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diario di ECOmamma

babywearing

Istintivo, sostenibile e comodo: viva il babywearing

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Dicembre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di dicembre 2013)

babywearing

© Unamammagreen

La prima carrozzina per neonati è stata inventata solo verso la metà del 1700, ma ci sono voluti diversi decenni perché quella di trasportare i più piccoli in appositi “mezzi su ruote” diventasse una vera e propria abitudine, e solo nei Paesi occidentali. Come facevano prima le mamme e i papà? Esattamente come continuano a fare tuttora i genitori di molte regioni del Pianeta: portando i figli sul proprio corpo (sulla schiena, sul petto, sul fianco) e servendosi, per sostenerli, di strisce di stoffa, fasce e altri supporti in tessuto. Un po’ come accade tra le specie di primati filogeneticamente più prossime a quella umana, con le femmine che se ne vanno in giro, per mesi o anni, coi piccoli aggrappati al proprio corpo.

Il babywearing (letteralmente “indossare il bambino”) è infatti il sistema più antico e universale per trasportare i bambini che non sanno ancora muoversi autonomamente. Il più istintivo, per così dire. Una specie di prolungamento della gestazione, che permette alla mamma (ma anche al papà, s’intende) di stare col proprio figlio pancia a pancia, pelle a pelle, rassicurandolo, scaldandolo, assicurandogli il “contenimento” di cui necessita. Di allattarlo con comodità e discrezione in qualsiasi contesto, spesso continuando a fare quello che si stava facendo prima della poppata. Senza contare la comodità indiscussa di girare senza ingombranti mezzi di trasporto e con le mani libere. Portare i bambini, in un certo senso, rappresenta anche un approccio particolarmente sostenibile, perché consente di spostarsi agevolmente a piedi anche su distanze e tracciati un po’ più impegnativi.

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27 Dicembre 2013 0 Commenti
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animali

Bambini e animali, convivenza possibile? Necessaria!

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Novembre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di novembre 2013)

gatti_e_bambiniQualche preoccupazione, prima che mio figlio nascesse, in fondo in fondo ce l’avevo anch’io. La prospettiva della convivenza tra il bambino in arrivo e il vivace (e grosso) felino di casa mi dava qualche pensiero, soprattutto a causa delle domande ansiogene di familiari e conoscenti: “E se gli facesse del male? Non potrebbe trasmettergli qualche malattia?”. A distanza di qualche mese dal parto, invece, mi trovo con soddisfazione a constatare che si trattava di paure del tutto infondate: non solo Artù non ha mai mostrato atteggiamenti aggressivi nei confronti dell’ultimo arrivato, ma l’emozione che si accende negli occhi di Davide ogni volta che incrocia il suo fratello peloso è straripante e contagiosa. Una gioia davvero incontenibile.

Basterebbe questo a consigliare senza remore la coabitazione tra bambini e amici a quattro zampe, possibilmente trovatelli, ma le ragioni sono in realtà ben più numerose. Intanto, diversi studi (come quello dell’Henry Ford Hospital di Detroit o del Centro di ricerche per la salute ambientale di Monaco) dimostrano che crescere insieme a un animale domestico riduce in modo significativo il rischio di diventare allergici. E i benefici sul sistema immunitario non finiscono qui: meno casi di febbre, asma e altri problemi respiratori per i piccoli che vivono insieme a un pet. Non solo: gli esperti della University of Western Australia hanno concluso che avere un animale per amico, soprattutto se si tratta di un cane, permette ai bambini di passare più tempo all’aria aperta e di fare regolare attività fisica, riducendo il rischio di obesità infantile. Come appurato da una equipe di ricercatori giapponesi, infine, giocare con un cucciolo per un’ora e mezza fa aumentare del 20% la produzione di ossitocina, un ormone in grado di contrastare sensazioni di ansia, stress e tristezza.

