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papà

ruolo dei padri
lavorolife

Ma i padri?

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Febbraio 2020

Se avessi ricevuto dieci euro ogni volta che sono incappata in un articolo, un dibattito, una polemica o una conversazione sul tempo che una madre dovrebbe dedicare ai suoi figli (in contrapposizione alle ore di lavoro, ça va sans dire), credo che ora starei scrivendo da una baita di proprietà nei boschi dell’Alto Adige. E se ne avessi ottenuti altrettanti tutte le volte che ho letto o sentito qualcosa sul senso di colpa delle madri (per il tempo “sottratto alla famiglia” in favore del lavoro) forse questo post vi arriverebbe direttamente dal mio yacht privato alle Cayman.

Non c’è madre contemporanea che non abbia dovuto affrontare, per lo meno con la propria coscienza, il nodo spinoso della conciliazione tra lavoro e famiglia. Che non si sia sentita in qualche modo in dovere di giustificarsi per il fatto di lavorare troppo (o troppo poco, ma questo è un altro discorso) o perlomeno di spiegarne la ragione. Non c’è madre contemporanea che non si sia sentita giudicata da qualcuno per le sue scelte professionali – libere o obbligate che siano – e che non abbia dovuto sottrarre l’osso del collo dalla spada di Damocle dei sensi di colpa. Eppure, come se fossimo una schiera di api regine dedite alla partenogenesi, il dibattito sulla conciliazione tra lavoro e famiglia investe raramente – e sto facendo una scelta lessicale particolarmente magnanima – l’universo dei padri.

Per un padre, evidentemente, è un fatto scontato, inevitabile, forse addirittura doveroso (?) rientrare al lavoro con un figlio neonato che ancora evacua meconio, farlo da subito a pieno regime e trascorrere con la prole, nella migliore delle ipotesi, un’ora o due al giorno fino alla maggiore età. Per un padre, d’altro canto, è normale fare straordinari, essere reperibile anche fuori dall’orario di ufficio, portarsi il lavoro a casa, lavorare su turni, o se necessario nel weekend e durante le vacanze. Dedicando, magari, una quota del tempo residuo alla palestra, allo stadio, alla musica o a qualsiasi altro tipo di passatempo. Ed è assodato che un padre “si perda” la prima pappa di suo figlio, i suoi primi passi, le prime paroline, il primo giorno di nido, i compiti pomeridiani, le riunioni con gli insegnanti, senza che questo generi in lui rimpianto, senso di colpa o interrogativi di sorta. Finanche disertare una recita natalizia o un saggio di fine anno, sembra in qualche modo più accettabile, se a farlo è un genitore di sesso maschile.

Perché, a quanto pare, perlomeno alla mia latitudine, sopravvive e prospera ancora il pregiudizio per cui il dovere di occuparsi dei figli e garantire loro il benessere – fisico, emotivo e psicologico – sia una responsabilità in prevalenza materna. I padri, nella narrazione stereotipata che se ne fa da decenni, sono quelli deputati alla mezz’ora di gioco sfrenato quotidiano mentre la compagna è ai fornelli, quelli che fanno “scatenare” i figli quando mamma non guarda, quelli che, se proprio, per qualche ineffabile congiunzione astrale, la madre non è li a provvedere, li vestono in modo bizzarro o gli mettono nel piatto dei bastoncini di pesce bruciacchiati. I padri sono ancora descritti troppo spesso come dei giullari pasticcioni a tempo molto parziale, dei buontemponi mai cresciuti che sono bravi a intrattenere (per un po’), ma si defilano quando c’è da pensare ai compiti, al pediatra o ad altre cose “noiose” o sgradevoli. E se un bambino ha problemi a scuola, si comporta male o mostra un qualsiasi tipo di disagio, di solito la scure della colpa si abbatte sulla madre, rea magari di averlo “trascurato a causa del lavoro”.

Vi dirò quello che penso sull’argomento, anche se nessuno me lo ha chiesto e se rischio di essere fraintesa o risultare “impopolare”: io sono d’accordo sul fatto che delegare troppo la cura quotidiana dei figli a persone terze non dovrebbe essere la prima opzione. Che, ferma restando l’importanza cruciale della scuola, dei nonni, della famiglia allargata e degli amici, la responsabilità di tirare su un figlio debba essere assunta da chi lo ha messo al mondo e che, oltre che del famoso (e fondamentale) “tempo di qualità”, i bambini abbiano bisogno anche della vituperata “quantità”. Ma questo, nella maniera più assoluta, non può valere solo per le madri. Fatta salva l’esperienza dell’allattamento al seno, non esiste alcuna ragione biologica o naturale che giustifichi l’adagio per cui un bambino ha più bisogno della sua mamma che del suo papà, e non esiste alcun motivo per cui la cura quotidiana dei figli non possa e non debba essere suddivisa alla pari fra i genitori.

