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abbigliamento sostenibilepost sponsorizzati

Perché scegliere abbigliamento organico per bambini (Botanica Boo)

by Silvana Santo - Una mamma green 16 Aprile 2019

Da qualche tempo sto cercando di rendere più sostenibile il mio guardaroba, facendo meno acquisti ed evitando il cosiddetto fast fashion. Per Davide e Flavia, la mia strategia si basa sul riciclare il più possibile e comprare il minimo indispensabile, puntando, quando gli acquisti sono inevitabili, all’abbigliamento organico per bambini. Una scelta non sempre facile o economicamente fattibile, vista anche la provenienza quasi sempre straniera dei capi in fibre biologiche. Per questo vi parlo con piacere di un nuovissimo marchio tutto italiano di abbigliamento organico per bambini, che si chiama Botanica Boo e che è stato lanciato da una donna davvero in gamba, che peraltro conosco personalmente (e che è a sua volta una mamma). E approfitto di questa occasione per dirvi quali sono le ragioni per cui secondo me, è una buona idea scegliere abbigliamento organico per bambini.

1. Perché è amico dell’ambiente

L’abbigliamento organico per bambini è prodotto con fibre naturali realizzate a partire da coltivazione biologiche: niente pesticidi né concimi sintetici, ma anche un ridotto consumo idrico e, più in generale, una filiera più attenta all’ambiente, a cominciare dalle tinte usate per colorare la stoffa. Il cotone usato da Botanica Boo, in particolare, è italiano e rigorosamente certificati GOTS (Global Organic Textile Standard), lo standard internazionale per i tessuti biologici.

abbigliamento cotone organico per bambini botanica boo

2. Perché è sicuro (e comodo) per i bambini

Scegliere abbigliamento organico per bambini significa essere certi che la loro pelle verrà a contatto solo con tessuti naturali, privi di qualsiasi residuo sintetico e di tinte nocive. Scegliere il cotone biologico (come la lana, la canapa, il lino, etc) vuol dire inoltre garantire loro tutto il confort delle fibre naturali, morbide, traspiranti, comode in qualsiasi stagione. Il cotone organico di Botanica Boo è particolarmente soffice, ideale fin dalle prime settimane di vita.

3. L’abbigliamento organico per bambini è etico

La filiera dei tessuti biologici è attenta anche ai diritti dei lavoratori. Lo standard GOTS, con cui è certificato l’abbigliamento organico per bambini (inclusi tutti i capi della collezione Botanica Boo) garantisce condizioni rispettose per i lavoratori dell’intera filiera tessile, a cominciare dalla coltivazione e dalla raccolta del cotone e delle altre fibre.

4. Perché Botanica Boo è bello e made in Italy!

La maggior parte dei brand di abbigliamento organico per bambini proviene dal nord Europa o da oltreoceano. Una caratteristica che non incide soltanto sulla difficile reperibilità dei prodotti (e spesso sul loro costo!), ma anche sullo stile e sul gusto generale con cui le collezioni vengono concepite: colori decisi, fantasie grafiche, design no-gender. Personalmente, devo ammettere che non disdegno affatto lo stile nordico, ma non tutti la pensano così. I capi di Botanica Boo, che oltre a essere prodotti in Italia sono anche concepiti e disegnati nel nostro paese, con uno stile che richiama in modo dichiarato il gusto e la sensibilità italiani in fatto di moda. Un gusto noto nel mondo e apprezzato da decenni, che finalmente è disponibile anche nel settore dell’abbigliamento organico per bambini.

cotone organico botanica boo

5. Perché ha un prezzo giusto

Inutile girarci intorno: l’abbigliamento sostenibile per bambini non può costare quanto la moda economica della grande distribuzione. La qualità si paga, si paga l’attenzione alla sostenibilità, si pagano la durevolezza e il rispetto dei diritti di chi lavora nella filiera del tessile. Detto questo, scegliere su capi prodotti in Italia da un marchio giovane significa poter acquistare a costi ragionevoli, che assicurano un ottimo rapporto tra prezzo e qualità. Niente a che fare con le felpe a 9 euro e 99 centesimi, necessariamente, ma neanche cifre proibitive!

E se volete toccare con mano la qualità made in Italy di Botanica Boo, ho un piccolo regalo per voi: un codice sconto esclusivo del 20% UMG20, che potete utilizzare per i vostri acquisti sul sito botanicaboo.com entro il prossimo 30 giugno 2019.

Post in collaborazione con Botanica Boo, azienda italiana di abbigliamento organico e sostenibile per bambini a vocazione artigianale. La collezione Primavera Estate nasce in un giardino immaginario dove la natura e i suoi abitanti diventano l’ispirazione per colori, stampe floreali e dettagli iconici. Info e shop su botanicaboo.com.

abbigliamento organico per bambini

16 Aprile 2019 2 Commenti
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abbigliamento sostenibile low cost
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Abbigliamento sostenibile, la mia strategia low cost in 10 punti

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Dicembre 2018

La moda non è mai stata una mia passione, e ho sempre cercato di limitare i miei acquisti al necessario. In fatto di abbigliamento sostenibile, però, non sono sempre stata molto attenta. Negli ultimi mesi, complice un cambio di taglia e la necessità di rimpiazzare abiti logorati da gravidanze e lunghi allattamenti, ho deciso di rendere più consapevole il mio guardaroba, cercando però delle soluzioni low cost. Ecco, in 10 punti , la mia strategia per un abbigliamento sostenibile low cost.

1. Prima strategia: pochi acquisti mirati

La cosa fondamentale, nella transizione verso un abbigliamento sostenibile, consiste nell’abituarsi ad acquistare poco, e solo quando è davvero necessario. Entrare nell’ottica che non occorre avere due paia di stivali neri nell’armadio, o cinque maglioni nelle tonalità del grigio. Che prima di comprare un cappotto o l’ennesimo jeans, sia importante chiedersi: mi serve davvero? Non è semplice, anche perché le lusinghe del fast fashion, coi suoi capi accattivanti in vendita per pochi spiccioli, sono davvero irresistibili. Ma una maggiore morigeratezza è la soluzione principale per una maggiore sostenibilità. Comprare meno, inoltre, permette di comprare “meglio”, concendendosi acquisti di maggiore qualità. Meglio un solo maglione di pura lana destinato a essere indossato per dieci o vent’anni, che cinque capi sintetici che finiranno nella spazzatura nel giro di un paio di stagioni.

