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Categoria:

svezzamento

termos bambini
lifepost sponsorizzatisvezzamento

Le mamme, la pappa e il thermos

by Silvana Santo - Una mamma green 6 Luglio 2017

Figli mangioni, figli inappetenti, figli golosi, figli viziati. Ce n’è per tutti i gusti, e lo stesso vale per le mamme e il loro rapporto col cibo. Che, per tante ragioni diverse, è spesso mediato da un thermos per la pappa.

C’è la mamma FAO. La sua unica missione consiste nello sfamare non solo suo figlio, ma tutta la sua generazione. Prepara merende in dosi da cavallo, per poi offrirle a tutto il parco giochi, sforna torte a un ritmo tale da fare impallidire Banderas e pure la gallina, riempie thermos e doggy bag da lasciare ai compagni del figlio che vengono a giocare a casa il pomeriggio. In realtà è una nonna, solo che ancora non lo sa.

C’è la mamma esterofila. Ha fatto l’Erasmus in Germania, e questo ha rivoluzionato per sempre la sua idea di alimentazione. La sua filosofia di vita è: tanto nessun bambino si lascia morire di fame, e nel thermos, già che c’è, ci sta benissimo il purè di patate. Un pasto al giorno basta e avanza, per il resto ci sono le riserve adipose accumulate dal pargolo nei periodi di grassa. Altrimenti, a cosa dovrebbero servire quelle adorabili guance paffute?

thermos miniland baby

La mamma svezzante è un essere mitologico metà thermos e metà borsa frigo. Riesce finanche a sovvertire le leggi elementari della fisica, cuocendo la pastina in acqua che non bolle e impedendo la cementificazione rapida della farina di riso. Un supereroe armato di cucchiaino di silicone.

La mamma autosvezzante, invece, punta tutto sulla fiducia e sulle manovre di disostruzione. Preferisce la Fiorentina all’omogeneizzato e i rigatoni alla crema di mais. Ma il thermos per la pappa lo usa pure lei, eccome se lo usa. Altrimenti, come fare a tenere in caldo il suo mezzo litro di caffè?

La mamma salutista usa il thermos “al negativo”: le serve per conservare i cibi freschi e le bevande crudiste che propone leggiadra a suo figlio, e che finisce quasi sempre col mangiare lei, mentre il pupo ruba le patatine al primo che passa. Ma a volte, tra uno stick di carota e un bastoncino di sedano, sniffa con lussuria l’aroma del brodo di pollo proveniente dal thermos vicino.

La mamma ansiosa, di thermos per la pappa, ne usa almeno tre. Uno per il primo piatto, uno per il secondo e uno per il lattuccio bello, ché “coi bambini non si sa mai”. Conta con apprensione i cucchiai che suo figlio ingerisce, che, inesorabilmente, le sembrano sempre pochi. Lei ci prova anche, a essere più disinvolta, ma nel suo cervello risuona l’eco delle sue antenate che sentenziano serie: “Come sta sciupato, questo bambino”.

pappa thermos bambini viaggio

E poi, naturalmente, c’è la mamma green. Per la quale il thermos non è un oggetto, ma uno stile di vita. Perché significa passeggiate in natura e pic nic, escursioni in montagna e giornate al mare. Più che un contenitore, un vessillo di libertà e greenitudine. Un alleato insostituibile per vivere la natura in tutte le stagioni, anche nelle stagioni in cui le mamme meno green non ci pensano neanche lontanamente, a uscire con la prole per una gita fuori porta. Un alleato che permette di gestire i pasti fuori casa con poca spesa, senza sprechi né rifiuti. Rispettando l’ambiente. Un thermos per amico, in pratica. Purché sia fatto con materiali sicuri e di qualità, sia durevole, privo di Bisfenolo A e funzioni davvero. Un thermos un po’ green come lei, insomma. Anche se fuori è blu o è rosa.

