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Piccolo manifesto dei miei primi 40 anni

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Maggio 2021

Ci sono arrivata. E questa, nel bel mezzo di una pandemia mortale, mi sembra già una buona notizia. Ci sono arrivata sobria, coniugata e incensurata. E questa, dopo un anno praticamente ininterrotto di Dad e smart working di coppia, mi sembra già una ragione più che sufficiente per festeggiare. Ci sono arrivata, e sono tutt’altro che sola. E questo, forse, è per me il sollievo più grande. Conto gli amici veri sulle dita di due mani, ma sono dita ammantate di oro e zaffiri, lapislazzuli e perle, rare e preziose. Conto la mia famiglia ogni giorno, e la riconto ancora una volta per essere sicura che non manchi nessun altro. Quella famiglia che non mi sono scelta e che non sempre mi somiglia, ma che c’è, semplicemente, anche quando parliamo lingue distinte e inforchiamo sentieri che divergono verso orizzonti lontanissimi. Conto i figli che la vita mi ha affidato, le loro piccole dita, i loro sorrisi, le raffiche di baci e i loro sogni scintillanti. Conto gli anni passati accanto al loro papà, in pratica metà di quelli che ho vissuto.Ci sono arrivata stanca, ma indomita. Sempre più intenzionata a non sprecare il mio tempo, a non gettare via la mia vita, a non rassegnarmi. A non cedere ai compromessi che non siano davvero inevitabili. Ci sono arrivata piena di cicatrici, di nei, di tatuaggi. Di ricordi. Piena di ombelichi: un nodo per ogni strappo, un piccolo buco per ogni partenza.Ci sono arrivata risalendo spesso la corrente, con tanta fatica e talvolta con un accanimento masochistico. Mai per vezzo, però, e (quasi) mai per partito preso. Ci sono arrivata ancora idealista, ancora polemica, ancora curiosa. Ancora testarda come un mulo testardo. E di questo, in tutta onestà, non posso fare a meno di essere fiera.Ci sono arrivata con alcuni insanabili rimpianti e pochi, affezionati fantasmi. Ma ho preso l’abitudine di guardare in faccia gli uni e gli altri, e forse proprio per questo mi fanno molta meno paura di un tempo. Ci sono arrivata con tantissimi dubbi, ma le poche certezze che coltivo sono ormai salde e preziose, resistenti e ostinate come una barca vichinga di Floki, il costruttore di navi.Ci sono arrivata, e non vivo nel posto che sognavo, non conduco la vita che sognavo, non faccio il lavoro che sognavo. Eppure cerco di somigliare ogni giorno di più alla persona che sogno da sempre di riuscire a diventare. E questa, forse, è la cosa che conta davvero.

Da oggi “c’ho” (due volte) vent’anni,

“E andare un passo più avanti, essere sempre vero

Spiegare cos’è il colore a chi vede bianco e nero”.

4 Maggio 2021 1 Commenti
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Elogio della curiosità ostinata

by Silvana Santo - Una mamma green 29 Marzo 2021

Se dovessi scegliere la cosa che mi ha salvato più spesso nella vita, che mi ha risollevato dal fondo più vischioso e tirato fuori dalle pozze di oscurità nelle quali ogni tanto mi ritrovo a sguazzare, non avrei molti dubbi. Non citerei l’amore, o l’amicizia, oppure la fede che a tratti mi ha accompagnato lungo il cammino. Non tirerei mai fuori la tanto inflazionata resilienza o la retorica “bellezza delle piccole cose”. Non menzionerei nemmeno la natura e gli animali, che pure, almeno per me, significano linfa e sollievo e libertà. E no, non mi limiterei di certo a chiamare in causa la famiglia, figli inclusi.

Quello che da tutta la vita mi salva con generosità – dalla vita in sé e pure da me stessa – probabilmente non è altro che la curiosità, associata a una dose straordinaria di ostinazione. La curiosità sfrenata che mi si agita dentro, rivolta potenzialmente a qualsiasi ambito dell’umana esperienza. La fame insaziabile di conoscenza e di emozioni, quella voglia indefinita di non sprecare tempo e occasioni, di “fare di più”, che pur nel dolore, nella solitudine e nello scoramento restituisce senso all’esistenza anche quando tutto o quasi sembrava perduto.

Non sono sicura di riuscire a spiegarmi.

Fatta eccezione dei momenti di assoluta prostrazione (per un lutto, per un abbandono, per una malattia importante), non ricordo di aver mai trascorso la mia vita in una condizione, nemmeno temporanea, di “stasi”. Né di aver mai superato una qualsiasi crisi personale senza un nuovo progetto al quale appassionarmi, per il quale documentarmi, studiare e ricercare soluzioni perfette e personali notte e giorno, per settimane, fino a farmi lacrimare gli occhi per la stanchezza. Fino ad aver imparato qualcosa di nuovo da custodire per sempre.

Se, come nell’ultimo estenuante anno, non possono essere i viaggi da organizzare, allora saranno altre iniziative di qualsiasi natura. Un nuovo tatuaggio da progettare, un angolo del tè da allestire in cucina, un microscopico acquario per le alghe Marimo. Oppure i bruchi da allevare, un nuovo foro alle orecchie, un recinto per tartarughe da approntare il giardino, la ristrutturazione della cameretta, un travestimento di Carnevale fai da te, una ricorrenza a tema Harry Potter, gli allestimenti di Natale. Una lavastoviglie da inserire “in qualche modo” nella microscopica cucina di un piccolo appartamento.

