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figlia

giocare all'aperto poolgarden
life

Principessa

by Silvana Santo - Una mamma green 11 Giugno 2018

Ho una figlia di 3 anni e quando era piccola non la vestivo mai di rosa. Finché è dipeso da me, in effetti, ho sempre preferito per lei la praticità di shorts e leggings ai collant che stringono, alle gonne che si impigliano, si strappano, che la costringono a venire a contatto, a pelle nuda, con panchine, sedili di mezzi pubblici, altalene, scivoli e altre schifezze sudice. Ho una figlia di 3 anni e da quando è al mondo non faccio che ripeterle quanto è bella, ma soprattutto quanto è intelligente, coraggiosa, forte e brillante. Quante cose sa fare, e quante altre ne imparerà crescendo. Quante meraviglie potrà regalare al mondo.

Ho una figlia di 3 anni, che condivide col fratello maggiore il mio tempo e il mio amore. Che gioca insieme a lui con le costruzioni e con le pentoline, con le bambole e i pennarelli. Col pallone e con il monopattino. Che con suo fratello condivide da sempre le letture, i cartoni animati, le canzoncine da ballare, le attività del pomeriggio e quelle del weekend. Ho una figlia di 3 anni e nessuno, a casa, l’ha mai trattata diversamente rispetto a suo fratello.

Ho una figlia di 3 anni. E mi arrabbio quando i nonni, inconsapevolmente, le dicono cose sessiste. Mi arrabbio con amici, vicini e conoscenti quando lasciano intendere che una bambina debba essere “naturalmente incline” alla tenerezza, ai giochi “riflessivi”, all’accudimento del prossimo. Chiedo un confronto con le maestre quando non sono convinta fino in fondo di alcune delle loro scelte.

Ho una figlia di 3 anni, che ha un fratello di rara sensibilità. Un fratello che si commuove di continuo, che dichiara i propri sentimenti, che si preoccupa per gli altri e che accudisce con amore gli amichetti più piccoli. Un fratello che ai supereroi preferisce i pupazzi di peluche e che ama l’arancione. Un fratello che si è sempre visto riconoscere la sua emotività, incoraggiato a esprimerla e a viverla appieno. Un fratello che io difendo come una leonessa dai pregiudizi e dagli stereotipi, dalla cultura per cui un bambino che piange o che culla una bambola “è una femminuccia”.

Ho una figlia di 3 anni, che ha una madre abituata a fare le cose a modo suo. Che si veste come le piace, che si trucca solo se ne ha voglia, che cura il suo corpo e il suo aspetto con attenzione, ma senza aderire ad alcun modello preconfezionato. Una madre che desiderava essere bella, nel giorno delle sue nozze, ma che non ha voluto un abito bianco, né un velo, né una french manicure o un trucco smokey per gli occhi. Una madre che ha mai tinto i suoi capelli, a parte una volta, quando era stata mollata dal suo ragazzo.

Ho una figlia di 3 anni che da grande vuole fare la principessa. Che è ossessionata da tutto quello che, nella sua visione stereotipata di bambina piccola, incarna il concetto di “femminile”: le gonne, i glitter, i fiocchi, le farfalle, i capelli lunghi. Se potesse, indosserebbe la sua corona da regina anche per andare a dormire. E se io non fossi preoccupata di salvaguardare la sua pelle, le sue unghie, le sue labbra delicate, userebbe i miei trucchi sul suo corpo ancora tenero. Ho una figlia di 3 anni che chiede di continuo se è bella. Se le rispondi sì, lei ti chiede se è “proprio molto bella”, e sembra convinta che a renderla tale siano le cose che indossa, la foggia dei suoi abiti, la pettinatura che ha sul capo.

Ho una figlia di 3 anni, e la amo per quello che è. Accetto le parti della sua personalità che non mi appartengono, e finanche quelle che mi fanno paura. Ho una figlia di 3 anni, e mi confronto con le sue esigenze anche quando non le capisco, o almeno non le condivido. La amerò sempre, proprio come oggi, quando si scaccola e quando balla sulle punte, quando si arrampica come una scimmia e quando mi chiede di farle le trecce. Ho una figlia di 3 anni, ma niente e nessuno mi farà abbassare la guardia di fronte alla società sessista in cui mi trovo a doverla crescere. Non le impedirò di vestirsi di rosa confetto, ma farò in modo che indossi abiti comodi e che sia sempre a suo agio. Non castrerò la sua voglia di bellezza, ma le vieterò di spalmarsi sul corpo cosmetici aggressivi e sostanze tossiche. Le ripeterò ogni giorno che è bella, ma non prima di averle ricordato quanto è brillante, sveglia, fortissima. Non le impedirò di sognarsi principessa, ma farò in modo che sappia che, se lo desidera, può fare qualsiasi cosa.