Post in collaborazione con Miniland Baby, che oltre a tantissimi altri prodotti per bambini (baby monitor, umidificatori, termometri, giocattoli e tanto altro), propone la gamma di thermos Soft Thermo, in due diverse capacità (0,33 e 0,5 litri) e due colorazioni (rosa e blu). I thermos di Miniland Baby garantiscono un’alta resistenza ed efficienza grazie alla loro doppia parete in acciaio con esclusivo strato in rame, la loro intercapedine a vuoto e il sistema a doppio coperchio. Sono realizzati in acciaio 18/8 all’interno e dotati di una valvola antisgocciolo che dispone di un sistema di chiusura a pulsante. Sia il coperchio del thermos, che può essere utilizzato come bicchiere, sia la valvola, sono svitabili, per facilitare la pulitura di tutti i componenti. I prodotti della gamma Soft Thermo sono privi di Bisfenolo A (BPA). E per chi avesse bisogno di riscaldare il latte o la pappa in casa o fuori, c’è Warmy Twin, che riscalda fino a due biberon o vasetti in contemporanea, rappresentando quindi una soluzione molto pratica anche per i genitori di gemelli. Ideale per il latte materno, perché grazie a un riscaldamento dolce e uniforme vengono preservati nutrienti e vitamine, raggiungendo una temperatura simile a quella del corpo materno.

scaldabiberon miniland

6 Luglio 2017 1 Commenti
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alimentazione complementare
allattamentosvezzamento

Autosvezzamento, tra dubbi e certezze

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Aprile 2015

In rete se ne parla soprattutto come autosvezzamento. La dicitura più corretta sarebbe però alimentazione complementare a richiesta. In estrema sintesi, prevede che il bambino (che abbia almeno 6 mesi e sia in grado di stare seduto bene da solo) non venga nutrito con pappe preparate ad hoc, ma abbia libero accesso alla mensa di tutta la famiglia e, seguendo la sua naturale curiosità per il cibo che mangiano “i grandi”,  assaggi spontaneamente quello che desidera nelle quantità che desidera. Man mano che gli assaggi si fanno più consistenti (fino a costituire un pasto vero e proprio), l’alimento principale rimane il latte, materno o artificiale, da offrire a richiesta. Le condizioni fondamentali, a parte l’età del bimbo e il suo interesse per gli alimenti solidi sono la salubrità degli alimenti portati in tavola (rispetto della “piramide alimentare” ala base della dieta mediterranea, prodotti di stagione, cotture leggere, condimenti equilibrati, poco sale) e la cautela nel proporli (i cibi possono essere schiacciati o sminuzzati, oppure, se si lascia che il bambino faccia da solo, tenendo ad esempio in mano un maccherone o della verdura, sorvegliandolo scrupolosamente).

Alla base di questa filosofia dello “svezzamento” c’è la convinzione che i bambini siano competenti, ovvero in grado di gestire in autonomia le proprie necessità nutrizionali, che il latte (specie quello materno) sia da considerarsi l’alimento principale almeno fino all’anno di età, e che la somministrazione ritardata e graduale dei cibi allergizzanti (glutine, uovo, pesce, etc) non serva a modulare la risposta del sistema immunitario né a proteggere il bimbo da eventuali rischi (alla fine del post trovate alcuni riferimenti bibliografici). La classica pappa, preparata con ingredienti industriali o fatta in casa, diviene, in quest’ottica, del tutto inutile, se non addirittura controproducente, perché frustra il desiderio naturale del bambino di imitare i genitori mangiando quello che mangiano loro, in qualche caso addirittura compromettendo l’istaurarsi di un rapporto sano e positivo con il cibo.

Quando il mio primo figlio ha compiuto sei mesi, l’autosvezzamento non mi sembrava la strada adatta a noi. Ne avevo sentito parlare, ma ero poco informata, e inoltre ero convinta che un menu ad hoc (preparato in casa senza usare baby food industriale) potesse garantire al mio vorace bambino un’alimentazione più equilibrata. Il mio primogenito, inoltre, non mostrava il minimo interesse per il cibo di mamma e papà, è rimasto sdentato fino a oltre 11 mesi, e, soprattutto, ha rifiutato ostinatamente l’assaggio di alimenti più consistenti (pane, pasta, frutta) quasi fino al suo primo compleanno. In pratica, saremmo dovuti andare avanti a forza di sola tetta per almeno 12 mesi, con un pupo che era stabilmente al 97imo percentile in peso. Un’opzione che all’epoca ho ritenuto estenuante. Tanto più che lui ha adorato le pappe, fin dal primissimo giorno. Il piatto veniva svuotato in pochi secondi, tutti gli alimenti proposti (sempre freschi e di stagione, profumati e invitanti, con consistenze diverse a seconda delle materie prime) invariabilmente graditi, gli ingredienti allergizzanti inseriti rapidamente e senza problemi. Mangiava talmente di gusto che non sporcava nulla, potevo anche non mettergli il bavaglino. Un’esperienza semplice e positiva per tutti noi.

