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La vita di prima

by Silvana Santo - Una mamma green 16 Dicembre 2020

La vita di prima viene a trovarmi ogni tanto nei sogni, e lo fa nel modo più scontato possibile. Spesso sto salendo su un aereo, dentro quei sogni, guardandomi i piedi mentre mi arrampico sulla scaletta che oscilla leggermente nel vento. Mentre stacco l’ultimo passo in terra straniera e mi congedo con gratitudine e un po’ di malinconia.

Sogno i luoghi, della vita di prima. Stanze d’albergo, chiese in penombra, piazze inondate di sole. Sogno i libri, qualche volta. Le parole, le immagini, le sensazioni che ho provato mentre li leggevo. È una relativa novità, per me. Di solito i miei sogni sono popolati di gente, di voci, di incontri. Di abbracci e risate.

Non me la ricordo tanto bene, la vita di prima. O almeno, ho l’impressione che sia così. Le giornate del 2020 sono state talmente dense e ricche e faticose – tutte identiche e tutte così differenti l’una dall’altra – che questo singolo straordinario anno sembra essere durato un lustro o due. La vita di prima è come un posto, o una condizione, che mi sono stati familiari più o meno a lungo, ma che poi mi sono lasciata alle spalle: il luogo di villeggiatura abituale dell’infanzia, l’edificio in cui ho fatto il liceo, la casa della mia migliore amica delle elementari. La gravidanza, l’appartamento da studentessa in cui abitavo 20 anni fa. Sono incistati da qualche parte nella mia memoria, ma devo riflettere un poco per riportarli alla luce davvero.

C’è sempre stata, nella mia vita, una vita di prima, ora che ci penso bene. La vita prima dei figli, prima del matrimonio, prima di rientrare da Roma, prima che morissero mia nonna o mio zio o mio cugino o l’altro cugino e l’altro zio prima di loro. La vita prima che mi trasferissi a Viterbo, prima che mio padre avesse l’infarto, prima che smettessi di andare in chiesa. I temperamenti come il mio sono più inclini a misurarsi col passato che a immaginare il futuro: non c’è dolo, in questo, non c’è vergogna, anche se a lungo mi è parsa una specie di iattura. È come nascere con gli occhi marroni invece che neri o azzurri: per certe cose si è come si è, e va bene in ogni caso.

Non mi piaceva del tutto, la vita di prima, mentre la stavo vivendo. E non sono così ipocrita, né così retorica (eppure io retorica lo sono eccome!) da dire che adesso ho cambiato idea. Ci sono cose, della mia vita di prima, che non mi mancano per niente. Cose che mi aspettano in agguato – lurking, si direbbe meglio in inglese – alla fine di questa castrata e castrante vita in pandemia, e da cui vorrei potermi fare scudo con un bel vaccino nuovo. Mi offrirei senza esitare come cavia, per un vaccino così.

La vita di prima, domani, sarà quella che sto vivendo adesso. E finirà che non ricorderò bene neanche questo. Neanche questo tempo singolare, fugace eppure denso come melassa, che ora mi sembra così peculiare e a buon diritto “memorabile”. Perché così è la vita: lei procede, inarrestabile. Indifferente o potentissima, a seconda di come ci piaccia definirla.

Il passato ci rotola sotto i piedi e diventa futuro prima ancora, a volte, di darci il tempo di viverlo.

È la vita di oggi, che dovrei mordere forte e senza riserve. Quella che domani diventerà la vita di prima.

16 Dicembre 2020 0 Commenti
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5 cose che spero di tornare a usare nel 2021

by Silvana Santo - Una mamma green 14 Dicembre 2020

Le mie amate scarpe ecologiche, il mio rossetto preferito, il Claddagh Ring che ho comprato a Galway un’estate (e una vita) fa. E soprattutto il mio amato zaino da viaggio. Ci sono un sacco di oggetti che ho smesso di utilizzare, o quasi, da quando ci troviamo nel mezzo della seconda ondata di questa interminabile pandemia. Ma che – bando alla scaramanzia! – confido con tutto il mio cuore di riprendere a usare intensamente nel corso del 2021. Più intensamente di prima, se possibile.

Che sia di buon auspicio per noi tutti, allora, questo piccolo ma accorato elenco delle 5 cose che spero di ricominciare a usare nel 2021.

1. Il rossetto

cose che spero di tornare a usare nel 2021

Chi mi conosce di persona sa quanto poco sia avvezza a truccarmi. Non mi piace “perdere tempo” a farlo e non sempre mi sento a mio agio col viso ornato dal make up. Eppure, negli ultimi tempi, avevo preso l’abitudine di mettere il rossetto, prassi che ho del tutto abbandonato da quando il mio sorriso si apre per lo più dietro una mascherina. Ma conto davvero di riprendere a usarlo, se non altro per stampare dei segni colorati sulle guance ancora così paffute (ma fino a quando, sigh?) di Davide e Flavia.