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27 Novembre 2013 8 Commenti
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Riciclato, naturale ed etico: viva il giocattolo ecologico

by Silvana Santo - Una mamma green 21 Ottobre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di ottobre 2013)

giocoLa vita, in fondo, è un gioco che non finisce mai. E per i bambini, specie se molto piccoli, le ore trascorse in attività ludiche sono le più importanti, perché addestrano i sensi, allenano la mente e preparano alle sfide dell’età adulta. Il gioco – e i giochi – meritano dunque un’attenzione speciale, anche, ma non solo, in termini di sicurezza e sostenibilità dei materiali impiegati.

Attenzione, prima di tutto, alla possibile presenza di sostanze nocive all’interno dei giocattoli, come ftalati, formaldeide e metalli pesanti. Nel mio caso, un imperativo ancora più rigoroso, dal momento che BigD, come molti suoi coetanei (e anche di più, vista la sua dentizione un po’ problematica), tende a portare qualunque cosa alla bocca. Via libera, invece, ai materiali naturali, perfetti per stimolare i sensi del bambino: legno, ma anche carta, stoffa e gomma (in questo caso, attenzione alle possibili allergie), trattati con pitture atossiche e privi di piccole parti potenzialmente inalabili.

In casa nostra, tra i giocattoli preferiti da grandi e piccini ci sono ad esempio i pupazzi morbidi in cotone organico, soffici, lavabili e praticamente indistruttibili: una vera e propria palestra per le manine e i piedini di Davide, che si diverte ad afferrarli, lanciarli e mordicchiarli senza danno. Assicuratevi inoltre che ogni giocattolo che acquistate rispetti le norme internazionali in materia di sicurezza e di prevenzione del lavoro minorile: se un altro bambino è stato sfruttato per costruirlo, dov’è il divertimento?

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21 Ottobre 2013 2 Commenti
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allattamentosvezzamento

Pappa ecofriendly? Latte di mamma e alimenti bio

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Settembre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di settembre 2013)

È pratico, gratuito, rinsalda il legame tra madre e figlio e risponde in modo ideale alle esigenze nutrizionali del neonato. I benefici dell’allattamento al seno si sprecano, e sono argomento comune nei corsi di preparazione al parto, nelle maternità e negli studi pediatrici, ma è raro che si sottolinei un’altra caratteristica fondamentale dell’alimento materno: è amico dell’ambiente. Si tratta infatti del prodotto “a chilometri zero” per eccellenza, che viene reso disponibile all’occorrenza e sempre nella giusta quantità. Zero rifiuti, inoltre, per il latte di mamma, che a differenza di quello formulato non richiede bottiglie, lattine, brick o altri contenitori monouso. Da non sottovalutare, infine, il risparmio, in termini di emissioni di CO2, rispetto al latte vaccino: se tutti i bambini del mondo venissero allattati con un prodotto di origine bovina, le conseguenze ambientali dell’allevamento delle vacche sarebbero molto pesanti. Il consiglio, dunque, è di rispettare, salvo diversa indicazione del pediatra, il suggerimento dell’Organizzazione mondiale della sanità, che consiglia di allattare esclusivamente al seno fino al sesto mese compiuto. A un certo punto, però, il piccolo va ovviamente svezzato, cominciando di solito col proporgli delle semplici puree di frutta. È importante, in questo caso, che i primi pasti del bambino siano quanto più naturali possibile, privi di additivi come zucchero o altri dolcificanti.

Quando è toccato a me cominciare lo svezzamento di Davide, ho optato per preparare in casa le sue pappe, attraverso il procedimento della cottura al vapore, che limita la perdita dei nutrienti e preserva i sapori. La frutta da servire al bambino, possibilmente biologica, va acquistata da un rivenditore fidato e lavata accuratamente prima della preparazione. Lo stesso vale, una volta introdotti i cibi “salati”, per le verdure e le carni, a cui in ogni caso non deve essere aggiunto sale extra (è sufficiente quello contenuto naturalmente nei cibi). Per proporre alimenti che contengono glutine e altri cibi allergenici è opportuno invece attendere l’ok del pediatra.

