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Tag:

scuola

essere madre

Un anno in Dad (alla scuola primaria), spiegato a chi non ha idea di cosa voglia dire

by Silvana Santo 25 Marzo 2021

Il post che avete appena cominciato a leggere è troppo lungo e sostanzialmente inutile. Ma il bisogno di scriverlo è stato per me irrefrenabile. Mi attirerà probabilmente critiche feroci e antipatie definitive, ma non mi interessa. È il lamento della madre di due bambini di 6 e 8 anni che hanno varcato le soglie della scuola per appena 10 settimane negli ultimi 12 mesi (viviamo in Campania e sì: qui è andata così, attualmente siamo di nuovo in Dad da un mese e mezzo di fila, oltre ad avere parchi, piazze e lungomari chiusi. Le scuole, primarie incluse, sono state chiuse, per scelta dell’amministrazione regionale, anche in zona gialla e arancione, anche prima che venisse introdotto il sistema di classificazione “a colori”), con conseguenze forse marginali sulla loro formazione, ma disastrose sul piano del benessere psicofisico, della qualità della vita, e degli equilibri familiari.

Vi sembra una conclusione esagerata? La lagna insopportabile di una “mamma pancina”? È solo perché non ci siete passati, e non avete davvero la più pallida idea di cosa voglia dire davvero.

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25 Marzo 2021 8 Commenti
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come rendere più sostenibile la didattica a distanza sostenibile
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7 spunti per rendere la Didattica a distanza più sostenibile (in ogni senso)

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Dicembre 2020

Il 2020, nella mia memoria, resterà per sempre anche l’anno della Didattica a distanza. Con due figli in età scolare (Flavia ha cominciato la scuola primaria proprio nel mezzo della pandemia) e un’esperienza particolarmente intensa di lezioni a distanza (abitiamo nella regione italiana che ha fatto più ricorso alla Dad, dall’inizio dell’emergenza sanitaria), ho avvertito l’esigenza di rendere questa singolare avventura un po’ più sostenibile. Per l’ambiente, per il bilancio familiare e soprattutto per i miei piccoli studenti smart.

Ecco dunque, a valle di lunghi mesi di “scuola da casa”, i miei spunti per una Didattica a distanza più sostenibile:

1. Una stampante che rispetti l’ambiente

stampante sostenibile

Era dai tempi dell’università che non mi ritrovavo a stampare così tanto, ogni giorno. Schede che le maestre inviano ai bambini, poesie da imparare a memoria, disegni da colorare, ma anche ricette da preparare assieme ai miei figli o istruzioni per lavoretti e “attacchi d’arte” (le consegne della DaD possono essere davvero molto fantasiose!). Un’esigenza spesso imprescindibile, a cui si può far fronte utilizzando un dispositivo concepito per ridurre l’impatto ambientale, la produzione di rifiuti e lo spreco di inchiostro e materiali. Come le stampanti della gamma EcoTank di Epson, che al posto delle classiche cartucce di inchiostro impiegano serbatoi ricaricabili ad alta capacità. Una tecnologia che permette di ridurre la quantità di rifiuti, di risparmiare tempo, di stampare in modo particolarmente efficiente (una ricarica di inchiostro è equivalente a 72 cartucce) e anche di ridurre i costi di stampa fino al 90%. Per una sostenibilità che sia davvero a tutto tondo.

2. Una postazione “di lavoro” ergonomica

Il lungo lockdown di primavera aveva evidenziato tutti i limiti organizzativi del nostro piccolo appartamento. Mio figlio Davide si era ritrovato a seguire le sue video-lezioni dalla nostra camera da letto, sistemato alla buona su un comò. Per questo, a giugno, il mio primo pensiero e quello di suo padre è stato di rivoluzionare la cameretta, in modo da garantire sia a lui che a sua sorella una postazione di studio confortevole e salubre con una scrivania ampia e seduta ergonomica. Per ovviare alla carenza di spazio, abbiamo sfruttato l’altezza, acquistando due letti a soppalco con scrivanie sottostanti.

3. Soluzioni smart e veloci

Accompagnare dei bambini ancora piccoli nell’esperienza della Dad può essere davvero molto impegnativo. Per quello mi sembra importante semplificarsi il più possibile la vita con soluzioni smart e di utilizzo immediato da parte di tutti, inclusi i diretti interessati. Un esempio? Collocare la stampante in uno spazio “neutro” o in un ambiente comune consente a tutti i membri della famiglia di utilizzarla senza disturbare o interrompere le attività degli altri. Anche una buona qualità della rete e dei dispositivi utilizzati può rappresentare un aiuto decisivo per rendere più fluide e sostenibili le varie operazioni: per quanto riguarda la stampante, trovo che siano una svolta irrinunciabile i modelli con connettività wi-fi, come le stampanti a ridotto impatto ambientale EcoTank di Epson. Nella gestione della Didattica a distanza capita ogni giorno di ricevere materiali, liste, schede e altri documenti direttamente via WhatsApp o sul registro elettronico. Poter lanciare la stampa direttamente dallo smartphone significa semplificare la routine quotidiana e rendere più autonomi i bambini nello svolgimento delle attività didattiche.