Non vuol dire, naturalmente, che madri e padri debbano avere sempre le stesse attitudini o essere del tutto sovrapponibili (ci saranno padri negati in cucina o mamme pessime nella lettura delle fiabe), ma che il dibattito nazionale attorno alla crescita dei figli dovrebbe cominciare a includere sul serio anche i genitori maschi. Che le politiche sulla famiglia dovrebbero finalmente andare nella direzione di una maggiore flessibilità del lavoro anche per i padri (telelavoro, orario fluido, lavoro su obiettivi etc), che sarebbe davvero ora di introdurre un congedo di paternità lungo e soprattutto obbligatorio, che non è più rimandabile un dibattito serio e complessivo sulla sostenibilità degli orari di lavoro. Nell’interesse della società e della famiglia tutta: dei bambini, che hanno bisogno di trascorrere (tanto) tempo anche coi papà; delle madri, che hanno il sacrosanto diritto di fare le loro scelte professionali, di condividere la fatica, il carico mentale e la responsabilità della crescita dei figli; dei parenti terzi, spesso coinvolti a tempo pieno, o quasi, nella cura di bambini non loro. E soprattutto dei padri stessi, che spesso stanno ancora rinunciando a fare i padri, e non sanno cosa si perdono.

21 Febbraio 2020 2 Commenti
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Vita da genitore

by Silvana Santo - Una mamma green 30 Aprile 2019

Nei giorni scorsi ho archiviato le foto scattate quest’anno col cellulare. Salvo rare eccezioni (e i periodi in cui eravamo in viaggio), ogni weekend abbiamo fatto una gita coi bambini. Castelli, parchi naturali, mostre e musei, pic-nic in spiaggia, terme, passeggiate in montagna, festival.
Tantissima vita, tantissime esperienze che senza di loro, probabilmente, non avrei fatto.

Perché prima di avere figli il tempo libero sembrava talmente tanto da sentirmi autorizzata a sprecarne una parte considerevole senza rimorsi. Perché prima avevo altri orari, e alzarmi presto al mattino, di sabato o di domenica, pareva un sacrificio insostenibile. Perché prima non sentivo la deliziosa responsabilità di mostrare il mondo a due piccoli umani, di dare loro stimoli ed esperienze, aria buona, sole tiepido e tanta natura. Perché prima, in due, stare in casa a poltrire per un intero weekend (salvo le ore serali, magari) era facile, mentre adesso dopo un po’ diventa faticoso e stressante per tutti. Perché prima, frequentare anche persone che mi erano indifferenti era un sacrificio accettabile, mentre adesso pretendo di trascorrere il mio tempo con chi voglio davvero, che poi è quasi sempre la mia famiglia.

Prima di avere figli temevo che la mia vita si sarebbe impoverita, in termini di esperienza e di opportunità. E che le cose che avrei continuato a fare, le avrei fatte “malgrado” i figli, nonostante i figli. Invece, è solo “grazie” a loro se i miei fine settimana sono diventati così intensi e ricchi. Se il tempo insieme è diventato prezioso e inestimabile, se il mondo è tornato ad essere, come mai prima, uno scrigno di avventure, un caleidoscopio gigante di esperienze colorate. Non vado più a cena fuori, ma l’ho fatto per 30 anni, e riprenderò, per altri decenni a venire, non appena Davide e Flavia avranno i loro amici con cui passare il sabato sera. Intanto, però, sto facendo tutto quello che non avevo fatto nella mia vita precedente. Chiedendomi perché mai, prima, non approfittassi al massimo di ogni giorno disponibile.

Se pensate che diventare genitore vi possa obbligare a una vita noiosa tra le quattro mura domestiche, sappiate che può essere vero esattamente il contrario. Dipende solo da voi!

30 Aprile 2019 3 Commenti
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papà unico al mondo
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L’unico al mondo

by Silvana Santo - Una mamma green 19 Marzo 2019

Sei l’unico al mondo che sa dei miei figli le cose che so io – che sa tutto di loro, si potrebbe forse dire con relativa approssimazione oggi che sono ancora così piccoli. La sola persona al mondo che insieme a me dovrà abituarsi negli anni a spogliarsi di questa conoscenza, di questa familiarità, man mano che i nostri figli cresceranno e diventeranno cosmi, per quanto amati, sempre più misteriosi e impenetrabili agli occhi dei loro stessi genitori.