La scelta di auto-produrre i primi pasti consente di controllare meglio gli ingredienti, puntare su tecniche di preparazione più semplici e ridurre la quantità di rifiuti prodotti, ma chi volesse acquistare pappe già pronte può contare su diversi marchi di alimenti biologici per la prima infanzia, controllando sempre che siano privi di sale e di zucchero aggiunti, oltre che di pesticidi. Via libera, infine, anche allo svezzamento vegetariano, a patto che sia effettuato sotto controllo medico e con l’eventuale integrazione dei nutrienti che potrebbero risultare carenti (su questo tema, un approfondimento al più presto!).

4 Settembre 2013 10 Commenti
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viaggi

In vacanza con i bambini: piccola guida per un viaggio sostenibile

by Silvana Santo - Una mamma green 17 Luglio 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di luglio/agosto 2013)

Per chi, come la sottoscritta, è abituato da sempre a viaggi low cost e low impact, la prima vacanza con bambino al seguito può rappresentare una vera e propria rivoluzione, a cominciare dalla quantità e dalla mole delle valigie. Per una legge fisica mai formulata ma sperimentata da molti, sembra infatti che la quantità di bagagli necessaria sia inversamente proporzionale alle dimensioni del viaggiatore: spostarsi con un bambino, di norma, somiglia più a un trasloco che a una vacanza. Per non esagerare, il mio consiglio è di adottare la tecnica che ho usato io per il primo fine settimana fuori porta insieme a Davide: scrivere con calma una lista dettagliata delle cose da portare e attenersi scrupolosamente alle indicazioni dell’elenco.

Quanto alle destinazioni, la nascita di un figlio può rappresentare una preziosa occasione per riscoprire mete vicine, riducendo in questo modo le distanze percorse e l’impatto ambientale del trasferimento. Aree protette e altri luoghi “di natura” rappresentano una destinazione ideale per i più piccoli. Per la mia famiglia, ad esempio, quest’anno solo località italiane, il più possibile incontaminate: Dolomiti trentine e spiagge dell’Argentario. Chi è abituato a spostarsi in automobile, ma questo vale non solo per la villeggiatura, dovrebbe chiedersi se una famiglia in crescita ha davvero bisogno di una station wagon o di un SUV, o se non può piuttosto continuare a muoversi con la stessa auto che usava prima che nascesse il bambino. Passeggini e altri oggetti ingombranti, in fondo, si usano per poco tempo, e in caso di necessità possono al limite trovare posto su un normale portapacchi. Potendo scegliere, in ogni caso, meglio spostarsi con i mezzi pubblici, in viaggio come in città (ma questo vale anche per chi figli non ne ha).

Per chi ha un bambino molto piccolo, poi, anche la scelta del periodo in cui programmare la vacanza può contribuire a ridurre l’impatto ambientale: mio marito ed io, peresempio, abbiamo organizzato la nostra villeggiatura in modo da partire quando Davide sarà ancora allattato al seno. Oltre alla maggiore praticità, questo ci permetterà di viaggiare più leggeri e di evitare di ricorrere a confezioni di pappe usa e getta. Per i più grandicelli, invece, la rosa delle possibilità si amplia, permettendo di optare, ad esempio, per una vacanza in bicicletta, un giro in barca a vela o, meglio ancora, un campo di volontariato ambientale come quelli che Legambiente organizza ogni anno in Italia e all’estero. Occhio, infine, alla scelta della struttura in cui soggiornare: meglio puntare su alberghi, campeggi e residence che seguano i principi dell’ecoturismo, ricordando che ad essere “viaggiatori” piuttosto che “turisti” si impara da piccoli.

Link utili
In vacanza nei parchi. In Italia oltre il 10% del territorio è protetto: parchi naturali e regionali, aree marine protette e altre riserve rappresentano la soluzione ideale per una vacanza in famiglia (ma anche in coppia, in gruppo o da soli) all’insegna della natura, ma anche della storia, dell’arte e delle specialità gastronomiche regionali.

Volontari con Legambiente. L’associazione del Cigno propone ogni anno un’ampia scelta di campi di volontariato per bambini, per ragazzi e per famiglie. Un’occasione per dedicare un po’ di tempo alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche per fare nuove amicizie e “vivere” splendide località.