come rendere la dad più accettabile

4. Un ambiente salubre e confortevole

Per una Didattica a distanza sostenibile nel lungo periodo (sigh!) sono importanti diversi parametri di confortevolezza e abitabilità dell’ambiente. A cominciare dall’acustica, che a casa nostra è sempre accettabile grazie a infissi e doppi vetri isolanti. La silenziosità della stampante, garantita da prodotti come le inkjet EcoTank di Epson, è un altro dei parametri da tenere in considerazione, specie se, come in casa nostra, viene attivata più volte al giorno da tutti i membri della famiglia. Godere di un minimo di privacy, inoltre, è a mio parere un aspetto fondamentale, anche per un piccolo “smart worker”. Io ho deciso di aggiungere una tenda oscurante in un punto strategico del nostro appartamento: pochi euro di investimento e installazione super veloce! L’illuminazione, per fortuna, non è mai stato un problema, dal momento che la nostra casa, al primo piano, è esposta a sud ovest e gode di un considerevole spazio libero dinanzi. Piuttosto, in alcune ore del giorno diventa indispensabile schermare la luce naturale con le tende, per evitare riflessi fastidiosi sul monitor e consentire una migliore visione delle lezioni online (io preferisco le tendine a rullo, che consentono anche di modulare l’effetto schermante). Per quanto riguarda infine la temperatura, la mia raccomandazione è di non surriscaldare l’ambiente, ricordando che sull’uso dei termosifoni esistono precisi parametri da rispettare (la temperatura interna della casa, per esempio, non dovrebbe superare i 20-22 gradi di media).

5. Didattica a distanza sostenibile: no agli sprechi

Rendere più sostenibile la didattica a distanza significa anche fare attenzione a evitare gli sprechi a qualsiasi livello, per ridurre l’impatto sull’ambiente ma anche le spese a carico della famiglia: carta, materiali di cancelleria, inchiostro e simili dovrebbero essere utilizzati con consapevolezza e attenzione, anche se con i bambini piccoli ci può stare un po’ di indulgenza in più. Davide e Flavia, per esempio, utilizzano penne cancellabili (come richiesto dalle loro maestre) con cartucce intercambiabili, in modo da poterle sostituire ogni volta che si esauriscono. Anche una stampante con serbatoio di inchiostro ricaricabile, come le inkjet EcoTank di Epson, permette di evitare sprechi di inchiostro e ridurre la produzione di rifiuti (4 flaconi valgono come 72 cartucce!). Per quanto riguarda invece i consumi di carta, piuttosto che fare stampe fronte/retro preferiamo utilizzare il lato posteriore dei fogli per disegnare, prendere appunti o scrivere bozze.

6. Occhio ai consumi elettrici

Una Epson EcoTank rappresenta anche una garanzia di risparmio energetico. A differenza delle stampanti laser, infatti, le stampanti inkjet della gamma EcoTank funzionano “a freddo” e non richiedono il riscaldamento del toner, permettendo appunto di ridurre il dispendio di energia. Per la scrivania, inoltre, è importante l’uso di lampadine a Led orientabili e con con temperature indicate per lo studio. E, come Davide non perde occasione di ricordarci, ricordarsi di spegnere il computer e la luce quando le lezioni online sono terminate.

7. Una routine sana

come rendere più accettabile la dad

Cercare di rendere accettabile un’esperienza come la Dad prolungata – che per bambini piccoli resta a mio parere una forzatura – significa anche sforzarsi di mantenere una serie di sane abitudini, indispensabili, come sanno tutti i lavoratori “smart” di lungo corso, per preservare salute mentale, concentrazione e tono dell’umore. Il mio consiglio è di cercare di riprodurre il più possibile la routine che si manterrebbe con la normale frequenza scolastica: svegliare i bambini alla stessa ora, fare una regolare colazione prima di cominciare le video-lezioni, non derogare alle pratiche quotidiane di igiene personale, non consentire ai bambini di seguire le lezioni in pigiama.

Non sarà mai come andare a scuola, ma con questi accorgimenti la Didattica a distanza diventerà forse più sostenibile. Voi quali accorgimenti state adottando? Vi sembra che la scuola a distanza stia aumentando o riducendo l’impronta ambientale della vostra famiglia?