2. Studiare il guardaroba

Acquistare meno significa anche studiare bene il proprio guardaroba, rendendolo essenziale e versatile. Io non sono affatto esperta di moda e abbinamenti, ma la mia strategia low cost per un abbigliamento più sostenibile è partita, specie per la stagione invernale, dalla definizione di un guardaroba minimal con pezzi tutti abbinabili tra loro. Partendo dai colori base di pantaloni e gonne (denim e blu, nero, grigio, marrone, vinaccia/bordeaux) ho selezionato poche maglie e cardigan di colori utilizzabili con la maggior parte dei “sotto”: rosa polvere, verde smeraldo, cammello, nero, bianco sporco, blu, viola. La consapevolezza di poter abbinare facilmente i miei vestiti sarà il discrimine fondamentale per tutti i miei prossimi acquisti.

3. Abbigliamento per bambini: riciclare a tutta forza

Per i bambini, che crescono a vista d’occhio, cambiando taglia dopo appena una stagione, e che devono potersi sporcare, correre e arrampicarsi senza l’ansia di rovinare i vestiti, trovo che la soluzione più efficace per un abbigliamento sostenibile consista nel riciclo spietato. Noi siamo molto fortunati, perché Flavia e Davide ereditano a ogni cambio di stagione il guardaroba delle cugine più grandi e del figlio di amici. A mia volta, quando è il momento di dismettere i vestiti dei bambini, li passo ad amiche con figli più piccoli dei miei, oppure a un centro di raccolta della mia zona. Quando si tratta di fare acquisti, confesso di rivolgermi comunque alla grande distribuzione, ma cerco di scegliere le linee low cost più “sostenibili” (tipo H&M conscious o ), prodotte in particolare con cotone organico.

cora happywear abbigliamento naturale

4. Abbigliamento sostenibile: materie prime naturali

Per quanto riguarda l’abbigliamento estivo, avevo già progressivamente abbandonato le fibre sintetiche, che trovo del tutto inutilizzabili: sudore, cattivi odori (che magari ricompaiono subito dopo il lavaggio), pruriti e via. In estate solo cotone e lino (questo con moderazione, dal momento che a casa mia non si stira!), meglio se provenienti dalla filiera biologica. Capita ancora di acquistare qualche abito sintetico, magari realizzato con fibre riciclate, ma solo se mi sembra che siano capi relativamente traspiranti, e comunque destinati a un uso non intensivo e nemmeno quotidiano. Per quanto riguarda la maglieria autunnale e invernale, la mia strategia per un abbigliamento sostenibile consiste nell’abbandono del sintetico, che fa sudare ma non scalda a sufficienza, che ha una durata relativa e una scarsa resistenza ai lavaggi. La lana, per quanto mi riguarda, è la risposta. Una lana che possibilmente sia cruelty free (mulesing free, ovvero ottenuta senza la pratica molto dolorosa dello scuoiamento perianale delle pecore) e ancora meglio se organica. Una scelta costosa, certo, ma che può diventare low cost grazie agli accorgimenti che vi racconto più avanti.

5. Intimo biologico

Per quanto riguarda la biancheria intima (slip, reggiseni, maglie intime), oltre che acquistare solo capi in 100% cotone, mi sono orientata da tempo sul biologico. Da quest’anno, ho puntato sul bio anche per le calzamaglie di Flavia, che in estate, a causa dei collant, ha sofferto di dermatite nella zona dietro le ginocchia. Da quando sono passata al cotone organico la situazione è drasticamente migliorata.

abbigliamento intimo sostenibile

6. Abbigliamento sostenibile low cost: usato e vintage

Per la prima volta, nei giorni scorsi, ho acquistato dei capi usati su Depop, scoperto grazie alla dritta della mia amica Sabina di The Swinging Mom. Si tratta di un’app (ma c’è anche il sito web) nato proprio per lo swap e la compravendita di capi usati, di buona qualità ma anche della grande distribuzione. Grazie alle recensioni per venditori e acquirenti, è possibile stare abbastanza tranquilli, la mia prima esperienza è stata davvero positiva. Il mio consiglio è quello di fare ricerche mirate, utilizzando i filtri che l’app consente di applicare. Naturalmente, vale anche la regola di saccheggiare gli armadi di mamme, zie e nonne, oltre che mercatini e negozietti vintage. Il mio guardaroba, già da qualche anno, include una giacca di montone appartenuta a mia madre negli anni ’80, un paio di piccole borse di cuoio sempre sue e una di cui sono particolarmente orgogliosa, acquistata su una bancarella di Portobello Road tanto tempo fa.

7. Scarpe, borse e giacche: no all’usa e getta

Uno dei limiti più importanti del mio vecchio guardaroba low cost era la scarsa durevolezza degli indumenti e degli accessori. Da qualche anno mi sto sforzando di resistere agli acquisti impulsivi e a basso costo, puntando a pochi pezzi che siano però di buona qualità, a prescindere dal brand più o meno blasonato. Per le calzature, in particolare, non essendo vegana, non ho problemi ad acquistare scarpe e stivali in pelle, che riesco poi a sfruttare per molti anni. La filosofia si basa sempre sull’evitare il più possibile il superfluo: non mi servono tre borse nere, se ho già un paio di sandali flat marroni nella scarpiera, non sto a comprarne degli altri.

ABBIGLIAMENTO SOSTENIBILE SCARPE

8. Moda sostenibile: come risparmiare

Diciamo che per acquistare abbigliamento sostenibile senza spendere troppo, bisogna investire un po’ di tempo e di pazienza alla ricerca di affari e sconti. Vale naturalmente il consiglio di approfittare di saldi e promozioni particolari, tipo Black Friday. Se avete vicino un outlet multimarca vale la pena provare a cercare qualcosa lì, soprattutto se vestite una taglia non molto richieste. Anche su Amazon, se non siete tra quelli che lo boicottano, è possibile trovare offerte a tempo particolarmente convenienti (io ho comprato di recente una blusa del marchio sostenibile svedese Filippa K pagandola meno di 30 euro). Infine, se avete le necessarie competenze tecniche potete puntare senza dubbio sull’autoproduzione: niente è più sostenibile del fai da te.

