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mamma green

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Non perdiamo l’occasione di ripensare la vita dopo la pandemia

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Aprile 2020

La fase 2 della gestione di questa biblica pandemia è ancora lontana. Questo mi è molto chiaro. E voglio dare per scontato che, seppure senza darci comunicazione delle ipotesi, delle proposte e delle opzioni al vaglio (un riserbo che, visti i precedenti, sarebbe cosa buona e giusta), esperti e scienziati stiano lavorando alacremente per definire una strategia che ci consenta, in attesa del vaccino o di una cura efficace, di convivere con il nuovo Coronavirus.

Devo dire, che forse a causa del clima di preoccupazione e di stanchezza che ormai ci circonda tutti, non riesco a sentirmi molto ottimista. Il mio timore, devo confessarlo, è che finiremo col perdere l’occasione di trasformare questa crisi devastante e senza precedenti nell’opportunità per ripensare il nostro modo di vivere, la nostra concezione della famiglia e del lavoro, il nostro rapporto con la natura e con l’ambiente.

Due possibili “soluzioni” che circolano negli ultimi giorni, per esempio, mi hanno lasciato perplessa sullo spirito con cui ci prepariamo alla “vita che verrà”, che mi piacerebbe fosse impostata su principi diversi, più umani e sostenibili, di quella che abbiamo condotto prima dell’epidemia. La prima riguarda i pannelli di plexiglass attorno agli ombrelloni, come misura di distanziamento sociale a tutela della salute dei bagnanti. Senza entrare nel merito di quanto possa essere piacevole chiudersi in spiaggia in un alveare di plastica (il che rientra nella percezione soggettiva di ciascuno di noi), mi chiedo solo cosa si possa prevedere nel momento in cui i villeggianti dovranno uscire dai loculi. Diciamo dal bagnasciuga in poi. E cosa ne sarà di quelle postazioni affittate solo un giorno alla volta? Andranno sanificate accuratamente tra il crepuscolo e l’alba? Mi auguro, invece, che le risposte che sapremo trovare tutti insieme (addetti ai lavori, autorità di settore ma anche semplici cittadini/utenti) vadano nella direzione di una fruizione più sostenibile e consapevole delle spiagge, e della natura in generale. Anche se questo dovesse comportare una rinuncia sostanziale per tutti (abituarsi a passare, per esempio, meno giorni del solito di fronte al mare). Perché non cogliamo l’occasione per rivedere l’organizzazione delle nostre aziende, il sistema delle ferie e i calendari scolastici, perché non sfruttiamo il momento per rivoluzionare la nostra concezione di vacanze e di stagione balneare, di concessioni demaniali etc? Dico per dire, parlo a vanvera. Io non ho competenze per abbozzare risposte, solo la facoltà di fare domande.

Altro tema tanto dibattuto quanto di fatto finora trascurato. La didattica a distanza “ad libitum sfumando”.
Su questo argomento non posso che aggiungere una serie infinita di ovvietà, che mi limito solo a ribadire perché sono state dette, ridette, scritte e riscritte già decine di volte:

1. Se i genitori dovranno tornare al lavoro, chi seguirà questi bambini per diverse ore al giorno nella didattica on-line?
2. Se i genitori saranno così fortunati (e non lo dico con sarcasmo) da continuare a lavorare da casa, come faranno a conciliare il lavoro con la didattica online (e le altre infinite incombenze e responsabilità che gravano su chi è adulto e ha anche dei figli piccoli da accudire)? Chiunque abbia provato a fare “smart working” con dei figli piccoli in casa, a loro volta alle prese con compiti, video lezioni, letture e schede, sa che conciliare le due cose nel medio e lungo periodo, semplicemente, non è possibile.
3. Che ne sarà di tutte le famiglie che non dispongono di strumenti – economici, tecnici, culturali, psicologici – per fare questa specie di home-schooling a cui siamo stati convocati ormai da molte settimane? Chi li aiuterà a recuperare il gap inesorabile che avranno accumulato mese dopo mese, forse aggravando una situazione di svantaggio che già sussisteva prima della pandemia?
Non sarebbe il caso di ripensare le nostre scuole da capo? Di ristrutturare dalle fondamenta la scuola delle province meridionali – e probabilmente non solo meridionali – dove, lo ripeto di continuo, mancano le mense, il tempo pieno, i bidelli, le aule, le palestre, i laboratori etc etc etc? Non sarebbe giunto finalmente il momento di chiedersi che senso abbia una società in cui l’orario lavorativo della stragrande maggioranza dei genitori non coincide neanche lontanamente con quello delle scuole dei loro figli (per non parlare del divario folle tra ferie e chiusure scolastiche)?

E le pubbliche amministrazioni, la burocrazia, le università: perché, già che siamo finiti col sedere per terra e ci tocca di fatto ricominciare da zero, non sfruttiamo questa drammatica occasione per ripensare davvero l’impianto stesso della nostra struttura sociale? Capisco bene che servano soldi, competenze, risorse, tempo: ma a quanto pare siamo messi così male che forse vale la pena davvero demolire tutto e ripartire da capo.

Sapevo fin dall’inizio che questo sarebbe stato un post piuttosto qualunquista, e me ne scuso con chi lo ha letto fino in fondo.

Ma la mia timida speranza rimane quella che non si perda l’occasione di rivoluzionare le nostre esistenze in chiave di una maggiore sostenibilità, di una maggiore umanità, di una maggiore uguaglianza. Se così fosse, il sacrificio immenso che stiamo pagando all’epidemia sarebbe non certo accettabile, ma un pochino meno vano.

14 Aprile 2020 4 Commenti
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Si può essere green anche in quarantena?

by Silvana Santo - Una mamma green 3 Aprile 2020

Quelle che stiamo attraversando da molte settimane sono circostanze del tutto eccezionali. Ci hanno imposto di ripensare in modo radicale il nostro quotidiano, di ristabilire nuove abitudini e di rivedere in qualche modo le nostre priorità. Di essere, in un certo senso, anche un po’ meno esigenti con noi stessi e con le nostre famiglie, ridimensionando le pretese che abbiamo di solito e accogliendo anche i momenti di fragilità, di inefficienza, di preoccupazione o di frustrazione che penso sia inevitabile vivere in questi tempi difficili.

A casa mia, per esempio, il nostro stile di vita che di solito punta a essere relativamente attento alla sostenibilità, ha risentito un po’ della quarantena.

Ho paura, per esempio, di riutilizzare come sempre i sacchetti per la spesa di pane, frutta, verdura etc. Per qualche settimana mi sono limitata a gettarli nella differenziata, ma negli ultimi giorni ho deciso di tenerli per qualche giorno da parte e poi usarli per la spazzatura.

Abbiamo inoltre deciso di fare qualche concessione in più a Davide e Flavia dal punto di vista delle merende e dei pasti. Se da un lato mi sono imposta (con piacere) di preparare più cose in casa – biscotti, dolci, crepes, rustici – e di mangiare sano, dopo i primi giorni di bagordi, dall’altro devo ammettere che capita di inserire nel carrello della spesa qualche snack con troppi imballaggi o qualche piatto “salva cena” non esattamente green. Un po’ come capita quando viaggiamo, lo “sgarro” a merenda si rivela ogni tanto un espediente per stemperare la tensione o svoltare qualche pomeriggio più faticoso, con la precisa consapevolezza, almeno da parte mia, che non deve diventare la prassi.

