ma va tutto bene. Avevamo prenotato da casa un pernottamento nei pressi dell’aeroporto di Bucarest e altri 4 a Brasov, uno dei centri principali della Transilvania. Ci attendono, oltre a un’auto a noleggio con seggiolino e navigatore, un clima fresco e nuvoloni (periodo 19/24 giugno).

Perché andare in Transilvania con i bambini

Perché i siti da visitare sono per lo più piccoli e relativamente vicini, bastano poche ore per una visita soddisfacente (facendo a meno dei musei, che personalmente non ho trovato imperdibili) ed è possibile girare l’intera zona senza cambiare alloggio per forza. La cucina mi è sembrata un po’ monotona, quasi esclusivamente a base di carne e patate, ma si trovano piatti semplici, adatti anche ai più piccini. Per Davide, che al momento della partenza aveva quasi 17 mesi, mi ero portata un po’ di cose da casa, ma sono sempre riuscita ad ordinare qualcosa per lui al ristorante (petto di pollo, arrosto di maiale, purè di patate, finanche un piatto di “pasta”) che ha poi mangiato senza problemi. Le pizzerie sono dappertutto e nelle città principali non mancano pub e qualche fast food. Campagna, boschi e tanti animali (selvatici e domestici) sono un’opportunità straordinaria per tutte le famiglie. Sempre reperibili inoltre farmacie e ambulatori medici.

bimbi transilvania

Transilvania con i bambini

 

Perché NON andare in Transilvania con i bambini

Scale e salite, strade acciottolate e traffico extraurbano che può scorrere anche molto lento per la presenza di calessi, mandrie al pascolo ma anche mezzi pesanti, non sono il massimo per i “bebè muniti”, specie per chi ha con sé un passeggino. Seggioloni e fasciatoi sono quasi introvabili. Decisamente consigliato un passeggino robusto ma maneggevole, ideali le fasce e i marsupi ergonomici. Il meteo è molto variabile, k-way e cappottina impermeabile sono d’obbligo.

Il nostro itinerario in Transilvania con un bambino

1 giorno (solo pomeriggio):

Arrivo a Bucarest Otopeni in serata e pernottamento nei pressi dell’aeroporto.

transilvania con bambini

2 giorno: Bucarest – Sinaia – Brasov
La strada che da Otopeni parte verso nord è trafficata e affascinante: fasci di fili elettrici sospesi a mezz’aria, donne con i fazzoletti in testa sul ciglio della carreggiata, calessi carichi di paglia e berline piuttosto datate. Ai lati della strada sfrecciano chioschi di Coca Cola. Non ricordavo una sensazione così “esotica” dal viaggio a Bali o dalla Grecia degli anni ’90. L’Europa globalizzata qui non è ancora arrivata, e la cosa mi piace molto. Il trasferimento in Transilvania procede senza intoppi, le strade sono in condizioni buone, anche se gli incroci a raso e l’attraversamento dei centri urbani rallentano un po’ il traffico.
Ci fermiamo a Sinaia per il pranzo: una località che serve le vicine stazioni sciistiche, piacevole per il verde e le belle case di inizio ‘900, ma di per sé perdibile (non vale lo stesso discorso per il vicinissimo Castello Peles, che visiteremo al ritorno). L’arrivo a Brasov mi stupisce: mi aspettavo una piccola località turistica, invece scopro, intorno al centro medievale, una cittadina moderna e fiorente, in crescita. Cantieri ovunque, giovani in giro, ristoranti. C’è qualche segno della globalizzazione, ma resta una indubbia autenticità. Il centro storico, in parte pedonale, è pittoresco e vivace.

romania bambini

3 giorno: Castello di Bran – Brasov
Quello di Bran è IL castello. Arroccato su una rupe (strada in salita!), un tripudio di ballatoi, torrette, scale, sale tappezzate e soffitti lignei. L’architettura è molto interessante. Note stonate: impossibile visitarlo in passeggino e, soprattutto, è probabile che si trovi molta calca. L’ingresso dei gruppi non è ben regolamentato, a parere mio, e il fatto che sia possibile girare il Castello di Bran in entrambi i “sensi di percorrenza” crea un traffico incredibile, specie sulle scalinate più strette. Un po’ sgradevole, infine, il percorso di accesso tra negozi di paccottiglia. Tutti inconvenienti, ad ogni modo, ripagati alla grande dalla bellezza del sito (ottimamente conservato come tutti).
Nel pomeriggo, la visita di Brasov prosegue tra dolci locali e prati pieni di verde.