Post in collaborazione con Epson EcoTank

 

21 Dicembre 2020 4 Commenti
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chat di classe, come evitare il bruciore di stomaco
life

Chat “delle mamme”: come evitare il bruciore di stomaco

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Ottobre 2020

Pensi alla chat whatsapp della classe (ma anche a quella della piscina, del catechismo, del laboratorio di teatro), quella che di solito, senza alcuna ragione effettiva, viene chiamata “chat delle mamme”, ed è subito bruciore di stomaco. Centosettanta notifiche al giorno, critiche distruttive, polemiche infinite e circoli viziosi di bufale e falsi allarmi: soprattutto nel mezzo di una pandemia mortifera, in tempi di didattica a distanza e di restrizioni straordinarie, i gruppi online non fanno che ribollire. Rischiando di far venire l’ulcera anche al più zen e serafico dei genitori.

Per evitare di ritrovarsi a scagliare il proprio smartphone contro la parete in un moto di definitiva insofferenza, e soprattutto per tutelare la propria salute già messa a rischio dal morbo pandemico, ecco qualche consiglio semiserio per evitare l’acidità di stomaco causata dalle famigerate “chat di mamme”.

Prima cosa: pare che non sia mai stata promulgata alcuna legge che stabilisca che nelle chat “delle mamme” non ci possano stare i papà. Anzi, visto il vuoto normativo, la proposta di legge provvedo a formularla io stessa! Dato che difficilmente gli oneri legati alla gestione familiare e domestica vengono spartiti alla pari tra i genitori, propongo che almeno sul terreno delle chat whatsapp si raggiunga, in ogni coppia con figli, un salomonico fifty-fifty: a te le medie del primogenito e a me le elementari del fratello minore; a te la ginnastica artistica e a me il karate. A te il corso di fumetto e a me il catechismo (anzi, magari su questa si fa a cambio…). Se bruciore di stomaco deve essere, ebbene, che sia un male condiviso. Del resto, i patti erano chiari: in salute ed in malattia!

Secondo: mantenere sempre un basso profilo. Per sopravvivere alle chat delle mamme è davvero fondamentale mantenere un profilo basso e, soprattutto, scegliere con estrema accuratezza le proprie battaglie! Siete davvero sicuri che valga la pena seguire una discussione di 297 messaggi sul regalo di Pasqua per le maestre e farsi venire l’ulcera per distogliere la classe dall’acquisto di un orripilante soprammobile in coccio a forma di putto michelangiolesco? Nell’economia della vostra complessa e faticosa esistenza di madri e padri del terzo millennio, la scelta del ristorante per la “pizzata natalizia” della squadra di basket occupa tutto sommato un ruolo così prioritario? La qualità del vostro sonno migliorerà sensibilmente dopo che avrete finalmente convinto il resto della chat che quella sulle “scie chimiche che causano il reflusso gastroesofageo nei gatti” non è altro che una fake news? In cinque semplici parole: a voi che vi frega? Lasciate correre. Defilatevi. Disinteressatevi. Mimetizzatevi. A meno che non sia a rischio la sopravvivenza della vostra progenie. Credetemi, la vostra gastrite ne gioverà all’istante.

Terzo: il più scontato dei suggerimenti, talmente ovvio che rischia troppo spesso di venire trascurato. Se proprio la situazione si fa grigia, potreste disattivare le notifiche della chat, e limitarvi a chiedere le informazioni indispensabili di volta in volta. Certo, questo vi renderà corresponsabili dell’ulteriore aumento di entropia del gruppo, e forse finirà con l’irritare qualche altro malcapitato sopraffatto dalle notifiche a grappolo, ma almeno vi preserverà dalla colite ulcerosa. Com’è che si dice, d’altra parte? In guerra, e nelle chat di classe, non si guarda in faccia a nessuno.

Quarto: la mossa che non ti aspetti! Il paradosso del gruppo Whatsapp, la trovata a cui non avreste mai pensato e per la quale mi sarete grati vita natural durante. La chiave definitiva per disinnescare la terribile chat delle mamme e salvarsi miracolosamente dal mal di stomaco consiste nientemeno che… nell’apertura di una seconda chat, purché abbia rigorosamente i commenti bloccati. Supplicate il/la rappresentante di classe/società sportiva/scuola di teatro etc di aprire un altro gruppo, di destinarlo alle sole comunicazioni ufficiali, agli avvisi, alle raccolte fondi, e di tenere i commenti rigorosamente chiusi. In questo modo, potrete semplicemente ignorare la chat “chiacchiericcia” (o magari, in un moto sovversivo e liberatorio, uscirne una volta per tutte) e limitarvi a monitorare il suo istituzionale, sobrio e silenzioso duplicato, senza la preoccupazione di perdervi delle comunicazioni di importanza cruciale. Credetemi, se vi dico che questo espediente mi ha su serio salvato le giornate nei mesi più oscuri della quarantena e della didattica a distanza, quando, tra messaggi e notifiche, seguire la chat di classe era diventato un lavoro a tempo pieno, e il rischio di “mancare” degli avvisi realmente utili era concreto. Certo, vi occorre un/a rappresentante dotato di molta dedizione, ma fare un tentativo non costa niente!