Mi sono trovata, come tutti, a modificare anche le modalità di fare la spesa. Non sono mai stata una grande frequentatrice di ipermercati, e ho la fortuna di vivere in un quartiere pieno zeppo di negozi al dettaglio e botteghe alimentari: il forno, il fruttivendolo, la pescheria, il macellaio, la gastronomia “gourmet”. Continuo sostanzialmente ad approvvigionarmi nei soliti negozi, ma faccio grandi scorte per ridurre al minimo le uscite. Per evitare il rischio di sprechi, congelo più del solito e sistemo le provviste in base alla data di scadenza. Predisporre, sulla base della spesa, una specie di calendario settimanale dei pasti aiuta senz’altro a evitare di ritrovarsi con un’insalata marcia o le uova troppo vecchie.

Naturalmente, facciamo ancora scrupolosamente la raccolta differenziata, che nel nostro comune si effettua da molti anni con un porta a porta spinto, senza alcun tipo di cassonetto di prossimità. Utilizziamo i guanti quando andiamo a fare la spesa, e purtroppo finiscono com’è ovvio nell’indifferenziato, ma ci pare un compromesso accettabile, viste le circostanze. Siamo invece molto a corto di mascherine: ne abbiamo di fatto una a testa, e siamo pertanto costretti a riutilizzarle, anche se siamo consapevoli che non è una pratica sicura né consigliabile.

Restano, accanto a questo, alcune buone prassi “green” che si sono rivelate molto utili durante questo lockdown, perché mi evitano di restare a corto di determinati prodotti e mi risparmiano di comprare alcune cose.

Per esempio, sono felice di essermi riconvertita, proprio negli ultimi mesi, all’uso di detergenti solidi. La provvista di saponette che avevo in casa sarebbe sufficiente ancora per diversi mesi (ma speriamo di uscire prima, naturalmente!) e il mio panetto solido di shampoo e balsamo sta superando egregiamente la prova della quarantena (sto usando lo Scacciaguai di Ethical Grace, l’ho preso prima di Natale e ancora ne ho disponibile quasi la metà).

E poi, naturalmente, continuo a fare a meno degli assorbenti usa e getta, affidandomi (ormai da un decennio) alla mia fidata coppetta mestruale e ad assorbenti e salvaslip lavabili.

Giusto prima della diffusione dell’epidemia e delle conseguenti restrizioni, avevo ricevuto (grazie!) un kit Almo di assorbenti e salvaslip lavabili in cotone organico e laminato assorbente, una composizione che li rende affidabili ma anche traspiranti e confortevoli. Se non li avete mai provati, questa quarantena potrebbe essere l’occasione giusta per convertirvi! Oltre a essere sostenibili – possono essere lavati per centinaia di volte, assieme a capi di colori simili, con un detersivo tradizionale e senza prelavaggio né additivi, anche a basse temperature – gli assorbenti in cotone organico sono sicuri e comodi da indossare, e prevengono irritazioni, prurito e fastidi che possono essere provocati dai classici prodotti usa e getta per le mestruazioni. Sono inoltre sicuri e pratici, dal momento che assorbono tanto quanto i classici assorbenti usa e getta.

Gli assorbenti lavabili Almo sono disponibili in varie misure e gradi di assorbenza (si va dai salvaslip in taglia XS, disponibili anche per perizoma, alla misura L++, ideale per il post-parto. La taglia M corrisponde più o meno ai classici assorbenti con le ali, un po’ più lunga). Personalmente, li trovo anche molto carini, con una gamma di colori intensi e vivaci, le stoffe hanno la certificazione GOTS o IVN Best i prodotti vengono cuciti in piccole sartorie regionali tedesche. Sul sito potete trovare anche coppette mestruali, slip per il ciclo e kit completi personalizzabili.

Voi come state vivendo questa reclusione forzata? Avete allentato l’attenzione all’ambiente, oppure state approfittando di questa “rivoluzione esistenziale” per provare a essere più green? Raccontatemelo, se vi va, nei commenti o sulla pagina Facebook!

3 Aprile 2020 0 Commenti
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mamma green

Come rendere la casa più green in 5 facili mosse

by Silvana Santo - Una mamma green 2 Dicembre 2019

Abbigliamento, alimentazione e stile di vita sono aspetti fondamentali per ridurre l’impatto ambientale della propria vita quotidiana, ma ovviamente anche l’ambiente domestico ha il suo peso. Ecco dunque cinque facili mosse per rendere la casa più green!

come rendere la tua casa più green con una pattumiera di design

1. Trova il posto giusto per la pattumiera

Fare la raccolta differenziata è diventata una prassi automatica per tutti noi, ma a volte il riciclo dei rifiuti viene penalizzato dal fatto di non avere subito a portata di mano il giusto cestino per i rifiuti. In alcuni ambienti, così, si corre il rischio di non separare correttamente tutta la spazzatura. Per evitare questo problema e rendere la tua casa più green, il rimedio è molto semplice: scegliere qualche pattumiera bella oltre che pratica. In questo modo sarà più facile, invece che avere la tentazione di “nasconderle”, posizionarle in punti strategici, nei diversi ambienti di casa. Il mercato ormai propone pattumiere di design che sono veri e propri pezzi d’arredo, oltre a essere molto funzionali grazie alla presenza del pedale, del doppio contenitore, di eventuali piedini e di forme che variano rispetto al classico cilindro. In cucina, per esempio, non può mancare una pattumiera per il vetro e una per i metalli (oltre all’organico, ovviamente). Noi teniamo il cestino per la carta nel bagno, ma anche lì sarebbe utile attrezzarsi con diverse pattumiere più piccole per le diverse frazioni.

2. Scegli con cura le tende

Le tende non sono soltanto un accessorio estetico e uno strumento per difendere la propria privacy, ma anche un modo semplice ed efficace per rendere la tua casa più green, isolandola termicamente e regolandone la temperatura. Io, per esempio, abito in una casa esposta a sud-ovest e per me le tende sono indispensabili, nella stagione estiva, per limitare il surriscaldamento. Ne abbiamo montate due, di diverso spessore, in modo da utilizzare solo quelle più leggere e sottili nei mesi autunnali e invernali, quando i raggi del sole non costituiscono un problema (anzi!).

jsare le tende per rendere la casa più green

3. Fai attenzione all’inquinamento indoor

L’uso eccessivo di detergenti aggressivi e disinfettanti, ma anche di incensi, candele e deodoranti per ambiente con ingredienti che non siano naturali può peggiorare la qualità dell’aria. Per rendere la tua casa più green, limita l’uso di prodotti per la pulizia molto aggressivi ai casi davvero indispensabili, e opta per detersivi ecologici, deodoranti e profumatori naturali, a base di oli essenziali. Ovviamente, non è il caso di buttare nella pattumiera i prodotti che hai già in casa, perché di certo questo spreco non sarebbe una scelta ecologica: utilizzali con parsimonia finché non saranno esauriti. E non dimenticare di arieggiare frequentemente gli ambienti per migliorare la qualità dell’aria.