Tra poche settimane toccherebbe a sua sorella, e io nel frattempo ho avuto modo di leggere e informarmi in fatto di autosvezzamento. L’idea di favorire l’autonomia di mia figlia mi tenta moltissimo, così come il fatto di non dover preparare un pasto specifico per lei. Quello che mi lascia perplessa, per così dire, è proprio l’esperienza positiva che ho fatto con suo fratello. Ho paura, paradossalmente, di complicare qualcosa che l’altra volta è state semplice e naturale, di privarmi di una serie di certezze molto “comode” e rassicuranti: la sicurezza di somministrare un pasto sano e nutriente, calibrando un menu settimanale perfettamente equilibrato, nessuna preoccupazione per il rischio di soffocamento, serenità generale al momento della pappa. Non vorrei, insomma, finire col perdere in serenità rispetto a quando ho introdotto gli alimenti solidi nella dieta del mio primogenito.

In attesa di parlarne anche con il pediatra e chiarire i dubbi residui, ho maturato comunque una serie di punti fermi: continuerò ad allattare Flavia a richiesta; non la forzerò in alcun modo a mangiare cose che non ha voglia di mangiare o ad assumere abitudini orarie che non le risultano naturali; le consentirò, dopo i sei mesi, assaggi di cibi che suscitano la sua curiosità, purché sani e sicuri; approfitterò per migliorare la dieta di tutta la famiglia. Accanto a tutto questo, potrei comunque proporle, a ora di pranzo o di cena, una pappa profumata fatta in casa apposta per lei. Magari la divora di gusto come suo fratello due anni fa, e io sono certa di fornirle un’alimentazione equilibrata.

Voi che esperienza avete in tema di svezzamento? I vostri figli gradivano le pappe, o le rifiutavano con disgusto? Oppure si sono autosvezzati? Mai come stavolta sono in cerca di testimonianze utili, lasciatele nei commenti o sulla pagina Facebook.

Letture consigliate:

Io mi svezzo sa solo, L. Piermarini e F. Panizon, 2008, Bonomi Edizioni

www.autosvezzamento.it

21 Aprile 2015 40 Commenti
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mamma greensvezzamento

Un tempo per ogni cosa

by Silvana Santo - Una mamma green 26 Maggio 2014

i tempi della n aturaNon sono un’esperta di nutrizione, tanto meno pediatrica. Mi guardo bene dal proporre modelli o diffondere consigli: lo lascio fare a chi ha studiato l’argomento e possiede competenze ed esperienza necessarie per parlarne.

Però questa domanda io la devo fare.

Che bisogno c’è di mangiare le fragole a Natale e la parmigiana di melanzane a Pasqua? Da quando è diventato indispensabile servire in tavola pomodori freschi tutto l’anno? È così faticoso sopportare un intero inverno senza peperoni?

La frutta e la verdura fuori stagione vengono prodotte in serre, spesso riscaldate e illuminate artificialmente, con maggiori quantità di pesticidi e concimi di sintesi rispetto alle colture che assecondano i tempi naturali dei vari prodotti. Oppure provengono da luoghi di coltivazione molto lontani da quelli di consumo, con un importante dispendio di carburante e di antiparassitari per sopportare il lungo viaggio. In altre parole, inquinano di più e sono potenzialmente più inquinate.

Non solo. Comprare prodotti ortofrutticoli fuori tempo significa spendere (molto) di più, consumare un prodotto che di norma somiglia solo vagamente – per sapore e altre caratteristiche organolettiche – a quello “originale” e, soprattutto, non garantisce le stesse proprietà nutrizionali della frutta e verdura di stagione.