2. Gli anelli

Gli anelli sono stati tra i compagni più fedeli del mio ultimo decennio, al punto che uscire con le dita sguarnite mi faceva sentire quasi “meno vestita”. Sfoggiare i miei anelli preferiti, spesso acquistati come souvenir di un viaggio, mi rendeva orgogliosa dei progressi compiuti, anno dopo anno, in termini di autostima, perché per decenni, in passato, mi negavo di indossarli a causa delle mie mani tozze e delle mie unghie rosicchiate. Nell’ultimo anno, ahimè, il migliore amico delle mie ore fuori casa è diventato il gel disinfettante, per cui preferisco fare a meno degli anelli. Con grande rammarico, devo dire: ed è per questo che sono tra le cose che spero di tornare a usare nel 2021. Ma sul serio!

3. Le scarpe

scarpe minimaliste wildling shoes

Credits: Nora Tabel

Per quanto io adori restarmene in pantofole, e per quanto sia abituata a togliere le scarpe non appena varco la soglia di casa, confesso che avrei voglia, finalmente, di consumare un po’ le suole delle mie nuovissime Wildling Shoes, le scarpe minimaliste che fanno sentire i miei piedi liberi e a proprio agio (decisamente più di quanto non abbia potuto sentirmi libera e a mio agio io in questo folle 2020). Spero di tornare ben presto a calpestare l’erba secca dell’inverno e l’asfalto ribollente dell’estate. I ciottoli lucidi della Costiera Amalfitana, i lapilli polverosi del Vesuvio, gli antichi basoli di Pompei. Ma anche, proprio per strafare, i sampietrini dell’Appia Antica, le strisce pedonali di Abbey Road e, perché no, la Hollywood Walk of Fame di Los Angeles, che pure è una destinazione che non ho mai desiderato visitare (ma la verità è che dopo questo interminabile anno senza viaggi, le mie scarpe minimaliste e sostenibili le porterei a sgranchirsi pure sulla luna!).

4. Il passaporto

cose che non uso più nel 2020

Questa è facile, e anche un pochino scontata. Ho già scritto, a cuore aperto e senza vergogna, quanto disperatamente mi manchi viaggiare, e quanto sia cambiata in peggio la mia vita quotidiana da quando non posso più trascorrere il mio tempo libero organizzando e ideando i nostri viaggi di famiglia. Mi consolo pensando all’emozione pazzesca che proverò quando finalmente rimetterò piede su un aereo. Quando respirerò – e mai metafora è stata più calzante – l’aria di un posto completamente nuovo. E quando, per mettere di nuovo il naso fuori dall’Europa, dovrò tirare fuori il mio passaporto.

5. Le ciotoline di arachidi dell’aperitivo

Io amo gli stuzzichini. Da sempre. Da prima che diventassero popolari gli aperitivi, le apericene, gli aperitutto. Quando avevo vent’anni facevo pressione sui miei amici perché il sabato sera scegliessimo locali in cui servivano le cosiddette “stuzzicherie” di accompagnamento alla birra. Eppure, da quando conviviamo nostro malgrado col Covid, non riesco più ad attingere con leggerezza alle ciotole di salatini, arachidi e patatine (non è bastato questo a farmi dimagrire, anzi!) che ti portano con lo Spritz. Per quello mi auguro per me, e per tutti noi, un anno di noccioline mangiate a piene mani. Col sorriso, senza paura.

 

Post in collaborazione con Wildling Shoes, scarpe ecologiche e minimaliste per adulti e bambini

14 Dicembre 2020 1 Commenti
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Dicembre

by Silvana Santo - Una mamma green 3 Dicembre 2020

Dicembre è arrivato senza fare rumore. Ha portato con sé la pioggia che mancava da mesi, un grado in meno nella mia casa sempre troppo calda e qualche addizione temporanea alla quota già generosa di candele e lucine presenti normalmente nella piccola cucina in cui oramai si dipanano le nostre vite.

Dicembre è arrivato, troppo presto eppure in ritardo. Atteso con ardore dalla parte di me che desidera solo andare avanti veloce, mettere distanza tra sé e la disgrazia che si è abbattuta sul mondo da un tempo che è durato un anno appena e che sembra un’era geologica, perlomeno a me. E temuto con angoscia da un’altra parte di me. Quella che da quasi sempre soffre le festività di fine anno, lo specchio che le presentano implacabili e che le rimandano un’immagine in cui detesta fissare lo sguardo. Quella parte di me che da almeno vent’anni si salva da questo malessere senza scampo soltanto con una fuga programmata per dopo Natale.

Dicembre è arrivato, e ci ha trovati stanchi eppure ancora saldi, consapevoli in qualche modo che restare uniti è la sola cosa che in questo momento può tenerci a galla. Più che una famiglia, a volte sembriamo una squadra. Addestrati a fare quel che è necessario, affinati negli automatismi della cooperazione dai lunghi mesi di isolamento e reclusione. Una piccola cellula autarchica, cosa che nelle giornate buone mi sembra un vero miracolo e in quelle storte un mezzo abominio.