4. Punta su tessili e materiali naturali

Anche se i tessuti sintetici possono essere molto economici e anche pratici da lavare e asciugare, per rendere la tua casa più green preferisci, quando possibile, fibre naturali come il cotone, il lino e la lana. Oltre che avere di solito una minore impronta ecologica – specie se provengono dalla filiera biologica ed etica – renderanno l’ambiente più confortevole e concorreranno a migliorare il comfort termico dell’abitazione.

rendere la casa più green con i tessuti naturali

5. Non riempire la dispensa di provviste

La tentazione a volte è irresistibile, specie di fronte a offerte speciali e convenienti confezioni formato famiglia. La prospettiva di risparmiare, magari sull’acquisto di prodotti biologici e quindi sulla carta più “green” non deve però indurci ad acquistare scorte eccessive, che rischiano soltanto di finire nella pattumiera. Non c’è niente di meno sostenibile, infatti, dello spreco di alimenti, il cui intero ciclo produttivo ha ovviamente un impatto sull’ambiente in ciascuna delle sue fasi. Meglio acquistare via via quello che serve, servendosi, quando possibile, presso negozi al dettaglio, gruppi d’acquisto, mercatini ortofrutticoli e negozi di prodotti sfusi.

 

(Post in collaborazione con Brabantia.com)

2 Dicembre 2019 2 Commenti
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black friday bravosconto 2019
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Green friday 2019: come rendere sostenibile il black friday

by Silvana Santo - Una mamma green 19 Novembre 2019

Come ogni anno, in questo periodo si avvicina puntuale il black friday. Come fare per evitare derive consumistiche eccessive e trasformarlo in un green friday? Il black friday rappresenta senz’altro una buona occasione per fare affari e risparmiare qualche soldino, anche in vista dell’acquisto dei regali di Natale. Il rischio concreto, però, è che diventi la fiera degli acquisti inutili o antiecologici, e che si trasformi in un momento di consumismo fine a se stesso e tutt’altro che sostenibile. Con qualche accorgimento, invece, si può rendere sostenibile il black friday, trasformandolo in un vero e proprio “green friday”, cercando di fare acquisti il più possibile ecosostenibili.

Perché fare acquisti eco friendly per il black friday

Le ragioni per rendere sostenibile il proprio black friday sono tantissime. Quella ambientale è diventata una vera e propria emergenza, che investe questioni come il cambiamento climatico, la super produzione di rifiuti, lo spreco di energia e di materie prime. Per non parlare della perdita di superficie forestale che quest’anno, in modo particolare, è stata drammatica a causa degli incendi in Siberia, in Alaska e in Amazzonia e, ancora di recente, in California. La tendenza generale a un consumo scriteriato e sempre più compulsivo, che spesso prevede l’acquisto di prodotti inquinanti e con eccessivi imballaggi in plastica, mette a dura prova gli equilibri ambientali, specie in momenti dell’anno come il black friday.

Come rendere il black friday più sostenibile

Per rendere il black friday più sostenibile e trasformarlo in un green friday occorre prima di tutto interrogarsi in generale sulle proprie abitudini di acquisto online. Il mio consiglio è di ponderare bene gli acquisti, cercando di non fermarsi solo a una valutazione di mera convenienza economica. Oltre che alle offerte e agli sconti, anche durante il black friday è fondamentale fare attenzione alla reale utilità di un prodotto e al suo impatto ambientale, evitando per esempio articoli alimentari (e non solo) imballati con troppa plastica, eccessive preparazioni a base di carne e prodotti usa e getta o poco durevoli.

Scegliere marchi green per il black friday

Un altro accorgimento per rendere più sostenibile il green friday consiste nel privilegiare prodotti ecologici e nel premiare i brand più green, ovvero quelli attenti all’impatto ambientale dei propri prodotti e che investono per aiutare il pianeta, anche nella grande distribuzione (la catena Coop, per esempio, ha deciso di vietare la vendita di stoviglie monouso all’interno della sua filiera). Sempre meglio, inoltre, scegliere chi ha investito in una filiera più eco-friendly, puntando per esempio all’efficienza energetica, all’uso di fonti rinnovabili, a materie prime biologiche o riciclate, a una razionalizzazione della logistica etc.

Il green friday che aiuta le foreste

Per uno shopping ecosostenibile, inoltre, si può optare per il green friday 2019 targato BravoSconto, grazie al quale sarà piantato un albero per ogni acquisto effettuato tra il black friday e il Natale 2019 sui portali europei BravoSconto, BravoPromo, BravoGutschein, BravoDescuento e BravoVoucher. L’iniziativa è frutto di una collaborazione tra il network BravoSconto e l’organizzazione no profit Eden Reforestation Projects, attiva in molte aree svantaggiate del pianeta per contrastare la deforestazione e migliorare le condizioni economiche delle popolazioni locali. L’obiettivo del green friday BravoSconto consiste nel riuscire a piantare almeno 100.000 alberi in Madagascar, Haiti, Nepal, Indonesia, Mozambico e Kenya, contrastando la perdita di foreste e aiutando l’ecosistema globale. Un modo bellissimo per rendere il black friday sostenibile e green!

(Post in collaborazione con BravoSconto)

19 Novembre 2019 0 Commenti
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i bambini hanno troppi giocattoli
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I nostri figli hanno troppi giocattoli?

by Silvana Santo - Una mamma green 18 Novembre 2019

I bambini hanno troppi giocattoli? Ultimamente mi ritrovo a chiedermelo, sorpresa dal quantitativo di giochi e gadget accumulati dai miei bambini in poco meno di sette anni. Mi sono sempre considerata un genitore morigerato per quanto riguarda l’acquisto di giocattoli (a volte ho pensato addirittura di negate troppe cose a Davide e Flavia), eppure adesso non posso fare a meno di chiedermi se i miei bambini hanno troppi giocattoli.

bambini con troppi giocattoli

Nelle ultime settimane sto portando avanti una riorganizzazione complessiva della nostra casa e della nostra vita, per andare nella direzione di una maggiore semplicità e sostenibilità ambientale (ed economica). Oltre a rivedere le nostre abitudini quotidiane di spesa, alimentazione, cura del corpo etc, mi sono impegnata in una profonda azione di decluttering in tutti i (pochi) ambienti di casa nostra. L’ultimo weekend è stato dedicato appunto alla camera di Davide e Flavia, nella quale abbiamo cercato di mettere un po’ d’ordine e di selezionare giochi e altre cose da regalare o da buttare via.