È questo, alla fine, che mi tiene viva anche nell’oscurità. Che rende i miei giorni sempre diversi, sempre densi, sempre necessari nonostante tutto: qualcosa di nuovo da imparare, qualcosa di positivo da realizzare per me, per la mia famiglia, per la mia casa. Un obiettivo da perseguire con determinazione, la speranza di attuarlo nel prossimo futuro e tante cose da studiare per riuscirci nel migliore dei modi.

La curiosità impastata di ostinazione. Che spero possa essere un giorno il mio lascito migliore per i miei figli.

29 Marzo 2021 1 Commenti
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Siamo davvero artefici del nostro destino?

by Silvana Santo - Una mamma green 12 Marzo 2021

Sono nata all’inizio dei ruggenti anni ’80, gli anni del debito pubblico da capogiro, dell’inflazione, della pseudo-emancipazione femminile seguita alle lotte e alle effimere conquiste del decennio precedente. Ho attraversato, crescendo, gli anni del disincanto, della crisi economica, delle fabbriche chiuse. Della decrescita più o meno felice, più o meno necessaria, più o meno obbligata. Poi quelli della bolla digitale, delle nuove professioni, del precariato cronico.

E negli ultimi tempi assisto con sentimenti alterni al dilagare della cultura della consapevolezza, dei life coach e dei motivatori. Quella filosofia secondo la quale siamo fondamentalmente “artefici del nostro destino” e responsabili, in buona sostanza, dell’approccio con cui affrontiamo la vita ogni giorno. “La felicità è una scelta”. “Se la tua vita non ti piace, allora comincia a cambiarla!”. “Smetti di lamentarti e agisci!”. Sono i mantra che occhieggiano da tanti profili social, meme ispirazionali e manuali di auto-aiuto. Ma è davvero sempre così? Siamo realmente liberi di fare della nostra vita quello che vogliamo, di cambiare le cose che non ci piacciono e di guardare la vita con atteggiamento fiducioso, pro-attivo e ottimistico?

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12 Marzo 2021 2 Commenti
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appello alle giovani donne
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Appello alle giovani donne

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Marzo 2021

Ordina una birra leggera, se lo desideri. Un vino frizzante, un bicchierino di sherry. Un Cosmopolitan come Carrie Bradshow, o magari una Coca Zero. Ma se hai voglia di un rosso robusto, di una tripla cattiva, di un whisky d’annata, beh: non pensare neanche per un momento che quella sia roba che le donne non bevono.
Fatti tatuare una piuma, se ti piace. Una farfalla stilizzata, una fatina che svolazza, un dente di leone che sparge i suoi semi nel vento. Ma se preferisci un drakkar di 20 centimetri, un teschio con le orbite sgomente o un ferocissimo lupo mannaro, non osare rinunciarvi perché “non sono soggetti femminili”.

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8 Marzo 2021 0 Commenti
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cose da bambini
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Cose da bambini?

by Silvana Santo - Una mamma green 22 Febbraio 2021

I bambini si abituano a quello che conoscono, e non possono amare ciò che non hanno mai provato.
Mi capita spesso che amiche, conoscenti o lettrici mi scrivano, per esempio, che avrebbero il desiderio di fare un viaggio itinerante coi loro figli, ma (pandemia a parte, sigh) non hanno il coraggio di provarci. “Perché i bambini hanno bisogno della routine in spiaggia, del villaggio con l’animazione, e via dicendo”. Oppure mi sento raccontare con una certa amarezza di bambini che passano i pomeriggi davanti ai video dello youtuber di turno o che hanno bisogno necessariamente di un dispositivo elettronico per ingannare l’attesa al ristorante, in aeroporto, dal medico etc (sempre Covid permettendo, stra-sigh), “ma purtroppo lo fanno tutti i bambini della loro età, sai com’è”.

Io invece penso che, entro i confini del comune buon senso e al netto delle inevitabili preferenze personali, finché sono relativamente piccoli i bambini si abituano a quello che conoscono. Se a un bambino vengono proposte sempre e solo vacanze al mare, macchinine giocattolo (tanto per fare un esempio stupido) e intrattenimento a base di cellulare, è scontato che le volte successive tenderà ad aspettarsi più o meno le stesse cose: in ferie “si va” al mare, al ristorante si guardano i video, al compleanno mi regaleranno delle macchine.

Il punto non è, meglio precisarlo, imporsi di cambiare le proprie abitudini di famiglia: se le vostre vacanze “stessa spiaggia, stesso mare” vi rendono felici, non c’è alcuna ragione per cui dobbiate iniziare i vostri figli a qualcosa di diverso. Se amate i video di youtube, o comunque vi sta benissimo che i vostri figli impieghino il loro tempo libero guardandoli, non pensateci e basta. Ma se a volte vi sentite di stare rinunciando a qualcosa che amate troppo, o viceversa, di essere costretti in dinamiche che detestate, ma che vi appaiono inevitabili solo perché “sai, sono bambini!”, sappiate che forse vale la pena fare un tentativo per cambiare lo status quo.