Ci ha trovati in trappola da mesi, a differenza di tanti che hanno potuto – o voluto in barba a ogni raccomandazione – mantenere degli sprazzi di normalità. A casa nostra, questo autunno tiepido e denso come melassa somiglia tantissimo alla primavera che nessuno di noi potrà mai dimenticare: niente scuola, niente amici, niente parchi, niente di niente. Solo che allora il senso di “universalità” della sciagura mi rendeva in qualche modo sopportabili la reclusione, l’isolamento, il disagio quotidiano affrontato da Davide e Flavia, mentre adesso non riesco più a liberarmi da una sensazione strisciante e cronica di bruciante ingiustizia. È più difficile accettare la solitudine, la clausura e l’immobilità, se senti che questo sacrificio viene condiviso solo da una parte minoritaria della popolazione. Rinunciare fa più male, se ti sembra che a farlo sia soltanto tu (e pochi altri “fessi” assieme a te).

Dicembre è arrivato, e sta scivolando via in un miscuglio indefinibile di tristezza e speranza, di magia e di frustrazione. Di aspettative e di paura per quello che verrà dopo. Dicembre è qui, e prova come tutti a fare il suo lavoro, con nuovi crismi e nuovi linguaggi.

Credere non è mai stato così difficile. Eppure non è mai stato così necessario.

3 Dicembre 2020 1 Commenti
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Se non capisco qualcosa, ve lo dico io

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Novembre 2020

Sono una donna e mastico di calcio. Ma anche di ciclismo, di basket, di Formula 1. Anche se negli anni mi sono allontanata dallo sport, sono cresciuta leggendo la Gazzetta, stracciando gli amici al Fantacalcio, snocciolando a memoria le formazioni di Serie A, il ranking mondiale di tennis, i Passi più celebri del Giro d’Italia.

Sono una donna e detesto guidare. Ma il codice della strada lo conosco bene, a scuola guida ero la migliore del mio corso.

Sono una donna e sono io, in casa, che appendo quadri, prendo misure, cambio batterie e azzardo piccole riparazioni. Sono io che, se andiamo a visitare un appartamento in vendita, mi informo con l’agente in fatto di materiali, consumi, dotazioni antisismiche. Perché sono io, nella coppia di cui faccio parte, a essere la più informata in fatto di edilizia e manutenzioni.

Sono una donna e, guarda un po’, ho imparato a leggere. A cinque anni. Particolarmente bene.

Sono una donna e non so nulla in materia di moda, di ginnastica artistica, di smalto semipermanente. Ma ho una laurea scientifica e trascorsi da grande amante della matematica. Sono una donna e sono appassionata di cose considerate “femminili” (le candele, gli oli essenziali, la narrativa) e di altre ritenute di pertinenza “maschile” (il whiskey, la birra, le serie fantasy). Perché, semplicemente, non esistono ambiti di competenza “per maschi e per femmine”, ma solo interessi e attitudini personali.

Sono una donna che comprende e conosce un sacco di cose, altrettante ne ignora e moltissime spera ancora di impararne. Come ogni donna e ogni uomo che cammini errante su questa Terra.
Sono una donna e non ho bisogno che un maschio mi spieghi necessariamente le cose, a meno che non sia io a richiederlo in modo esplicito. Che dia per scontato di dovermi aiutare a capire il fuorigioco, il motore ibrido, le classi di efficienza di una caldaia. Non ho bisogno che un maschio mi tratti con sufficienza e paternalismo, che mi guardi con un sorrisetto sarcastico mentre mi educe su argomenti di cui crede di saperne più di me solo in quanto maschio. E di cui, magari, sono in effetti più esperta di lui. Sono una donna e sogno un mondo libero dal “mansplaining”, dai “maschi che ci spiegano cose”, dando per certo che ne abbiamo bisogno. Perché non esistono limiti a quello di cui una “femmina” può essere interessata o esperta. Esattamente come per i maschi. Se non capisco qualcosa, state tranquilli, ve lo dico io.

*La bellissima illustrazione è della mia amica Elisabetta Bronzino “Minoma”, che ringrazio per aver tradotto in arte, con talento e grande efficacia, quello che le mie parole volevano esprimere.

27 Novembre 2020 0 Commenti
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Il senso che non c’è

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Novembre 2020

Dovevamo diventare migliori.

Più consapevoli. Più grati. Più altruisti.

Dovevamo diventare più empatici e – per usare una parola che ho imparato nei primi anni 2000 per l’esame di Ecologia e che adesso non sopporto perché si usa troppo e non sempre a proposito – più resilienti.

Ma come avremmo potuto, di fronte alla prova a cui siamo stati chiamati?

Ci siamo progressivamente schierati tutti contro tutti. Divisi in categorie – i genitori e i non-genitori, i giovani e i vecchi, i settentrionali e i meridionali, i responsabili e gli incoscienti, i dipendenti e le partite iva, gli insegnanti e tutti gli altri lavoratori – eppure soli, arroccati disperatamente nell’unico dolore che conosciamo, il nostro.

Siamo stati progressivamente travolti da un flusso ininterrotto e ridondante di informazioni, spesso contraddittorie, vaghe o semplicemente incomprensibili. A volte destinate a essere smentite, ridimensionate o corrette nel giro di poche ore o di pochi giorni. C’è chi ha finito col non sapere più a chi o a cosa credere.