Eco è meglio. Viaggiare leggeri non significa solo partire con un bagaglio poco ingombrante, ma soprattutto fare scelte consapevoli per quanto riguarda il tipo di struttura ricettiva, l’alimentazione, le attività ricreative, l’atteggiamento verso la popolazione e la cultura locali. Chi desidera viaggiare in modo rispettoso dell’ambiente può scegliere tra le proposte di Ecoturismo Italia.

17 Luglio 2013 3 Commenti
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Sicura ed efficiente: consigli per una cameretta green

by Silvana Santo - Una mamma green 28 Giugno 2013

Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di giugno 2013)

La preparazione del “nido” per Davide è uno dei ricordi più piacevoli della mia gravidanza. Per quanto divertente, però, l’allestimento della cameretta nasconde una seria insidia per la salute dei bambini: il cosiddetto inquinamento indoor, causato da solventi, colle, vernici e altri prodotti utilizzati nell’arredamento e nei rivestimenti, che possono rilasciare Composti organici volatili (Voc in sigla) e altre sostanze dannose. Con qualche accorgimento, comunque, è possibile correre ai ripari. Per evitare che nostro figlio giocasse e riposasse in un ambiente poco salubre, ad esempio, mio marito e io abbiamo utilizzato solo pitture ad acqua per la tinteggiatura della cameretta. Per decorare le pareti, inoltre, abbiamo evitato smalti e vernici potenzialmente tossici, preferendo adesivi murali che abbiamo applicato noi stessi.

Altri interrogativi li ha posti la scelta degli arredi, che oltre a essere talvolta realizzati con materiali non sostenibili, come legname ricavato da specie a rischio di estinzione, possono contenere sostanze chimiche irritanti o addirittura cancerogene, a cominciare dalla formaldeide. In commercio esistono mobili ecologici certificati, ma il budget a nostra disposizione ci ha costretti a ripiegare su un celebre marchio svedese dell’arredamento low-cost (vi viene in mente qualcuno?) che, almeno ufficialmente, non usa formaldeide in collanti e vernici e che dichiara una policy piuttosto rigida per quanto riguarda la tossicità dei materiali impiegati. Per Davide, dunque, mobili a misura di bambino in fibra di betulla e cartone riciclato, tinteggiati con colori neutri e rilassanti (per limitare ulteriormente il rischio di emissione di Voc, infatti, abbiamo optato per arredi laminati, più sicuri dei mobili grezzi).

Per quanto riguarda invece le tappezzerie – tende, biancheria da letto, cuscini -, la scelta è ricaduta su materiali naturali come lino e cotone, rigorosamente in tinte chiare e luminose, e per evitare l’inquinamento elettromagnetico e acustico abbiamo bandito computer e televisore dalla cameretta di Davide. L’isolamento termico è assicurato da persiane e infissi in PVC e da doppi vetri ad alta efficienza, mentre una doppia tenda consente di limitare l’irraggiamento solare durante i pomeriggi estivi (la stanza è esposta a ovest), in modo da limitare il più possibile il ricorso al ventilatore. Altri piccoli accorgimenti per rendere più green la stanza del mio bambino: il lampadario è stato recuperato dalla vecchia cameretta in cui dormivo da piccola, mentre tutte le lampadine utilizzate sono rigorosamente a basso consumo energetico. Ora che la stanza è già piena di giocattoli, poi, siamo sempre equipaggiati con una fornitura di batterie ricaricabili di diversi formati, per fare in modo che Davide non debba mai fare a meno della sua amata altalena musicale!

28 Giugno 2013 6 Commenti
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pannolini ecologici

Biodegradabili o lavabili? Alla ricerca del pannolino giusto

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Giugno 2013

Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di maggio 2013)

Davide pannolinoLo confesso: la prima volta che ho cambiato mio figlio, sono stata felice che indossasse uno di quegli inquinantissimi pannolini usa e getta del reparto maternità in cui è nato. Le prime feci dei bambini, il meconio, sono una disgustosa sostanza verdastra e appiccicosa, che in caso di fuoriuscite indesiderate risulterebbe, suppongo, davvero difficile da gestire. Appena rientrati a casa, però, ho detto addio ai pannolini tradizionali – realizzati con materiali plastici molto inquinanti, trattati con sbiancanti a base di cloro e contenenti gel ad alta assorbenza che surriscaldano le parti intime dei bebè – in favore di una soluzione più sostenibile, sulla quale avevo ragionato fin dai primi mesi di gravidanza.