Last but not least: il meno disinteressato, e probabilmente il più inutile, dei miei consigli per tentare di salvarvi dal bruciore di stomaco. Fate girare nel gruppo il mio post con le istruzioni d’uso per la chat Whatsapp della classe. Il che, in effetti, contraddice apertamente il contenuto stesso del post, ma magari farà fare quattro risate agli altri compagni di sventura.

5 Ottobre 2020 2 Commenti
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lavorolife

Tornare alla normalità

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Maggio 2020

Nelle prime settimane di quarantena, non senza imbarazzo, avevo scritto un lungo post in cui raccontavo che, tutto sommato e con l’importante eccezione dei viaggi, non sentivo poi così tanto la mancanza della mia vita “normale”. In qualche modo, purtroppo, le circostanze eccezionali in cui ci siamo trovati nostro malgrado avevano temporaneamente livellato le condizioni di vita di quasi tutti noi, almeno da alcuni punti di vista.

Le difficoltà che io – come tante altre persone, donne in primis – mi trovo ad affrontare ogni giorno da anni erano diventate all’improvviso un problema comune. Tutte hanno dovuto, dalla sera alla mattina, abituarsi a mettere ogni giorno un pranzo decente in tavola. Tutte, private senza preavviso dei servizi scolastici, si sono ritrovate a fare i conti con l’impegno quotidiano della supervisione dei compiti e della motivazione di figli talvolta reticenti, stanchi o pigri. Tutte hanno dovuto riconoscere, provandola sulla propria pelle, la difficoltà di conciliare la cura dei figli e della casa con il lavoro da remoto. E tutte hanno dovuto affrontare la spinosa questione della suddivisione del carico materiale e mentale di lavoro coi rispettivi compagni. Tutte, improvvisamente, hanno dovuto confrontarsi con la difficoltà di essere madri in un mondo che da un giorno all’altro, a causa dell’epidemia, si è ritrovato privo di servizi per le famiglie, di supporto, di sostegno. Tutte le madri italiane, esattamente come me.

Questo, in qualche modo, mi ha fatto sentire a lungo meno sola. Meno in difetto, meno penalizzata, meno sfigata. Meno perdente, se vogliamo. Finalmente, la mia realtà quotidiana non mi appariva come una vita “di serie B”, in un contesto arretrato e male amministrato. Finalmente, anche se solo per un po’, ho sentito che milioni di persone condividevano lo stesso fardello mio e di tante donne che vivono in aree d’Italia che sono penalizzate dal punto di vista dei servizi, della mentalità, delle opportunità e delle prospettive di lavoro. Ho sentito che tutti, adesso, avrebbero capito quanto può essere dura, perché lo avrebbero sentito sulla propria pelle, anche se solo per poche settimane. Per la prima volta, nonostante la disperazione per la malattia, per i morti, per il dolore di tantissime persone, ho coltivato l’illusione che le cose sarebbero davvero cambiate anche per noi, anche per me.

Solo che poi, grazie al cielo, la curva dei contagi si è appiattita, la quarantena è finita e la bolla in cui mi ero chiusa è scoppiata. E adesso, mentre tutti fremono per tornare alla rimpianta normalità, io mi trovo costretta a prendere atto che per molte di noi nulla cambierà in meglio, nemmeno questa volta. Che mentre un sacco di gente ritroverà festante la sua vita felice e moderna, chi era stato lasciato indietro – perché privato di servizi essenziali, di luoghi di aggregazione appaganti, di spazi di natura, di prospettive di lavoro e di guadagno dignitose e stabili, di un contesto culturale adeguato e moderno, di una scuola efficiente e performante – si ritroverà di nuovo, inesorabilmente, ad annaspare nelle ultime file.

Sarà per questo che il malessere che in tanti denunciavano durante il lockdown, io purtroppo lo sto vivendo adesso, in questa confusa e precipitosa “fase 2”. “Mal comune, mezzo gaudio”, dice un adagio che mi ha sempre dato fastidio e che raramente ho trovato condivisibile, ma che questa volta fotografa esattamente quello che ho provato io. Condividere temporaneamente i disagi, la solitudine e la fallace sensazione di inadeguatezza con un sacco di altre persone li aveva in effetti alleggeriti, e ora mi fa soffrire il pensiero che, per me (e non solo) la “riapertura”, anche quando sarà definitiva e totale, lascerà irrisolte tante questioni.

22 Maggio 2020 1 Commenti
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life

Filastrocca della didattica a distanza

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Maggio 2020

Dai che inizia la lezione,
metti via la colazione.
Devi toglierti il pigiama
o la maestra ti richiama!

Qui il computer non ci sta,
ed in sala c’è papà.
Ecco un banco sulla credenza
via alla videoconferenza!

Metti il codice di accesso,
non funziona: che è successo?
Ah, la password è cambiata,
ecco, questa è aggiornata!