Le nostre interazioni sono state affidate a mezzi aridi e spesso asincroni, fraintendibili e freddi. Basati su filtri che ci consentono di tirare fuori senza vergogna il peggio di noi, di additare il colpevole di turno, trincerati nel nostro anonimato informatico. Qualcuno si è abituato a urlare, tanti si sono ridotti a un silenzio difensivo e disarmato.

Siamo stati chiamati a prendere decisioni terribili. A vivere con il peso di responsabilità schiaccianti. A farci medici dei nostri genitori anziani, a diventare insegnanti, allenatori e psichiatri dei nostri figli piccoli. A scegliere il male minore tra due prospettive a volte disarmanti, a decidere con quale paura o con quale senso di colpa convivere, sapendo peraltro che qualsiasi scelta ci tirerà comunque addosso critiche, allusioni e commenti.

Abbiamo distillato lentamente il veleno della nostra frustrazione, inchiodati alle differenze che ci affliggono da ben prima del fantomatico “paziente zero”. Abbiamo stilato l’aberrante classifica dei privilegiati tra i privilegiati, facendo a gara per stabilire chi se la stia passando peggio e chi abbia più diritto a lamentarsi.

Forse poteva andare solo nel modo in cui è andata. O magari stiamo pagando un prezzo altissimo a causa di errori che potevano essere evitati. Io non lo so, ho smesso di chiedermelo molto tempo fa perché in fondo non ha alcuna importanza.

Vorrei solo trovare un senso a questa roba faticosa che è diventata la vita, ma forse è troppo presto. O più probabilmente, non esiste alcun senso: siamo solo animali, dopo tutto, in balia di meccanismi naturali più grandi di noi.

24 Novembre 2020 2 Commenti
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regali di natale online senza amazon
abbigliamento sostenibilelife

Guida green ai regali di Natale online (senza Amazon)

by Silvana Santo - Una mamma green 11 Novembre 2020

Quest’anno, ci scommetto, anche molti irriducibili dovranno ripiegare sui regali di Natale online. Niente code e lunghe attese, niente assembramenti, niente mascherine, autocertificazioni o problemi di sorta (io confesso di essermi convertita già da molti anni!). Ma se non volete fare i vostri acquisti natalizi su Amazon o altri colossi del mercato online, e preferite invece premiare attività di respiro artigianale, vi consiglio 8 siti tutti al femminile, perfetti per i vostri regali di Natale online “Amazon free”. Tra giocattoli, abbigliamento, grafica, candele e accessori, troverete davvero spunti perfetti per tutti. Ricordatevi solo di ordinare le vostre strenne con un congruo anticipo, perché le creazioni artigianali, ovviamente, richiedono tempi diversi e consentono volumi produttivi inferiori rispetto alle filiere industriali.

Ecco, allora, i miei suggerimenti per i vostri regali di Natale online, ma senza Amazon.

1. Un ritratto o un disegno personalizzato di Minoma

regali di natale online

Elisabetta può trasformare una vostra foto in un ritratto, in un disegno o una caricatura, con il suo stile inconfondibile, contemporaneo e graffiante. Opere da incorniciare, da regalare, da condividere o semplicemente appendere alle pareti di casa. Ma può anche realizzare bomboniere personalizzate, lavori di grafica e mille altre piccole grandi meraviglie.

Per vedere i suoi lavori e farvi catturare dal suo talento, seguite il suo profilo Instagram.

2. Candele artigianali ed essenze naturali di Ceraunabolla

regali di natale online senza amazon

Quelle realizzate a mano da Sara e Marika non sono delle semplici “candele profumate”. Sono delle vere e proprie esperienze sensoriali, viaggi olfattivi che rimandano a luoghi speciali ed evocativi. E sono super green, realizzate con cera di soia biologica ed essenze completamente naturali. Oltre alle candele, proposte in diverse collezioni e taglie, sul loro shop trovate, per i vostri regali di Natale online, profumatori per ambienti e tessuti, incensi, saponi e tarte per i bruciatori.

Questo è il loro shop, ma cercatele anche su Instagram, hanno un profilo semplicemente pazzesco.

3. Una borraccia personalizzata di Elegrafica

regali di natale online green

Sono ecosostenibili, sono pratiche e sono soprattutto bellissime. Le borracce personalizzate da Elena di Elegrafica sono perfetti regali di Natale online. Potete scegliere il vostro design preferito, richiedere l’aggiunta del nome, oppure optare per il modello termico, perfetto per le calde bevande invernali, ma anche per le scampagnate estive che, si spera, potremo fare finalmente in libertà nei prossimi mesi.

Per scegliere la vostra borraccia, date un’occhiata al profilo Etsy di Elena. E seguitela anche su Instagram!

4. Un gioiello sostenibile di Vivere a piedi nudi

regali online alternative ad amazon

Materiali di recupero, carte coloratissime, ispirazioni esotiche e una sensibilità artistica davvero unica. Ho conosciuto virtualmente Laura di Vivere a Piedi Nudi durante il lockdown di primavera, quando ho acquistato una sua creazione nell’ambito di un progetto di solidarietà a sostegno della Protezione Civile. Sono rimasta completamente conquistata dal suo gusto, dal suo talento e dalla filosofia alle spalle dei suoi piccoli capolavori.