Sei la sola persona al mondo che assiste davvero ai miei sforzi per cercare di essere una buona madre. Che conosce la reale fatica che faccio ogni giorno e ogni notte, che quella fatica la comprende perché è anche la sua. Tutti i giorni e tutte le notti. E sei, allo stesso tempo, il solo al mondo che è al corrente dei miei sbagli. Che a volte li condivide con me, che altre volte riesce a porvi rimedio, o magari a impedirmi di farli. L’unica persona a cui non ho paura di confessare l’inconfessabile: i momenti di paura profonda, i dubbi insopportabili sul mio operato, i sospetti più atroci, le paranoie. La sola persona che non potrebbe giudicare, pontificare, usare i miei stessi sentimenti contro di me, perché quei sentimenti li condivide ogni giorno. Perché condivide la trincea, la tenerezza e l’orgoglio come nessun altro potrebbe fare mai.

Sei l’unico al mondo che custodisce i miei stessi ricordi a proposito dei nostri figli, del loro arrivo, del loro incedere quotidiano verso il futuro. Ricordi registrati da un’altra prospettiva e con un filtro diverso da quello che monta la mia testa, ma in ogni caso gli stessi ricordi, condivisi con te e con nessun altro sulla Terra.

Sei il solo al mondo con cui sento di condividere la responsabilità dei nostri figli. Perché è vero che per tirare su un bambino “ci vuole un villaggio”, ma è altrettanto vero che alla fine è a noi due che spetta l’onere della scelta e quello delle conseguenze delle scelte che facciamo. Siamo noi due che abbiamo cominciato questo viaggio e noi due che lo finiremo. Insieme comunque, insieme in ogni caso. Insieme, in qualche modo.

Sei l’unica persona al mondo a cui sono legata da un laccio che va oltre l’amore, oltre l’amicizia, oltre il sangue e la prossimità. Perché anche se finissero l’amore e l’amicizia. Anche se la vita ci allontanasse e se il sangue, ovviamente, non ci ha mai uniti, resterebbe da condividere l’amore per i figli che abbiamo fatto insieme, la memoria della loro infanzia, del tempo e della vita che abbiamo vissuto con loro, la preoccupazione per il loro avvenire, la nostalgia di quando saranno volati via dal nido, la fierezza per le persone che, ne sono certa, diventeranno da grandi. Anche se dovessimo arrivare a non parlarci più, so che questo patrimonio inestimabile reesterà solo mio e solo tuo, fino all’ultimo dei giorni che vivremo.

Non ti dirò che sei il miglior padre del mondo, così come non cederei mai alla tentazione di definirmi “la madre migliore” per i figli che abbiamo avuto. Saranno loro, eventualmente, a decidere di graziarci. A perdonare i vuoti, le mancanze, i difetti che esponiamo ogni giorno, ineluttabilmente, alla loro pazienza e alla loro misericordia. A sublimare con l’amore la nostra imperfezione, a farsi bastare la nostra buona fede. Non sei “il migliore”, non lo sono io. Ma ti dico che sei il padre dei miei figli, e questo ti rende per me, per tanti versi, l’unico al mondo.

19 Marzo 2019 2 Commenti
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Giornata internazionale delle donne: i miei perché su donne e uomini

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Marzo 2019

Perché nel 90% delle case ci si aspetta che sia la donna a cucinare, mentre il 90% dei cuochi stellati, a giudicare da quel che vedo in TV, è composto da uomini?

Perché le scuole materne e primarie sono traboccanti di maestre e le aule di università sono piene di professori?

Perché alle riunioni scolastiche (che si tengono quasi sempre in pieno pomeriggio) ci sono in media il 90% di padri e il 10% di madri?

Perché nei gruppi WhatsApp delle classi vengono inserite quasi sempre le madri, perché sono le “mamme” a fare collette per i regali di compleanno, perché il fatto che nella classe di mio figlio il rappresentante dei genitori sia un papà è ritenuta una mezza “stranezza”?

Perché nelle sale d’attesa dei pediatri e dei centri vaccinali ci sono quasi solo mamme (e nonni)?

Perché, dopo una certa età, un uomo celibe è uno scapolo e una donna nubile è una zitella? Perché un uomo non monogamo è un

Perché se un uomo tradisce la moglie, la colpa è della moglie che “non ha saputo tenerselo”, o semmai dell’amante che è una “zoccola rovina famiglie”? E perché, tutto sommato, l’uomo tradisce perché è cacciatore, è nella sua natura, sparge il seme e via dicendo?