Dentro l’aula virtuale,
che casino micidiale…
Chi fa l’eco, chi fraintende
chi il microfono riaccende.

“Corri, mamma, non si sente!
La maestra è intermittente,
la sua faccia non si vede,
non si leggono le schede.

E poi qui come si stacca?
Mi sa che devo far la cacca!”
Attacca il video, spegni l’audio.
L’app è in tilt, che sommo gaudio!

Ora i compiti per casa
di consegne sono invasa.
Google Classroom, poi il registro
e anche il gruppo, che sinistro!

“Non capisco, sono stanco,
ho perso il mio pastello bianco!”
Conti, verbi e tabelline
quasi fuggo oltre confine…

La stampante si è inceppata
ecco la scheda miniata.
Fai la foto, allega tutto
ce l’hai fatta, dopotutto.

La didattica a distanza
non ci tolga la speranza.
E se proseguisse a oltranza?
Resta sempre la latitanza!

8 Maggio 2020 2 Commenti
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etichette personalizzate per bambini
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Perché le etichette personalizzate diventeranno le tue migliori amiche

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Febbraio 2020

Se hai dei figli in età da asilo o da scuola primaria, lascia i cani a Licia Colò e i diamanti a Marilyn Monroe: le tue migliori amiche, da questo momento, saranno le etichette personalizzate per contrassegnare gli oggetti di proprietà di tuo figlio (e, in qualche circostanza, tuo figlio stesso!). Non ci credi? Ecco perché le etichette personalizzate diventeranno le tue migliori amiche.

etichette personalizzate per il materiale scolastico

1. Il buco nero sotto la scuola elementare

Le scuole elementari non sono edifici normali: sono buchi neri, tunnel spazio-temporali, portali magici spalancati sugli antri di creature invisibili che si nutrono di pastelli colorati, penne cancelline, gomme per cancellare, forbici e colle stick. Si narra che un giovane dottorando in antropologia sia scomparso per sempre mentre cercava di scoprire dove scompaiono per sempre i temperamatite e i pennarelli dei bambini di prima (qualche bidello giura di aver sentito il suo canto in un giorno di solstizio, alla fine dell’ora di educazione motoria). Le etichette personalizzate, in effetti, nulla possono contro il campo gravitazionale potentissimo che attrae il materiale scolastico degli alunni di scuola elementare, ma sono un insostituibile aiuto nel ricondurre a casa le matite e le gomme che, con una consolante regolarità, riescono a ritornare vivi dalla tana del mostro.

etichette personalizzate stikets

2. Meno notifiche per tutti

Secondo uno studio condotto dal giovane antropologo prima di scomparire con onore, una chat di mamme (di scuola, di sport, di catechismo, di inglese, di campo estivo e via dicendo) produce una media di 20 notifiche al giorno, con picchi del 400% a ridosso delle recite natalizie, della festa della mamma e dei saggi di fine anno. Almeno un quarto dei messaggi si riferisce a libri smarriti dalla prole, felpe degli Avengers scomparse dagli spogliatoi, Filippo che porta il 35 ma è rientrato da calcetto con delle Adidas numero 29 e Laura che ha scambiato il suo zaino di Elsa con la cartella della Lazio di Giancarlo. Secondo un mio personalissimo studio empirico, contrassegnare libri, zaini, quaderni e divise scolastiche con delle etichette personalizzate (ne esistono anche di termoadesive per vestiti, ebbene sì) ti permetterà di salvarti dal 15% dei messaggi della chat di mamme, inclusi quelli che avresti dovuto scrivere tu all’ennesimo ritrovamento o smarrimento misterioso.

3. Etichette personalizzate contro l’ipocondria

Allo scoppio della quarta epidemia stagionale di influenza, e soprattutto al terzo “allarme ossiuri” dell’anno scolastico, il pensiero che la borraccia di tuo figlio sia inequivocabilmente marchiata con una etichetta personalizzata che porta il suo nome ti offrirà un parziale ma impagabile sollievo all’ansia da possibile contagio.

etichette personalizzate per la scuola

4. Braccialetti identificativi in viaggio

Viaggiare con i figli è un’esperienza intensa, da ogni punto di vista. Intensa la meraviglia che potrai scorgere nei loro giovani occhi, intensa l’emozione di condividere con loro la scoperta e l’avventura, intensa la fatica nell’accompagnarli in giro per il mondo. E intenso, molto intenso, il mal di pancia che proverai quando avrai l’impressione – fosse anche per soli 15 secondi – di aver smarrito la prole mentre siete in coda al gate in aeroporto, nella selva di ombrelloni di una spiaggia d’agosto, nella folla che si assiepa alla biglietteria di un museo. Dotare i bambini di braccialetti identificativi con nome e numero di telefono, e insegnare loro come agire qualora dovessero perdere di vista mamma e papà (per esempio: rivolgersi al commesso di un negozio o a un agente di polizia e indicare il numero sul braccialetto), può permettere di salvarsi dal panico e ragionare con lucidità, arrivando prima e meglio alla soluzione del problema. O, se sei un tipo scaramantico, prevenire a monte qualsivoglia incidente di questo tipo.