La trovate (anche) su Etsy.

5. Regali di Natale online: calendario di Burabacio

regali di natale alternativi online

Scommetto che tutti siamo ansiosi di gettarci alle spalle questo 2020 infernale. Un calendario del prossimo anno, oppure una fantastica agenda 2021, mi sembra un ottimo regalo di Natale da acquistare online, di buon auspicio per chi lo fa e per chi lo riceve. Se poi è una delle coloratissime creazioni di Sabrina, in arte Burabacio, il successo è garantito, speriamo anche in senso apotropaico! Nel suo shop online, che molti di voi conosceranno già, trovate anche irresistibili quaderni attività per grandi e piccini, e molto altro ancora.

Ecco il link alla Burabottega.

6. Un giocattolo green di Atomic Baby

regali online per natale

Non è un’artigiana, ma di giocattoli sostenibili e altri articoli di qualità è una vera autorità! Per i più piccini, il perfetto regalo di Natale online lo trovate da Atomic Baby, l’atomico e-commerce di Sara, che sceglie personalmente giochi green educativi, stimolanti e originali, realizzati con criteri etici e artigianali da tante aziende diverse. Sul suo sito trovate anche abbigliamento organico, cosmesi bio e tante idee innovative e di sicuro successo per i vostri regali online (natalizi e non solo).

Qui trovate il link ad Atomic Baby, ma vi consiglio di seguire Sara anche su Instagram! 

7. Una borsa in gomma riciclata fatta a mano da Manufabrika

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Il regalo di Natale perfetto, secondo me, è green e allo stesso tempo fichissimo! Manufabrika non è una semplice artigiana, ma un’artista che recupera camere d’aria usate e altri materiali di recupero trasformandoli in borse, sacche e pochette di un gusto contemporaneo che personalmente trovo irresistibile. Sul suo profilo trovate anche gioielli e altri accessori realizzati con il stesso approccio green e non convenzionale: regali di Natale online di sicuro successo.

Seguitela su Instagram! 

8. Un abito artigianale di La Bottega Blu

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Non si resiste alle creazioni di Daniela. Semplicemente. Tessuti di qualità, una sapiente lavorazione artigianale, la ricerca del dettaglio e uno stile delicato e di carattere, senza tempo. Tra maglie e camicie, gonne, abiti e accessori delle diverse collezioni, troverete il perfetto regalo di Natale online per amiche, mamme, sorelle etc. O magari per voi stesse!

Questo è il sito di La Bottega Blu, rifatevi gli occhi! 

 

Foto di copertina © Monika Stawowy

11 Novembre 2020 3 Commenti
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come non impazzire covid
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Covid 19: promemoria per non impazzire nella seconda ondata

by Silvana Santo - Una mamma green 9 Novembre 2020

Nella mia terra, per certi versi, questa “seconda ondata” della pandemia di Covid 19 è di fatto la prima. Nella passata, funesta, primavera – grazie al caso prima e al prolungato lockdown dopo – il virus non era arrivato a circolare in modo significativo nel territorio in cui abito, né in gran parte del sud Italia. Adesso, purtroppo, sta andando diversamente. Tutti noi conosciamo di persona qualcuno che è stato contagiato, quasi tutti abbiamo già dovuto sottoporci a un qualche tipo di test, e il “virus” è da settimane il principale, se non l’unico, argomento di conversazione. Mi sono resa conto di trovarmi in grande difficoltà emotiva e psicologica, più ancora che ad aprile. Allora ho provato a stilare un piccolo promemoria che spero possa aiutarmi a non “impazzire” in questa seconda ondata. E che condivido volentieri con voi (sperando di essere in grado di prestarvi fede!).

Primo: contagiarsi non è una colpa

O perlomeno, di solito non lo è. Conosco persone che rispettavano pedissequamente e con zelo le norme di distanziamento, protezione e igiene personale. Eppure, purtroppo, sono state infettate comunque. Il Covid 19 è molto contagioso, a volte non sono sufficienti nemmeno le precauzioni più accorte. Ovviamente, ciò non toglie che in qualche caso la propagazione del virus avvenga a causa di comportamenti irresponsabili, e che dobbiamo sempre cercare di proteggere noi stessi e gli altri nel modo migliore possibile, ed evitare atteggiamenti incauti.

Corollario: se contagi qualcuno, non sei un mostro

Il senso di colpa e l’ansia possono lacerarti se ti succede di contagiare qualcuno, oppure se hai timore di averlo fatto, magari senza alcun elemento concreto per pensarlo davvero. Ma la verità è che, se hai utilizzato ogni precauzione possibile, se sei stato attento e prudente, non puoi tormentarti per aver involontariamente veicolato l’infezione ad altri.