Perché se un uomo adulto si comporta in maniera puerile, la responsabilità viene spesso attribuita (in primis da altre donne) alla compagna strega e manipolatrice?

Perché un uomo brizzolato è affascinante e una donna canuta è una “vecchia” indesiderabile o al massimo una tipa naif (anche se a onor del vero su questo va un po’ meglio rispetto a qualche anno fa)?

Perché se un padre lavora 12 ore al giorno, esce a cena con gli amici, va a giocare a calcetto, parte per una trasferta o addirittura vive in un’altra città, nessuno si scandalizza? E se invece è una madre a fare queste scelte, le si ritiene apertamente inappropriate, esecrabili, pericolose per il benessere dei figli? E perché se un padre si occupa dei suoi bambini diviene in automatico oggetto di ammirazione e lusinghe, mentre che lo faccia una madre è del tutto scontato?

Una sfilza di “perché” che ho cominciato a stilare decenni fa, nel momento stesso in cui ho avuto consapevolezza di essere femmina, e che potrebbe allungarsi forse all’infinito. Una sequela di domande che, un tempo, speravo avrebbero trovato una risposta definitiva (o meglio che non avrebbero più avuto ragione di essere formulate) ben prima di oggi, e che invece, più che mai, risuonano ancora irrisolte ed emblematiche. Domande che un giorno non lontano ci porranno le nostre figlie e i nostri figli e per le quali dovremo cercare una risposta sensata, pur sapendo che l’unica risposta possibile è sempre la stessa: che siamo ancora ben lontani da una condizione realmente ugualitaria tra uomini e donne, da una condizione che non nega le differenze fisiologiche tra maschi e femmine (a cominciare dalla facoltà di partorire e allattare) né quelle individuali tra persona e persona, ma che garantisce a tutti gli stessi inalienabili diritti, le stesse opportunità di partenza, la stessa libertà di vivere un’esistenza autentica, libera e felice.

8 Marzo 2019 1 Commenti
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Mamma e papà: diversi, ma uguali

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Gennaio 2019

Mamma e papà non sono identici, ma sono equivalenti. Sono distinti da una intima naturale unicità, eppure sono alla pari. Mamma e papà sono due persone diverse tra loro, non solo e non tanto perché sono una femmina e un maschio, ma perché non esistono, nell’intero universo, due individui che possano essere definiti “uguali”. È questo, il messaggio che cerchiamo di far passare ai nostri figli: non sono mamma e papà a essere identici, sovrapponibili, intercambiabili. Quello che “è uguale” è l’amore che portano verso i propri figli, e l’impegno, condiviso, che spendono ogni giorno per aiutarli a diventare grandi.

Mamma e papà contribuiscono entrambi al bilancio familiare. Ciascuno secondo le proprie attitudini e capacità, e anche in base alle opportunità che la vita gli ha messo dinanzi. Ma entrambi lavorano, cercano una realizzazione anche al di là dei figli e della casa, entrambi guadagnano soldi che, al di là della provenienza, appartengono a tutta la famiglia e verranno spesi per le esigenze di tutta la famiglia.

Mamma e papà si occupano insieme dei loro figli. Non per forza in “dosi” quantitativamente identiche, e non sempre con lo stesso registro e la stessa attitudine, dal momento che sono due persone diverse, con un vissuto e un carattere del tutto personali. Mamma e papà giocano coi loro figli, li accudiscono, leggono per loro, li accompagnano al parco, dal dottore, dai nonni, li aiutano a lavarsi e vestirsi, li portano a scuola e da scuola li riprendono. Li mettono a letto la sera. Con modalità diverse e tempi diversi, ma lo fanno entrambi, insieme, ogni giorno.

Mamma e papà cercano di fare, insieme, le faccende domestiche, di accudire il gatto di casa, di occuparsi delle questioni burocratiche e amministrative che ogni famiglia deve fronteggiare. Ciascuno di loro ha le proprie incombenze, a volte uno dei due vacilla e l’altro cerca di sopperire. Entrambi annaspano, inseguono scadenze in permanente affanno. Cercando di fare fronte comune di fronte alle fatiche della vita adulta.

Mamma e papà organizzano insieme le vacanze, prendono insieme le decisioni che riguardano la famiglia, cercano in qualche modo di rubare del tempo personale per ciascuno dei due. Provano a mettere la propria famiglia sempre davanti a tutto, anche se non sempre ci riescono.