9. Abbigliamento sostenibile: marchi e siti

La premessa è che io non sono certo una fashion addict e che pertanto non sono esperta in fatto di marchi e siti in cui fare acquisti. Però sono felice di condividere con voi l’esito delle ricerche che ho fatto nelle ultime settimane. Per quanto riguarda l’abbigliamento sostenibile ed etico (materiali naturali, filiera organica, cruelty free etc) potete dare un’occhiata a Twothirds (coi saldi e col preordine si possono fare buoni affari, e la spedizione è gratuita), Altramoda (consigliato in particolare per intimo e lana merinos, anche qui ci sono offerte periodiche molto interessanti), Altromercato (io sono riuscita a prendere dei vestiti nella sezione outlet per pochi spiccioli), Zalando sostenibile, Cora Happywear, Filippa K, People Tree, Komodo, Dale of Norway e molto altro ancora. Anche i marchi Patagonia e Fjallraven, specializzati in abbigliamento outdoor, hanno politiche di sostenibilità molto apprezzabili (guardate su Snowinn e su SportOkay potete fare buoni affari). Vi segnalo inoltre il brand svedese Happy Socks, che produce calzini colorati, intimo e costumi, e che di solito propone sconti interessanti per il black friday. Per i bambini, esistono molti marchi, specie nord europei, che producono abbigliamento in cotone organico e lana merinos. Non sempre è facile trovarli a prezzi abbordabili, specie considerando la spedizione in Italia, ma con un po’ di impegno si possono fare buoni affari: io vi consiglio di seguire il sito Atomic Baby per abbigliamento per bambini piccoli (Frugi, Maxomorra, Duns e molto altro) e quello di Bimbiallaria per lana merinos e capi outdoor. Per le calzature sono meno ferrata, ma ho appena scoperto, grazie a una collaborazione professionale, il marchio Wildling Shoes, che mi ha sinceramente colpito per la comodità delle scarpe e la qualità altissima dei materiali. Per quanto riguarda l’usato per i bimbi, vi consiglio i negozi Baby Bazar (in passato ho utilizzato anche il sito Armadio Verde).

lana sostenibile

Naturalmente, questo post non è neanche lontanamente da considerarsi esaustivo. Anzi, vi chiedo di condividere dritte, siti, marchi e soluzioni in tema di moda etica e sostenibile, soprattutto se low cost!

10 Dicembre 2018 7 Commenti
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8 gesti quotidiani per diventare più green

by Silvana Santo - Una mamma green 23 Novembre 2018

Gli equilibri climatici sono saltati, con conseguenze spesso catastrofiche. l’inquinamento non fa che peggiorare, i rifiuti sono un problema sempre più pressante. La questione ambientale è un fenomeno globale. Eppure, la risposta ai mali della Terra non può venire solo dalle grandi scelte politiche, ma anche e soprattutto dalle buone pratiche quotidiane che tutti possiamo mettere in atto, a cominciare dalla nostra casa. Spesso bastano piccoli gesti, accorgimenti semplici che però possono fare la differenza. Io ne ho individuati 8, ma voi potete continuare la lista!

1. Abbassare il termostato

Il riscaldamento è una fonte importante di inquinamento in ambiente urbano, oltre al fatto di consumare combustibili fossili che contribuiscono al cambiamento climatico su scala globale. Non tutti ne sono al corrente, ma la normativa italiana e quella comunitaria prevedono che la temperatura interna delle case, in inverno, non superi la media di 20 gradi centigradi (con due gradi di tolleranza). Se avvertite “freddo”, perché magari passate molte ore seduti al computer come me, basta indossare un maglione in più, oppure coprirsi con un bel plaid di lana.

2. Smettere di stirare

Un modo semplice per risparmiare energia elettrica, che per giunta permette di guadagnare tempo e risparmiarsi quella che per la maggior parte della gente rappresenta una colossale seccatura. In un altro post vi ho già raccontato quali sono i miei trucchi per smettere di stirare, a cominciare dalla scelta di uno stendino ad hoc come il quadro magico Giotto Magic, che consente di stendere il bucato (dentro o fuori casa) in maniera tale da minimizzare la necessità della stiratura.

giotto magic stendino salvaspazio

3. Usare pile ricaricabili

Tra i giochi dei bambini, le mie candele a Led e i walkie tolkie di Davide, in casa nostra si fa un grande uso di batterie. Ho risolto con un piccolo investimento in pile ricaribili e una comoda stazione di ricarica (io ho scelto quella di Ikea con 12 alloggiamenti). E naturalmente, giunte a fine vita, le batterie finiscono nella differenziata.

4. Usare la coppetta mestruale o gli assorbenti lavabili

Rinunciare per sempre agli assorbenti usa e getta significa non solo evitare di produrre chili e chili di rifiuti non riciclabili, ma anche risparmiare materie prime, acqua, energia e sostanze inquinanti necessarie per la produzione dei prodotti monouso. Oltre a questo, la comodità e la salubrità della coppetta e degli assorbenti lavabili sono insuperabili. Se volete più informazioni sulla coppetta mestruale potete leggere questo post.

 

5. Rinunciare all’asciugatrice

L’asciugatrice è sempre più diffusa nelle case italiane, e mi rendo conto che in determinate condizioni climatiche può risultare davvero una comodità. Però vi garantisco, per esperienza personale, che se ne può fare tranquillamente a meno, se non altro alle latitudini a cui vivo io (Napoli). Un aiuto concreto può venire anche in questo caso da Giotto Magic, lo stendino richiudibile progettato per accelerare i tempi di asciugatura del bucato, anche in casa e anche in notturna. Se ritenete di non poter fare a meno dell’asciugatrice, optate comunque per un modello a basso consumo energetico.