11 Giugno 2018 8 Commenti
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essere madre

Una figlia di due anni

by Silvana Santo - Una mamma green 23 Giugno 2017

Una figlia di due anni protesta per quasi tutto. La mia, più o meno come suo fratello prima di lei, ha da ridire ogni giorno su: lavarsi; vestirsi; fare la pipì; il colore dei biscotti inzuppati nel latte; andare a scuola a piedi o in auto; la musica da ascoltare in auto; la velocità dell’auto; la velocità del passeggino; il tragitto da fare a piedi; ritornare da scuola a piedi o in auto; cosa comprare o non comprare al supermercato; la merenda; a cosa giocare, dove giocare, con chi giocare e per quanto tempo giocare; suo fratello che le parla, la tocca, la spinge, la sfiora, l’abbraccia, le fa il verso, vuole/non vuole giocare con lei, le contende i giocattoli/le presta i giocattoli; suo padre che rientra troppo presto o troppo tardi dal lavoro; bere dal bicchiere o dalla borraccia; andare al parco giochi, in giardino o dai nonni; tornare a casa dal parco giochi, dal giardino, dai nonni; fare la doccia; asciugarsi i capelli; cosa mangiare per cena, a che ora mangiare per cena; accendere la tv/spegnere la tv; quale cartone guardare in tv; quanti salti sul letto fare prima di andare a dormire; quale libro leggere prima di dormire; quale ninna nanna cantare prima di dormire; con quale pupazzo andare a dormire. Ogni cosa, anche i più banali gesti quotidiani, richiede spesso una negoziazione, un compromesso, un’attesa più o meno lunga. E la gestione di urla e proteste. Non è facile, comporta stress e sforzi a volte enormi di autocontrollo e pazienza. E un investimento enorme in termini di tempo ed energie nervose.

Ma una figlia di due anni, dopo ogni marachella, ti guarda con gli occhioni languidi e ti dice: “Scusa, mamma, mi dispiace che ti ho fatto arrabbiare”. Una figlia di due anni, senza preavviso, ti corre incontro e ti sussurra: “Ti voglio tanto bene”. E tu le credi, senza riserve e con il cuore grato. Una figlia di due anni canta le canzoni insieme alla radio, ma arriva sempre un attimo in ritardo, allungando le strofe in un modo adorabile che, quando avrà imparato ad andare a tempo, ti mancherà di una nostalgia sorridente e leggera. Una figlia di due anni storpia certe parole così che trattenere le risate è davvero un’impresa epica. Ma tu resisti, perché sai che altrimenti lei si offenderà a morte, al grido di “Non c’è niente da ridere”. Una figlia di due anni pesa tanto, quando la prendi in braccio. Ma non così tanto da farti male. Pesa di un peso che ti conforta e ti riempie: non è più così lieve e vulnerabile come un neonato, ma non ancora insostenibile come un bambino “grande”.

Una figlia di due anni vuole quasi sempre che giochi con lei, o perlomeno così fa mia figlia. È gelosa di suo fratello, anche se è nata dopo di lui. Cerca di attirare la tua attenzione a tutti i costi quando parli con qualcuno che non sia lei. Una figlia di due anni ricorda tutto. Anche quello che tu vorresti che dimenticasse. Si risveglia al mattino chiedendoti il dolce o il giocattolo che la sera prima le avevi negato, con la più convincente delle argomentazioni. Ti osserva sempre, pronta a sottolineare i tuoi errori, le tue dimenticanze, le tue contraddizioni.

Ma una figlia di due anni ti ricorda con innocenza che le promesse vanno sempre mantenute. Ti riporta alla mente dettagli preziosi di un viaggio, o di una gita. Particolari che tu avevi rimosso, e avresti perso per sempre se non ci fosse stata lei a restituirteli. Una figlia di due anni ti autorizza ad amare di un amore che non ha confini e che non ha ritegno. Un amore bestiale, sfacciato, totale. Un amore indecente. Ti costringe a dare sempre il meglio di te, e a scusarti con un sorriso quando proprio non ce la fai.

Una figlia di due anni è un esercizio quotidiano di liberazione dal superfluo e di recupero dell’essenziale. È come andare in palestra, ma anche col cervello e con il cuore. Costa una fatica immane, ma ti migliora la vita.