Mamma e papà sanno di non avere ancora raggiunto una suddivisione dei compiti del tutto equa e soddisfacente per entrambi. A volte la mamma si lamenta per le troppe cose che, soprattutto a livello di programmazione e di carico mentale, ancora le sembrano suo appannaggio esclusivo. Altre volte è il papà a sentirsi frustrato, perché sente di fare davvero l’impossibile, e di aver rivoluzionato drasticamente il suo modo di vivere, eppure viene esortato (non sempre gentilmente) a fare ancora di più. Come se i suoi sforzi non bastassero mai.

Mamma e papà sanno che la strada verso la condivisione è ancora lunga, e mai sarà priva di compromessi, passi falsi e strettoie. Ma sanno che i loro figli cresceranno con la certezza che i loro genitori – diversi, unici, non intercambiabili – sono entrambi coinvolti a piene mani nel difficile e meraviglioso compito di accompagnarli nel mondo.

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8 Gennaio 2019 2 Commenti
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Cose che una mamma dovrebbe dire a un papà

by Silvana Santo - Una mamma green 19 Marzo 2018

Senza rimpianti, senza paura, senza censure. Cose che una mamma dovrebbe dire a un papà nell’interesse di tutta la famiglia, a cominciare dal padre stesso.

1. Fallo tu.
Perché sei un genitore esattamente come lo sono io, e hai le mie stesse attitudini e le mie stesse abilità. Perché il fatto che tu sia un uomo non ti rende “meno portato” a preparare una pappa, a cantare una ninna nanna o a parlare con una maestra. Perché non è giusto che certe fatiche e certe preoccupazioni gravino soltanto su di me, e non è sano che a te siano negate tante esperienze. Perché io sono stanca, perché io non ce la faccio più, perché anche io ho bisogno di un momento di riposo.

2. Sei bravissimo
Perché anche se non hai steso il bucato esattamente come lo avrei fatto io, va bene lo stesso. Perché non importa se hai abbinato male i vestiti di nostra figlia, perché non è giusto lamentarsi di “non avere aiuto” se poi critichiamo sempre quello che fanno i papà dei nostri figli.

3. Cosa ne pensi?
Perché le decisioni riguardo ai figli vanno prese insieme. Perché i padri non dovrebbero essere meri esecutori di istruzioni impartiti dalle loro compagne. Perché la responsabilità di stare al timone, navigando a vista perché nessuno ha la mappa del tesoro stretta in mano, non può gravare solo sulle spalle materne e, viceversa, il punto di vista materno merita considerazione e rispetto.

4. Torna prima, stasera
Perché il tempo per stare insieme ai figli è prezioso e irrinunciabile tanto per i papà che per le mamme. Perché anche per i padri l’infanzia dei figli scivola veloce tra le dita senza più tornare, e andrebbe gustata e goduta in qualità e quantità, a piene mani.

5. Come stai? Che cosa provi?
Perché parlare di sentimenti, e di emozioni, non è una “cosa da donne”. Perché la consapevolezza emotiva è importante anche per gli uomini, specialmente se sono impegnati nel compito delicato di crescere dei figli. Perché anche piangere, commuoversi, avere paura non compromettono la virilità e la credibilità di un uomo, o di un padre.

19 Marzo 2018 2 Commenti
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A tutti i papà, con amore

by Silvana Santo - Una mamma green 7 Marzo 2018

Ai papà che lo sono appena diventati. Che scarteranno presto i loro primi regali per la festa del papà. Ai papà con gli occhi gonfi di sonno e il cuore traboccante di meraviglia, ma anche di sgomento, e di confusione. Ai papà che hanno davanti un viaggio infinito, con mille chicane e rettilinei a cento all’ora, radure assolate, sentieri oscuri e panorami mozzafiato.

Ai papà di figli grandi, che i regali per la festa del papà non li ricevono più da anni. Ai papà che ripensano al passato con un po’ di nostalgia, a quelli che il loro passato di papà, per colpe non loro, non sono riusciti a goderselo a piene mani. Ai papà che ora sono nonni, e che si concedono di giocare, e di essere teneri, come non avrebbero mai saputo fare tanti anni fa.

Ai papà a tempo pieno. Che non sono mammi. Che non sono tate. Che non sono dei perdenti, dei falliti, degli scansafatiche. Ai papà che hanno fatto una scelta legittima e anche coraggiosa. Ai papà che sono dei pionieri, normalissimi supereroi.

Ai papà lontani. Per lavoro, per malattia, per miseria o per la fine di un amore. Per scelta o per necessità. Ai papà che invecchiano senza vedere i loro figli che crescono. Ai papà che colmano le distanze con la tecnologia, con gli aerei, con l’immaginazione. Ai papà che recuperano in sogno il tempo perduto. Ai papà che amano forte, oltre lo spazio e la nostalgia.