La natura è generosa e piena di fantasia. In ogni stagione ci regala una varietà di colori e sapori in grado di soddisfare i palati più esigenti e di assicurarci un pieno di acqua, fibre, vitamine, minerali e altri elementi fondamentali per il nostro benessere. Le conserve fatte in casa e la congelazione domestica possono aiutarci a prolungare il piacere di certi sapori, a regalarci qualche ricetta fuori stagione senza dover utilizzare materie prime che forzano i tempi della natura.

E poi, quanto è bello aspettare che le ciliegie tornino puntuali ogni primavera? Ritrovare il loro colore così vivo dopo un anno di attesa, non rende il loro gusto ancora più dolce?
Io penso proprio di sì.

PS. in rete sono disponibili tantissimi calendari per la scelta di frutta e verdura di stagione. Io mi limito a segnalarne uno dei tanti, chi fosse interessato può trovare un mare di informazioni nel web.

26 Maggio 2014 10 Commenti
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Pappa in viaggio: ecco come organizzarsi

by Silvana Santo - Una mamma green 20 Gennaio 2014

Rispondendo alla richiesta di un’amica, come me mamma da poco e appassionata viaggiatrice, spero di fare cosa buona e giusta raccontandovi come, in occasione di viaggi brevi o lunghi, in Italia o all’estero, mi sono organizzata per i pasti fuori casa di Davide nella lunghissima fase dello svezzamento (la dentizione di mio figlio è estenuante, infinita e drammatica: il poveretto, alla soglia dell’anno, ha ancora un solo misero incisivo inferiore, soffre da cani e non ha assolutamente dimestichezza con i cibi solidi).

Prima di tutto, ecco quello che metto sempre in valigia:

  • un pentolino mignon
  • detersivo per piatti, spugna e un paio di strofinacci
  • posate
  • due termos piccoli da 400/500 ml
  • borsa frigo
  • fornellino elettrico (se non avrò a disposizione un angolo cottura, ovviamente)
  • minuscola bottiglia di olio di oliva (io uso un vecchio contenitore di vetro di un liofilizzato, ricordo delle primissime pappe di BigD. Lo trovo comodo perché si chiude con un tappo a vite: mai avute perdite)
  • parmigiano grattugiato conservato in un vasetto di vetro (di quelli da omogeneizzato)
  • pastina
  • semolino o altra farina
  • biberon e scovolino

pappe in viaggio1Per quanto riguarda la preparazione delle pappe, di solito preferisco essere autonoma, piuttosto che dover dipendere dal microonde di un ristorante e dalla disponibilità di un cameriere. Per quanto un viaggio possa essere pianificato, mi piace garantirmi sempre un minimo di libertà. Ecco dunque come mi organizzo:

Se so di avere a disposizione un frigorifero con congelatore, cerco di organizzarmi con le pappe fatte in casa cui Davide è abituato. Bagagli permettendo, mi porto dietro i vari ingredienti già conservati nei vasetti monoporzione, prevedendo una varietà sufficiente a cambiare menu ad ogni pasto. Quindi: barattoli di brodo, vasetti con i vari secondi (carne, pesce, legumi) e vasetti con le diverse verdure. Se il viaggio è breve, magari in auto, porto tutto già congelato in una grossa borsa frigo con un paio di lastre refrigeranti. Altrimenti preparo tutto il giorno prima di partire, suddivido nei vari contenitori e poi congelo direttamente sul posto.

Una volta a destinazione, mi comporto come a casa: ogni sera metto a scongelare in frigorifero i pasti del giorno dopo. Al mattino riscaldo una porzione di brodo (e la metto in uno dei termos), il secondo e le verdure, cui aggiungo il parmigiano (che conservo nell’altro termos). Oltre ai due contenitori, metto nella borsa frigo un set di posate in acciaio, un paio di cucchiaini per Davide, un bavaglino, una ciotola di plastica, l’olio di oliva e un vasetto di frutta (in genere della Hipp, di quelli 100% frutta). Per quanto riguarda i carboidrati, finora ho usato quasi sempre semolino o crema di cereali, che porto con me in un barattolino di plastica e sciolgo nel brodo caldo al momento del pasto. Mischio il preparato ottenuto con il secondo e le verdure, aggiungo l’olio e la pappa è pronta. Finora non ho mai avuto problemi per quanto riguarda la temperatura del cibo, anche in pieno inverno i termos tengono per 5/6 ore (di solito, prima di riporli nella borsa frigo, li passo per qualche secondo sotto l’acqua bollente e poi li asciugo per bene).