braccialetti personalizzati per bambini

5. La riscossa delle imbranate

A un certo punto della carriera scolastica di tuo figlio, o durante uno qualsiasi degli step della sua vita sociale, riceverai un avviso da un qualche insegnante/allenatore/animatore in cui ti si chiede di “ricamare il nome del bambino” sulla sua uniforme/grembiule/tovaglietta. Ricamare, esattamente. Ora, se sei come la sottoscritta, e quando distribuivano le doti per i lavori manuali eri assieme a me in fila per il bagno, credimi: la soluzione più efficace, dignitosa e fichissima per risolvere la questione sono delle bellissime etichette adesive personalizzate da appiccicare dove occorre in quattro secondi netti. Non solo potrai glissare sulle tue scarse doti di fai-da-te, ma lo farai con uno stile personale e indiscusso.

etichette personalizzate per la scuola

Le mie migliori amiche, che vedete ritratte nelle foto di questo post, sono le etichette personalizzate Stikets per contrassegnare in modo facile, veloce ed efficace cancelleria, vestiti, zaini, valigie, borracce, giocattoli e qualsiasi oggetto vogliate. Nonché i bellissimi (e indistruttibili) braccialetti identificativi anti-smarrimento, che a mio parere sono uno strumento indispensabile in viaggio e nei luoghi molto affollati. Sul sito di Stikets potete trovare diversi “pack” adatti a tutte le esigenze, con pressoché infinite possibilità di personalizzazione: colori, sfondi, font, disegni etc.

Se siete curiosi di provarle, potete utilizzare il codice sconto MGREEN10, valido fino a fine marzo per acquistare le etichette personalizzate Stikets con il 10% di sconto.

24 Febbraio 2020 0 Commenti
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Filastrocca della pagella

by Silvana Santo - Una mamma green 19 Febbraio 2020

Cara mamma felice e orgogliosa,
lascia che oggi ti dica una cosa:
non è necessario, per quanto sia bella,
ostentare sui social la nuova pagella.
Per quanto la cosa ti sembri sospetta,
la realtà impietosa ti aspetta:
se il tuo bambino è il numero uno,
su Facebook non frega proprio a nessuno.

Che tu sia fiera ci sta e lo comprendo,
ma non è il caso di vantarti col mondo.
Un nove in grammatica è un gran risultato,
ma quello che importa è l’impegno mostrato.
E se per tuo figlio già sogni il successo,
carriera stellare, nessun compromesso,
ricorda che conta la felicità,
non certo la lode all’università.

Filastrocca della pagella,
che si festeggia ma non si spiattella,
fare la gara coi voti dei figli
causa negli altri enormi sbadigli.
Cantilena della pagella,
la scuola non sia una passerella.
L’invidia degli altri non rende felici,
ma un poco più soli e a corto di amici.

E se il giudizio non ti pare adeguato,
ti prego, non farne un affare di stato!
Abbi fiducia nelle maestre,
e un po’ di pazienza per un quadrimestre.
Non serve avere dei figli eccellenti,
ma basta che siano in cuor loro contenti,
che facciano il meglio che possono fare
che siano curiosi, avvezzi a pensare.

Prima che i nove, a renderti fiera
sia un figlio che cresce nella giusta maniera:
amando gli altri e non solo se stesso,
sempre orgoglioso di ogni progresso.
Un figlio che pensa con la sua testa,
che della sua vita sa fare una festa.
Un figlio contento della propria pagella
anche se in fondo non è la più bella.

19 Febbraio 2020 3 Commenti
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life

Manuale di sopravvivenza per genitori con figli in prima elementare

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Novembre 2019

Siete alle prese con i primi mesi di scuola primaria e vi sentite smarriti, confusi, perplessi? Niente paura. Qui ci siamo già passati. E dal “basso” della nostra ormai significativa esperienza, condivido volentieri questo piccolo vademecum per genitori con figli in prima elementare.

Tutto quel quotidiano perdere penne, pastelli, gomme e quant’altro – non temete! – avrà un termine. Non so bene quali siano le ragioni sociologiche di questo fenomeno, fatto sta che in seconda, miracolosamente, vostro figlio tornerà a casa quasi sempre con l’astuccio al completo. Funziona un po’ come le code in autostrada: all’improvviso si dissolvono e nessuno sa dove finiscano le macchine.

All’atto della vostra dipartita, il tempo passato a supervisionare vostro figlio mentre fa i compiti a casa vi sarà detratto automaticamente dagli anni di Purgatorio che vi spettano.