Ai papà di figli maschi. Che sono un esempio impagabile per il loro bambini, perché sanno che la forza non ha nulla a che fare con la violenza, che l’autorevolezza è l’antitesi della prevaricazione, che la virilità non è mai il contrario dell’empatia e della dolcezza. Ai papà che si occupano dei loro figli insieme alle proprie compagne, con rispetto e con amore.

Ai papà di figlie femmine. Che sono più forti degli stereotipi, che non si riconoscono in un cliché. Ai papà che pettinano bambole, che citano Rapunzel, che allacciano scarpette da ballo sapendo che le loro figlie diventeranno molto più che mamme, principesse o ballerine.

Ai papà nerd, che addormentano i figli leggendo Il Signore degli Anelli e giocano a Guerre Stellari con le figlie. Ai papà che ricevono regali per la festa del papà sulle loro serie TV preferite, che fanno battute che gli altri papà non capiscono, che vegliano di notte con un neonato tra le braccia e un libro fantasy davanti agli occhi.

Ai papà sportivi, che non si aspettano dai figli la realizzazione dei propri desideri. Ai papà sempre pieni di energia, che corrono e saltano, che osano, che danno coraggio.

Ai papà esuberanti, quelli che si commuovono, quelli che scrivono lettere accorate ai loro bambini. Quelli che compongono canzoni e filastrocche, quelli che fanno le vocine quando leggono le favole della sera.

Ai papà riservati. Che maneggiano con impaccio quella materia delicata e pesantissima che sono i sentimenti. Che parlano con pacche sulle spalle e sorrisi senza parole. Ai papà che amano tanto, ma lo fanno con discrezione. E che si emozionano senza saperlo raccontare mentre aprono i loro regali per la festa del papà.

A tutti i papà, con amore.

 

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Come il kit per fare la birra, perfetto per i papà che amano il luppolo (o che hanno compagne che amano il luppolo).

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O le frecce da bicicletta, un regalo ideale per i papà più sportivi.

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Il grembiule da barba, per i papà hipster!

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I gadget di Game of Thrones per i papà nerd.

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La carta con 18 attrezzi per i papà che si sentono un po’ ninja. E molto MacGyver.

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I calzini a forma di sandali per i papà autoironici.

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E tante altre idee…

7 Marzo 2018 0 Commenti
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I papà di figlie femmine

by Silvana Santo - Una mamma green 6 Febbraio 2018

I papà di figlie femmine vengono descritti spesso come gelosi e possessivi. Eternamente guardinghi, innamorati pazzi delle loro bambine. Magari rammaricati di non avere “il maschio da portare allo stadio” o con cui fare la lotta. I papà delle figlie femmine, a volte, sono intrappolati dentro a un cliché.

Ma i papà delle figlie femmine, se lo vogliono e se lo concedono a se stessi, sono molto di più di un luogo comune.

I papà di figlie femmine cantano la canzone di Elsa a pieni polmoni. Cambiano i vestiti alla bambola di Elsa, cullano gli orsetti di peluche. Si trascinano dietro passeggini giocattolo e borsette rosa quando le loro figlie si addormentano nel mezzo di una passeggiata. I papà di figlie femmine mettono smalti colorati su unghie minuscole e imparano a fare trecce e chignon. Allacciano braccialetti, infilano ballerine e sistemano cerchietti, coroncine, fiocchi.

I papà di figlie femmine giocano a calcio con le loro bambine. E alla lotta, e ai supereroi. Leggono per loro, disegnano con loro, costruiscono insieme a loro torri infinite di mattoncini colorati. Ripetono alle loro figlie che sono coraggiose, forti e bellissime. Le abbracciano quando piangono e si lasciano consolare quando sono tristi. Applaudono ai loro saggi di danza, o di ginnastica, alle loro partite di volley, di rugby, di pallanuoto. Agli incontri di scherma, alle gare di nuoto o di pallacanestro. Le supportano nello studio, le incoraggiano, le ammirano.

I papà di figlie femmine hanno l’opportunità straordinaria di assistere alla formazione di una piccola donna, e di spogliarsi dei pregiudizi, del maschilismo, dei preconcetti con cui, forse, sono cresciuti. Di imparare cosa è davvero una bambina. Di osservare ogni giorno la complessità del mondo femminile e, magari, entrare in contatto con la propria parte femminile e “materna”.

I papà delle figlie femmine possono dare un contributo straordinario nella costruzione di un mondo migliore per le proprie figlie. E per tutte le bambine del pianeta.