Ve lo dico, semplicemente, perché lo vivo da sempre sulla mia pelle: fin da quando i miei figli erano molto piccoli, uscire fuori a cena rappresenta un’esperienza stressante e qualche anno fa era proprio un mezzo calvario. La stanchezza generale trasformava l’uscita in un vero strazio, un cocktail esplosivo di ansia, capricci, imbarazzo e nervosismo. La stessa cosa valeva quando si trattava di fare un giro per negozi assieme a loro, per fare acquisti non rimandabili. Eppure, come mi facevano notare in tanti, non mi perdevo d’animo davanti a una mostra d’arte, un’escursione in natura o a un viaggio all’estero, magari itinerante o con tante ore di volo. La verità è che per me uscire a cena non è mai stato davvero necessario: in passato era il pretesto per stare con gli amici di sempre, ma ad eccezione di determinati locali particolarmente originali o amati, per me erano importanti la compagnia e il cibo (e i beveraggi!), non la location. Ancora adesso preferisco di gran lunga un picnic all’aperto o un delivery in buona compagnia, e di conseguenza è questo che mi è sempre risultato “facile” assieme ai miei figli. Stesso discorso per lo shopping e le passeggiate “per vetrine”, che non mi sono mai piaciuti particolarmente e che ho totalmente abolito negli anni (diventando invece una vera campionessa degli acquisti sul web, dove riesco a scovare sempre quello di cui sono in cerca).

Questo per dire che inesorabilmente i miei figli detestano cose che per alcuni coetanei sono esperienze del tutto comuni e spesso molto piacevoli – come un pomeriggio al centro commerciale o 15 giorni di vacanza fronte spiaggia – e sono invece avvezzi a cose che altri giudicherebbero “non da bambini”, come un’escursione in montagna, una visita in un museo, un tour itinerante con 7 cambi di hotel. Perché i bambini, e vengo al punto, non hanno esigenze precostituite o stereotipate, ma si adattano e si abituano alle esperienze che fanno insieme alla loro famiglia.

Non date per scontato che per un bambino l’unica villeggiatura appagante sia il mare, o magari il villaggio con il miniclub. Non rinunciate a musei e teatri (sempre alla faccia del Covid, sob e strasob!) perché “non sono cose per bambini”. Non convincetevi che certe esperienze vi siano precluse a prescindere o siano, viceversa, inevitabili solo perché avete dei figli piccoli. Continuate a fare quello che amate e ad evitare quello che vi ripugna, assieme ai vostri figli, con buon senso e rispettando la loro piccolezza, i loro ritmi, la loro fisiologia. E vedrete che saranno felici assieme a voi, pronti a scegliere, tra qualche anno, quello che a loro volta preferiscono e quello che proprio invece non li appassiona.

22 Febbraio 2021 0 Commenti
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bambini e lockdown
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Bambini ai tempi del Covid: come stanno i nostri figli?

by Silvana Santo - Una mamma green 18 Febbraio 2021

Come stanno i nostri figli?

Un anno della nostra vita è ormai trascorso in sgradita compagnia del Covid 19. Un anno che, nell’economia delle esistenze di bambini che di anni ne hanno 7 o 8, o magari ancora meno, ha un peso specifico non indifferente. Ci saranno tanti bambini, suppongo, che la vita “di prima”, la vita normale, attualmente neanche la ricordano.

Da molti mesi, ormai, di fronte alle piccole e grandi “crisi” dei miei figli, mi ritrovo a chiedermi se e quanto dei loro problemi dipenda effettivamente dalla pandemia, dalle limitazioni, dal sostanziale isolamento in cui vivono ormai da tanto tempo. E quanto, invece, non prescinda da questo, non sia magari una normale implicazione della loro crescita e del loro innato temperamento, con cui avremmo in ogni caso dovuto fare i conti. O ancora quanto, ahimè, non sia forse responsabilità di noi genitori, a nostra volta fiaccati da questa specie di incubo distopico nel quale siamo piombati un anno fa.

Davide e Flavia stanno bene, per carità. Ma non ho potuto fare a meno di notare la (ri)comparsa di fragilità, preoccupazioni e ansie: recrudescenze di antiche paure (del buio, della solitudine, dei brutti sogni), risvegli notturni, picchi occasionali di aggressività, onicofagia, periodiche difficoltà con il cibo, ansie alterne legate alle loro pur ampiamente soddisfacenti prestazioni scolastiche, e in particolare ai compiti per casa. Niente di estremamente allarmante, per il momento, né di totalmente estraneo al loro passato di bambini amati e sereni (mi auguro!) ma sensibili, come ce ne sono miliardi in questo pazzo mondo che abbiamo il privilegio di abitare.

Solo che adesso, inevitabilmente, mi ritrovo a inquadrare la situazione con un certo pregiudizio, osservando la realtà attraverso il filtro della consapevolezza. Avremmo vissuto le stesse difficoltà anche senza il lockdown, senza i compleanni in solitaria, senza la ridotta attività motoria, senza la separazione prolungata da tanti amici e familiari, senza gli interminabili mesi di Didattica a distanza (nell’ultimo anno, Davide e i suoi compagni di terza elementare hanno frequentato la scuola per 8 settimane in tutto, prima di finire, come siamo attualmente, di nuovo dietro a un computer)?

Non conoscerò mai la risposta, perché ovviamente la risposta non esiste. Il tempo ci dirà soltanto quante ferite ci resteranno da curare, per noi e per i bambini, inclusi quelli che, per fortuna, il virus non lo hanno mai incontrato da vicino.