4 giorno: Sibiu – Fortezza di Rasnov
Da Brasov occorrono poco più di due ore in auto, tenendo conto che di domenica mattina (sul presto) la strada è sgombra dai camion. Il tragitto è piacevole: campagne, colline, qualche rudere in lontananza e tante scene bucoliche di armenti al pascolo con relativi pastori. Dover intrattenere un unenne rende il tutto meno rilassante, ma alla fine si arriva senza intoppi. Sibiu è bella ma non sensazionale, almeno per me. Le tre piazze pedonali con edifici punteggiati di tegole e case che sembrano avere occhi spalancati valgono una visita, ma forse non un trasferimento così lungo. Non andarci, comunque, ci avrebbe lasciato qualche rimpianto.
Nel pomeriggio, la Fortezza di Rasnov non delude: la raggiungiamo su una specie di “trenino” trainato da un trattore con ruote colossali, Davide si diverte molto. Il forte è archetipico, e poco affollato. La vista sui boschi e sui villaggi circostanti molto affascinante. Decisamente promosso, nonostante le salite e le scale da affrontare (passeggino lasciato all’ingresso proprio come al Castello di Bran).

© Unamammagreen

5 giorno: Sighisoara – Viscri – Brasov
Sighisoara (un’ora e 15 da Brasov) è un vero gioiello. Le stradine acciottolate, le case dai colori pastello, gli edifici medievali e il “fantasma” di Vlad Tepes (che qui ha visto la luce) rendono la visita indimenticabile. Da segnalare molti ristoranti e qualche artigiano che vende souvenir.
La tappa sulla strada del ritorno è un autentico viaggio a ritroso nel tempo: 7 km di stradina asfaltata ma piena di buche per raggiungere il villaggio rurale di Viscri, con bimbi scalzi, vecchie che tessono la lana sugli usci, grossi nidi di cicogne in cima ai pali della luce. La chiesa sassone fortificata in cima al villaggio (con annesso cimitero) è una piccola perla, difficilmente la dimenticherò. Brasov, in serata, ci saluta con il (perdibile) vicolo “più stretto dell’Europa orientale”.

6 giorno: Castello Peles – Otopeni
L’ultima tappa è una delle più memorabili: il Castello Peles di Sinaia (rinunciamo al vicino Palazzo Pelisor per mancanza di tempo). Le solite difficoltà organizzative: l’ingresso viene ritardato parecchio dalle comitive che devono essere “smaltite”, ma il sito è davvero speciale. Stato di conservazione impeccabile, scenario da fiaba, la prima pioggia della nostra vacanza e l’annessa nebbiolina rendono tutto un po’ incantato. Solo questo vale un viaggio in Transilvania. Da lì raggiungiamo l’aeroporto e facciamo rotta verso casa.

© Unamammagreen

L’ambiente

Non manca qualche “ecomostro” qua e là e la regione è tutta un cantiere. Restano comunque ampie porzioni di territorio non urbanizzato, foreste secolari e tanta campagna. I parchi urbani non mancano nelle città principali, che sono in generale molto pulite. Avvistate qua e là delle campane per la raccolta differenziata, gli animali sono dappertutto (in giro molti riferimenti ai numerosi orsi che abitano la Transilvania)! Non fanno eccezione, purtroppo, i cani randagi.

Conclusioni sulla Transilvania con i bambini

Il viaggio in Transilvania è impegnativo per la natura dei siti da visitare (castelli, fortezze, roccaforti, etc), ma tutto sommato fattibile. Le strade – almeno quelle relative al nostro itinerario – più che decenti, ben asfaltatee e sicure, seppur lente (ad eccezione di quelle nelle zone rurali, con buche e tratti sterrati) e la cucina adatta ai gusti occidentali. Prezzi molto convenienti. L’inglese è parlato in tutti i siti turistici, altrimenti in qualche modo ci si capisce comunque! Chi cerca mondanità e vita notturna non troverà molta soddisfazione, mentre gli spazi aperti e il verde non mancano, e c’è l’imbarazzo della scelta in fatto di boschi ed escursioni in montagna. Questa regione della Romania ha tutta l’aria di avere potenzialità enormi, se solo i suoi abitanti sapranno sfruttarle senza strafare.