Il risultato di questo processo di riordino e decluttering mi ha convinto che forse i miei figli hanno troppi giocattoli… Giochi di società, costruzioni di ogni genere, bambole, pupazzi, travestimenti, attività creative di ogni tipo. Scaffali interi pieni di giocattoli, scatoloni e contenitori traboccanti, gingilli e balocchi che potrebbero bastare per intrattenere una squadra di bambini per un intero decennio. Non che Davide e Flavia non usino, a rotazione, tutti i giocattoli che hanno (anche se soprattutto lei tende a preferire le stesse categorie di giochi), per carità. E devo dire che si tratta per la stragrande maggioranza di giocattoli di buona fattura e di qualità, con i quali mi fa piacere che i miei figli si intrattengano: la paccottiglia “usa e getta” per fortuna è davvero una quota molto marginale dei giochi che riempiono la loro cameretta.

i bimbi hanno troppi giocattoli

Però devo dire che il dubbio che i miei figli abbiano troppi giocattoli ultimamente mi è venuto lo stesso. Mi sembra che a volte, messi di fronte a domanda precisa, non sappiano neanche loro cosa ancora desiderare, o che ogni tanto si trovino quasi disorientati quando, di fronte a tante alternative, si tratta di scegliere a cosa giocare. Soprattutto Davide, in effetti, finisce spesso ad architettare qualcosa di fantasioso o a costruire delle “invenzioni” mettendo insieme fogli di carta, stoffe e altri aggeggi.

Per anni abbiamo cercato di limitare l’acquisto di giocattoli alle sole ricorrenze e ai ricordi di viaggio. Ai giochi comprati, si sono aggiunti quelli, spesso molto belli, ereditati dalle cuginette e da me stessa. Non abbiamo l’abitudine, tanto per dire, di passare in edicola a comprare giochini e sorpresine, né di attingere ai distributori a monete di palline e simili. Eppure, di fatto, ci ritroviamo pieni di giocattoli, tanto che potremmo davvero non prenderne più fino all’adolescenza ancora lontana di Davide e Flavia.

tanti giocattoli in casa

Voi cosa ne pensate? Siete messi come noi? Secondo voi i bambini hanno troppi giocattoli?

18 Novembre 2019 8 Commenti
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consigli semplici per ridurre la plastica in casa
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11 consigli facili per ridurre la plastica in casa

by Silvana Santo - Una mamma green 12 Novembre 2019

Ridurre la plastica in casa: finalmente sembra diventata un’istanza sempre più “popolare” e diffusa, una preoccupazione per molti e non solo per chi ha una sensibilità particolarmente spiccata alle problematiche ambientali. Un obiettivo sul quale io per prima ho ancora moltissima strada da fare, ma per il quale mi sto impegnando molto, negli ultimi mesi, insieme alla mia famiglia. Senza demonizzare la plastica (che presenta indiscussi vantaggi legati alla sua leggerezza, all’inerzia, alle sue caratteristiche di resistenza e igiene, nonché alla riciclabilità) e con un occhio sempre attento alla sostenibilità economica e alla praticità quotidiana e alla semplicità delle varie soluzioni, ecco dunque i miei 10 consigli facili per ridurre la plastica in casa.

consigli per ridurre la plastica in casa

1. Non comprare frutta e verdura al supermercato

So che la frutta e la verdura vengono vendute nei sacchetti compostabili, ma in realtà sulla reale biodegradabilità a breve termine di questi imballaggi (che peraltro sono davvero fragili e poco durevoli) ci sono ancora molti dubbi. Personalmente, preferisco fare la spesa al mercato ortofrutticolo che il sabato allestiscono nel mio comune, oppure da un fruttivendolo al dettaglio vicino casa. In entrambi i casi, porto come me non solo i sacchetti di di stoffa per trasportare la spesa, ma anche delle buste di carta o plastica per i vari prodotti, che fornisco direttamente al venditore al momento di pesare la merce. Ovviamente poi, a casa, metto da parte i sacchetti una volta vuoti e li riutilizzo molte volte per le spese successive.

2. Ridurre la plastica in casa comprando il pane sfuso

Un discorso simile vale per il pane e i derivati. Al supermercato è necessario pesarlo nelle buste trasparenti, e magari sprecare ogni volta anche un guanto monouso. Per ridurre la plastica in casa, valutate di acquistare il pane presso forni o panetterie, dove di solito i prodotti vengono venduti in sacchetti di carta. Potete anche riutilizzarli più volte: io ho preso l’abitudine di tenere sempre un sacchetto del pane ripiegato in borsa, così quando mi capita di passare dal forno a prendere qualcosa posso darlo alla commessa perché lo riutilizzi (magari all’inizio vi guarderanno in modo un po’ strano, ma poi si abituano e non ci fanno più caso).

come sostituire la pellicola per alimenti

3. Eliminare la pellicola e i sacchetti per alimenti

Quello della conservazione degli alimenti è stato un tasto dolente a lungo, in casa nostra. Abbiamo sempre il frigo e il congelatore pieni, e in qualche modo finivamo con l’utilizzare tanti sacchetti e film monouso. Per ridurre la plastica in casa, però, abbiamo progressivamente ridotto l’uso di questi prodotti, prendendo l’abitudine di congelare solo in contenitori per alimenti (di vetro o di plastica riutilizzabile) e di conservare i cibi in frigo avvolti in involucri riutilizzabili. Vanno molto di moda i tessuti cerati per conservare il cibo, e in effetti funzionano davvero, ma in molti casi basta un semplice tovagliolo di stoffa, per esempio per avvolgere del formaggio o del pane. Vi consiglio anche i coperchi flessibili in silicone, perfetti per conservare ortaggi o frutti a metà e non solo: è vero che sempre di plastica si tratta, ma sono molto durevoli e si possono usare davvero a lungo.

4. Passare ai detergenti solidi

Consiglio banale ma efficace per ridurre la plastica in casa. Al momento noi abbiamo reintrodotto le saponette per le mani (che conserviamo al meglio mettendo una sottile spugnetta in luffa nel portasapone), nell’attesa di smaltire i prodotti liquidi per la pulizia di corpo e capelli che ancora abbiamo in casa. Volendo, si trovano in commercio anche saponi solidi per lavare i piatti. Ovviamente, la scelta ha ancora più senso se si riescono a trovare prodotti che siano venduti sfusi o con imballaggi in carta o cartoncino.

meno plastica in casa

5. Acquistare detergenti sfusi, maxi confezioni e ricariche

Se non vi trovate bene con i prodotti solidi, potete ridurre la plastica in casa acquistando prodotti sfusi oppure confezioni molto grandi. Io, per esempio, non riesco a rinunciare al sapone intimo e al detergente viso (che uso anche come struccante). Ho deciso però di limitare i danni prendendo flaconi o ricariche da un litro, che durano diversi mesi e “pesano meno” in termini di rifiuti prodotti, anche perché si evita di gettare ogni volta la pompa dei vari dispenser. Per esempio, sto adorando questo detergente intimo venduto in flaconi da 1 litro in plastica biodegradabile (lo usa tutta la famiglia, l’ho pagato 16 euro e ho calcolato che ci dura circa 5 mesi) e quando avrò smaltito la vecchia crema per il corpo intendo acquistare un olio vegetale in maxi formato, da travasare poi in appositi spruzzini per casa e per la palestra o i viaggi. Anche per quanto riguarda i detersivi, io preferisco le formule liquide e, non riuscendo a trovare prodotti ecologici nel negozio di sfusi vicino casa mia, ho adottato il compromesso di acquistare una tantum online scorte di taniche da 5 litri di detersivo per i piatti, detersivo per il bucato e detersivo per pavimenti e superfici. Ogni tanica dura diversi mesi, e spesso riesco a riutilizzarle senza gettarle nella differenziata.