18 Febbraio 2021 0 Commenti
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cose che ho imparato sul cancro
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5 cose che ho imparato sul cancro

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Febbraio 2021

Nel corso della mia vita, e non solo una volta, è toccato anche a me di avere a che fare col cancro, anche se (grazie al cielo) mai sulla mia stessa pelle. Come tante altre famiglie, come praticamente tutte le famiglie che conosco. E questo, mio malgrado, mi ha costretto a mettere in fila le cose che ho imparato sul cancro e che oggi, in occasione del #worldcancerday, mi è venuta voglia di condividere con voi:

1. I malati di cancro non sono dei “guerrieri”

Il cancro non è una guerra. Non è una battaglia in cui misurare il proprio valore, in cui resistere e trionfare a colpi di forza di volontà e di coraggio. Non “vincono” i malati più forti o più stoici. E non esiste una sofferenza “più dignitosa” di un’altra. Il cancro è una malattia terribile, che qualche volta guarisce grazie alla tempestività della diagnosi, alla disponibilità di cure efficaci, alla risposta positiva dell’organismo. Non certo perché il paziente si riveli un guerriero più valoroso (o un malato più dignitoso) di un altro. La retorica del guerriero è un colossale equivoco. E forse non è il modo più efficace per raccontare il cancro a chi osserva dall’esterno, né rende giustizia a chi invece si trova ad averci a che fare.

2. Il cancro è il prima e il dopo

Come una deflagrazione cosmica su scala ridottissima, un piccolo big bang personale e familiare. Quello che c’è stato prima, in un certo senso, non tornerà più, a prescindere dall’esito della malattia, dalla sua evoluzione, dalla prognosi che i medici snoccioleranno con più o meno empatia. Tutto quello che hai vissuto prima della diagnosi diventa, nella tua percezione, una specie di età dell’oro in cui ogni cosa era più leggera, più semplice, più lieta, per il solo fatto che in quel momento tu ancora “non sapevi”. Non che sia davvero così, naturalmente. Non che prima non ci fossero sofferenze anche intense, o ragioni serie per cui sentirsi in ansia e restare sveglio la notte. Ma una delle cose che ho imparato sul cancro è che l’esperienza della malattia cambia drasticamente la tua percezione della realtà. È uno spartiacque definitivo e irremovibile. L’origine di una incommensurabile nostalgia. E a volte ti sembra assurdo che il mondo, nel frattempo, continui a rotolare nello spazio come se niente fosse accaduto. Che il resto della gente continui ad andare avanti apparentemente come prima. Ignara e inconsapevole. Al sicuro.

3. Si fa presto a dire “diagnosi precoce”

La diagnosi precoce è importantissima e salva vite a migliaia, ma non sempre è possibile. Spesso il cancro non può essere diagnosticato precocemente, a volte non esistono sintomi d’esordio (o, se esistono, sono difficili da riconoscere) e, in assenza di segnali d’allarme, non possiamo passare la vita a farci ispezionare ogni organo del corpo. Quello che possiamo fare è cercare di condurre uno stile di vita sano, di prenderci cura di noi e di chi amiamo, di stare all’erta. E pretendere che si investa il più possibile nella ricerca, che è la sola strada davvero efficace che abbiamo per rendere il cancro sempre più curabile.

4. L’esperienza dell’impotenza

Il cancro ti fa sentire prima di tutto impotente. Ti fa provare rabbia, angoscia, frustrazione, terrore. Un dolore che non pensavi possibile, che ti stritola dentro e ti brucia fuori. Ma soprattutto, ti condanna a un’impotenza lacerante. Vorresti abbattere il muro che imprigiona chi sta soffrendo, vorresti farti carico del suo male e portare quel peso assieme a lui. Alleggerirlo, sollevarlo, condividerlo. E vorresti rapire chi è vicino ogni giorno alla persona che sta male e vive quel calvario con lei. Portarlo lontano, almeno per un po’. Vorresti, ma non lo puoi fare. E allora, semplicemente, stai lì e ami, perché è tutto quello che ti è concesso. Stai lì e ami, chiedendoti in ogni istante se lo stai facendo in un modo davvero giusto e utile, se quello che fai e quello che sei non sia invece troppo poco. Sapendo che in realtà tutto quello che farai sarà sempre troppo poco. Stai lì, provi ad amare di più e più forte, e metti da parte la tua pena, perché sai che non è niente rispetto a quella di chi sta male davvero, e di altri attorno a te. Ma la tua pena alla fine viene fuori, e ti travolge. Senza che tu possa fare altro che attraversarla, solo e impotente.