Qui, però, mi tocca subito un’altra confessione: per i primi tempi in compagnia di Davide ho deciso di rinunciare ai pannolini lavabili e ricorrere ai più pratici monouso. Nelle loro prime settimane, i neonati richiedono in media 8-10 cambi al giorno, producono deiezioni liquide difficili da contenere e, soprattutto, richiedono ore e ore di cure da parte dei loro genitori. Aggiungeteci che mio figlio è nato in pieno inverno e perdonerete, forse, la deroga momentanea all’uso dei lavabili. Il compromesso? Pannolini usa e getta a basso impatto ambientale, del tutto o in parte compostabili, realizzati con amido di mais e altre sostanze naturali, privi di cloro e (quasi) di gel assorbenti. Finora ho sperimentato un paio di marchi di pannolini biodegradabili, che hanno superato la prova: in termini di assorbenza competono con quelli di plastica e, soprattutto, rispettano la pelle dei piccoli.

L’idea, comunque, resta quella di passare ai lavabili appena possibile, contando anche sul favore dell’estate. In tema di lavabili, la scelta è davvero ampia. Si va dai modelli all-in-one, formati da un unico pezzo simile agli usa e getta (pratici da usare, ma con tempi di asciugatura piuttosto lunghi) ai “prefold”, con una parte interna assorbente da ripiegare e una eventuale mutandina esterna impermeabile, fino ai modelli “pocket”, con una tasca in cui inserire uno o più strati di tessuto assorbente. Per tutti, giurano produttori e utilizzatori, i vantaggi si sprecano, sia in termini economici, sia dal punto di vista ambientale (nel corso della sua vita “pannolinata”, ogni bambino genera, suo malgrado, circa una tonnellata di rifiuti). La scelta dei lavabili, infine, si rivela azzeccata anche per il benessere dei pupi, garantendo una maggiore traspirabilità, evitando al bimbo il contatto con sostanze tossiche e aiutandolo a mantenere le anche nella posizione più corretta.

5 Giugno 2013 3 Commenti
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cosmetici biologici

Liscio come il sederino di un bebè

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Maggio 2013

Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di aprile 2013)

 La pelle dei bambini ha una morbidezza proverbiale. Lo sanno bene le mamme e i papà, consapevoli anche che tanta soffice delicatezza richiede una cura particolare e una scelta sapiente dei prodotti per l’igiene. Quando, tre giorni dopo il rientro dall’ospedale, Davide ha perso il moncone del cordone ombelicale, la prospettiva del primo bagnetto mi ha posto davanti a una serie di alternative. La scelta principale, condivisa con la mia metà, è stata quella di seguire lo stesso principio adottato per noi grandi: evitare detergenti, creme e lozioni che contenessero derivati petroliferi, prodotti etossilati e altri ingredienti potenzialmente inquinanti.

Bando, dunque, a paraffine, petrolati e siliconi, che vengono ricavati a partire da materie prime non rinnovabili, e che non essendo biodegradabili, una volta nello scarico finiscono con inquinare le acque. Personalmente, abbiamo preferito evitare anche i coloranti sintetici (indicati generalmente in etichetta da un numero di 5 cifrepreceduto dalla sigla CI, Colour index), perché possono essere causa di allergie. Per la stessa ragione, meglio scegliere cosmetici privi di profumazioni aggressive: in questo modo, tra l’altro, si evita di alterare o cancellare l’irresistibile odore di bebè!

La scelta di preferire cosmetici ecologici è ovviamente molto personale, ma come assicurarsi che i prodotti selezionati siano davvero green? Affidarsi ai marchi più consolidati non basta: l’unica possibilità, allora, è abituarsi a leggere l’elenco degli ingredienti dei prodotti (INCI, International nomenclature of cosmetic ingredients), ricordando che i diversi componenti sono indicati in ordine decrescente di abbondanza.