6. Bere acqua di rubinetto

Fate caso alla quantità di bottiglie di plastica che gettate ogni settimana nella differenziata, e moltiplicatela idealmente per tutte le famiglie italiane: una vera e propria montagna di spazzatura, che per quanto sia riciclabile ha comunque un impatto notevole sull’ambiente. Per evitarne a monte la produzione, basta bere acqua di rubinetto, che, salvo situazioni particolari, è potabile e controllata. Se non gradite il sapore, o la trovate troppo calcarea, potete dotarvi di filtri o di caraffe filtranti per renderla più gradevole (e più dolce). E per i bambini, prendete l’abitudine di tenere in borsa una borraccia di alluminio: vedrete quante bottigline di plastica (e quanti soldi!) riuscirete a risparmiare in un anno.

acqua di rubinetto

7. Usare detergenti ecologici

I detersivi ecologici, così come i detergenti per l’igiene personale e i cosmetici ecobio, sono più “gentili” con l’ambiente, sia in fase di produzione che di smaltimento. E sono di norma meno aggressivi per la pelle, per le mucose e più in generale per l’organismo. Con qualche accorgimento – scegliere marchi made in Italy, puntare su confezioni maxi e ridurre le quantità di prodotto usato – rappresentano anche una svolta economica, oltre che ecologica. Se volete qualche consiglio per eliminare l’ammorbidente sintetico, in questo post trovate delle alternative green che, per la mia esperienza, sono anche più “gentili” con il bucato, e permettono di limitare il ricorso al ferro da stiro (specie se per stendere si usa un supporto ad hoc come Giotto Magic).

8. Fare acquisti consapevoli

Le nostre scelte di consumo sono fondamentali per ridurre l’impatto quotidiano della nostra vita sull’ambiente. Ogni volta che scegliete un prodotto da acquistare, interrogatevi sulla sua sostenibilità, provando a privilegiare i prodotti artigianali, quelli durevoli, il biologico, il chilometro zero etc. Ogni passo nella direzione della sostenibilità è un contributo prezioso per il futuro dei nostri figli.

Voi cosa fate per rendere la vostra vita quotidiana più green? Mi date qualche altro spunto?

Post in collaborazione con Giotto Magic, il “quadro magico” bello, funzionale e personalizzabile che permette di stendere il bucato in qualsiasi ambiente della casa. Grazie al suo esclusivo design, Giotto Magic accorcia i tempi di asciugatura ed evita la formazione di pieghe e grinze, permettendo di risparmiare tempo ed energia (no ad asciugatrice e ferro da stiro).

Per voi che mi leggete, è attivo il codice 2018mammagreen, che vale 20 euro di sconto sugli Starter Kit da 145 e 155 euro. Sul sito Giotto Magic, comunque, trovate anche una nuova versione base di colore bianco che costa 80 euro.

23 Novembre 2018 2 Commenti
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Usato per bambini: 3 consigli per non correre rischi

by Silvana Santo - Una mamma green 20 Luglio 2018

L’usato per bambini sicuro e controllato è una strategia eccellente per risparmiare o, viceversa, ricavare qualche soldino da oggetti che non ci servono più. È il modo migliore per liberare spazio in casa e per allungare la vita di indumenti, giocattoli e altro, facendo tra l’altro un grande favore all’ambiente. (In questo post avevo raccontato quali sono secondo me le 5 ragioni per cui amare l’usato per bambini). Per non correre rischi ed evitare brutte sorprese, però, è raccomandabile adottare qualche accorgimento per fare in modo che la scelta dell’usato per bambini si riveli sicura e soddisfacente per chi acquista ma anche per chi vende.

Alla luce della mia recente esperienza con i negozi di usato per bambini Baby Bazar, ecco i miei tre consigli per non correre rischi.

1. Usato per bambini sicuro: scegliere un intermediario affidabile

La rete pullula di vetrine più o meno regolamentate per la vendita e l’acquisto di usato per bambini. Ma non sempre le regole sono chiare. Di solito, inoltre, non esiste alcuna garanzia imparziale sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti in vendita, né è possibile valutare la merce prima dell’acquisto. L’incontro tra domanda e offerta, inoltre, può essere difficile al punto da compromettere la riuscita dell’affare. Scegliere un intermediario di esperienza e affidabilità può essere la soluzione per evitare qualsiasi tipo di problema. Nei punti vendita Baby Bazar, per esempio, si può sempre contare su personale qualificato che passa al vaglio la merce con grande rigore, ne verifica integrità, funzionalità, pulizia e rispetto degli standard di sicurezza, e stabilisce un prezzo in linea con il mercato. In questo modo, chi acquista ha la certezza di scegliere un prodotto sicuro e funzionante, e di pagarlo il giusto. Chi vende, d’altro canto, ha la certezza di offrire i propri articoli a un prezzo adeguato e nella stagione ideale, garantendosi quindi luna maggiore possibilità di concludere la compravendita.

usato per bambini sicuro

2. Fare attenzione alla privacy

Aprirsi al mercato dell’usato per bambini significa in qualche modo aprire anche la propria casa ai potenziali acquirenti, che di norma sono degli sconosciuti. Oppure mettere i propri dati personali (indirizzo fisico e mail, numero di telefono etc) sul web, alla mercé di chiunque. Poter contare su un luogo “neutrale” per la vendita, che funzioni in qualche modo da filtro tra venditore e compratore permette di evitare qualsiasi preoccupazione da questo punto di vista. I negozi Baby Bazar rappresentano una soluzione molto comoda e sicura per tutti: gli oggetti da vendere vengono portati in negozio ed esposti in bella mostra, e i potenziali acquirenti hanno la possibilità di visionarli e selezionarli come in un qualsiasi negozio di articoli per l’infanzia. Lo shop online rappresenta una ulteriore opportunità per riuscire a fare incontrare domanda e offerta. Senza stress e senza rischi per nessuno.

usato per bambini sicuro come sceglierlo

3. Evitare sprechi di tempo

Seguire la vendita di usato per bambini può diventare un grande impegno in termini di tempo e di energie. Scattare fotografie, preparare le eventuali inserzioni online, gestire le telefonate e gli appuntamenti dei potenziali acquirenti. Affidare il lavoro a intermediari esperti e affidabili, come gli addetti dei punti vendita Baby Bazar, permette di affrontare la questione con la massima semplicità e senza alcuno sforzo, risparmiando tempo e risorse. Avere a disposizione il proprio “consulente di vendita”, con la possibilità aggiuntiva di seguire le vendite online in qualsiasi momento direttamente da casa, grazie all’area personale del sito che permette appunto di monitorare la vendita dei propri articoli e il credito maturato.

usato per bambini sicuro baby bazar

Usato per bambini sicuro Baby Bazar

Io sono molto soddisfatta di come stanno procedendo i miei affari al negozio Baby Bazar di Santa Maria Capua Vetere (CE). Da quando mi sono recata presso il punto vendita per consegnare i miei oggetti usati, non ho più avuto bisogno di tornarci fisicamente, seguendo invece l’esito delle vendite nella mia area personale del sito Baby Bazar (accessibile grazie alla scheda che ho ricevuto in negozio). Ho già maturato un po’ di credito, che presto andrò a riscuotere, approfittando magari per lasciare in vendita qualche altro articolo. Provateci anche voi, e fatemi sapere come va!