23 Giugno 2017 8 Commenti
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life

Gli uomini spiegati a mia figlia

by Silvana Santo - Una mamma green 20 Giugno 2017

Ogni uomo, si sa, è un universo. Vale quando hanno sei mesi, evidentemente deve essere così anche quando crescono e maturano. Ma su certi comportamenti un po’ stereotipati vale forse la pena riderci un po’ su. Solo, è chiaro, per sdrammatizzare le nostre, di manie.

L’uomo ‘ndo cojo cojo

Selettivo quanto un roditore di fronte a una distesa di semi assortiti, lui, semplicemente, ci prova con tutte. Per non sbagliare. E perché, per la legge dei grandi numeri, qualcuna prima o poi dovrà starci. L’importante è prendere atto che spesso, una volta è stato scelto, l’uomo ‘ndo cojo cojo smette di sparare nel mucchio e si rivela un tipo insospettabilmente fedele.

Il mammone

Di solito lo riconosci dal fatto che ha superato la trentina e ritiene del tutto normale informare sua madre di quanto entri ed esca ogni giorno dal proprio apparato digerente. È sinceramente convinto che gli alimenti crescano nei Tupperware e che i calzini si pieghino e si dispongano autonomamente nel cassetto della biancheria. Organizzati per colore. Il mammone è per sua natura irrecuperabile: da bandire (e bannare) senza se e senza ma fin dalla manifestazione dei sintomi più precoci (tipo rispondere “Anche io ti voglio bene” alla quarta telefonata materna nel corso del primo appuntamento).

Il romantico

Per qualcuna rappresenta l’incarnazione del sogno amoroso più audace, per altre è causa di un coma irreversibile dell’erotismo. Perché il romantico lo ami o lo odi, senza mezze misure. Se sei una che a un mazzo di rose rosse preferisce un cespo di lattuga, o che davanti a una richiesta di matrimonio in ginocchio penserebbe allarmata a un attacco di sciatalgia, allora meglio lasciarlo a un’altra.

L’innamorato perso

È quello che in qualche modo ti dà sempre la sensazione di amarti un pizzico in più di quanto tu ami lui. Quando sei molto giovane, l’innamorato perso finisce quasi sempre col venirti a noia più in fretta di una puntata di Un giorno in pretura, ma con gli anni e un po’ di esperienza ti ritrovi spesso a rivalutarlo. La fortuna sta nell’incontrarne uno al momento giusto, dopo aver sperimentato la necessaria dose di stronzi irresistibili.

Lo stronzo irresistibile

Ed eccolo qui: nemesi perfetta dell’innamorato perso, è quello che non ti darà mai la sensazione di “essere tuo” fino in fondo. Amare uno stronzo irresistibile significa vivere perennemente in bilico tra una spunta di Whatsapp e un “non voglio sentirmi legato”. Eppure, prima o poi, ci caschiamo tutte. Il lato positivo è che, dopo diverse recidive, permette di cogliere il fascino rassicurante dell’innamorato perso.

Il geranio

C’è, ma è come se non ci fosse. Risponde sempre di sì, lascia le decisioni alla compagna, dove lo metti lo ritrovi. Sembrerebbe avere molti lati positivi, ma, alla lunga, lo spessore morale di un soprammobile in ceramica di Vietri rischia di costituire un problema.

20 Giugno 2017 0 Commenti
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Siate sempre chi volete essere, dipende solo da voi

by Silvana Santo - Una mamma green 18 Novembre 2016

Quando ero piccola volevo fare l’archeologa. Ma non un’archeologa qualsiasi, ovviamente. Indiana Jones era il mio solo riferimento: uno che vive la sua vita come se fosse una straordinaria e ininterrotta avventura, traboccante di viaggi, imprevisti e grandi imprese. Mettevo in scena i miei sogni con le Barbie, inventando per loro misteri da risolvere e trappole mortali da evitare. Fantasticavo di luoghi esotici e personaggi stravaganti, di notti stellate e antichissimi libri pieni di leggende. A un certo punto della mia vita, è stato chiaro che quel sogno di bambina non si sarebbe mai avverato, scalzato da altri obiettivi, più adulti, più consapevoli, più razionali. Peccato che, col senno di poi, si siano rivelati poco realistici anche questi. Capita, quando sei una donna, italiana, e pure meridionale. Capita, soprattutto, se nel frattempo hai deciso che fra i tuoi progetti c’è anche quello di avere una famiglia con dei figli.