Una possibilità per interpretare gli INCI in un’ottica ecologica è il Biodizionario online, che assegna una valutazione di sostenibilità e salubrità agli ingredienti usati nei cosmetici (si tratta comunque di valutazioni soggettive, tenetelo comunque a mente). Personalmente, per mio figlio ho scelto di puntare su prodotti a base di ingredienti naturali, purché non siano di origine animale o estratti da piante in via di estinzione: amido di riso rinfrescante da sciogliere nell’acqua del bagnetto, olio di mandorle puro per elasticizzare e idratare la pelle, burro di karité per nutrire, calendula per lenire screpolature e irritazioni. Oltre al discorso dell’impatto sull’ambiente, trovo infatti gli ingredienti di origine naturale più gradevoli, sia come consistenza che come aroma.

Se pensate di fare la stessa scelte, fate sempre attenzione alle possibili allergie, ricordando che gli estratti vegetali possono determinare reazioni avverse (meglio sempre fare una prova su una porzione minuscola di pelle). Io trovo ottimo anche il classico ossido di zinco per lenire gli eventuali arrossamenti da pannolino. E per una scelta ancora più sostenibile si può optare, come noi abbiamo fatto per Davide, per cosmetici certificati bio, preparati con estratti vegetali provenienti da coltivazioni organiche.

Infine, il mio consiglio è quello di non esagerare con la mania dell’igiene: eccedere con disinfettanti, detergenti e salviette umidificate può nuocere alla delicata epidermide dei neonati, oltre che interferire con il naturale sviluppo delle loro difese immunitarie.

8 Maggio 2013 2 Commenti
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abbigliamento sostenibile

Il corredino del bebè: tessuti naturali e zero chimica

by Silvana Santo - Una mamma green 25 Marzo 2013

Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di marzo 2013)

Fonte: Mamma.pourfemme.it

«I neonati hanno sempre freddo, quindi vanno coperti molto di più rispetto agli adulti». «I bambini sudano facilmente, meglio vestirli poco». «Attenzione ai colpi di vento e alle allergie!». Quando c’è un bimbo in arrivo, tutti si sentono in dovere di elargire consigli non richiesti e spesso le future mamme si trovano investite da moniti allarmanti e opinioni in deciso contrasto tra loro. Quello della preparazione del corredino è uno dei momenti in cui l’equilibrio psicologico già delicato della donna in attesa viene messo a dura prova dai suggerimenti contraddittori che arrivano da ogni parte: difficile trovare un altro argomento su cui vi sentirete dire tutto e il contrario di tutto.

Come gestire input così contrastanti? Senza pretendere di possedere le chiavi della verità, quando è toccato a me ho cercato di affidarmi al buon senso e di attenermi a poche e semplici “regole” che per lo più sono valide anche per l’abbigliamento degli adulti. Prima di tutto, personalmente ho preferito tessuti di origine naturale, come il cotone, il lino e la seta. Trovo infatti, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, che favoriscano la traspirazione, evitano che il bimbo sudi troppo e che la sua pelle delicata diventi terreno fertile per dermatiti, micosi e infezioni batteriche. La lana non andrebbe usata a diretto contatto con la pelle dei neonati, perché potrebbe causare prurito e fastidiose irritazioni (meglio optare per il caldo cotone), ma resta un’ottima scelta per gli strati più “esterni”, come golfini, cardigan e copertine.

Anche per le fibre naturali, comunque, occorre sempre assicurarsi che gli abiti non contengano formaldeide, metalli pesanti, ftalati, coloranti nocivi e altre sostanze chimiche allergeniche, tossiche o inquinanti. Sul mercato esistono diverse certificazioni che attestano la salubrità dei prodotti tessili, come il bollino Eco Safe o lo standard Oeko-Tex, ma una delle scelte più sicure è quella di affidarsi ai filati biologici. Il cotone organico, come le altre fibre naturali bio, viene coltivato senza usare prodotti chimici di sintesi come fertilizzanti o pesticidi, non contiene allergeni né Ogm e l’intera filiera di lavorazione esclude l’impiego di sbiancanti, tinte o detergenti nocivi per la salute e per l’ambiente. Attenzione, però: tutti i capi realizzati in fibre biologiche devono essere contrassegnati con un apposito marchio rilasciato da un organismo di certificazione indipendente.