6. Smettere di comprare l’acqua in bottiglia

Gli italiani sono tra i massimi consumatori di acqua in bottiglia, nonostante l’acqua del rubinetto sia potabile e buona in moltissimi comuni. Se non potete bere l’acqua “del sindaco”, oppure se il sapore proprio non vi piace, potete valutare diverse alternative più green rispetto alle bottiglie di plastica: cercare un negozio che offra il servizio di vuoto a rendere e consegna a domicilio, installare un filtro a casa (eventualmente anche con gasatore) oppure cercare una “casa dell’acqua” nei pressi del vostro domicilio. Da qualche mese abbiamo optato anche noi per questa soluzione, perché a causa di frequenti lavori sulle condotte idriche l’acqua del rubinetto era spesso terrosa e piena di residui. Ci siamo attrezzati con una dozzina di bottiglie di vetro e due volte a settimana andiamo a rifornirci alla casa dell’acqua, trasportando le bottiglie in un comune carrellino per la spesa. Il costo è irrisorio, e volendo è disponibile anche l’acqua frizzante. Lo stesso discorso dell’acqua vale ovviamente per le altre bevande: preferite vino, birra e bibite in vetro, o magari acquistateli sfusi.

7. Evitare stoviglie monouso e preferire il compostabile

Per ridurre la plastica in casa sarebbe molto meglio evitare piatti, bicchieri e posate usa e getta. Quando proprio non se ne può fare a meno, come in caso di feste fuori casa o con moltissimi invitati, puntate sulle stoviglie biodegradabili e compostabili, e “educate” gli invitati a non sprecare, utilizzando un solo piatto e un solo bicchiere. A noi è successo di recente con il compleanno di Flavia, che abbiamo festeggiato fuori casa e con parecchie persone (non abbiamo neanche la lavastoviglie in casa, quindi non avremmo comunque potuto gestire il tutto con stoviglia lavabili): abbiamo speso un po di più, ma penso ne sia valsa la pena.

merenda senza plastica

8. Merende (e pasti fuori casa) plastic free

Per la merenda di Davide, che do solito è un piccolo panino, mi sono organizzata con un foglio di tessuto cerato e una piccola “wet bag” lavabile. Quando porta a scuola la frutta (clementine o banana) la mettiamo in un contenitore per alimenti, mentre la sua tovaglietta è un banale tovagliolo di cotone. Per l’acqua, sia lui che Flavia usano invece delle borracce e anche io ho l’abitudine di portare sempre una borraccia in borsa, nel mio caso in alluminio, che all’occorrenza posso riempire anche presso qualche fontana pubblica. Nei nostri frequenti pic-nic abbiamo preso l’abitudine di avvolgere i panini “secchi” direttamente nei tovaglioli di stoffa che poi usiamo per pulirci le mani e la bocca, mentre usiamo i tessuti cerati se il companatico è untuoso o condito. Confesso che invece abbiamo ancora moltissima strada da fare per quanto riguarda l’acquisto di prodotti confezionati per la merenda pomeridiana, di cui Flavia è molto golosa. Dato che non riesco a preparare dolci e snack in casa, né a convertire i miei figli alla frutta secca o disidratata, il mio obiettivo è di rifornirmi al forno dove compro il pane, cercando di ridurre l’acquisto di merende industriali.

9. Comprare prodotti con meno imballaggi e meno plastica

Sembra un consiglio banale, ma so per esperienza che non sempre facciamo caso agli imballaggi che potremmo facilmente evitare. Se, per esempio, non riuscite a passare ai fazzoletti di stoffa (è il mio caso, per inciso) potete comprare le box in cartone, in modo da evitare perlomeno la produzione delle bustine di plastica. O ancora – e anche questo è il mio caso – se non volete riunciare ai cotton fioc biodegradabili, cercate quelli imballati nel cartoncino, e conservateli in una scatola di vetro o di plastica durevole. Nell’acquisto di nuovi pettini, spazzolini, rasoi, scope etc privilegiate quelli in materiali rinnovabili e/o con parti intercambiabili (io per esempio ho un rasoio in plastica e lo spazzolino elettrico, ma le testine si possono sostituire e li uso entrambi dal 2011). Se come me amate le candele, passate a quelle a Led con batterie ricaricabili o sceglietene di naturali e compostabili, da tenere accese il meno possibile, perché la combustione produce fumi inquinanti.

10. Evitare giocattoli “usa e getta” o pieni di plastica

Ne ho già parlato qualche tempo fa in un post sulla mia pagina Facebook: ormai sembra che il gioco preferito dei bambini sia il cosiddetto “unboxing” di giochi collezionabili pieni microscopici accessori confezionati in bustine di plastica. Io stessa ho ceduto raramente all’acquisto di questa paccottiglia, ma credo che sia fondamentale evitare il più possibile di cedere a mode e falsi bisogni tanto antiecologici.

come ridurre la plastica con la coppetta mestruale

11. Abbandonare assorbenti e tamponi usa e getta

Non esiste solo la coppetta mestruale: per chi non ha voglia di provarla, oppure non si è trovato bene come sperava, esistono diverse alternative plastic free, come gli assorbenti e salvaslip lavabili oppure la biancheria intima assorbente. Vi garantisco che oltre a ridurre la plastica in casa, potrete risparmiare davvero parecchi soldi. In alternativa, valutate i prodotti assorbenti in cotone organico, che costano un po’ di più ma sono meno inquinanti e molto tollerati dalla pelle.

Infine, il mio consiglio generale è quello di valutare la sostenibilità complessiva di un determinato prodotto, tenendo conto anche del suo luogo di origine e delle garanzie sulla sua eticità (ha senso, tanto per dire, comprare un prodotto “ecologico” prodotto dall’altro lato del mondo senza garanzie sulle condizioni dei lavoratori e sulla sostenibilità della filiera?) e di stare attenti anche al costo e alle eventuali “speculazioni green”. Last but not least, ovviamente smaltire correttamente i rifiuti, di plastica e non solo, è importante tanto quanto il prevenirli. E vale come sempre il consiglio principale, che ribadisco soprattutto a me stessa: oltre a cosa comprare, facciamo attenzione a quanto comprare, evitando il più possibile gli acquisti non necessari, fosse anche di prodotti cosiddetti ecologici.

E voi? Che strategie adottate per ridurre la plastica in casa? Avete altri consigli da aggiungere?

12 Novembre 2019 9 Commenti
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8 facili gesti per essere più green
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Sulle tracce di Greta: 8 gesti green che mi impegno a fare

by Silvana Santo - Una mamma green 26 Settembre 2019

Negli ultimi dieci anni ho modificato profondamente il mio stile di vita nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale, introducendo abitudini più “ecologiche” rispetto a quelle di un tempo.