Non è stato facile, all’inizio. Per una come me, cresciuta nella generazione del #puoiesseretuttociòchedesideri, ingoiare il boccone amaro del compromesso è stata un’esperienza dolorosa. Qualcosa che mi ha impastato le fauci col gusto rancido del fallimento. Ho scoperto sulla mia pelle che no, non sempre riesci a fare esattamente quello che vorresti. Non sempre è possibile realizzare i tuoi sogni di bambina. Mi sono detta che ai miei figli non l’avrei propinata, la bufala del “volere è potere”. Che li avrei preparati alla dura realtà.

Poi, piano piano, l’ho capito. Ho capito che io sono molto di più del lavoro che faccio. Molto di più di tutti i lavori che ho fatto nella mia vita, e di quelli che imparerò negli anni a venire. La mia professione, il mio biglietto da visita, il mio stipendio, non definiscono quello che sono, ma solo una parte, più o meno importante, della mia persona. Io posso essere davvero tutto ciò che desidero, perché ho la facoltà di scegliere che tipo di essere umano diventare ogni giorno. E qualunque sia la mia occupazione, posso decidere di farla sempre al meglio delle mie capacità, che poi è la cosa che conta davvero. Forse non sarò mai un’archeologa d’assalto, ma posso impegnarmi per essere brava in quello che mi trovo a fare qui e ora.

È questo che vorrei insegnare ai miei figli, mentre giocano ad essere quello che desiderano e guardano film animati in cui Barbie, che ai miei tempi aspirava al massimo alla bellezza perfetta, si ritrova addirittura in missione nello spazio intergalattico per salvare le stelle. Che possono sognare in grande, che possono, se lo vogliono, lanciare il loro cuore oltre i confini del mondo, fino a raggiungere davvero le distanze siderali più impensabili.

Perché se anche il sogno dovesse restare impigliato nelle maglie del futuro, nessuno potrà mai impedire loro di trasformarsi ogni giorno nella persona che davvero hanno scelto di essere.

Post in collaborazione con Universal Pictures Home Video e “Barbie avventura stellare”, l’ultimo episodio della campagna #puoiesseretuttociòchedesideri, che incoraggia le bambine e i bambini a sognare in grande. “Barbie avventura stellare”, con audio in 7 lingue e contenuti speciali, è disponibile in DVD a partire dal 12 ottobre.

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18 Novembre 2016 2 Commenti
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essere madre

Mia figlia, mio figlio e i pregiudizi sui maschi e le femmine

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Ottobre 2016

Mia figlia ha due anni non hai mai indossato un fermaglio per capelli. Se provo a mettergliene uno, lo strappa via ferocemente, sacrificando con colore anche qualche ciocca sottile. A volte si fa legare i capelli “come mamma”, ma le codine durano il tempo di un gioco.

Mia figlia ha due anni e odia lavarsi più o meno da sempre. Le piace il mare e adora la piscina, ma se dipendesse da lei non farebbe mai la doccia, e soprattutto, eviterebbe accuratamente di lavarsi e asciugarsi i capelli. Quando era più piccola faceva il bagnetto in piedi, giocando con le paperelle in modo da bagnarsi il meno possibile. Lo spazzolino da denti suscita in lei una reazione di panico misto a disgusto, e anche solo sciacquarsi le mani le costa spesso un sacrificio indicibile. Mio figlio ha quasi quattro anni e ci tiene molto alla sua igiene personale. Dopo che ogni doccia fa sentire a me e a suo padre come profuma, si spazzola i denti due volte al giorno e prima di mangiare corre in bagno a lavarsi le mani.

Mia figlia ha due anni e le piace un sacco giocare con le bambole. Le culla, le porta a spasso con un microscopico passeggino, prepara per loro delle pappe invisibili nella nostra cucina giocattolo. Ma le piace altrettanto costruire torri e robot con i mattoncini colorati, fingere di guidare un’auto da corsa con il suo volante sonoro, giocare ai pirati o ai cavalieri e organizzare corse di camion. Adora che le vengano letti dei libri. Mio figlio ha quasi 4 anni ed è in fissa con i puzzle. Gli piacciono le ruspe, le costruzioni, la plastilina, la valigia da medico e l’estintore da pompiere. Ma a volte prepara da mangiare per noi, oppure passa ore a togliere e rimettere la giacca al suo bambolotto di pezza che si chiama come lui. Adora che gli vengano letti dei libri.