Secondo: il vero “nemico” è il virus

Le istituzioni avrebbero potuto fare di più per limitare la diffusione dell’epidemia? Alcune persone si comportano in modo troppo superficiale? I negazionisti contribuiscono a peggiorare la situazione? Il governo cinese avrebbe potuto diffondere informazioni più precise e tempestive? Forse sì. Probabilmente sì. Ma la colpa di quello che succedendo, ammesso che di “colpa” si possa parlare, resta del virus (che poi anch’esso, a ben vedere, non ha una volontà di infierire né una intrinseca perfidia, ma si comporta semplicemente come è programmato per fare). Cercare colpevoli aiuta forse a incanalare la rabbia,

Corollario: gli altri esseri umani non sono un pericolo

Qualche tempo fa mi trovavo con i miei figli in un parco cittadino. Era un orario poco affollato, e passeggiavamo nella zona più “naturale” e isolata del parco, per cui eravamo di fatto completamente soli. A un certo punto si sono avvicinati dei ragazzini (peraltro tutti provvisti di regolare mascherina) e Flavia mi ha detto allarmata: “Guarda, mamma: delle persone!”. Ho capito che esiste il rischio concreto che finiamo inconsciamente col ritenere i nostri simili un potenziale pericolo, dei “nemici” dai quali guardarsi. È una prospettiva davvero angosciante, per quanto mi riguarda. Proviamo a sorridere con lo sguardo al passante che incrociamo, a salutare chi ci precede nella fila alle casse, a non indagare gli altri con lo sguardo, per vedere se indossano correttamente la mascherina o se si toccano i capelli senza pensarci.

Terzo: non dobbiamo guardarci, purtroppo, solo dal Covid

Qualche giorno fa sono andata a correre in una zona isolata e periferica, in un orario “deserto”. Ho pensato che fosse la soluzione più sensata dal punto di vista della prevenzione del contagio, e probabilmente avevo ragione. Ma non avevo messo in conto quello che poi è accaduto: mi sono sentita insicura per la presenza di personaggi un po’ “loschi”, per il degrado attorno a me e per la totale solitudine, tanto da cambiare itinerario e rientrare a casa in anticipo. Si tratta solo di un esempio, forse neanche tanto calzante, per dire che l’attenzione nei confronti del Covid 19 non deve farci abbassare la guardia rispetto ad altri pericoli. Qualche esempio?? Palpiamoci il seno regolarmente, cerchiamo di mantenerci “in forma”, di non fumare o bere troppo (sigh!), di non mangiare troppo male.

Quarto: non parliamo sempre della stessa cosa

Questo 2020 è l’anno del Covid, certo. Ma la vita scorre più forte dell’epidemia. Ci sono bambini che nascono, amori che sbocciano, figli che crescono. Esperienze che meriterebbero la nostra attenzione ma a cui spesso non riusciamo più a dare importanza, travolti e angosciati dalla convivenza con il virus (io, per esempio, ho comprato la lavastoviglie: vi pare poco?).

Corollario: non dimentichiamoci di vivere

Lo avevo già scritto, a primavera. Anche se non sempre sono riuscita a mantenere la parola. Questi mesi ineffabili non ci verranno scontati dal computo complessivo di quelli “andati”. Nessun arbitro sancirà un lungo recupero per compensare il tempo che la pandemia ci ha preso senza chiedere il permesso. Ci tocca vivere a fondo ogni giorno, anche se non possiamo viaggiare, uscire, mangiare fuori o incontrare gli amici. Perché la vita che non viviamo oggi, sarà perduta per sempre.

9 Novembre 2020 2 Commenti
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carico mentale
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Sopraffatte dal carico mentale

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Novembre 2020

Se vi chiedessi quanto condividete coi vostri compagni la fatica quotidiana di badare alla casa e di accudire i figli, cosa mi rispondereste? Molte di voi, in assoluta buona fede, direbbero che nella propria famiglia tutto viene diviso “al 50 e 50”, e che anche i propri compagni si occupano di cucinare, pulire la casa, fare la spesa, cambiare pannolini e mettere a letto i bimbi. Benissimo. Ma se vi chiedessi quanto sono coinvolti i padri nell’organizzazione del quotidiano, quanto sopportano con voi il carico mentale estenuante che c’è dietro la gestione di una famiglia, allora che cosa mi rispondereste? Chi tiene i rapporti con il pediatra, chi si ricorda di prenotare le vaccinazioni e poi tiene a mente gli appuntamenti? Chi dialoga “quotidianamente” con insegnanti e rappresentanti di classe, chi tiene i rapporti con gli amichetti e i loro genitori? Chi si occupa di comprare i regali quando si viene invitati a un compleanno, chi fa caso al corredo scolastico mancante, chi è che si rende conto che è quasi ora di fare il cambio di stagione, e di integrare eventualmente il guardaroba dei bambini? Se la risposta è “entrambi allo stesso modo”, fidatevi: siete parte – per merito, per caso o per fortuna, poco importa – di quella sparuta minoranza di famiglie in cui non solo il lavoro “materiale”, ma anche quello “gestionale” e logistico viene ripartito equamente tra padre e madre.