pappe in viaggio2Con la pastina le cose si complicano un po’, perché non è semplice mantenerla mangiabile a tante ore dalla preparazione. Se si è certi di mangiare al ristorante, la cosa più semplice è chiedere al cameriere di cuocerla al momento, fornendogli la giusta quantità di pasta cruda e il brodo in cui prepararla (se occorre). In situazioni in cui occorre essere autonomi, come una giornata in spiaggia, un picnic in campagna o in montagna o semplicemente quando i programmi sono incerti, si può conservare la pastina nel termos con un po’ di brodo bollente, avendo cura però di lasciarla parecchio al dente (la cottura si completerà all’interno del recipiente).

Un’altra possibilità, consiste nell’optare per un’alternativa alla pasta, come pane o patate (proposte ad esempio come purè o in frittata).

Nei casi in cui non ho avuto a disposizione un congelatore o un frigorifero, ho ripiegato su omogeneizzati biologici di carne, pesce e verdure e brodo liofilizzato. Al mattino preparavo il brodo e riscaldavo gli omogeneizzati, per poi procedere esattamente come con le pappe fatte in casa. Per quanto riguarda la frutta, opto sempre per quella in vasetto, biologica e senza zucchero.

So che esistono delle pappe pronte, da scaldare e servire direttamente, ma finora non le ho mai provate.

E voi, come vi organizzate per i pasti fuori casa?

20 Gennaio 2014 10 Commenti
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Omogeneizzati o pappe fatte in casa? Piccola guida alla scelta

by Silvana Santo - Una mamma green 20 Novembre 2013

Questo post è dedicato alla mia amica Maria, (baby)cuoca sopraffina e madre fantastica

Mio figlio è tanto mangione quanto pigro. Fosse stato per lui, sarebbe rimasto abbrancato alla tetta almeno per i prossimi 12 anni, e il suo interesse per i cibi “dei grandi” è minimo, anche adesso che ha nove mesi e mezzo (sarà che è ancora sdentato come la Befana?). È soprattutto per questo – ma anche, devo ammettere, per la mancanza di informazioni complete da parte mia – che ho scartato da subito l’idea dell’autosvezzamento, in favore di una introduzione più tradizionale degli alimenti solidi (ma di questo parleremo diffusamente in un altro post): pappe “dedicate” e fatte in casa, a partire dai sei mesi, con aggiunta progressiva dei vari ingredienti cotti al vapore o bolliti.

Quando è giunto il momento di iniziare a integrare il latte materno, su un’altra cosa non ho avuto dubbi: BigD avrebbe mangiato piatti preparati in casa, mentre gli omogeneizzati (rigorosamente privi di sale, zucchero e aromi, oltre che biologici) sarebbero stati riservati alle situazioni di emergenza come i viaggi all’estero. Non essendo io un’esperta di nutrizione pediatrica – per quanto sia convinta che l’alternativa industriale non offra una maggiore garanzia di qualità e sicurezza dei cibi e il nostro medico abbia avallato fin da subito la mia scelta in fatto di pappe – ho fondato questa decisione soprattutto su ragioni di natura diversa:

– La possibilità di variare: per quanto ampia, la scelta di omogeneizzati sul mercato rimane limitata. È impossibile gestire autonomamente gli abbinamenti, così come modulare il menu in base alla naturale disponibilità stagionale di frutta e verdura. A meno che non mi sia persa il marchio di baby food che propone ricotta e spinaci o zucca con tacchino.

– Educazione al gusto: forse è soltanto una mia impressione, ma gli omogeneizzati sembrano avere tutti lo stesso odore (e sapore, sic!). Una volta preparato il pasto, risulta difficile riconoscerne i singoli ingredienti, mentre le pappe fatte in casa conservano intatta la gamma di profumi e di gusti della nostra cucina. Tanto che a volte me ne sparerei volentieri qualche cucchiaiata anch’io.

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– La palestra delle consistenze: con gli strumenti casalinghi a disposizione (frullatore, cuocipappa al vapore) gli “omogeneizzati” fai da te non riescono mai ad avere quella texture liscia e perfettamente cremosa delle alternative industriali. Ma a me questo è sempre parso un bene: il piccolo gourmet, in questo modo, ha la possibilità di sperimentare da subito granulometrie diverse, imparando a “gestire” e ad apprezzare le differenti consistenze degli alimenti.