Mia figlia ha due anni e da qualche settimana va all’asilo. Racconta delle sue amiche e dei suoi amici. Maschi e femmine, senza distinzione. Mio figlio ha quasi quattro anni, e purtroppo comincia già a dire cose come “i miei amici sono i maschi”. Oppure che il mio colore preferito non può essere il blu. Perché io sono femmina.

Mia figlia si arrampica e salta come una scimmia. A volte fa pure il verso di uno scimpanzé, chiede all’adulto di turno di tenerle le mani così lei può fare leva e zompare come se non ci fosse un domani. Non possiamo lasciarla sola sul divano o sul letto, perché nonostante le spiegazioni, i rimproveri e le punizioni, lei si ostina a saltare come una molla, o a tentare di scavalcare lo schienale. Cosa che quel “turbolento maschietto” di suo fratello non ha mai pensato neanche lontanamente di fare.

Mia figlia ha paura dei tuoni, e dei rumori forti, e del buio. Ma non ha alcun problema nel farsi camminare una rana sulle mani, o nell’accarezzare un cane che pesa quattro volte più di lei. Anche suo fratello ha paura del buio, e delle zanzare, e di certi cartoni animati.

A entrambi i miei figli piacciono la Pimpa e Masha. Daniel Tiger e Topolino. I Paw Patrol e Sofia la Principessa. Mia figlia ha chiamato il suo gatto di pezza “Super gattino”. Mio figlio mette a dormire i pupazzi sul suo stesso cuscino, e gli rimbocca le coperte con tanta cura.

Mio figlio ha quasi quattro anni ed è sempre stato un pochino “mammone”. Ma niente in confronto a sua sorella, che spesso piange anche solo se mi allontano dalla sua vista.

Mia figlia e mio figlio sono due bambini qualsiasi, femmina e maschio. Sono diversi, naturalmente. E lo sono anche perché femmine e maschi sono diversi. Ci distinguono caratteristiche genetiche, anatomiche, fisiologiche, cerebrali e ormonali (che a volte influenzano anche gli umori). Ma soprattutto sono diversi perché sono due individui distinti. Mia figlia e mio figlio sono due bambini qualsiasi, femmina e maschio. Sono simili, inevitabilmente. Perché sono fratelli, perché stanno crescendo insieme. Ma soprattutto perché sono due esseri umani, e sono due bambini piccoli.

Forse mia figlia vorrà fare danza classica e vestire di rosa confetto tutti i giorni della sua vita. Forse mio figlio diventerà campione mondiale di rutti negli anni della sua adolescenza. È possibile, e per me non ci sarebbero problemi. Ma forse no. Saranno loro a decidere, e saranno liberi di scegliere.

Perché femmine e maschi non sono uguali, certo che no. Ma non è questo che influenza i nostri gusti personali e le nostre attitudini, e soprattutto le nostre abilità. Abbiamo esattamente le stesse possibilità, o almeno è così che dovrebbe andare. E noi dovremmo smetterla di fare in modo che i nostri figli diventino quello che noi ci aspettiamo che siano.

10 Ottobre 2016 8 Commenti
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neonata
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Speriamo che sia femmina

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Marzo 2015

Speriamo che sia femmina. È stata – ormai posso confessarlo senza pudore – la seconda cosa che ho pensato di fronte al mio test di gravidanza positivo, circa un anno fa (la prima, banalmente ma anche no, era stata “fa’ che tutto vada bene anche questa volta“). Speriamo che sia femmina. Un desiderio irrazionale e inconfessabile, che mi sembrava un torto verso quel figlio che al 50% sarebbe stato maschio, un capriccio puerile, una pretesa arrogante. Finanche un’ingiustizia verso il mio primogenito che forse, mi dicevo, sarebbe stato più felice di avere un fratello.

Speriamo che sia femmina. Un palpito del cuore che allora mi ha colto di sorpresa. Perché io, fino a quelle due linee rosa che per la seconda volta hanno squassato la mia vita, avevo sempre vissuto la prospettiva di avere una figlia come un’ipotesi quasi spaventosa. Mi sentivo impreparata, ero sicura di poter contare su una maggiore affinità con i maschi, temevo le complicazioni che solo i rapporti madre-figlia possono portarsi dietro. E poi lo spauracchio dei costumi da principessa, le lezioni di danza classica, i condizionamenti e le minacce di una società maschilista e misogina.