Lo chiamano “carico mentale”, appunto, e a volte è così pesante da diventare una zavorra insostenibile, che ti schiaccia fino a toglierti il fiato e la lucidità. Per me, più che altro, è come una folla di voci che mi si accavallano dentro la testa, una quantità di informazioni sovrapposte su cui il mio cervello non riesce a mantenere il controllo o a stabilire delle gerarchie di priorità. E che sembrano fuggire nel vento come post-it attaccati malamente a una bacheca troppo affollata. È una sensazione fisica, proprio. La sensazione di una mole di dati che trabocca incontenibile dal mio cranio, che frana verso il basso e minaccia in ogni istante di seppellirmi.

Per anni, anche a casa nostra, il carico mentale era decisamente sbilanciato a mio sfavore. Lo schema, di solito, era sempre lo stesso: cominciavo una qualsiasi attività – un articolo da consegnare, una lavatrice, la lista della spesa, la fattura per un cliente – e mi ricordavo all’improvviso di altre scadenze, responsabilità, incombenze improcrastinabili in attesa da troppo tempo. E così, magari, lasciavo in sospeso ciò che stavo facendo per dedicarmi a quella che, nel caos, mi pareva in quel momento la questione più urgente (per esempio: scrivere al pediatra per programmare finalmente il controllo), ma nel frattempo pensavo già agli zaini per la palestra da preparare, al bollo auto scaduto la settimana precedente, ai quaderni nuovi che andavano tassativamente comprati entro sera, alle pappe per il gatto da ordinare con urgenza. Alla fine, spesso e volentieri, mi ritrovavo sfinita. Sopraffatta dalla mole insostenibile di responsabilità, di scadenze da tenere a mente, di imprevisti da fronteggiare. E non riuscivo a fare al meglio nessuna delle cose tra le quali mi sarei dovuta barcamenare.

Non è solo una questione di organizzazione o di metodo. Più semplicemente, a volte quello che ci viene richiesto (magari anche da noi stesse) è davvero troppo. “I pensieri”, li chiamava mia nonna – a volte vorrei avere un pensatoio come Albus Silente, per alleggerire il peso che grava sulla mia testa. In realtà si chiama carico mentale, ma è lo stesso. E quello che accade è che spesso e volentieri questo carico non sia distribuito in modo equo nella coppia genitoriale, ma finisca col ricadere principalmente sulle madri (e sulle donne in genere, perché vale anche per esempio per chi ha genitori anziani da accudire).

Ma non esiste alcuna ragione biologica per cui debba spettare alle donne il compito di tenere le fila di “quel che c’è da fare”. I padri, e i maschi in generale, non sono al mondo per fare “il braccio armato”, gli esecutori materiali di istruzioni impartite dalle proprie compagne. Quello che ci condanna a questa iniqua spartizione della fatica e dello stress è solo un pregiudizio. Un retaggio culturale che poteva funzionare, forse, quando le donne lavoravano “soltanto” dentro casa, ma che adesso è un modello obsoleto, inefficace e totalmente ingiusto.

La coppia di cui faccio parte, dopo un periodo davvero critico per la sottoscritta, sta tentando da tempo di imparare a dividersi il carico mentale più alla pari. È un processo lungo e complesso, che ha comportato (e ancora causerà) discussioni, contrasti e incomprensioni. Notti trascorse a parlare, accessi di rabbia, fatica. Sofferenza. Perché anche se chi sta “dall’altra parte”ha tutta la buona fede del mondo, non è facile e non è immediato cambiare visione e abitudini nel profondo. Rendersi conto di quello che bisogna provare a modificare. Ma per quanto tempo ed energie richiederà, riuscire nell’impresa di redistribuire il carico mentale è una sfida irrinunciabile, una conquista cruciale per il benessere della nostra famiglia. E sono certa che sia così anche nelle case di molti di voi.

*La bellissima illustrazione è della mia amica Elisabetta Bronzino “Minoma”, che ringrazio per aver tradotto in arte, con talento e grande efficacia, quello che le mie parole volevano esprimere.

5 Novembre 2020 7 Commenti
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bomboniere solidali battesimo
life

Una cura per tutti, con le bomboniere solidali di Medici Senza Frontiere

by Silvana Santo - Una mamma green 29 Ottobre 2020

La pandemia ce lo ha ricordato una volta di più, in modo prepotente e drammatico: dal punto di vista dell’accesso a cure mediche, farmaci, ospedali e diagnosi, non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo le stesse possibilità. E, soprattutto, l’emergenza che sta tornando a mordere in modo sempre più feroce ci sta facendo in qualche modo capire cosa significhi vivere senza la certezza di terapie adeguate e disponibili per tutti. Quello che nella parte di mondo meno “fortunata” è di fatto la norma, anche per malattie che a noi, per fortuna, fanno molta meno paura del Covid 19. Non è una colpa, naturalmente, essere nati nati nel posto “giusto” e godere del diritto alla salute e alla cura, ma non è neanche un merito. E possiamo fare tanto per dare una mano a chi, altrettanto incolpevole, non ha avuto questo privilegio.