Stile di vita green: quello che ho fatto finora

Attualmente utilizzo detergenti ecologici made in Italy (acquistati in taniche da 5 o 10 litri per ridurre la produzione di plastica) e cosmetici bio, ho ridotto il più possibile la quantità e le tipologie di prodotti chimici impiegati (niente ammorbidente, disinfettanti solo in casi eccezionali, anticalcare fatto in casa con acido citrico, etc), lavo il bucato a trenta gradi, uso ogni mese la mia coppetta mestruale e il mio kit di salvaslip e assorbenti di stoffa, ho comprato un’auto a GPL, che cerco comunque di usare il meno possibile. Negli ultimi due anni ho abbandonato progressivamente il fast fashion per votarmi all’abbigliamento sostenibile o usato (per i bambini ricicliamo a tutto spiano, grazie a zii e amici che ci passano interi guardaroba), ho perseverato nella mia scelta di bere solo acqua di rubinetto e usare borracce o bottiglie di vetro, di lavare i piatti a mano e di asciugare i panni al sole. Per struccarmi sono passata ai dischetti lavabili, per la depilazione uso un rasoio con lamette intercambiabili e ho il mio stesso spazzolino elettrico (ricaricabile) da anni, il che mi permette di sostituire solo la parte della testina, peraltro meno spesso di quanto facevo con gli spazzolini tradizionali. Ho investito qualche euro in una postazione di ricarica per batterie, che utilizzo ogni giorno per le mie candele a Led e per i giocattoli a pila dei bambini. Cerco di comprare prodotti locali e di stagione, possibilmente biologici. Ho ridotto considerevolmente l’uso di pellicola per alimenti, fogli di alluminio (utilizzo contenitori in vetro o plastica e, da qualche tempo, “fogli” protettivi di cotone e c’era d’api) e cannucce. E faccio di tutto per evitare il più possibile gli sprechi di cibo, incluso nutrire con gli avanzi la colonia di gatti che vive nei giardini sotto casa. Per soffiarci il naso usiamo fazzoletti di carta (ho lavato per anni pannolini pieni di cacca, ma il moccio è un mio limite al momento invalicabile), ma in casa utilizziamo le scatole con i fazzolettini sfusi. Naturalmente facciamo una raccolta differenziata scrupolosa, abbiamo in casa lampadine a risparmio energetico, elettrodomestici efficienti, infissi molto isolanti e rompigetto ai rubinetti. Porto con me le borse riutilizzabili quando vado a fare la spesa e cerco di contenere la passione di mio marito per l’aria condizionata (alimentata dal fatto che viviamo in una casa caldissima con esposizione a sud-ovest). Oltre a questo, cerco di passare all’aperto più tempo possibile, preferendo, quando riesco, il suono del mare o un’amaca con supporto a centri commerciali e negozi.

Tanti sforzi, devo riconoscerlo. Che di certo hanno cambiato nel complesso lo stile di vita della mia famiglia, dandogli un’impronta più green e indirizzando, almeno per il momento, la visione dei miei figli. Ma tanto c’è ancora da fare, e mi sembra davvero giunto il momento di passare a una fase successiva, con un ulteriore impegno nella direzione della sostenibilità. Ecco, dunque, cosa vorrei fare per alleggerire la mia impronta ecologica e quella della mia famiglia.

1. Ridurre ancora di più il consumo di carne

Come ho raccontato più volte sul blog e sui miei profili social, io non sono vegetariana. Mangio poca carne (pollame biologico, per lo più) e cerco di privilegiare prodotti a minore impatto ambientale, ma vorrei provare a ridurne ulteriormente il consumo, in particolare per quanto riguarda i mammiferi. Anche a proposito del pesce sento di dover ponderare meglio le mie scelte, orientandomi su prodotti e marchi più sostenibili. E dare un taglio drastico, per tante ragioni diverse, al mio amatissimo sushi.

2. Ritornare ai tovaglioli di stoffa

Per anni in casa abbiamo usato soltanto tovaglioli di cotone, ma con i bimbi piccoli abbiamo alla fine ceduto alla praticità dell’usa e getta. Mi sembra giunto il momento, però di recuperare la sana abitudine dei tovaglioli di stoffa. Che, per inciso, sono anche decisamente più belli.

3. Ridurre il ricorso allo shopping online

Io detesto andare per negozi. E purtroppo non ho molta disponibilità di botteghe locali nei dintorni, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento etico e sostenibile. Spesso, inoltre, non resisto alle lusinghe dei prezzi più bassi, specie per quanto riguarda i libri (di cui siamo grandi acquirenti). Non sono pronta, insomma, a rinunciare del tutto allo shopping online, né sono sicura che abbia senso farlo in maniera “oltranzista”. Però voglio acquistare in maniera sempre più consapevole, valutando sempre le alternative e, soprattutto, evitando a monte gli acquisti non necessari.

4. Ridurre l’acquisto di monoporzioni e cibi confezionati

Non sono contraria a priori alle piccole porzioni: se l’alternativa deve essere quella di sprecare cibo, meglio, a mio parere, puntare sulle quantità ridotte e sulle monoporzioni, anche se questo finisce col far aumentare il volume degli imballaggi. In casa nostra, per esempio, mangiamo spesso tutti cose diverse, e per ragioni di salute tendiamo a non eccedere con le quantità, perlomeno noi adulti. Piuttosto che gettare via del formaggio ammuffito, tanto per dire, preferisco comprarne una razione più piccola. Quindi non credo di poter eliminare a prescindere le piccole confezioni (che comunque faccio attenzione a riciclare al meglio), però riconosco di dover fare uno sforzo nella riduzione a monte dei rifiuti da imballaggio. Mi piacerebbe anche preparare in casa più cose, a cominciare dalla merenda di Davide e Flavia, per cui mi riduco quasi sempre a prodotti confezionati.

5. Migliorare la dieta di Artù

Non tanto per quanto riguarda gli alimenti in senso stretto (scegliamo già marchi cruelty free e attenti alla sostenibilità), quanto per i loro imballaggi. Vorrei passare, se micio collabora, a confezioni più grandi e solo in metallo. Il problema sono i suoi gusti estremamente complicati e la sua leggendaria voracità. Ho provato in passato anche a somministrargli pasti preparati in casa, ma purtroppo non ha funzionato come sperassi.

6. Acquistare una bicicletta

Io (e di conseguenza Davide e Flavia) cammino molto a piedi, ma ricorro alla macchina quando le distanze sono proibitive. Mi piacerebbe da tempo avere un’alternativa più green, e le crescenti abilità ciclistiche dei miei figli potrebbero essere l’occasione giusta per votarsi alle due ruote.

7. Comprare candele ecologiche

Ho un debole per le candele, l’ho dichiarato spesso e volentieri. Le uso quotidianamente, e non mi sento pronta a farne a meno. Ma se per quelle a Led ho risolto con una partita di batterie ricaricabili, per quelle “a fiamma” non ho ancora trovato una soluzione che sia sostenibile economicamente. Le candele naturali sono fantastiche, ma anche molto più costose rispetto a quelle convenzionali a base di paraffina, e per chi, come me, ne fa un largo uso, la differenza sul lungo periodo pesa parecchio. Per ora mi sto imponendo di tenerle accese un po’ meno, ma mi riprometto di trovare risorse sufficienti per comprarne di più ecologiche. Nel frattempo, se voleste farmi un regalo, sapete cosa scegliere. 😉

8. Viaggiare un po’ meno in aereo

Il mio peccato più grave, probabilmente. Anni fa – beata ingenuità – avevo sottoscritto un impegno online a non fare più di un viaggio aereo l’anno per ragioni “di piacere”. Non ho problemi a dire di aver disatteso la mia promessa, e per il momento non mi sento di reiterarla. Sarei ipocrita e mi imporrei una sofferenza cui non voglio sottopormi. Però voglio impegnarmi a non prendere l’aereo per viaggi della durata di pochissimi giorni. E a scegliere, una volta l’anno, destinazioni vicine, raggiungibili in treno. Visto che poi i viaggi intercontinentali impattano, in proporzione, meno di quelli a medio raggio, confido di visitare molte mete esotiche per sentirmi meno in colpa! (Ovviamente l’ultima affermazione è uno scherzo. O forse no!).