E invece. Speriamo che sia femmina. All’improvviso, la possibilità concreta di restare “soltanto” madre di maschi mi lasciava con un po’ di magone. Sentivo che per tutta la vita mi sarei chiesta come sarebbe stato avere una figlia, che mi sarebbe mancato il vivere anche insieme a una donna. Sperimentare l’altra opzione. Ma c’era qualcos’altro, oltre la mera curiosità antropologica. A un tratto volevo disperatamente provarci, volevo sfidarla a viso aperto, quella Elettra che tanto mi spaventava. Dimostrare a me stessa che anche una figlia avrebbe potuto amarmi. Perfino una figlia.

Speriamo che sia femmina. Proprio io che per tutta la vita avevo sognato di avere un fratello, o forse anche e soprattutto per questo. Speravo che fosse femmina, una figlia a cui regalare il mio misero e prezioso vissuto di bambina che diventa donna. Qualcuno a cui dire: io ti capisco, perché ci sono passata prima di te. Una figlia per cui essere la madre che ho avuto io, ma anche e soprattutto quella che certe volte mi è mancata.

Speriamo che sia femmina. Nient’altro, in fondo, che il desiderio, umanissimo per quanto un po’ mediocre, di trovarmi occhi negli occhi con qualcuno che mi rassomigliasse il più possibile. Che poi, chi dice che sarà davvero così.

Alla fine, ho fatto Flavia. Me lo ricordo, quel tuffo al cuore in sala operatoria, quando una voce sconosciuta mi ha dato la notizia che ha cambiato la mia vita. A me prima che a chiunque altro. È femmina, e per qualche minuto lo abbiamo saputo soltanto io e mia figlia. È stato il primo dei tanti segreti che condivideremo negli anni a venire. Lo avevo sognato, in una notte serena di qualche mese prima. Lo avevo sperato e lo avevo sognato.

Speriamo che sia femmina, forse lo sarà, lo è davvero.

Esattamente come due anni prima avevo voluto un bambino, lo avevo sognato in una notte di primavera, e poi lo avevo stretto tra le braccia. Mi piace pensare che non sia stata io a sperare in entrambi i casi quello che poi è venuto, ma che siano stati i miei figli a rivelarsi per ciò che erano, a farsi strada nei miei desideri. Mio figlio e mia figlia, nella mia pancia e nel mio destino.

5 Marzo 2015 16 Commenti
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essere madre

10 ragioni per cui sono felice di avere una figlia

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Febbraio 2014

1. Sarebbe bello superare insieme il complesso di Elettra
E provare a non essere né “rivali”, né “amiche”. Soltanto madre e figlia.

2. Qualcuno dovrà pur insegnarmi a darmi lo smalto come si deve, prima o poi
(Ammesso che la smetta di mangiarmi le unghie come una dodicenne)

3. Non sarò più la sola ad intasare gli scarichi con i capelli 
A meno, naturalmente, di avere una figlia un po’ punk. Il che però mi darebbe ben altre soddisfazioni.

4. Le farò compagnia, lo vorrà, quando smetterà di essere bambina per diventare una donna piccola piccola
Con tutta l’empatia di chi si ricorda bene quanto sia faticoso. Quella solidarietà femminile che a volte mi è mancata, quando è stato il mio turno di crescere.

5. Proverò ad insegnarle a riconoscere gli uomini da cui tenersi alla larga
E dimostrarle che un cuore spezzato, di solito, guarisce più in fretta di un’autostima distrutta. (Soprattutto, guarisce. A differenza di certe altre fratture)

6. Potrò guardarmi bene dal dirle cose come “sembri un maschiaccio”
E a pensarci bene posso fare esattamente lo stesso con mio figlio, risparmiandogli commenti come “ti comporti come una femminuccia”, oppure “questo colore/giocattolo/indumento non è da maschietti”.

7. Potrò raccontarle le favole al contrario
Con principi salvati e principesse in sella a draghi (da fare impallidire persino Daenerys Targaryen).

8. Ci sarà presto un’altra persona in casa, a parte me, a usare il water con la tavoletta abbassata
E queste sono cose che, alla lunga, ti cambiano la vita.

9.  Forse avrò un’adulta con cui scambiarmi i vestiti
(Nulla mi impedisce di farlo anche con suo fratello, ma viste le mie e le sue dimensioni, sospetto che con mio figlio potrò farlo solo per pochissimi anni)

10. Potrò tentare di convincerla che la bellezza non non si misura in centimetri, in etti e in gradazioni di colore
Probabilmente fallirò, ma intanto, magari, riuscirò finalmente a persuadere me stessa.

(Prima di lei avuto un maschio, ed ero felice lo stesso)

24 Febbraio 2014 16 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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