Post in collaborazione con Baby Bazar

20 Luglio 2018 0 Commenti
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Usato per bambini: cinque ragioni per amarlo

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Giugno 2018

Comprare usato per bambini, oppure vendere ad altre famiglie quello che ai propri figli non serve più, può essere una soluzione davvero vantaggiosa per tanti motivi. Io, che sono reduce da un’esperienza di vendita (e di acquisto!) presso uno dei punti vendita Baby Bazar – la più grande realtà italiana nel settore dei negozi di usato per bambini -, ne ho trovati ben cinque.

1. L’usato per bambini è conveniente

E lo è sia per chi compra che per chi decide di vendere. Nei loro primi anni di vita, i nostri figli si lasciano dietro una quantità di oggetti – indumenti, giocattoli, libri, puericultura leggera e pesante – quasi o del tutto nuovi, per un valore complessivo di molte centinaia di euro (a voler fare una stima decisamente ottimistica). Risparmiare, acquistando usato per bambini sicuro e controllato, è un’idea molto saggia, così come lo è quella di racimolare qualche soldino rivendendo le cose che sono ancora in perfetto stato. L’importante, però, è affidarsi a canali sicuri e affidabili come la rete di negozi di usato per bambini Baby Bazar.

usato per bambini baby bazar

2. L’usato per bambini è sostenibile

Costruire giocattoli, carrozzine, seggiolini auto, sdraiette e tricicli ha un impatto sull’ambiente. Tessere pagliaccetti, body e completini ha un impatto sull’ambiente. Gettarli via, per giunta usati magari per un pugno di settimane, ha un impatto sull’ambiente. Allungare il ciclo di vita degli oggetti appartenuti ai nostri figli è un modo perfetto per ridurre l’impatto ambientale. Una scelta ecologica e sostenibile. Una scelta intelligente.

3. L’usato per bambini è divertente

Avete mai provato a vendere le cose che non servono più a vostro figlio e racimolare qualche soldino? Oppure a fare affari d’oro in un negozio di usato per bambini, risparmiando un sacco e comprando un prodotto di qualità, sicuro e perfettamente funzionante? In entrambi i casi, la soddisfazione è assicurata, ed è davvero enorme. Per evitare brutte sorprese, però, è importante rivolgersi a intermediari esperti e affidabili, che diano garanzie e supporto a chi compra e a chi vende. Come i negozi Baby Bazar, in cui tutti gli articoli vengono sottoposti a un rigoroso processo di selezione, perché arrivino sugli scaffali solo se sono perfettamente funzionanti, puliti e come nuovi (o davvero nuovi, col cartellino originale ancora attaccato!).

baby bazar usato per bambini

4. L’usato per bambini è etico

Perché dà la possibilità a tante famiglie di scegliere quello che desiderano per il loro bambino a costi accessibili. Nei punti vendita Baby Bazar, l’usato per bambini è etico due volte, perché gli oggetti rimasti invenduti per un certo tempo vengono, col consenso del proprietario, donati ad associazioni di beneficenza presenti sul territorio.

5. L’usato per bambini è a km zero

In tempi di shopping online e globalizzazione spinta, è rivoluzionario fare acquisti a chilometri zero, dando una nuova vita a oggetti che sono appartenuti a una famiglia del nostro stesso territorio. Il senso di Baby Bazar, con tanti punti vendita dislocati sul territorio nazionale, è anche questo.

usato per bambini

Come funziona la vendita di usato per bambini con Baby Bazar

Vendere qualcosa in un negozio di usato Baby Bazar è molto semplice: basta selezionare gli oggetti e verificare che siano in perfetto stato, funzionanti e puliti, portarli in negozio e sottoporli al vaglio degli addetti alle vendite, che con occhio esperto ne controlleranno le condizioni, ne valuteranno la corretta stagionalità (le vendite seguono appunto una logica stagionale, per favorire l’incontro tra domanda e offerta) e ne stabiliranno il prezzo di vendita adeguato, di solito pari a circa la metà del valore dell’articolo nuovo. A questo punto, si riceve una card personale con un pin che permette, attraverso l’area registrata sul sito di Baby Bazar, di seguire da casa il destino degli oggetti in vendita. Gli articoli restano esposti sugli scaffali per un periodo di due mesi, oltre il quale il loro prezzo viene scontato ulteriormente. Quello che resta invenduto anche dopo il terzo mese, viene infine dato in beneficenza (solo l’abbigliamento viene devoluto direttamente dopo 60 giorni). Il venditore ha diritto alla metà del ricavato, da ritirare in negozio, in contanti, a partire da 15 giorni dopo la vendita ed entro un anno dalla stessa.

Io ho messo in vendita diversi oggetti appartenuti a Davide e Flavia, nel giro di un paio di giorni c’è già stata la prima vendita e ora sono in trepida attesa delle successive, che sto monitorando da casa con la mia card personale.

E per gli acquisti?

L’esperienza di acquisto che ho fatto nel Baby Bazar di Santa Maria Capua Vetere (CE) è stata davvero piacevole e del tutto simile – in fatto di qualità della merce, spazi espositivi, cortesia e competenza degli addetti – a quella di un classico negozio di prodotti per bambini. L’unica differenza? Il prezzo! Io ho comprato dei libri come nuovi, esposti in uno scaffale ordinato e di facile consultazione. Li ho pagati pochi spiccioli, che per una famiglia di lettori seriali come la mia, è davvero una ottima notizia. La cosa che ho gradito di più è stata la disponibilità del personale, che con la sua esperienza e scrupolosità rappresenta una garanzia per tutti i clienti. E per chi preferisse fare acquisti da casa, è sempre disponibile il negozio online di Baby Bazar. Nei punti vendita si trovano anche detergenti, creme solari (rigorosamente nuovi) abbigliamento premaman e articoli per il puerperio.

Vi aggiornerò presto sui miei affari d’oro, voi magari, intanto, provate!

