Cose che ho imparato nel primo mese di scuola elementare (di mio figlio)

Sono vecchia. Questa è la prima cosa che ho imparato da quando mio figlio ha cominciato le elementari – primarie, pardon. Noi avevamo il libro di lettura e il sussidiario. Loro usano settecento tomi, il cui contenuto, nella maggioranza dei casi, mi risulta a una prima occhiata relativamente oscuro. Noi cominciavamo dall’abc, loro partono con cose tipo “i concetti topologici” e “i ritmi”. Noi dovevamo fare attenzione all’ordine e alla calligrafia, loro usano la “penna cancellina”. Noi, il primo giorno di scuola, sedevamo sui banchi inchiodati da una ragguardevole dose di timore reverenziale. Loro hanno avuto una festa con l’animazione e Giusy Ferreri. Non quella vera, grazie al cielo.

Serve con la massima urgenza che qualcuno lanci una petizione su Change per convincere le ditte che producono pastelli a mettere in commercio solo il blu e il verde. Altrimenti, a furia di cieli e prati, qui tocca ricomprare l’intero arcobaleno ogni settimana.

Se alla materna la minaccia principale era l’epidemia di mani-bocca-piedi, lo spauracchio della primaria ha un nome e cognome. E si chiama riunione sindacale.

Puoi aver passato sei anni a fare sforzi educativi indicibili, su te stesso prima che sulla prole (per esempio ripulendo a fatica il tuo linguaggio, o sforzandoti di cambiare alcune abitudini malsane). Ma basteranno poche settimane di scuola e tuo figlio riterrà di poter ruttare senza ritegno, e troverà incredibilmente divertenti, a prescindere dal contesto, le parole “scorreggia” e simili.

Esistono solo due tipi di scolaretti: quelli che alla domanda “Cosa hai fatto a scuola?” ti rispondono “Niente!”, e quelli che ti raccontano per filo e per segno cosa aveva a merenda Sofia, quanti minuti ha pianto Filippo e che nuuance di fondotinta indossava la maestra di religione.

La vera essenza dell’italico genitore (o nonno) si manifesta prepotentemente all’entrata e all’uscita delle prime. Quando l’ansia e l’istinto di iper-protezione gli impongono di accompagnare il pargolo fin nelle braccia della maestra, o di sbracciarsi come un forsennato e travolgere chiunque si frapponga fra sé e l’infante non appena ode il suono della campanella di fine giornata.

Il traffico fuori scuola, secondo me, vale come espiazione del Purgatorio. Quando piove, è di gran lunga peggio dell’Inferno, nel girone dei criminali di guerra.

Se mio figlio conclude l’anno scolastico senza aver dimenticato a scuola nessun cappello/felpa/sciarpa/ombrello e via dicendo, mi faccio una extension blondo platino.

Quando sei cresciuta mangiando per merenda sacchetti di creckers maciullati (raccattandoli dalla bustina con la punta del dito umida di saliva) ti senti moralmente obbligata a mandare a scuola tuo figlio con pane e Nutella nello zaino.

C’è solo una cosa che angoscia un genitore più dell’idea che suo figlio possa essere bullizzato: l’idea che suo figlio finisca col bullizzare qualcuno.

Gli zaini con quei pupazzi fluo che cambiano faccia sono francamente inquietanti.

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4 Commenti

L'angolo di me stessa 4 Ottobre 2018 - 15:09

Ahahahah!! A me invece quegli zaini piacciono un sacco, ma ovviamente io col cavolo che ho speso 60€ a figlio per uno zaino che nella più rosea delle ipotesi rimarrà intatto fino a Natale!
Parliamo poi del color rosa pelle, per cui ogni bambino potrebbe avere una crisi isterica se non ha nel suo astuccio??

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Silvana - Una mamma green 8 Ottobre 2018 - 14:28

Mamma mia, parliamone! Per fortuna ho scoperto che si possono ricomprare i pastelli singoli, che svolta!

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L'angolo di me stessa 8 Ottobre 2018 - 15:25

Noooooooo, davvero????? E dove?!?!?!?

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Silvana - Una mamma green 11 Ottobre 2018 - 10:05

In cartoleria! O almeno qui da noi ce li hanno. 😉

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