5. La vita è un soffio. E noi occidentali lo avevamo dimenticato

Fino alla devastazione della pandemia, noi occidentali contemporanei, colti da un progressivo delirio di onnipotenza, ci eravamo forse illusi di aver imbrigliato la malattia e aver dominato la morte. Di aver capito come governare la natura, in ogni accezione possibile. E oltre a fare danni incalcolabili al nostro pianeta, abbiamo censurato il più possibile l’esperienza della perdita, l’abbiamo rimossa con ogni mezzo dalla nostra consapevolezza collettiva. Ci siamo convinti inconsciamente che il progresso potesse pian piano farci accantonare il dolore, il lutto, la nostra stessa transitorietà. Dimenticando che fino a pochissime generazioni fa era scontato perdere dei figli ancora in fasce, piangere fratelli mai tornati da una guerra o non risparmiati da un’epidemia, seppellire figlie, mogli e madri non sopravvissute al letto da parto. Dimenticando che siamo caduchi e mortali, effimeri, anche quando ci sentiamo giovani e forti, come le foglie estive, appese a un ramo che danza nel vento. Siamo strumenti nelle mani dell’evoluzione, soggetti a leggi universali che non possiamo e non potremo mai sovvertire. E questa consapevolezza, soprattutto alla luce di quello che stiamo vivendo da un anno a questa parte, dovremmo forse recuperarla tutti insieme, non già per tremare di continuo nel terrore della fine, ma al contrario per vivere ogni giorno in pienezza e gratitudine. Senza dare per scontato quello che scontato, invece, proprio non è.

4 Febbraio 2021 0 Commenti
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staccare i bambini dal computer
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Come staccare i bambini dal cellulare e dalla TV? 10 idee creative e low cost

by Silvana Santo - Una mamma green 7 Gennaio 2021

Riuscire a staccare i bambini dal cellulare e dalla TV non è un problema che vivo in modo particolare, dal momento che i miei figli, di 8 e 6 anni, non utilizzano (ancora) videogiochi, smartphone e tablet, e che guardano la TV – che amiamo tutti in famiglia, specialmente i film di animazione – ogni giorno, ma con precisi limiti. Eppure, proprio in virtù della nostra esperienza relativamente “libera” dagli schermi e sulla base delle alternative che siamo sempre riusciti a trovare, penso che possa essere utile condividere alcune idee e soluzioni su come staccare i bambini dal cellulare e dagli altri dispositivi elettronici. Soprattutto alla luce del periodo particolare che stiamo vivendo, tra Dad, restrizioni varie e maltempo incessante.

1. Maxi scatola con materiali creativi

come staccare i bambini dal cellulare o dal computer

Niente di più semplice: prendete uno scatolone o un contenitore capiente (noi abbiamo un contenitore gigante di Ikea di quelli trasparenti) e riempitelo con diversi materiali, anche di recupero: cartoncini colorati, legnetti “da gelato”, scovolini di ciniglia, occhietti mobili autoadesivi, glitter, pon pon di varie misure, vecchi bottoni, ritagli di stoffa, piccole perforatrici, colla, forbici con punta arrotondata, nastro adesivo, pennelli e colori di ogni tipo: tempere solide, acquerelli, pastelli a cera etc. Difficilmente i bambini riescono a resistere al potere della creatività, e spesso riuscirete a staccarli dal cellulare o dalla TV semplicemente tirando fuori il vostro “scatolone magico”. Noi usiamo con soddisfazione questo stratagemma da anni, ne abbiamo anche una versione “mini” da usare fuori casa durante viaggi, gite o addirittura per le attese al ristorante.

2. Enigmistica per bambini

L’editoria per bambini è diventata, negli ultimi anni, un’autentica miniera di meraviglie. E non vale solo per libri e fumetti veri e propri, ma anche per libri-gioco e albi di enigmistica per bambini di ogni genere. Ce n’è davvero per tutti i gusti, dai cruci-puzzle ai labirinti, dai crittogrammi per bambini ai cerca/trova, passando per gli intramontabili “trova le differenze”. Scordatevi, insomma, i vecchi album da colorare un po’ tristi, con le figure stampate in modo approssimativo, e preparatevi a entrare in un mondo di colori, divertimento e creatività senza fine.

3. Paste modellabili

Non pensate solo alla “vecchia” plastilina! In commercio si trovano ormai tanti prodotti di qualità e atossici che permettono di scatenarsi con la creatività in totale sicurezza e che a mio parere sono davvero perfetti per riuscire a staccare i bambini da cellulare e tv. Potete ricorrere ai grandi classici come il “Das”, oppure utilizzare soluzioni fai da te come la pasta di sale o quella a base di amido di mais e bicarbonato, di cui troverete in rete molte ricette valide. Negli ultimi tempi Davide e Flavia (e anche la loro mamma!) amano molto i prodotti tipo “clay foam” o altre paste modellabili leggere, che dopo l’uso si seccano e si induriscono all’aria senza però guastarsi o alterarsi. In commercio potrete trovare kit già pronti con le relative istruzioni oppure panetti di colori uniformi e miscelabili. Non solo regalerete ai vostri figli un’esperienza sensoriale piacevole e appagante, ma darete loro la possibilità di realizzare pupazzetti o altri oggetti utilizzabili nel tempo per giocare.

paste modellabili per bambini

4. Staccare i bambini dal cellulare… con gli origami

Anche gli origami si prestano perfettamente a intrattenere i bambini di varie età senza ricorrere per forza alla TV. Bastano un po’ di carte colorate e un piccolo manuale, o delle schede che potete scaricare dal web. Partite, ovviamente, dalle opzioni più semplici, collaborando e supervisionando il lavoro, per poi eventualmente procedere verso progetti più arditi, flotte di aerei di carta o veri e propri libri tematici di origami, come questo dedicato a Harry Potter.