Non siete voi ad avere qualcosa che non va: sono i temperamatite “moderni” che non funzionano. Anche quelli in metallo, anche quelli di marca. Anche se avete acceso un mutuo per comprare i pastelli in legno di cedro del Libano. Niente da fare: non ci sono più i temperamatite di una volta.

Ogni settimana esiste una qualche celebrazione diversa: la festa del panda cinese albino, la ricorrenza della zeppola di San Giuseppe, la giornata mondiale delle balle di fieno. Il che vuol dire, di solito, pregevoli “lavoretti” che arrivano a casa e poesie in rima baciata da imparare a memoria. Dopo un po’ ci si abitua.

Regola del mandato quintuplo, una delle più importanti: se avete trovato un/una rappresentante di classe disponibile ed efficiente, non cambiatelo/a. Nessun vincolo di mandato, anzi: rielezione automatica per alzata di pollicione nel gruppo WhatsApp.

Se le ludoteche asfittiche, senza finestre e possibilmente seminterrate, erano state la cornice rimbombante degli “scarta la carta” della scuola materna, per gli anni della primaria il carrozzone si sposta al Mc Donald’s. Mettetela così: almeno potete sfondarvi di cipolle fritte e salsa barbecue.

Non disperatevi quando vi capiterà di dimenticare qualcosa: il sacco di iuta per il lavoretto della giornata mondiale dei colori neutri, l’autorizzazione per la visita guidata alla fabbrica di limoncello e torrone, i soldi per il progetto pomeridiano di mandala indiano e mosaico bizantino. Non siete i primi, e non sarete di certo gli ultimi!

Quando vi sentite sopraffatti e avviliti, infine, pensate che presto arriveranno la scuola media, la pubertà e il bullismo: vista così, la prima elementare non è poi tanto male, vero?

22 Novembre 2019 1 Commenti
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conciliare il lavoro con i figli grandi
lavoro

Conciliare il lavoro con i figli “grandi”

by Silvana Santo - Una mamma green 6 Novembre 2019

Conciliare il lavoro con i figli. Riuscire a gestire materialmente gli impegni professionali senza trascurare le esigenze pratiche dei bambini e le incombenze legate al loro accudimento. Un tema caldissimo e molto dibattuto, online e non solo. Una sfida spesso improba e frustrante, soprattutto per le madri, che sono ancora molto penalizzate quanto a opportunità professionali e libertà di scelta. Un tema che erroneamente viene associato solo ai genitori di bambini molto piccoli, non ancora inseriti nel percorso scolastico, e che invece, almeno per la mia esperienza di madre lavoratrice nella provincia meridionale, diventa addirittura più pressante quando i bambini raggiungono l’età scolare.

Già, perché di fatto, se vivi in un posto dove i servizi scarseggiano, conciliare il lavoro con figli in età scolare può essere paradossalmente più complicato che gestire dei bambini più piccoli. Prima di tutto, infatti, in molte zone d’Italia la scuola pubblica non offre il servizio mensa né il tempo pieno alla primaria (o, come nel caso del mio comune di residenza, che peraltro non è di certo un piccolo paese, li prevede in maniera marginale e del tutto insufficiente rispetto all’utenza), il che, banalmente, pone il problema di recuperare ogni giorno i bambini da scuola, preparare e servire loro il pranzo, occuparsi di loro per l’intero pomeriggio, tra compiti a casa, sport ed eventuali attività pomeridiane.

Per i genitori che lavorano a tempo pieno, conciliare il lavoro con i figli “grandi” diventa dunque una sfida improba, che di fatto può essere affrontata solo ricorrendo a eventuali scuole private, doposcuola a pagamento, baby sitter, driver e dintorni. Oppure, ovviamente, ai “soliti” nonni, che però non è detto che siano presenti, liberi, in salute o disponibili a occuparsi dei nipoti tutti i giorni, e per così tanto tempo (anche perché, man mano che i nipoti crescono, e l’impegno di seguirli nella loro intensa vita quotidiana si fa via via più intenso, i nonni ovviamente vanno invecchiando).

Aggiungiamo pure, nel quadro di una conciliazione già a dir poco problematica, che i congedi di maternità e paternità retribuiti al 30% sono fruibili solo fino al sesto compleanno del bambino, dopodiché restano, a disposizione dei genitori, solo permessi non retribuiti. Una situazione che può diventare di fatto un aut aut e che spesso lo diventa soprattutto per le donne, che in molti casi sono quelle con il lavoro meno stabile e meno pagato e quindi, in emergenza, più “sacrificabile”.  Non so se sia un caso, ma in classe di mio figlio molte delle madri non lavorano. E più in generale, all’uscita di scuola incrocio gli sguardi di tantissime donne, che forse hanno dovuto rinunciare a una dimensione lavorativa al di fuori della famiglia anche a causa dell’assenza di servizi e della difficoltà di conciliare il lavoro con i figli in età scolare. Personalmente, devo il relativo equilibrio in cui mi trovo al telelavoro, che però rappresenta un’opzione accessibile ancora soltanto a una sparuta minoranza di persone e che di certo non è praticabile in tutte le sfere professionali (e che comunque comporta una quantità di compromessi non facili da digerire).