6 Febbraio 2018 1 Commenti
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Perché dovrei ringraziare più spesso il padre dei miei figli

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Ottobre 2017

Post sponsorizzato.

Non sono una che fa fatica a dire grazie. Non mi pare, perlomeno. Ma potrei fare di meglio, soprattutto col padre dei miei figli. Dovrei ringraziarlo più spesso, e ora vi (e gli) dirò il perché.

Dovrei ringraziare più spesso il padre dei miei figli perché da quando lo conosco è cambiato su tante cose, ma è rimasto fedele a se stesso su molte altre. Così, per ogni giorno in cui penso di non riconoscere più l’uomo che ho sposato, ce ne sono almeno tre in cui posso voltarmi e ritrovare accanto a me il ragazzo che ho incontrato tanti anni fa.

Perché, a proposito di cambiamenti, in 15 anni non ha mai smesso di portare la barba. Anche se quando la accorcia col suo fichissimo regolabarba ultratecnologico sparge piccoli peli ispidi su tutta la superficie del nostro unico bagno, e io tutte le volte sono tentata di augurargli un’alopecia.

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Perché ama me e i suoi figli (e il resto dell’universo, gatto incluso) in un modo sano, che io non ho ancora imparato: senza mai rinunciare a se stesso. Senza trascurare i propri bisogni primari, anche a costo, qualche volta, di frustrare quelli delle persone a cui vuole bene.

Perché quando decido di mangiare sano si sforza in tutti i modi di mangiare meno schifezze a sua volta. E non perché lo voglia davvero, ma solo per evitare di indurmi in tentazione.

Perché è capace di mentire, a differenza mia. O perlomeno di omettere certe verità. E magari, standogli accanto, prima o poi riuscirò a fare altrettanto senza dovermi odiare per averlo fatto.

Perché si infila una calzamaglia ridicola e un cardiofrequenzimetro che fa anche il caffè e va a correre in orari improbabili. Così di sera e nel weekend può stare insieme a noi.

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Perché va avanti anche quando gli faccio del male. Va avanti, soprattutto, anche quando è lui a fare del male a me. E così facendo, in qualche modo, mi trascina con sé. Mi impedisce di restare impigliata nelle maglie strette del chiarimento, della riparazione, del bilancio.

Perché quando guardiamo insieme le serie TV non si offende per i miei commenti sui protagonisti maschili. Anzi, dispensa complicità e cameratismo degni di una fedele amica adolescente.

Perché fa ogni giorno il massimo che la sua personalità, il suo vissuto, lo stato d’animo, l’energia che gli scorre in corpo gli permettono di fare. Anche se difficilmente questo a me basta.

Perché sa accontentarsi. E mi ricorda che ogni tanto dovrei provarci anch’io.

Perché è sempre rimasto. Anche dopo avermi detto che forse era il momento di andare via.

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4 Ottobre 2017 1 Commenti
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futuri genitori guida
essere madre

Piccolo manuale per futuri genitori

by Silvana Santo - Una mamma green 17 Giugno 2016

Il momento è vicino. State per diventare mamma e papà (o mamma e mamma, oppure papà e papà, il panico è esattamente lo stesso) e paghereste un anno di birre per avere a disposizione un manuale per futuri genitori. Anche solo in ebook, in fotocopia, o in visione temporanea per qualche ora. Qualsiasi cosa che vi sollevi da quel senso di totale incompetenza che vi sentite nella testa e nello stomaco. Vi dico una cosa che non vi piacerà: le istruzioni non esistono, non avete altra opzione che imparare sul campo. La brutta notizia è che farete un sacco di errori, quella buona è che raramente saranno molto gravi, e quasi mai irreparabili. Nessuno potrà mai dirvi cosa fare, ma ci sono alcune cose che vorrei condividere con voi. Non proprio un manuale, insomma, ma una specie di bignami.

La strada della maternità (e paternità) è lastricata di compromessi
Non importa quanto solide siano le vostre convinzioni in fatto di strategie educative, conciliazione, rapporti familiari, sana alimentazione e quant’altro. Dovrete fare un sacco di compromessi, ogni singolo giorno del calendario. Tra quello che ritenete giusto e quello che sarà realmente possibile, tra quello che vostro figlio vorrà disperatamente e quello che per voi sarà opportuno, tra il lavoro e la famiglia, tra i vostri bisogni di uomini e donne e le esigenze del bambino che sta per arrivare. Dovrete fare, a volte, cose che vi scocciano e frequentare persone che non vi stanno simpatiche. Dovrete chiedere aiuto a qualcuno ed essergli grato per il supporto che vi darà. Rassegnatevi in partenza e soffrirete di meno: essere genitore è un quotidiano e certosino lavoro di diplomazia fine.