Post in collaborazione con Baby Bazar

usato per bambini negozi

27 Giugno 2018 2 Commenti
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Il senso di Flavia per la moda

by Silvana Santo - Una mamma green 28 Maggio 2018

Quello che vorrei io per lei: un abbigliamento morbido al tatto, pratico, un abbigliamento naturale per bambini. Davvero “per bambini”, comodo e funzionale. Di facile gestione. Un abbigliamento moderno, di stile metropolitano o magari di gusto minimal (che in effetti sono le cose che piacciono a me). Quello che vorrebbe mia figlia per sé: un abbigliamento iper-femminile, vistoso e vezzoso. Fiocchi, glitter, applicazioni, gattini e cuccioli a profusione. Collant, gonne e tulle. Il tutto, possibilmente, in nuances che variano dal rosa al fucsia, passando per tutte le infinite sfumature del lilla, del glicine e del pesca.

Abbigliamento naturale o… total pink?

Il senso di Flavia per la moda è distante anni luce dal mio, e probabilmente è fisiologico che sia così. È normale che lei, dall’alto dei suoi tre anni, non si preoccupi di abbigliamento naturale per bambini o tessuti organici (e neanche dei programmi della lavatrice), di made in Italy e certificazioni, ma voglia solo sentirsi bellissima ed elegante. Sempre e comunque. Ed è normale, credo, che io rivendichi il diritto di sottrarla dal sintetico cinese e dai colori che stingono, al di là di quelli che sono i miei opinabili gusti estetici in fatto di moda per bambini. E per adulti.

abbigliamento naturale bambini cora

Abbigliamento naturale: compromessi inevitabili

Non ero molto preparata, a questa precoce disputa sulla scelta quotidiana dell’outfit (si dice così, vero?) filiale. Davide è sempre stato molto accondiscendente, da questo punto di vista. Amante dei colori vivaci e, lui sì, dei tessuti morbidi al tatto, degli indumenti soffici, leggeri e comodi. Tutto sua madre, non c’è che dire. Con sua sorella, invece, si finisce per dover mediare, non tanto per ragioni puramente estetiche, com’è ovvio, quanto per la salubrità e praticità di quello che vorrebbe indossare tutti i giorni. Spesso è faticoso, e ogni tanto è frustrante, lo confesso. Finisce che a volte impongo il mio punto di vista su tagli pratici e abbigliamento naturale, o che, se le concedo quello che vuole, ci troviamo a dover gestire la crisi da “mi si è rotto il collant in giardino” o “la gonna di raso si incastra nell’altalena del parco giochi”. O peggio “la maglia rosa shocking in poliestere mi fa prudere dappertutto”. È un esercizio interessante di mediazione e di compromesso, mi obbliga a chiedermi di continuo se le mie istanze siano davvero così importanti, o se non siano questioni di principio su cui soprassedere un po’ più spesso. La risposta, forse, non è poi così difficile: in tema di qualità e salubrità dei tessuti, si fa come dice mamma. In tema di estetica e abbinamenti (sic) Flavia dovrebbe avere carta bianca. E per quanto riguarda la tipologia di indumenti e la loro praticità, si cerca il compromesso ogni giorno. Il massimo, però, è quando io e lei siamo in totale accordo. Non capita spesso, ma quando succede è davvero la pace dei sensi.

abbigliamento naturale per bambini

Abbigliamento naturale per bambini

È successo con le t-shirt bellissime del marchio di abbigliamento naturale Cora Happywear che vedete in queste foto. Flavia le ha amate al primo sguardo per le stampe divertenti e “animalesche” e io le adoro non solo per la confortevolezza dei tessuti, ma per la loro qualità e sostenibilità: fibre naturali (cotone organico, bambù, viscosa di eucalipto, legno di faggio, lana rigenerata), stampe normate con colori a base di acqua , nessun trattamento chimico per abbellire i capi finiti e un ciclo produttivo a basso impatto ambientale. Morbide al tatto (per la somma gioia anche di Davide), facili da lavare, anallergiche e non irritanti. E bellissime, secondo me e anche secondo la piccola fashion addict di famiglia. Cora Happywear è un marchio bolzanino di abbigliamento naturale per bambini e per adulti che ha fatto della produzione sostenibile e delle materie prime pregiate il suo marchio di fabbrica. Ed è stato fondato da una mamma, che grazie alla sua azienda riesce a conciliare lavoro e famiglia. Date un’occhiata al sito, vi piacerà!

abbigliamento naturale ed ecologico per bambini

Post in collaborazione con Cora Happywear, abbigliamento naturale per bambini.

28 Maggio 2018 2 Commenti
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Confessioni di una mamma svampita

by Silvana Santo - Una mamma green 19 Maggio 2017

Nel corso della mia vita ho fatto sempre fatica a dimenticare certe cose: un amico, un viaggio, un’emozione. Tendo a perdonare i torti, in qualche modo, ma purtroppo, spesso, non riesco a dimenticarli. Sono anche un po’ maniaca del controllo, come se non bastasse: cerco di compensare il caos che regna dentro di me tenendo il più possibile ordinata la mia vita “di fuori”. Le scadenze, la scrivania, la dispensa, il computer.

Però sono una mamma, e una donna, parecchio svampita. Perdo le cose, da sempre. Finisco col dover rifare la carta d’identità almeno due volte l’anno, e ormai quando spariscono le chiavi di casa aspetto almeno una settimana prima di pensare di cambiare la serratura. Tanto so che prima o poi spuntano fuori da sole, all’improvviso. Quando andavo al liceo ho perso il libro di Biologia nel tragitto dalla stazione ferroviaria alla scuola. Ce l’avevo in mano: non sono mai riuscita a capire che fine abbia fatto. E poi non ho la minima memoria fotografica. Sono capace di cominciare a guardare un film e di accorgermi dopo solo mezz’ora che in realtà l’ho già visto in precedenza. E di non riconoscere persone che magari ho frequentato per anni, prima di perderle di vista.

stikets etichetteSono cervellotica e pesante sulle cose “serie”, tanto quanto sono distratta e svampita in quelle che in qualche modo percepisco come “relative”. Sulla proprietà degli oggetti, in modo particolare: i miei cellulari, non a caso sempre scadenti e molto economici, superano raramente l’anno e mezzo di vita. Se ne contano di smarriti, rubati, disintegrati e persino annegati: nel mare, nella birra e nelle bolle di sapone. E se un giorno dovessi divorziare, penso che sarebbe soprattutto a causa della poca attenzione che presto al conservare i soldi. Non nel senso che ne spendo troppi, anzi: intendo dire che li butto nella borsa senza attenzione e senza criterio. Mea culpa.