– Impatto ambientale: se nutrissi BigD con gli omogeneizzati industriali, ogni giorno mi troverei con almeno 6 vasetti di vetro da smaltire. Oltre ai relativi coperchi, alle etichette e all’imballaggio esterno di cartone. L’impossibilità di variare le porzioni, inoltre, rischierebbe di farmi lasciare dei vasi utilizzati a metà, che poi potrebbero finire sprecati. Preparandoli in casa, posso riciclare i contenitori e ridurre i rifiuti, oltre a modulare come voglio le quantità.

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20 Novembre 2013 19 Commenti
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gravidanza e partointervistesvezzamento

Gravidanza e svezzamento vegetariano: intervista doppia

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Settembre 2013

vegetali3Portare avanti una gravidanza seguendo una dieta vegetariana: una opzione come un’altra o una imperdonabile imprudenza? E svezzare un bambino senza fargli mangiare derivati animali rappresenta una follia o un atto d’amore? Un tema quanto mai delicato, che, ancora di più di quello dell’acqua del rubinetto per i neonati, si presta ad interpretazioni in (aspro) contrasto tra loro.

Io, per salute e per greenità, seguo da anni un’alimentazione a ridotto contenuto di proteine animali, ma non mi sono mai decisa a fare il salto verso il vegetarianesimo (per ragioni di varia natura di cui prima o poi scriverò), anche se non escludo di completare la conversione, prima o poi. Anche per BigD, allora, ho deciso di procedere con uno svezzamento tradizionale, proponendogli, nelle pappe che preparo personalmente per lui, tutti gli alimenti, ma cercando di non abusare nel consumo di carne e latticini (per quanto riguarda il latte, invece, viene allattato al seno da quando è nato).

In questa sede non voglio raccogliere pareri medici, confrontare ipotesi scientifiche o suggerire presunte verità. Ho deciso però di raccontarvi l’esperienza di due famiglie diverse, intervistando due amiche, Alessia e Marzia, la prima di Torino e la seconda di Roma. Entrambe mamme, ed entrambe approdate all’alimentazione vegana dopo anni di vegetarianesimo. Noterete molti tratti in comune e qualche differenza, alcuni compromessi e, senza dubbio, lo stesso amore per i propri figli e per il mondo che lasceranno loro in consegna quando saranno cresciuti.

Ringraziandole tanto, non solo per il loro aiuto ma anche per la sensibilità ambientale con cui stanno crescendo i loro bambini, ecco dunque l’intervista doppia:

vegetali1MammaGreen: Da quanto tempo sei vegetariana/vegana?

Alessia: Vegetariana da 11 anni e senza compromessi. Vegana da meno di un anno, ma in maniera “elastica”: tutte le volte che posso scegliere o cucino io.
Marzia: Vegetariana da vent’anni (con qualche ripensamento di breve periodo nel corso del tempo) e vegana da un anno, con il supporto della Dottoressa Michela Troiani esperta in regimi dietetici cruelty free. Sono diventata vegana anche per abbassare i livelli di colesterolo decisamente troppo alti.

MammaGreen: Hai seguito questo tipo di alimentazione anche durante la gravidanza e l’allattamento?

Alessia: Si, come vegetariana.
Marzia: No, la mia ginecologa era contraria e ho avuto paura a far da sola nonostante non avessi nessuna carenza di ferro. Era la mia prima gravidanza e mi sentivo insicura. Tornassi indietro agirei diversamente e mangerei vegetariano.

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24 Settembre 2013 4 Commenti
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svezzamento

Acqua di rubinetto ai neonati, perché no?

by Silvana Santo - Una mamma green 23 Settembre 2013

acqua rubinettoMio figlio beve solo acqua del rubinetto. Nel senso che se gli propongo roba imbottigliata me la sputa letteralmente in faccia. Forse BigD è più green della sua povera mamma green, e allora permettetemi un attimo di autocompiacimento in questo drammatico lunedì di settembre: mio figlio, a poco più di 7 mesi, ha fatto la sua prima scelta di consumo sostenibile. Chapeau.