26 Settembre 2019 11 Commenti
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RigeneriAMO la Natura: come aiutare le nostre spiagge con Legambiente

by Silvana Santo - Una mamma green 9 Settembre 2019

La spiaggia, per molti di noi, non è soltanto un luogo. È una condizione esistenziale, una disposizione d’animo. Una moratoria straordinaria delle consuetudini e dello stress quotidiano. Una specie di dimensione parallela in cui la vita cambia ritmo, cambia colore, cambia suono e acquista un senso nuovo e diverso. Più lieve e, allo stesso tempo, più denso. La spiaggia, al di là del suo inestimabile ruolo ecologico – un ecosistema di confine ricco di biodiversità e un elemento fondamentale per gli equilibri climatici – e economico, è una certezza nelle vite di molti di noi.

progetto legambiente rigeneriamo la natura

E per tutta l’estate le spiagge italiane (e non solo) sono state la nostra casa. Hanno lenito la nostra stanchezza, consolato i nostri dolori, ascoltato i nostri sfoghi, i progetti, le speranze. Alimentato i sogni di ciascuno di noi. Sono state il palcoscenico perfetto dei nostri divertimenti e dei giochi dei nostri figli, la quinta ideale delle nostre fotografie. Sono state la nostra estate. Tutti noi, mi auguro, le abbiamo protette e rispettate, cercando di fare in modo che il nostro passaggio non lasciasse alcun segno. Ma questo non basta.

Le spiagge, sempre di più, sono ecosistemi fragili a rischio di erosione, incendi, inquinamento, perdita di biodiversità. Minacciate dai rifiuti, dal cambiamento climatico, dalla speculazione edilizia e dal traffico marittimo, questi ambienti così insostituibili necessitano di un sostegno concreto da parte di tutti. Possiamo aiutare le spiagge italiane, specialmente le più fragili, sostenendo il progetto “RigeneriAMO la natura”, avviato da Legambiente insieme a Intesa San Paolo e alla Fondazione La Notte della Taranta. Una campagna straordinaria di raccolta fondi per riqualificare quattro spiagge del Sud Italia di grande pregio ambientale: la baia di Torre Squillace a Nardò, in Puglia, l’Oasi dei Variconi in provincia di Caserta (Campania), la Zona di protezione speciale “Costa Ionica Foce Cavone” in provincia di Matera (Basilicata) e le dune di Sovereto a Isola di Capo Rizzuto, in Calabria. Fino al 30 settembre possiamo contribuire con una donazione, permettendo la riqualificazione di queste spiagge attraverso interventi di grande valenza sociale, oltre che ambientale.

Per saperne di più, leggere tutti i dettagli sugli interventi in programma e soprattutto per fare una donazione, consultate il sito della campagna #RigeneriAMOlanatura.

C’è tempo fino al 30 settembre. Ogni contributo è non solo prezioso, ma davvero necessario. Siamo in debito con le nostre spiagge, non dimentichiamolo.

9 Settembre 2019 0 Commenti
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Acqua di rubinetto: 6 cose da sapere

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Luglio 2019

Chi segue il mio blog fin dai tempi dello svezzamento del mio primogenito, forse lo ricorderà: in casa nostra si beve solo acqua di rubinetto, da sempre. Una scelta che in tanti non condividono, forse anche a causa di qualche pregiudizio che ancora circola sul tema. Vista l’importanza della questione e le sue tante sfumature – economiche ed ecologiche, in primis – e stimolata anche dalla campagna di sensibilizzazione #smuoviamoleacque promossa da Aqua Italia (Associazione delle aziende costruttrici e produttrici di impianti per il trattamento delle acque primarie) ho pensato di fare qualche ricerca e riassumere 6 cose da sapere sull’acqua di rubinetto. Aggiungete pure altri punti all’elenco, se vi fa piacere!.

1. L’acqua di rubinetto è sicura

In molti, inspiegabilmente “non si fidano”. Ma si tratta di un preconcetto, una paura irrazionale che non ha alcun fondamento concreto. L’acqua di rubinetto è sicura. Viene sottoposta, per legge, a frequenti analisi per il controllo di una cinquantina di parametri chimici e microbiologici (fonte: ministero della Salute). L’approvvigionamento idrico italiano, tra l’altro, è particolarmente sicuro, perché basato per la stragrande maggioranza su acque sotterranee, di norma ben protette da contaminazioni e inquinamento. Non esiste alcuna ragione razionale per ritenere più affidabile l’acqua in bottiglia che, anzi, deve sottostare a parametri meno rigorosi rispetto alla presenza di alcune sostanze chimiche e presenta dei rischi legati al confezionamento, trasporto e stoccaggio delle bottiglie di plastica.

2. Il calcare è innocuo

Una delle ragioni per cui molti preferiscono comprare l’acqua in bottiglia è la presunta pericolosità del calcare (carbonato di calcio) presente nell’acqua di rubinetto. Intanto, va detto che la durezza dell’acqua è molto variabile da zona a zona, e dipende in primis dalla provenienza dell’acqua stessa. Dalle mie parti, per esempio, l’acquedotto attinge a un acquifero carbonatico (riserve d’acqua che si accumulano al di sotto di montagne di natura calcarea), per cui è normale che sia relativamente dura. A parte questo, in soggetti sani, che non abbiano problemi renali o altre patologie specifiche, il calcare non causa problemi di salute come cattiva digestione, calcoli etc, e in ogni caso può essere facilmente ridotto con diversi sistemi di filtrazione. Il calcio presente nell’acqua, anzi, è utile per la salute di denti e ossa. E, last but not least, il “calcare” è presente anche nelle acque in bottiglia, talvolta in quantità paragonabili a quelle dell’acqua pubblica.

3. L’acqua di rubinetto è economica

Il costo dell’acqua in bottiglia varia molto in base alle marche e al tipo di acqua e di formato acquistato, ma quel che è certo è che una famiglia può risparmiare diverse centinaia di euro l’anno scegliendo di bere quotidianamente l’acqua del rubinetto.

4. L’acqua di rubinetto è green

I temi del cambiamento climatico e della onnipresenza di rifiuti in plastica in ogni ecosistema della Terra – dai deserti all’Himalaya, dalle fosse oceaniche agli atolli – sono da qualche tempo (finalmente!) al centro del dibattito pubblico e mediatico. Preferire l’acqua di rubinetto a quella imbottigliata permette di ridurre l’impatto ambientale legato non solo alla produzione e allo smaltimento delle bottiglie di plastica, ma anche al confezionamento e al trasporto delle bottiglie stesse.