Fa tanto, per esempio, Medici Senza Frontiere, che ogni giorno presta il proprio servizio per curare, in tutto il mondo, migliaia di persone colpite da conflitti, epidemie, catastrofi naturali o escluse dall’assistenza sanitaria. Anche da quando è scoppiata la pandemia di Covid 19. Interventi umanitari che vengono finanziati al 100% da donazioni private, per garantire all’organizzazione la totale indipendenza e neutralità. Per ogni euro raccolto, Medici Senza Frontiere destina 81 centesimi ai suoi progetti in oltre 70 Paesi del mondo: vaccinazioni, interventi, diagnosi, medicinali. E, in questo difficile 2020, guanti, mascherine e altri dispositivi di protezione che possono davvero fare la differenza nella lotta al Coronavirus. Il resto dei fondi raccolti viene impiegato, sempre con la massima trasparenza, per finanziare la raccolta di ulteriori fondi e la gestione dell’organizzazione.

bomboniere solidali
Un modo semplice e concreto con cui tutti possiamo contribuire al lavoro di Medici Senza Frontiere consiste nella scelta di bomboniere solidali per tutti gli eventi importanti, le ricorrenze familiari e le celebrazioni. In questo modo, le persone che amiamo possono ricevere un ricordo simbolico e adorabile, un segno tangibile del nostro affetto e della nostra gratitudine nei loro confronti. E, allo stesso tempo, noi possiamo contribuire, con un piccolo investimento, a “portare” medici, farmaci, diagnosi e terapie adeguate laddove, altrimenti, ci sarebbero solo paura e solitudine.

Nella bottega solidale di Medici Senza Frontiere sono disponibili ricordi e bomboniere di tanti tipi e perfette per celebrare ogni occasione importante. Come le deliziose bomboniere solidali battesimo a forma di aeroplanino che vedete nelle foto di questo post, e che io mi sono divertita a montare con Davide e Flavia. Una scelta che è anche sostenibile, visto che le bomboniere solidali di Medici Senza Frontiere sono realizzate con materiali rinnovabili ed ecofriendly.

bomboniere battesimo medici senza frontiere

Vi ricordo infine che le bomboniere solidali, come tutte le donazioni a Medici Senza Frontiere, possono essere detratte o dedotte dalla dichiarazione dei redditi.

29 Ottobre 2020 0 Commenti
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Alle madri che non hanno i superpoteri

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Ottobre 2020

Alle madri che ogni giorno corrono, pensano, fanno, inventano e si reinventano. Alle madri che a volte hanno la sensazione di non farcela, ma che alla fine vanno avanti con risorse che nemmeno pensavano di avere. Alle madri che non hanno paura di sbagliare, perché sono semplicemente umane. Alle madri che danno il massimo in ogni momento, ma che non si sentono delle supereroine, io dico soltanto: non siete sole. Tutte noi ogni tanto abbiamo bisogno di qualcosa in più. Di qualche ora di tempo extra, un po’ più di equità, un po’ di silenzio in più. Di pazienza. Di empatia. E tutte le madri, ogni tanto, hanno bisogno di una batteria di riserva, di un piccolo surplus di energia, di forza, di protezione. A volte per affrontare la vita frenetica e i mille impegni quotidiani può servire ogni tanto una integrazione di Vitamina C. E la stessa esigenza può presentarsi per i loro figli, soprattutto in periodi di particolare stress o fatica. La Vitamina C è una sostanza fondamentale per il benessere dell’organismo, coinvolta ad esempio nella produzione del collagene e nella riparazione dei tessuti, costituendo inoltre un sostegno delle difese immunitarie. Non proprio un superpotere, insomma, ma un aiuto prezioso, in grado di esercitare un’azione tonificante e antiossidante sull’organismo.

vitamina c per bambini

Quando è necessario integrare l’apporto di Vitamina C nell’organismo, si può scegliere un prodotto completamente naturale, in grado di essere assorbito più in fretta dall’organismo ed eliminato più lentamente, garantendo una maggiore biodisponibilità (fino al 48% in più) rispetto alla Vitamina C di sintesi. I laboratori farmaceutici Arkopharma hanno creato un integratore di vitamina C di origine 100% vegetale, privo di qualsiasi ingrediente di sintesi. La fonte di vitamina C di Arkovital Acerola 1000 è l’Acerola (Malpighia glabra), una pianta originaria del centro e sud America che produce frutti simili alle ciliegie, con una concentrazione di vitamina C fino a 50 volte superiore a quella contenuta nell’arancia.

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Arkovital Acerola 1000 può essere utile per ritrovare energia e ridurre la stanchezza, per sostenere le difese immunitarie e contrastare la carenza di Vitamina C, anche nei soggetti fumatori. Può essere utilizzata da adulti e adolescenti (a partire dai 15 anni la dose consigliata è di una compressa al giorno), ma anche dai bambini a partire dai 6 anni (mezza compressa masticabile al giorno, anche se ha un sapore così gradevole che Davide vorrebbe volentieri prenderne di più!). Perché le mamme non possono avere i superpoteri, ma a volte possono contare su un aiuto in più.

Voi avete mai utilizzato un integratore di Vitamina C? Vi è stato di aiuto? Avete optato per un prodotto di origine sintetica o vegetale? Raccontatemi la vostra esperienza, se vi va, nei commenti o sulla mia pagina Facebook.

Post in collaborazione con Arkopharma

27 Ottobre 2020 3 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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