 

 

 

 

 

 

 

30 Giugno 2014 4 Commenti
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libriviaggi

La strategia della fuga

by Silvana Santo - Una mamma green 9 Giugno 2014


Quando ero piccola, c’erano i libri. Verne, Stevenson, Conrad (pochi anni dopo sarebbero arrivati i russi e i sudamericani). Altre esistenze in cui calarsi, orizzonti sconosciuti in cui perdersi, avventure da vivere con gli occhi e la mente e il cuore. Epoche diverse, luoghi lontani. Sogni di carta in cui pascere la mia fantasia, la mia voglia d’altro. Poi c’è stato il periodo delle cartoline illustrate. Ne avevo una collezione di tutto rispetto, organizzata per continenti e aree geografiche. Le sfogliavo fantasticando su quando io stessa avrei messo piede su quelle terre esotiche, intimamente convinta che prima o poi sarei riuscita a visitare tutte le località di cui riuscivo ad accaparrarmi una preziosa cartolina postale.

Gli anni dell’adolescenza sono stati un classico: miti giovanili (sportivi, quasi esclusivamente) di cui innamorarsi, lettere da scrivere, ritagli da conservare. E poi le prime vacanze, viaggi sudati in treni sferraglianti, cocktail colorati, chiacchierate notturne e giochi in mare. Come un’appendice alcolica dell’infanzia, anche se allora non avremmo mai osato ammetterlo. La consapevolezza fremente che “il meglio doveva ancora venire”. I libri erano sempre lì, i francesi e i russi scalzati dagli americani, con qualche italiano a fare da intruso e i sempiterni latinoamericani a contendere spazio a tutti gli altri.

Quando finalmente è arrivato, il meglio, ha assunto le sembianze rivoluzionarie e un po’ scomode (pure un po’ inquinanti, d’accordo) delle compagnie aeree low cost. Un intero continente, il più carico di storia, di radici, di suggestioni, finalmente alla mia portata. L’azzurro sfavillante del Mediterraneo e l’atmosfera controriformista della Mitteleuropa. Il vento tagliente sulle coste atlantiche, la brughiera al Nord, i castelli e le chiese. L’arenaria, i calcari, i marmi, i tufi e i graniti. Il vino e la birra, il fado e le ballate celtiche, le cornamuse, le mandole e i violini. Il pane. Ogni volta diverso eppure sempre uguale a se stesso.

Andare lontano per rendere sopportabile il pensiero di tornare a casa. Illudersi di cambiare continuamente, di vivere tante vite in una, conoscere almeno una porzione piccolissima delle infinite cose “altre” che ci sono là fuori. Raccontarsi di diventare ogni volta una persona leggermente migliore di quella che era partita, riempire la bisaccia dei ricordi di nuovi momenti, nuovi luoghi, nuovi odori di cui avere nostalgia.

Scappare, in ultima analisi. Sapendo che poi si dovrà fare ritorno, ma intanto scappare. Mettere chilometri tra sé e il quotidiano – normale, tranquillo, accettabile, ma ugualmente un po’ troppo stretto, viziato, un po’ alienante. Spezzare il corso regolare degli eventi, capovolgerlo, alterarne il ritmo.

Fuggire solo per un po’. Evadere a tempo determinato, scappare per “finta”. Per raccontarsi un’altra storia e un’altra verità.

È una cosa che mi è riuscita sempre bene, e che ultimamente sta diventando una specie di ragione di vita. Sopporto (malamente) il ritorno solo mettendomi a programmare un’altra fuga. Che sia la quintessenza della pavidità o la cosa più coraggiosa che abbia mai fatto, in fondo cosa importa? Io intanto scappo, e per il momento va bene così.

9 Giugno 2014 2 Commenti
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Zoom Torino: non chiamatelo zoo

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Maggio 2014

Dimenticate gli zoo spelacchiati in cui portavano in gita noi ragazzi degli anni Ottanta. Dimenticate i fossati cinti dalle reti, le gabbie e le distanze di sicurezza. Zoom Torino è altra cosa. Riconosco di aver esitato, prima di organizzare una visita al bioparco torinese. Di aver raccolto informazioni, di aver studiato il sito per capire se ne valesse davvero la pena. L’ultima cosa che volevo era portare mio figlio a spasso per un lager, fargli osservare le bestie selvatiche come fenomeni da baraccone, private della propria dignità, oltre che della preziosa libertà.