Le mamme e i papà navigano a vista
Lasciate perdere l’ostentata sicurezza di alcuni genitori attempati. Magari è anche sincera, ma non corrisponde alla realtà delle cose. Sappiate che le mamme e i papà cambiano rotta continuamente. Tutte le mamme e tutti i papà. E capiterà ovviamente la stessa cosa anche a voi: dovrete rivedere certe convinzioni, rimodulare alcuni atteggiamenti, improvvisare e navigare a vista, facendovi guidare dall’istinto, dal caso, dal vostro stesso figlio, dal vostro compagno o da qualche altra persona più o meno vicina. A volte anche dalla paura o dalla follia. Perché scoprirete che la teoria letta nel miglior manuale per futuri genitori non è mai applicabile alla lettera, che quello che funzionava ieri non va bene oggi, che ciò che vale per un figlio non è vero per un altro. Perché conoscerete un bambino che non è un vaso vuoto da colmare né una lavagna bianca su cui scrivere, ma una persona delle cui caratteristiche, volontà ed esigenze non potrete non tenere conto. Un individuo complicato, unico e mutevole. Nonché irragionevole come tutti gli umani in tenera età.

Molti genitori mentono
Non lo fanno per cattiveria. Alcuni non se ne rendono neanche conto, altri si limitano a omettere particolari a loro parere trascurabili, oppure a mistificare appena la realtà. Lo fanno per paura di essere giudicati, perché hanno bisogno di convincersi della propria “bravura”, perché avrebbero la sensazione, dicendo le cose come stanno, di sparlare di quel figlio che amano tanto. Fatto sta che loro spesso mentiranno e voi, ogni tanto, vi sentirete gli unici a vivere certe esperienze. I soli genitori di un neonato che non dorme mai, di un bambino che tarda a camminare o a parlare, di una figlia che mangerebbe solo pizza e patatine, o che strepita e molla ceffoni pur non avendo mai visto nessuno fare altrettanto. Non è così. Non esistono bambini da manuale, né genitori perfetti.

Sarete giudicati di continuo
Nessun manuale per futuri genitori vi salverà dal giudizio altrui. I vostri genitori continueranno senza colpa a “sentirvi” come figli e, più o meno consciamente, giudicheranno il vostro operato, a viso aperto o tra le righe. Le altre mamme e papà vi giudicheranno di continuo. Per insicurezza, per fragilità, per debolezza o solo perché sono stronzi. Gli amici senza figli tenderanno a formulare spesso giudizi su di voi, credendo di sapere come (non) si comporterebbero nei vostri panni. I vostri figli vi giudicheranno senza pietà. Non subito, certo. Ma appena avranno capito che non siete infallibili e onnipotenti vi bersaglieranno di critiche e bocciature. Soprattutto, voi stessi non potrete fare a meno di giudicarvi, con un grado di indulgenza che dipenderà da tanti fattori diversi. Imparerete, col tempo, a riconoscere la benevolenza di certi commenti, a usare i giudizi utili per diventare migliori, e a farvi scivolare addosso quelli che sono soltanto distruttivi. Da chiunque essi provengano.

Vi pentirete di avere avuto un figlio
Nonostante moltissimi già-genitori siano pronti a negarlo anche sotto tortura, quel momento, presto o tardi, verrà. Sarete stanchi, arrabbiati, preoccupati o frustrati da un capriccio più ostinato degli altri. E allora penserete, per un momento o per una giornata intera, che sarebbe stato meglio non avere figli. Che la vostra vita sarebbe più semplice, più libera e più felice senza un bambino da accudire, educare, proteggere e anche sopportare tutti i giorni e tutte le notti. Poi vostro figlio farà o dirà qualcosa di indescrivibilmente buffo e irresistibile, oppure semplicemente vi abbraccerà fortissimo dicendovi “Ti voglio bene”, e allora cambierete idea. Almeno fino alla prossima crisi.

Ce la farete
Non importa se a volte vi sembrerà di affogare. Se avrete il desiderio di mollare o se vi sentirete, a torto o a ragione, bersaglio di critiche immeritate e di sfighe insopportabili. Voi ce la farete. Esattamente come tutti gli altri. Perché sono la vita e l’amore che vi hanno condotto fino a questo punto, e saranno la vita e l’amore a farvi andare avanti sempre, anche quando vi sembrerà di esservi perduti.

 

 

17 Giugno 2016 7 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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