La verità è che per la maggioranza delle donne italiane, soprattutto in determinati contesti territoriali, la conciliazione tra famiglia e lavoro è ancora una pallida chimera, un problema spesso senza soluzione, una vera e propria emergenza. E questo non vale solo fintantoché i figli sono piccoli, ma anche quando, relativamente “cresciuti”, hanno ancora bisogno di presenza e supporto (per certi versi anche più che negli anni della primissima infanzia). Mancano servizi, mancano strumenti di flessibilità, manca supporto. Manca la volontà, mi viene da pensare, di risolvere una volta per tutte questo problema. Di garantire alle madri una scelta davvero consapevole e libera, nella certezza di riuscire a conciliare il lavoro con i figli.

6 Novembre 2019 3 Commenti
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elogio della scuola a tempo pieno
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Elogio della scuola a tempo pieno

by Silvana Santo - Una mamma green 29 Luglio 2019

Da quando sono nati i miei figli, ho sempre avuto la fortuna di lavorare (ad eccezione di un periodo di stop dopo la nascita di Flavia). Un lavoro autonomo (Partita Iva), nel settore della comunicazione online (scrivo per testate giornalistiche e collaboro con agenzie online in diversi settori, oltre a gestire il blog), portato avanti quasi sempre da casa, con un impegno quotidiano variabile a seconda delle annate e dei periodi. Non è stato sempre facile: la professione autonoma rischia a volte di indurti a dire troppi sì, fagocitandoti progressivamente e privandoti di pause, limiti, interruzioni. E lavorare da casa può essere da una parte frustrante, per l’assenza di interazioni sociali e di riconoscimento pubblico, e dall’altra molto stancante, perché rischi facilmente di confondere il tempo dedicato al lavoro con quello destinato, invece, alle faccende domestiche e a tutto il resto.

Eppure, in qualche modo, per sei anni la mia famiglia è riuscita a barcamenarsi, a trovare un equilibrio e a stare a galla. Con tanti compromessi e molto stress, con tante rinunce (specie, purtroppo, da pare mia), con un investimento per fortuna sostenibile in una scuola per l’infanzia privata, che i miei figli hanno cominciato quando erano molto piccoli. Ma da quando Davide ha iniziato la scuola primaria, la sfida ha raggiunto un livello superiore e l’equilibrio ormai consolidato ha richiesto uno sforzo significativo per riuscire in qualche modo a reggere. Sì, perché nel mio comune di residenza, un paesone vesuviano che sfiora i 40.000 abitanti, le scuole elementari non offrono la possibilità del tempo prolungato (esiste una sola sezione di una singola scuola che lo mette a disposizione). I bambini, quindi, tornano a casa tutti i giorni per pranzo, e devono naturalmente fare i compiti a casa.

Un impegno quotidiano importante che, se entrambi i genitori lavorano, in assenza di scuole a tempo pieno finisce col ricadere su nonni e parenti (ammesso che siano disponibili o in condizione di sobbarcarsi l’onere) o aiuti a pagamento (baby sitter, centri di doposcuola privato, personale che materialmente recupera i bambini a scuola e li porta nel “posto” dove dovranno trascorrere il pomeriggio…). La mia condizione di lavoratrice autonoma si è rivelata, da questo punto di vista, davvero privilegiata, perché ha consentito alla nostra famiglia di consolidare una nuova routine senza investire cifre che sarebbero state importanti e garantendo a nostro figlio quello che ci pare essere il supporto migliore possibile in questa fase della sua vita. Sono felice di potergli dedicare finalmente del tempo in via esclusiva, di preparargli personalmente il pranzo ogni giorno e di sostenerlo nel suo percorso scolastico appena iniziato. Ma la conciliazione tra maternità e famiglia ha richiesto inevitabilmente uno sforzo ulteriore, l’ennesimo riassetto e gli ennesimi compromessi.

Quanto sarebbe più facile, invece, conciliare tutto con una scuola a tempo pieno? Me ne sono accorta davvero in queste prime settimane d’estate, da quando Davide frequenta un campo estivo che lo tiene impegnato anche a pranzo e nelle prime ore del pomeriggio. Da quando io riesco a fare il doppio delle cose che faccio normalmente, per poi dedicarmi ai miei figli con pienezza e serenità nel resto della giornata. La possibilità di scegliere il tempo pieno a scuola farebbe la differenza per molte famiglie e, soprattutto, per molte madri che lavorano. Rappresenta un servizio minimo che dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini, un segnale di civiltà, un’opportunità basilare. Che però, evidentemente, è ancora negata a moltissime famiglie.

29 Luglio 2019 6 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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