5. Perline da stirare

staccare i bambini dal cellulare_lavoretti con perline

Sono un po’ “messy”, direbbero gli anglofoni, nel senso che saltellano e rimbalzano dappertutto e rischiate di ritrovarvele ovunque. Ma le perline da stirare sono economiche, colorate, divertenti e creative, e si prestano anche alla realizzazione di collane, bracciali etc. Noi abbiamo comprato da Ikea un grande barattolone di perline ormai molto tempo fa, ma ne abbiamo ancora tante pur avendole usate spesso, soprattutto durante i recenti lockdown. Ovviamente dovrete provvedere voi stessi alla stiratura delle creazioni.

6. Adesivi riposizionabili e trasferelli

Stickers e trasferelli sono altri alleati perfetti per riuscire a staccare i bambini dal cellulare o dalla TV, non solo in casa ma anche durante i lunghi viaggi o al ristorante. I miei preferiti sono gli albi della Usborne (una casa editrice per bambini con un catalogo ricchissimo e di grande qualità, semplicemente strepitoso e con prezzi contenuti), come la serie di bamboline e personaggi da vestire e “animare” con gli adesivi riposizionabili o i libri – scenario con centinaia di coloratissimi trasferibili, che mi riportano ogni volta alla mia infanzia. Un’altra opzione sono i tatuaggi temporanei, purché siano sicuri, anallergici e atossici.

7. Carte cancellabili

Sempre della Usborne, vi segnalo inoltre le carte e i libri-attività su cui è possibile disegnare o scrivere più e più volte con pennarelli cancellabili (sono inclusi nella confezione, ma si possono usare semplici pennarelli per lavagne bianche e poi cancellare con una salvietta o un fazzoletto umido). Ci sono gli animali da disegnare e le carte gioco, sempre con un piccolo prezzo e riutilizzabili potenzialmente all’infinito.

8. Scratch art

Fidatevi se vi dico che neanche voi riuscirete a resistere: gli scratch book sono dei libri o albi (ma esistono anche fogli sciolti, blocchetti e finanche calamite o adesivi) con la superficie nera che può essere grattata via con appositi bastoncini, rivelando al di sotto colori brillanti, a volte anche metallizzati o glitterati. Un passatempo divertente e “magico”, perfetto per staccare i bambini dal cellulare almeno per un po’!

9. Rompicapo e flipper

Se i vostri figli sono un po’ nerd come il mio primogenito, ameranno giochi di abilità da fare in solitaria  (o in compagnia, perché no?), che in qualche modo somigliano ai “videogiochi”, ma sono analogici, e offrono pertanto una diversa esperienza a livello sensoriale. Mi sarebbe sempre piaciuto proporre anche qualcuno dei vecchi “giochi ad acqua” tanto popolari nella mia infanzia, ma non sono riuscita ancora a trovarne di soddisfacenti.

10. Piccoli manuali per disegnare

Se il classico foglio bianco coi pastelli colorati non funziona, o non riscuote più il successo di un tempo, provate a staccare i bambini dal cellulare proponendo loro un manuale di fumetti o disegno. Ce ne sono, per esempio, per imparare a disegnare gli animali, o per utilizzare le proprie mani nel disegno. Per la generazione abituata ai tutorial, sarà divertente cimentarsi ogni tanto con delle istruzioni stampate!

Questa era l’ultima delle mie alternative al cellulare e al tablet per bambini, creative e low cost, anche se ovviamente le idee sono potenzialmente infinite (cucito per bambini, cucina, esperimenti scientifici, kit di “fossili” da scavare etc, costruzioni, puzzle 3d etc etc). Voi avete altri suggerimenti? Come riuscite a limitare il tempo che i vostri figli trascorrono davanti a uno schermo?

*** Questo post contiene link di affiliazione ad Amazon: acquistando da questi link, senza pagare alcun sovrapprezzo sul normale costo di vendita, mi permetterete di ottenere un piccolo bonus.
I prodotti inseriti nel post sono stati tutti acquistati o utilizzati effettivamente da me e dai miei figli***

7 Gennaio 2021 4 Commenti
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Cose da cui dovrei essere uscita indenne, anche senza vaccino.

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Gennaio 2021

Non è dato sapere, visto anche il mio profilo di persona “a basso rischio” quando potrò avere accesso al vaccino per il Covid 19. Mi auguro di arrivarci presto e soprattutto indenne (scongiuri, scongiuri e ancora scongiuri!), ma intanto ho aperto l’anno riflettendo su una serie di cose per le quali il vaccino non esiste, eppure io dovrei essere ormai definitivamente al sicuro (scongiuri, scongiuri e ancora scongiuri!).

I pidocchi. Sui quali nella mia famiglia sono sempre circolate storie orripilanti che cominciano tutte con me che, alla verdissima età di 3 anni, rientro dalla materna con la testa brulicante di bestioline assetate di sangue. Per fortuna, non conservo alcun ricordo degli avvenimenti successivi, ma le cronache familiari raccontano di interminabili sedute manuali di spidocchiamento condotte da mia zia, che a quanto pare aveva conquistato sul campo il titolo di massima esperta sull’argomento. Dopo 6 anni complessivi di materna, spero, almeno su questo fronte, di averla sfangata in via definitiva.

I “Me contro te”. Che, per carità, saranno due bravissime persone (e senza dubbio alcuno sono due imprenditori geniali), ma mi è sempre parso che il loro ingresso nella vita quotidiana dei bambini tendesse facilmente a trasformarsi in una mezza dipendenza. Dò per scontato che presto finiremo anche noi invischiati alla grande nel tunnel di qualche youtuber, ma per ora, almeno, ci siamo salvati. Scansando anche l’infinito corollario di gadget e regali a tema (il film al cinema, però, siamo andati a vederlo per il compleanno di un’amica!).