Col senno di poi, sento di poter dire onestamente di non essermi sbagliata. La visita allo Zoom è stata non solo divertente (per tutta la famiglia) e istruttiva (per mamma e papà), ma soprattutto a prova della mia coscienza ecologista.zoom1

Perché portare i bambini allo Zoom Torino

Intanto, tutti gli animali ospiti del parco sono nati in cattività e non potrebbero, per le caratteristiche comportamentali che hanno acquisito, essere reintrodotti in natura. Si tratta inoltre di specie adattate al nostro clima o comunque messe in condizione di affrontare senza problemi i rigori invernali (ricoveri per le giraffe e il rinoceronte, nidi riscaldati per i pinguini sudafricani, etc). La sorveglianza e l’assistenza da parte del personale del parco sono ininterrotte e vigili: non c’è il rischio, pertanto, che il pubblico infastidisca gli animali, offra loro del cibo o li tocchi (nell’area che ospita i lemuri, ad esempio, degli addetti dello Zoom si assicurano che nessuno si avvicini eccessivamente o addirittura offra loro da mangiare).

Le condizioni degli habitat e degli animali stessi mi sono parse molto buone, per quanto ovviamente la mia valutazione sia quella di un’osservatrice attenta, ma profana. È significativo, in ogni caso, che i vari ambienti del parco abbiano attirato spontaneamente molti uccelli di varie specie, che non si sono fatti sfuggire l’opportunità di insediarvisi stabilmente. Neanche nei momenti di interazione con gli animali (il pasto dei pinguini o il volo dei rapaci, ad esempio) si ha la sensazione di assistere a uno “spettacolo”: semplicemente, le bestie vengono osservate nelle loro normali attività quotidiane.

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Perché mi è piaciuto lo Zoom Torino

Ma la cosa che ho apprezzato di più è stata l’attenzione generale al tema della conservazione. Dai pannelli informativi disseminati lungo il percorso di visita alle spiegazioni offerte dagli addetti nei momenti di interazione con gli animali, tutto concorre a chiarire che l’attività del parco non punta semplicemente ad “esporre” esemplari esotici per la gioia e l’educazione dei visitatori. Il concetto, sacrosanto, che passa è che le strutture zoologiche moderne esistono solo per assicurare la conservazione delle specie in pericolo, e che tutti i loro sforzi devono andare in quella direzione.

Per ogni ospite dello Zoom Torino, in particolare, è possibile conoscere il grado di rischio di estinzione, i fattori che minacciano la sua specie (dalla caccia alla distruzione dell’habitat, per citare i più tristemente classici), gli sforzi che la comunità scientifica internazionale sta facendo per salvarla e quello che possiamo fare noi “comuni mortali” nel quotidiano. Oltre, naturalmente, a dati sull’ecologia e sull’etologia dell’animale e curiosità interessanti sul singolo esemplare.

Per i bambini, inutile dirlo, è un invito a nozze. Davide, nei suoi piccolissimi 15 mesi, ha adorato in particolare i lemuri, i pinguini e i rapaci in volo. Ma anche i grandi hanno l’opportunità di imparare molto sul mondo della conservazione della natura e delle specie in pericolo (preparatevi anche a intristirvi, di tanto in tanto. Io ho dovuto allontanarmi dalla “lezione” sul rinoceronte per non mettermi a frignare davanti a tutti).

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Cosa non mi è piaciuto dello Zoom Torino

L’unica cosa che non mi ha fatto impazzire, ma era del tutto prevedibile e comunque non c’entra nulla con gli animali, è l’abbondanza di negozi di souvenir, foto ricordo a pagamento e altri gadget che onestamente fanno un po’ “luna park”. Ma è chiaro che una struttura del genere comporta costi significativi, che immagino vengano coperti anche in questo modo. L’invito allo shopping, in ogni caso, può risultare piacevole per molti (non tutti, per fortuna, non integralisti come la sottoscritta!).

Per concludere: ci sono parchi faunistici e parchi faunistici. Lo Zoom Torino, secondo il mio parere, fa bene il suo lavoro. E può regalare una giornata molto piacevole ai bambini di tutte le età.