Quanto al dilemma atavico su quanto coprire il bambino, il sistema migliore è forse quello di vestirlo a strati, in modo da coprirlo e scoprirlo facilmente a seconda della temperatura esterna. In ogni caso, meglio non esagerare con la paura dei colpi di freddo: uno strato in più rispetto a quello che indossiamo noi è più che sufficiente per tenere al caldo anche un bimbo freddoloso.

25 Marzo 2013 9 Commenti
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gravidanza e partorimedi naturali

Prepararsi al parto: consigli utili per evitare il panico

by Silvana Santo - Una mamma green 18 Marzo 2013

Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di febbraio 2013)

Partorirai con dolore. Ovvero come tre semplici parole possano condizionare una donna al punto da indurla a pensare con orrore a quello che in realtà è un evento fisiologico, per quanto impegnativo e – ammettiamolo subito senza ipocrisia – di norma doloroso. Dopo il test di gravidanza, le ho ripetute a me stessa in loop, come un mantra “al contrario” che non faceva altro che incrementare la paura e fiaccare la mia autostima. Colpa degli ormoni, probabilmente. Ma anche di un retaggio culturale che ormai considera il parto come un’esperienza medica qualsiasi, alla stregua di un intervento chirurgico terapeutico, nonché della tendenza, macabra e per me inspiegabile, che molte madri hanno nel raccontare il proprio con particolari degni di un film di Tarantino.

Confesso, dunque, di aver dovuto compiere uno sforzo non indifferente per riprogrammare la mia percezione del travaglio. Il corso di preparazione al parto, in questo senso, è stata un’esperienza utile (per quanto molto carente su altri aspetti). Un’occasione per confrontarmi con altre primipare spaventate, ma soprattutto per imparare cose che ignoravo o che conoscevo poco e male. A cominciare dalla corretta respirazione da effettuare durante le contrazioni, fondamentale per mantenere una buona ossigenazione e per “distrarsi” dalle doglie. Inspirare profondamente dal naso ed espirare dalla bocca per tutta la durata della contrazione: sembra un dettaglio insignificante, ma non lo è, a prescindere che si scelga di partorire a casa o in ospedale. Come non lo sono le tecniche di rilassamento che permettono di affrontare meglio il travaglio. Per prima cosa, aiuta concentrarsi su un pensiero felice, del tutto slegato dall’esperienza che si sta vivendo: un viaggio fatto o previsto, un libro amato, una borsetta desiderata.

Anche la musica può servire: preparate una playlist e chiedete all’ostetrica di farvela ascoltare nei momenti clou. Sconsigliato, al contrario, fissarsi sul pensiero delle contrazioni: non serve a niente se non a stancarsi nel corpo e nello spirito. E a proposito di corpo e di stanchezza, fondamentale anche imparare come e quando “spingere”. Dimenticate i film americani con donne trafelate che iperventilano sul sedile posteriore di un taxi giallo: la famosa spinta in apnea, da compiere con i muscoli addominali durante la contrazione, va riservata per le ultime fasi del parto, quando la dilatazione della cervice è completa. Al di là degli aspetti psicologici, poi, nelle ultime settimane di gestazione è utile massaggiare tutti i giorni l’area del perineo con un olio naturale (evitate gli oli essenziali, però): delicati massaggi circolari, infatti, permettono di aumentarne l’elasticità e ridurre il rischio di episiotomia.

È stato grazie a questi accorgimenti che sono riuscita ad entrare in sala travaglio con maggiore consapevolezza e fiducia in me stessa (anche se poi la presentazione occipitale di Davide ha reso necessario un parto cesareo, nonostante il travaglio fosse praticamente giunto al termine). Ricordando che una traduzione più corretta dell’ammonimento biblico recita in realtà “partorirai con fatica”. Detta così fa molta meno paura, vero?

18 Marzo 2013 3 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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