Le domande sul terzo figlio. Ho quasi 40 anni, un figlio e una figlia. E un ovaio in meno. Un cocktail fenomenale di caratteristiche che dovrebbe ormai mettermi al riparo dalle domande indiscrete su eventuali altri figli.

Le palline e le sorpresine dei distributori. Con due figli di 8 e 6 anni, penso di poterlo dire ormai in via ufficiale: siamo usciti indenni dalla palude delle palle rimbalzine, delle macchinette mangiasoldi, dei regalini a sorpresa. Ai quali avremo concesso non più di pochi euro complessivamente.

Il parchetto. Che, pandemia permettendo, continuiamo ogni tanto a frequentare, ma con un’ottica ormai diversa rispetto a qualche anno fa: è un luogo ideale per incontrare gli amici e passare un po’ di tempo “in natura”, ma le classiche giostrine, dopo anni di parchi meravigliosi frequentati generosamente durante i nostri viaggi in mezza Europa e non solo, hanno perso decisamente l’attrattiva di un tempo.

Le cianfrusaglie dell’edicola. Ai quali raramente, in realtà, abbiamo fatto delle concessioni.

Scarta la carta. Riconosco che la pandemia ha dato il suo contributo decisivo, da questo punto di vista (forse è vero che anche le tragedie più grandi nascondono un piccolo seme di speranza), ma dopo anni nei quali ci capitava, per mesi e mesi, di frequentare sale feste e ludoteche più della nostra camera da letto, sembriamo ormai fuori dal tunnel di scarta la carta, dei festeggiati sul trono e dei palloncini a forma di fallo. Presto, presumo, entreremo in quello dei compleanni al pub e in pizzeria, ma se non altro vorrà dire che saremo finalmente liberi dal Covid.

I cartoni da piccolissimi. Peppa Pig, Masha, i Teletubbies e tutto il resto. Anche se, devo dire, alcuni capolavori struggenti come Puffin Rock ogni tanto mi mancano ancora.

Confido che presto verremo fuori dal rosa confetto e dagli ovetti di cioccolato, per tuffarci a capofitto, con rinnovato entusiasmo, nelle future manie. Perché essere genitori, si sa, è anche una lunga sequela di tunnel nei quali mettere le tende assieme ai figli. Il che, per inciso, può essere una cosa divertente assai!

4 Gennaio 2021 1 Commenti
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come rendere più sostenibile la didattica a distanza sostenibile
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7 spunti per rendere la Didattica a distanza più sostenibile (in ogni senso)

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Dicembre 2020

Il 2020, nella mia memoria, resterà per sempre anche l’anno della Didattica a distanza. Con due figli in età scolare (Flavia ha cominciato la scuola primaria proprio nel mezzo della pandemia) e un’esperienza particolarmente intensa di lezioni a distanza (abitiamo nella regione italiana che ha fatto più ricorso alla Dad, dall’inizio dell’emergenza sanitaria), ho avvertito l’esigenza di rendere questa singolare avventura un po’ più sostenibile. Per l’ambiente, per il bilancio familiare e soprattutto per i miei piccoli studenti smart.

Ecco dunque, a valle di lunghi mesi di “scuola da casa”, i miei spunti per una Didattica a distanza più sostenibile:

1. Una stampante che rispetti l’ambiente

stampante sostenibile

Era dai tempi dell’università che non mi ritrovavo a stampare così tanto, ogni giorno. Schede che le maestre inviano ai bambini, poesie da imparare a memoria, disegni da colorare, ma anche ricette da preparare assieme ai miei figli o istruzioni per lavoretti e “attacchi d’arte” (le consegne della DaD possono essere davvero molto fantasiose!). Un’esigenza spesso imprescindibile, a cui si può far fronte utilizzando un dispositivo concepito per ridurre l’impatto ambientale, la produzione di rifiuti e lo spreco di inchiostro e materiali. Come le stampanti della gamma EcoTank di Epson, che al posto delle classiche cartucce di inchiostro impiegano serbatoi ricaricabili ad alta capacità. Una tecnologia che permette di ridurre la quantità di rifiuti, di risparmiare tempo, di stampare in modo particolarmente efficiente (una ricarica di inchiostro è equivalente a 72 cartucce) e anche di ridurre i costi di stampa fino al 90%. Per una sostenibilità che sia davvero a tutto tondo.

2. Una postazione “di lavoro” ergonomica

Il lungo lockdown di primavera aveva evidenziato tutti i limiti organizzativi del nostro piccolo appartamento. Mio figlio Davide si era ritrovato a seguire le sue video-lezioni dalla nostra camera da letto, sistemato alla buona su un comò. Per questo, a giugno, il mio primo pensiero e quello di suo padre è stato di rivoluzionare la cameretta, in modo da garantire sia a lui che a sua sorella una postazione di studio confortevole e salubre con una scrivania ampia e seduta ergonomica. Per ovviare alla carenza di spazio, abbiamo sfruttato l’altezza, acquistando due letti a soppalco con scrivanie sottostanti.