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Informazioni pratiche sullo Zoom Torino

Zoom Torino si trova sul territorio di Cumiana, non lontano dal capoluogo piemontese. Noi l’abbiamo raggiunto in auto, ma è previsto un servizio navetta gratuito dalla stazione ferroviaria di Piscina, sulla linea sfm2 Chivasso-Pinerolo. Il biglietto costa 20 euro per gli adulti e 15 per i bambini fino a 12 anni. Ingresso gratuito al di sotto dei 3 anni. Sono previsti sconti per le famiglie, per le prenotazioni online e per le visite infrasettimanali. Per esplorare il parco occorre almeno una giornata, soprattutto se si desidera assistere ai vari momenti di interazione con gli animali, che poi sono quelli in cui il personale fornisce anche la maggior parte delle informazioni sulla specie in questione. All’interno dello Zoom Torino sono presenti diversi bar, self service e ristoranti, ma è possibile pranzare al sacco nelle diverse aree picnic. Per le famiglie con bimbi piccoli sono disponibili seggioloni e fasciatoi. Nei mesi estivi è attiva anche una piscina, in cui, pagando un sovrapprezzo, è possibile nuotare al fianco dei pinguini, separati dal loro habitat soltanto da un vetro. Proprio in questi giorni il bioparco torinese sta inaugurando l’habitat Hippo Underwater, l’unico acquario all’aperto in Italia dove osservare gli ippopotami sott’acqua circondati da migliaia di pesci tropicali.

Info: www.zoomtorino.itzoom7

14 Maggio 2014 2 Commenti
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libri

Libro del mese: le guide Eco in Città

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Aprile 2014

eco in cittàLa città vi sembra una giungla invivibile? Vorreste, per la vostra famiglia, uno stile di vita più improntato alla sostenibilità, alla “lentezza” e al consumo responsabile? Le guide cittadine Eco in Città, Guida agli stili di vita sostenibili firmate dalla giornalista (e mamma) Marzia Fiordaliso sono quello che fa per voi. Si tratta di vere e proprie “pagine verdi”, divise in capitoli tematici, che offrono indicazioni pratiche per vivere la metropoli con spirito più green. Si va dagli indirizzi delle aree verdi ai negozi e ristoranti biologici, dalle associazioni ambientaliste attive nelle varie città alle piste ciclabili e ai punti vendita di giocattoli ecologici.

A proposito di giocattoli, le guide Eco in Città contengono un capitolo dedicato interamente a genitori e bambini: “Piccoli ambientalisti”, con indirizzi e suggerimenti per le mamme e i papà attenti all’impatto ambientale. Punti vendita di prodotti “verdi”, ma anche idee per l’intrattenimento dei più piccoli (teatri, musei, ludoteche, etc), indirizzi di associazioni e progetti in corso.

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4 Aprile 2014 3 Commenti
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costiera amalfitana
viaggi

Costiera Amalfitana: tra sale e calcare, lentamente

by Silvana Santo - Una mamma green 7 Gennaio 2014

La Costiera Amalfitana è uno di quei posti in cui il tempo segue leggi insolite.

Quei posti in cui correre sembra quasi sacrilego, o per lo meno inutile. Perché la lentezza è davvero l’unica possibilità, una specie di imperativo morale, di legge non scritta cui è impossibile non adeguarsi.

La Costiera amalfitana, d’inverno, è uno scrigno di sole inaspettato. Una cassa armonica in cui la risacca romba senza posa e i ciottoli levigati dall’acqua cozzano gli uni sugli altri con un fragore rotondo e croccante. È una lunga striscia d’asfalto a picco sul mare, miracolosamente deserta e silenziosa. È una distesa di limoni luccicanti, una buganvillea che aspetta di fiorire, una macchia rossa di peperoncini piccanti. La Costiera Amalfitana d’inverno è una fila di barche capovolte e tirate in secca, mucchi di sartiame abbandonato e incrostato di salsedine, alberghi che dormono in attesa della primavera.

La Costiera Amalfitana è una bella donna in avanti con gli anni. Una donna procace, una mamma affettuosa, un’amante chiacchierona. È una canzone languida, un vestito fuori moda. La Costiera Amalfitana è una stanza in cui la luce filtra dalle persiane socchiuse. Un piatto sempre pieno, un letto profumato. È un film italiano degli anni Cinquanta, un turista inglese con un cappello estivo, una falce di luna appena sbiadita.

È sale e calcare. Verde, bianca e molto meno blu di quello che si potrebbe pensare. La Costiera Amalfitana, in inverno, è di molti colori, ma è soprattutto ocra. È una terra verticale e un po’ scivolosa, che dà le vertigini.
Un posto in cui stare fermi a guardare i gabbiani, gettare sassi nel mare e contare le nuvole che passano lente.

Mangiare piano, tenersi per mano e camminare in silenzio.

 

7 Gennaio 2014 2 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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