Ho iniziato un’agenda, quest’anno. Per la settecentesima volta nella mia vita. Ma cerco di usarla con più costanza delle altre volte, perché ora che sono anche più impegnata e più stanca di qualche anno fa (nonché più, ehm, anziana…) ho davvero bisogno di appuntare le cose, di non perdere i pezzi. E siccome due volte su tre non mi accorgo che i miei figli tornano a casa dall’asilo con zaini non loro, personalizzare le loro cose con delle coloratissime etichette personalizzate Stikets mi è sembrata una soluzione molto utile per una mamma svampita come me. Con la speranza, tra l’altro, di insegnare loro ad aver più cura delle piccole cose rispetto a quanto riesca a fare la madre distratta che si ritrovano. E ricordare ai miei figli una volta di più che le etichette termoadesive sono perfette per le t-shirt e quelle adesive per i quaderni, gli astucci e finanche per le scarpe, ma non dovrebbero mai, per nessuna ragione, essere appiccicate alle persone.

Peccato solo di non potermi etichettare il cervello. Qualche volta, davvero, mi sarebbe di grande aiuto.

Post in collaborazione con Stikets.it, che produce etichette adesive personalizzate ideali per contrassegnare il materiale scolastico, ma anche zaini, indumenti, giocattoli, calzature etc. Disponibili anche braccialetti identificativi e targhette per valigie. Spedizione gratis a partire da 12 euro di spesa.

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19 Maggio 2017 1 Commenti
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come smettere di stirare

Cinque ottime scuse per smettere di stirare (più una)

by Silvana Santo - Una mamma green 9 Febbraio 2014

Quella di smettere di stirare non è stata una decisione vera e propria. Semplicemente, è successo che la cesta dei panni freschi di bucato rimanesse intonsa per giorni – causa mancanza di tempo, di voglia e di energia – fino a che uno dei tre bipedi della casa non si trovasse ad aver bisogno proprio di uno quegli indumenti non ancora stirati. E allora, che ci vuoi fare, via con quei jeans un po’ stropicciati (“Che dici, se lo tendo bene con le mani prima di metterlo, si nota proprio che non è stirato?”) o con quella maglia leggermente sgualcita (“Tanto mi si stira addosso, vedrai”). Pigiami, magliette e dolcevita “nessuno li vede perché si indossano sempre sotto qualcos’altro”. Lenzuola, tovaglie e copripiumini “si sistemano da soli una volta messi sul letto/tavolo”. Maglie intime e asciugamani chi li ha mai stirati e i panni di Davide “si stropicciano (e si impataccano) dopo 3 minuti che li ha indosso, quindi perché darsi tanta pena?”.

E così, di dimenticanza in giustificazione, l’abitudine di stirare – mai radicata, per la verità –  è andata definitivamente in archivio. Tanto che adesso neanche li metto più nella cesta, i panni appena lavati. Restano le camicie, certo, ma in casa nostra si usano di rado. Il resto del mondo, tra l’altro, nemmeno si è accorto dell’ammutinamento, o almeno, che poi è quello che conta, ha finto di non notare nulla.

Dall’alto della mia fortuita esperienza, dunque, vi dico: se anche voi avete voglia di emancipare voi stessi dalla schiavitù del vapore. Se sognate da anni di spezzare i ferri (da stiro) che vi incatenano, se all’acqua distillata preferite il distillato di mele annurche, avete bisogno soltanto di una buona tecnica di stenditura del bucato e di qualche scusa pronta* per smettere di stirare. Che io mi sono permessa di preparare per voi.

1. Smettere di stirare: la scusa ecologista

“Così riduco le emissioni e non contribuisco forzatamente al naturale aumento di entropia dell’universo”. Per la serie: essere green è ancora più bello quando ti fornisce la scusa per vivere più semplicemente.

2. Smettere di stirare: la scusa maternage

“Non voglio sottrarre tempo prezioso a mio figlio”.
Come a dire: sono un’ottima madre, non una pessima casalinga.

3. Smettere di stirare: la scusa tu-sbagli-candeggio

“La stiratura rovina i tessuti”.
Ovvero l’arte della dialettica: sei TU che stiri, e non io che non lo faccio, ad essere approssimativa in fatto di cura della casa. (Del resto, provateci voi a farvi arroventare da una piastra metallica incandescente… Non sarebbe giunta l’ora di istituire il “Fronte internazionale per la liberazione delle fibre tessili dalle ustioni da ferro da stiro”?).

4. Smettere di stirare: la scusa suffragette

“Stirare offende la memoria delle donne che hanno dato la vita in nome della parità tra i sessi”.
… disse lei innalzando il fulgido vessillo della camicia stropicciata.

5. Smettere di stirare: la scusa Mario Draghi

“Preferisco risparmiare sull’energia elettrica e avere più risorse per combattere la crisi”.
Più grinze nella biancheria, più gira l’economia.

E se proprio dovreste trovarvi a corto di giustificazioni plausibili, il mio consiglio è di fare appello all’immaginazione, citando fantomatiche guru della moda plissettata o rocambolesche corse all’inseguimento del tram come causa delle infami sgualciture. L’importante, ricordate, è non fare una piega.

*Scusa bonus per gattari DOC: “Il ferro da stiro rovente costituisce un pericolo potenzialmente mortale per il mio gatto” (da aggiungere alla lista delle cose che uno fa per il proprio felino adorato. Senza il minimo sacrificio, in questo caso).