O forse, più semplicemente, l’acqua in bottiglia gli fa schifo. Quale che sia la ragione della sua neonatale preferenza, a me va bene così: non sono un medico, e so bene che molti pediatri non la pensano come me, ma l’idea che i bambini piccoli debbano bere obbligatoriamente acque imbottigliate – magari vendute in farmacia a prezzi più alti di uno scotch invecchiato per 50 anni in botti fatte col legno dell’Arca di Noè – mi è sempre parsa più che altro una trovata commerciale. Anzi, per dirla tutta, certe affermazioni utilizzate a scopo pubblicitario mi fanno proprio ribollire il sangue nelle vene (passatemi la metafora di argomento liquido). “La nostra acqua Piscioletta ha effetti diuretici”… perché, invece l’acqua normale tende a farti venire un blocco urinario? “Bevi Limpidella, è batteriologicamente pura”, come se l’assenza di contaminazione batterica non fosse una condicio sine qua non per ottenere la certificazione di potabilità per qualsiasi tipo di acqua, e non solo per la purissima Limpidella. “Friccicorina, leggera e con poco sodio”. Come se il problema adesso fosse il sodio disciolto nell’acqua, e non quello che aggiungiamo a manciate, in forma di sale, alle patatine fritte, o quello se ne sta bellamente incrostato nella salamella che ci piace tanto.

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23 Settembre 2013 5 Commenti
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Pappa ecofriendly? Latte di mamma e alimenti bio

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Settembre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di settembre 2013)

È pratico, gratuito, rinsalda il legame tra madre e figlio e risponde in modo ideale alle esigenze nutrizionali del neonato. I benefici dell’allattamento al seno si sprecano, e sono argomento comune nei corsi di preparazione al parto, nelle maternità e negli studi pediatrici, ma è raro che si sottolinei un’altra caratteristica fondamentale dell’alimento materno: è amico dell’ambiente. Si tratta infatti del prodotto “a chilometri zero” per eccellenza, che viene reso disponibile all’occorrenza e sempre nella giusta quantità. Zero rifiuti, inoltre, per il latte di mamma, che a differenza di quello formulato non richiede bottiglie, lattine, brick o altri contenitori monouso. Da non sottovalutare, infine, il risparmio, in termini di emissioni di CO2, rispetto al latte vaccino: se tutti i bambini del mondo venissero allattati con un prodotto di origine bovina, le conseguenze ambientali dell’allevamento delle vacche sarebbero molto pesanti. Il consiglio, dunque, è di rispettare, salvo diversa indicazione del pediatra, il suggerimento dell’Organizzazione mondiale della sanità, che consiglia di allattare esclusivamente al seno fino al sesto mese compiuto. A un certo punto, però, il piccolo va ovviamente svezzato, cominciando di solito col proporgli delle semplici puree di frutta. È importante, in questo caso, che i primi pasti del bambino siano quanto più naturali possibile, privi di additivi come zucchero o altri dolcificanti.

Quando è toccato a me cominciare lo svezzamento di Davide, ho optato per preparare in casa le sue pappe, attraverso il procedimento della cottura al vapore, che limita la perdita dei nutrienti e preserva i sapori. La frutta da servire al bambino, possibilmente biologica, va acquistata da un rivenditore fidato e lavata accuratamente prima della preparazione. Lo stesso vale, una volta introdotti i cibi “salati”, per le verdure e le carni, a cui in ogni caso non deve essere aggiunto sale extra (è sufficiente quello contenuto naturalmente nei cibi). Per proporre alimenti che contengono glutine e altri cibi allergenici è opportuno invece attendere l’ok del pediatra.

La scelta di auto-produrre i primi pasti consente di controllare meglio gli ingredienti, puntare su tecniche di preparazione più semplici e ridurre la quantità di rifiuti prodotti, ma chi volesse acquistare pappe già pronte può contare su diversi marchi di alimenti biologici per la prima infanzia, controllando sempre che siano privi di sale e di zucchero aggiunti, oltre che di pesticidi. Via libera, infine, anche allo svezzamento vegetariano, a patto che sia effettuato sotto controllo medico e con l’eventuale integrazione dei nutrienti che potrebbero risultare carenti (su questo tema, un approfondimento al più presto!).

4 Settembre 2013 10 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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