3. Soluzioni smart e veloci

Accompagnare dei bambini ancora piccoli nell’esperienza della Dad può essere davvero molto impegnativo. Per quello mi sembra importante semplificarsi il più possibile la vita con soluzioni smart e di utilizzo immediato da parte di tutti, inclusi i diretti interessati. Un esempio? Collocare la stampante in uno spazio “neutro” o in un ambiente comune consente a tutti i membri della famiglia di utilizzarla senza disturbare o interrompere le attività degli altri. Anche una buona qualità della rete e dei dispositivi utilizzati può rappresentare un aiuto decisivo per rendere più fluide e sostenibili le varie operazioni: per quanto riguarda la stampante, trovo che siano una svolta irrinunciabile i modelli con connettività wi-fi, come le stampanti a ridotto impatto ambientale EcoTank di Epson. Nella gestione della Didattica a distanza capita ogni giorno di ricevere materiali, liste, schede e altri documenti direttamente via WhatsApp o sul registro elettronico. Poter lanciare la stampa direttamente dallo smartphone significa semplificare la routine quotidiana e rendere più autonomi i bambini nello svolgimento delle attività didattiche.

come rendere la dad più accettabile

4. Un ambiente salubre e confortevole

Per una Didattica a distanza sostenibile nel lungo periodo (sigh!) sono importanti diversi parametri di confortevolezza e abitabilità dell’ambiente. A cominciare dall’acustica, che a casa nostra è sempre accettabile grazie a infissi e doppi vetri isolanti. La silenziosità della stampante, garantita da prodotti come le inkjet EcoTank di Epson, è un altro dei parametri da tenere in considerazione, specie se, come in casa nostra, viene attivata più volte al giorno da tutti i membri della famiglia. Godere di un minimo di privacy, inoltre, è a mio parere un aspetto fondamentale, anche per un piccolo “smart worker”. Io ho deciso di aggiungere una tenda oscurante in un punto strategico del nostro appartamento: pochi euro di investimento e installazione super veloce! L’illuminazione, per fortuna, non è mai stato un problema, dal momento che la nostra casa, al primo piano, è esposta a sud ovest e gode di un considerevole spazio libero dinanzi. Piuttosto, in alcune ore del giorno diventa indispensabile schermare la luce naturale con le tende, per evitare riflessi fastidiosi sul monitor e consentire una migliore visione delle lezioni online (io preferisco le tendine a rullo, che consentono anche di modulare l’effetto schermante). Per quanto riguarda infine la temperatura, la mia raccomandazione è di non surriscaldare l’ambiente, ricordando che sull’uso dei termosifoni esistono precisi parametri da rispettare (la temperatura interna della casa, per esempio, non dovrebbe superare i 20-22 gradi di media).

5. Didattica a distanza sostenibile: no agli sprechi

Rendere più sostenibile la didattica a distanza significa anche fare attenzione a evitare gli sprechi a qualsiasi livello, per ridurre l’impatto sull’ambiente ma anche le spese a carico della famiglia: carta, materiali di cancelleria, inchiostro e simili dovrebbero essere utilizzati con consapevolezza e attenzione, anche se con i bambini piccoli ci può stare un po’ di indulgenza in più. Davide e Flavia, per esempio, utilizzano penne cancellabili (come richiesto dalle loro maestre) con cartucce intercambiabili, in modo da poterle sostituire ogni volta che si esauriscono. Anche una stampante con serbatoio di inchiostro ricaricabile, come le inkjet EcoTank di Epson, permette di evitare sprechi di inchiostro e ridurre la produzione di rifiuti (4 flaconi valgono come 72 cartucce!). Per quanto riguarda invece i consumi di carta, piuttosto che fare stampe fronte/retro preferiamo utilizzare il lato posteriore dei fogli per disegnare, prendere appunti o scrivere bozze.

6. Occhio ai consumi elettrici

Una Epson EcoTank rappresenta anche una garanzia di risparmio energetico. A differenza delle stampanti laser, infatti, le stampanti inkjet della gamma EcoTank funzionano “a freddo” e non richiedono il riscaldamento del toner, permettendo appunto di ridurre il dispendio di energia. Per la scrivania, inoltre, è importante l’uso di lampadine a Led orientabili e con con temperature indicate per lo studio. E, come Davide non perde occasione di ricordarci, ricordarsi di spegnere il computer e la luce quando le lezioni online sono terminate.

7. Una routine sana

come rendere più accettabile la dad

Cercare di rendere accettabile un’esperienza come la Dad prolungata – che per bambini piccoli resta a mio parere una forzatura – significa anche sforzarsi di mantenere una serie di sane abitudini, indispensabili, come sanno tutti i lavoratori “smart” di lungo corso, per preservare salute mentale, concentrazione e tono dell’umore. Il mio consiglio è di cercare di riprodurre il più possibile la routine che si manterrebbe con la normale frequenza scolastica: svegliare i bambini alla stessa ora, fare una regolare colazione prima di cominciare le video-lezioni, non derogare alle pratiche quotidiane di igiene personale, non consentire ai bambini di seguire le lezioni in pigiama.

Non sarà mai come andare a scuola, ma con questi accorgimenti la Didattica a distanza diventerà forse più sostenibile. Voi quali accorgimenti state adottando? Vi sembra che la scuola a distanza stia aumentando o riducendo l’impronta ambientale della vostra famiglia?

Post in collaborazione con Epson EcoTank

 

21 Dicembre 2020 4 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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