9 Febbraio 2014 28 Commenti
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abbigliamento sostenibilerimedi naturali

Percarbonato, la risposta naturale contro le macchie

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Dicembre 2013

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Quando Elio ha scritto la sua indimenticabile Silos, ne sono sicura, pensava a un neonato. Non aveva idea di cosa fosse il percarbonato, ma è, per forza, a un adorabile cucciolo d’uomo che stava pensando. La quantità di secrezioni, escrezioni e deiezioni prodotte quotidianamente da un bambino piccolo è incredibile: sostanze di ogni colore, odore e consistenza – ma tutte parimenti immonde – fuoriescono di continuo da ogni orifizio corporeo della sudicia creatura, dai pori, dai suoi occhi e finanche dal cuoio capelluto. A qualunque ora del giorno e della notte, sette giorni su sette, la produzione di sostanze viscide, appiccicose e maleodoranti è in funzione. E, inevitabilmente, queste scorie nauseabonde finiscono con l’imbrattare lui (quel piccolo silos tutto ciccia e mossettine), voi, i suoi e i vostri vestiti, la biancheria, i mobili, le pareti, le porte e le finestre, il gatto, le vostre scarpe, i soffitti, eccetera eccetera. Un tripudio di schifezze, un’esplosione di rifiuti organici, una Nagasaki di spazzatura semiliquida. Un neonato, in sostanza, è una minuscola fabbrica di lordura semovente, un generatore casuale di macchie e patacche, un orgoglioso produttore di sozzume.

Molte madri, e le capisco, affrontano questa esperienza per quello che è: una guerra senza esclusione di colpi. E si difendono dall’ondata di lerciume con un arsenale chimico da fare invidia all’Iran di Ahmadinejad: disinfettanti, detersivi, sgrassatori, ammorbidenti, disincrostanti e, soprattutto lui, l’arma segreta contro la chiazza ostinata: lo smacchiatore. In spray, gel o in monodosi, l’alleato preferito di chi ha a che fare con un piccolo produttore compulsivo di macchie. Il problema di questi prodotti è che, in realtà, invece di pulire, sporcano. Sporcano le acque di scarico, inquinando l’ambiente.

Gli smacchiatori industriali, infatti, contengono sostanze chimiche dannose, allergizzanti e potenzialmente tossiche, a cominciare dai cosiddetti sbiancanti ottici o azzurranti che, come dice il nome, più che “sciogliere” le macchie, le rendono pressoché invisibili all’occhio umano, coprendole con una patina che modifica le proprietà riflettenti del tessuto (per legge, la presenza di sbiancanti ottici nei detersivi deve essere chiaramente indicata in etichetta). In pratica, voi pensate di esservi disfatti di quel grumo secco di vomito e bava, ma in realtà lo avete soltanto camuffato alla meno peggio. Anche i tensioattivi di derivazione petrolifera di solito contenuti all’interno di smacchiatori e altri detergenti sono inquinanti e irritanti, mentre i profumi – quel tanto piacevole quanto sintetico “odore” di bebè che piace tanto ai più – possono provocare fastidiose allergie, soprattutto in bambini e neonati.

Come fare allora, per non soccombere nel mare di macchie e schifezze puteolenti? Una risposta naturale ed ecologica è rappresentata dal percarbonato di sodio, una polvere bianca, reperibile a basso costo (intorno ai 7 euro al chilo) nei negozi di prodotti ecologici, in molte farmacie e in numerosi shop online, con proprietà smacchianti, sbiancanti e igienizzanti già a basse temperature. Un cucchiaio di percarbonato può essere aggiunto al detersivo per lavatrice, liquido o in polvere, per smacchiare capi bianchi e colorati. La stessa quantità, diluita in acqua tiepida, è sufficiente per l’ammollo di indumenti particolarmente zozzi (per i colorati, meglio non prolungare il tempo di ammollo oltre i 60 minuti), oppure, inserita nell’apposita vaschetta della lavatrice, per effettuare il prelavaggio. Le macchie più ostinate possono essere trattate direttamente con un po’ di polvere, che può essere usata, seguendo le indicazioni riportate sulla confezione, anche per la pulizia di piatti e stoviglie (insieme al detersivo).

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10 Dicembre 2013 6 Commenti
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abbigliamento sostenibilerimedi naturali

Ammorbidente? Meglio l’acido citrico, per i bambini e per l’ambiente

by Silvana Santo - Una mamma green 16 Settembre 2013

ammorbidente2La pelle dei bambini è morbida e liscia. Si arrossa, si irrita, si “sgualcisce” anche solo a guardarla troppo. Comprendo bene, quindi, da dove arrivi la tentazione di avvolgere i neonati nel più soffice dei tessuti, e dunque la tendenza a usare – o abusare – ogni sorta di ammorbidenti per il bucato. Ma se il marketing dei vari morbidello-sofficissimo-profumoso ci promette fibre talmente soffici da essere degne finanche della Principessa sul pisello, quello che la pubblicità (la réclame, direbbe la mia defunta nonna) si guarda bene dal dirci è che gli ammorbidenti sono prodotti molto inquinanti e potenzialmente pericolosi, per tante ragioni diverse. Intanto, non è vero che facciano così bene ai tessuti: creando una sorta di film grasso intorno agli indumenti, finiscono alla lunga con lo “sporcarli”, riducendo l’efficacia dei lavaggi e accelerando il processo di ingrigimento e obsolescenza delle fibre. Un po’ come il botulino, che se lì per lì ti fa sembrare strafiga e giovanissima, dopo qualche tempo ti trasforma in una brutta copia della copia di cera di Nicole Kidman esposta al Madame Tussauds.

Poi, inquinano l’acqua, perché contengono derivati petroliferi e altri componenti di scarsa biodegradabilità che, dallo scarico della nostra lavatrice, finiscono dritti dritti nel mare, nello stesso mare dove i nostri figli sguazzeranno paperella-muniti l’estate prossima. Come se non bastasse, l’ammorbidente per il bucato è potenzialmente allergizzante, soprattutto per i bambini, dal momento che di solito contiene profumo (a questo proposito, vi rivelo un segreto: il pulito NON ha odore!) e perché la “patina” che crea sugli indumenti finisce direttamente a contatto con la nostra pelle. Last but not least: avete presente la puzza di cane bagnato che sprigionano i vestiti quando si asciugano in un ambiente chiuso (o quando – ahem – li dimenticate per troppo tempo in lavatrice dopo averli lavati)? Ecco: l’ammorbidente ne favorisce la formazione, perché “intrappola” l’umidità all’interno dei tessuti. Insomma, per quanto il proposito di avvolgere i bimbi nel morbido sia davvero ammirevole, ce n’è abbastanza per dire auf wiedersehen ai vari pucciolino, spupazzoso e fruzzolotto. Senza rimpianti, scurdammoce ‘o passato.

Come fare, però, per evitare di ritrovarsi con asciugamani e lenzuola secche e ruvide come una prugna lassativa californiana?

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16 Settembre 2013 5 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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