5. L’acqua di rubinetto fa bene

L’acqua di rubinetto contiene, a seconda della sua provenienza, sali e altre sostanze che possono essere utili per la salute. È il caso non solo del già citato calcio, ma anche del fluoro che altrimenti, specie nei bambini, può dover essere assunto mediante integratori(qui uno studio dell’Australian National Health and Medical Research Council), dello iodio, del manganese e del ferro.

6. L’acqua di rubinetto è buona (o può diventarlo)

Spesso si tratta solo di abituarsi: i miei figli, per esempio, non riescono a bere molte delle acque in bottiglia perché sono abituati al gusto di quella di rubinetto. Chi lo preferisse, comunque, può optare per un sistema di trattamento che renda il sapore dell’acqua più vicino al proprio gusto. È possibile, per esempio, installare un filtro che riduca la durezza dell’acqua, oppure un impianto che la renda frizzante o la raffreddi. Oltre a scegliere l’eventuale impianto di trattamento dell’acqua di rubinetto che faccia al caso vostro, verificate, se possibile, lo stato di salute delle tubature e dell’impianto idrico di casa vostra (tubi vecchi o malridotti possono essere causa di contaminazioni, oltre che di perdite e sprechi), e preferite bottiglie e brocche di vetro per la conservazione dell’acqua.

E cin cin a tutti!

 

impianti trattamento acqua di rubinetto

24 Luglio 2019 8 Commenti
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Vacanze al mare coi bambini: 5 consigli per rispettare l’ambiente

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Giugno 2019

L’estate è scoppiata, sul calendario e sul termometro, e la maggior parte delle famiglie deciderà probabilmente di trascorrere le ferie in spiaggia, per godere del sole e del mare. Il paradosso, però, è che le vacanze al mare coi bambini possono finire col pesare negativamente proprio sul tanto amato ambiente marino. Come evitarlo? Bastano un po’ di buon senso e qualche accorgimento semplicissimo. Ecco 6 consigli per rispettare l’ambiente durante una vacanza al mare con i bambini, fatemi sapere i vostri, se vi va!

1. Non tirare fuori dall’acqua le stelle marine

Le stelle marine sono davvero affascinanti, colorate e magnetiche. E si prestano tantissimo, lo so, alla foto perfetta da postare su Instagram. Però possono essere danneggiate molto seriamente dall’emersione, perché il funzionamento del loro organismo (banalizzo) si basa su un delicato equilibrio legato anche alla presenza di acqua all’interno del corpo: quando l’acqua “fuoriesce” e vi entra invece dell’aria, c’è il rischio che le funzioni fisiologiche delle stelle marine vengano compromesse. Se avete la fortuna di vederne una, dunque, fotografatela quanto volete ma evitate di toccarla. E, soprattutto, non tiratela fuori dall’acqua.

2. Non dare da mangiare a pesci e gabbiani

Una tentazione che può essere irresistibile, specie per i bambini piccoli. Ma la regola di non nutrire gli animali selvatici vale anche in riva al mare, per tante ragioni diverse. Intanto, un’alimentazione non adeguata può essere dannosa per la salute, ma, a parte questo, gli animali che vivono in natura non dovrebbero abituarsi a essere nutriti dagli umani, perché questo finirebbe con l’alterare in modo potenzialmente irreversibile e pericoloso il loro comportamento. Alimentare forzatamente gli animali, infine, può favorire la proliferazione di specie che, per quanto “simpatiche”, possono essere invasive e dannose per l’ecosistema. L’ideale sarebbe vivere questa esperienza con i bambini solo in contesti controllati e regolamentati, come parchi faunistici e centri di recupero, attenendosi ai consigli di guide, ranger e veterinari.

3. Non strappare la Posidonia

Se trascorrerete le vostre vacanze sulle sponde del Mediterraneo, potreste avere la fortuna di imbattervi in qualche bella prateria (sommersa) di Posidonia oceanica. Si tratta di una pianta acquatica (non è un’alga, contrariamente a quello che molti pensano!) che a dispetto del suo nome vive solo nel mare nostrum, che è un indicatore di acqua pulita e, soprattutto, che ha un ruolo ecologico fondamentale, non solo per l’ossigenazione del mare ma anche perché previene l’erosione costiera e offre cibo, riparo e sostegno a tantissime specie animali. Strapparla, pertanto, rappresenta un atto davvero dannoso per l’intero ecosistema marino costiero, anche perché la Posidonia è minacciata dall’inquinamento e da altri fattori ambientali. Anche le cosiddette banquettes, gli ammassi si foglie secche e marroncine che si accumulano sulla spiaggia, sono preziose: prevengono l’erosione (e quindi l’assottigliamento) della spiaggia e offrono nutrimento e rifugio a tanti organismi. So che rovinano le foto, che hanno un odore pungente, ma sappiate che si tratta di un segnale di salute dell’ambiente marino. Siamo noi gli ospiti, non dimentichiamolo mai!

vacanze al mare con bambini

4. Portare via un po’ di spazzatura dalla spiaggia

Purtroppo è diventato davvero difficile trovare un luogo di villeggiatura in cui le spiagge e il mare non siano minacciati dalla presenza di rifiuti di ogni tipo, abbandonati dai bagnanti, scaricati dalle imbarcazioni, trasportati dal vento e dalle correnti. Senza abbandonare i necessari accorgimenti per la sicurezza e l’igiene, potreste approfittare delle vostre passeggiate sul bagnasciuga per raccogliere e smaltire in modo corretto bottiglie di plastica, sacchetti e altro. Fate attenzione, naturalmente, a oggetti taglienti, appuntiti o sporchi!

5. Non prelevare sabbia e conchiglie

Vecchio consiglio, sempre utile. La spiaggia risente dell’asportazione di materiale, in parte già inevitabile per il solo fatto che tante persone la calpestano, si sdraiano, stendono i loro teli etc. Io confesso che a volte non riesco a impedire ai miei figli di scegliere “un tesoro” della loro vacanza (un sasso o un guscio), ma di norma riesco a dirottare il loro interesse verso materiali “estranei”, come legnetti di barca, piume di gabbiano o vetrini colorati levigati dalla risacca.

6. Scegliere una crema solare meno inquinante

Anche la protezione solare che giustamente ci spalmiamo con cura sul corpo ha un certo impatto sull’ambiente marino, perché contiene sostanze che possono inquinare l’acqua e il fondale. In commercio esistono però formulazioni più “green”, spesso basate su filtri fisici, che dovrebbero essere più gentili con il mare e i suoi abitanti. L’ideale, laddove possibile, sarebbe fare una doccia prima di entrare in acqua (e poi spalmarsi di nuovo la crema solare prima di rimettersi al sole!), ammesso naturalmente che lo scarico della doccia finisca in un depuratore!

In generale, vale sempre il suggerimento di avere occhi aperti e cuore attento, comportarsi da ospiti e da amici di quel mare che tanto amiamo e che ha bisogno di noi per non finire distrutto.

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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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