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abbigliamento sostenibilebabywearing

Babywearing in inverno: soluzioni per portare in fascia quando fa freddo

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Novembre 2015

Portare i bambini, in fascia o in marsupio, nei mesi più freddi: un’impresa possibile, con tante soluzioni pratiche e a prova di qualsiasi tasca (oltre che belle, il che ovviamente non guasta mai). La prima domanda da farsi, quando ci si prepara al babywearing invernale, è se si ha davvero bisogno di indumenti o coperture specifiche, perché la risposta è tutt’altro che scontata.  Per trovare una risposta, ci sono diversi fattori da tenere in considerazione: età del bambino, condizioni climatiche da fronteggiare, modalità di babywearing (davanti, sulla schiena, sul fianco o in diverse posizioni a seconda delle circostanze e della necessità).

IMG_20151110_125340Per un bambino molto piccolo, portato esclusivamente davanti, potrebbe non essere necessaria alcuna copertura extra, specialmente se si vive in un posto non troppo rigido o se si usa una fascia elastica, che tende ad essere già particolarmente calda. Il contatto ravvicinato, specie pancia a pancia, garantisce di per sé un effetto di regolazione termica importante, che permette al neonato un adeguato confort climatico anche quando fuori fa freddo. Viste tra l’altro le dimensioni contenute di un bimbo di pochi mesi, quindi, basta di solito una giacca ampia, ed eventualmente una sciarpa o uno scialle, per tenere tutti al calduccio, ricordandosi di coprire sufficientemente anche la testa del bebè.

Viceversa, se il bambino è ormai grandicello, sa camminare e viene portato solo per brevi tragitti, magari con un fascia ad anelli sul fianco, è utile che abbia un proprio giaccone, in modo da restare coperto nei suoi frequenti saliscendi dalla fascia (o dal marsupio).

Negli altri casi, se si porta a lungo, in climi molto freddi, o se il “passeggero” ha ormai superato le dimensioni da neonato ma non cammina ancora da solo, è necessario attrezzarsi al meglio per affrontare l’inverno. Anche in queste circostanze, comunque, è spesso possibile cavarsela riadattando indumenti convenzionali, soprattutto se si porta per lo più pancia a pancia. Mantelle ampie, poncho o felpe con un collo sufficientemente ampio da permettere il passaggio delle teste di chi porta e del bambino sono di solito una soluzione efficace e a buon mercato. Potrebbe risultare più scomoda, ma comunque praticabile per lo meno in situazioni di emergenza, la semplice opzione di utilizzare una giacca di una taglia più grande rispetto al necessario.

Chi è abituato a portare quotidianamente o per lunghi tratti in fascia o marsupio, specie sulla schiena, potrebbe invece sentire l’esigenza di un capo specifico per il babywearing invernale. Per i “canguri” più esigenti, infatti, il mercato offre una vasta scelta di coperture, felpe e giacche per portare, in grado di soddisfare anche i più freddolosi. I prezzi non sono sempre economici, ma non mancano le soluzioni abbordabili.

Babywearing in inverno: cover e copertine per portare

Si tratta di una soluzione che permette di indossare una propria giacca, sopra o sotto il supporto, e poi coprire la fascia o il marsupio con una cover esterna, da allacciare con bottoncini o lacci. Di solito le cover sono in felpa o pile, con o senza cappuccio, ma è possibile optare anche per copertine in lana o in filati sintetici da realizzare autonomamente o acquistare presso mamme artigiane. Alcuni marchi propongono anche uno strato esterno opzionale in materiale impermeabile. Il principale vantaggio di queste coperture extra, secondo me, è che possono essere condivise da entrambi i genitori, a prescindere dalla taglia che vestono abitualmente. Si tratta inoltre di soluzioni di norma abbastanza economiche (dai 35 euro in su, o anche meno se si usufruisce di offerte, gruppi d’acquisto, o se ci si rivolge al mercato dell’usato) e poco ingombranti.cover2

cover infantino

D’altro canto, le cover da babywearing potrebbero risultare non abbastanza calde e richiedere strati di abbigliamento extra che possono complicare le operazioni di legatura (in un viaggio autunnale in Olanda, ad esempio, Davide indossava all’interno del marsupio un giaccone abbastanza pesante, oltre alla nostra cover in felpa Infantino).  In base alla mia personale esperienza, infine, sono un po’ scomode da sistemare senza aiuti quando si porta sulla schiena, e si prestano meglio col marsupio che con la fascia.

Mantelle e poncho per portare quando fa freddo

Questo tipo di indumento, a differenza delle cover, copre contemporaneamente mamma (o babbo!) e bambino, al di sopra del supporto, fascia o marsupio che sia. Il vantaggio è appunto quello di non avere giacche o altri strati di stoffa tra portato e portatore, riducendo gli intralci e aumentando senza dubbio il grado di comodità, specie se si usa la fascia. Il costo è un po’ più alto (parliamo di almeno 80/100 euro) e spesso si tratta di indumenti con una taglia specifica, che quindi non si prestano ad essere condivisi da diversi membri della famiglia. Il materiale più essere lana o pile, più o meno caldo, ma c’è da tener presente che le braccia e la parte inferiore del corpo rimangono spesso scoperte, e in ogni caso si tratta quasi sempre di tessuti non idrorepellenti,quindi non troppo adatti in caso di pioggia forte.

mantella

In queste settimane sto usando una mantella per portare in lana cotta prodotta da Mamma Canguro (la vedete nelle foto). Estremamente morbida e confortevole, la adoro perché è poco ingombrante, sottile e si presta molto bene ad essere indossata anche senza bambino, un aspetto importante nell’ottica di un acquisto durevole. Ampiamente personalizzabile (viene cucita su misura e nei colori scelti dall’acquirente), è perfetta anche per le mamme col pancione, e secondo me sta bene sia con una mise molto sportiva che con un abbigliamento più casual. La lana è molto calda, ma io trovo che sia ideale per l’autunno o per gli inverni miti, mentre credo che in caso di freddo intenso possa non essere sufficiente. Il collo molto ampio della mantella Mamma Canguro, comunque, consente di coprire bene sia la mamma che il bambino. Si può optare per una chiusura con cintura o, come nel mio caso, con uno spillone, e naturalmente questa opzione richiede un minimo di attenzione in più per evitare di pungere il bambino. Teoricamente dovrebbe essere adatta anche per portare sulla schiena, ma io non sono riuscita a indossarla con Flavia in groppa, mentre ha “funzionato” benissimo anche con la ring. Alternative simili alle mantelle sono i poncho per portare, in lana, pile o filati sintetici, che presentano un foro aggiuntivo per fare uscire la testa del bebè, sia davanti che, semplicemente rigirando l’indumento e indossandolo al contrario, sulla schiena.
mamma canguro

mamma canguro senza

Felpe e giacche per portare

Rappresentano la versione più complessa, e spesso costosa (andiamo in media dai 140 euro a salire), degli indumenti da babywearing invernale: si tratta di vere e proprie felpe (ne esistono anche versioni smanicate), giacche, cappotti o trench provvisti di inserti aggiuntivi da agganciare, mediante zip o bottoni, sul davanti o sulla schiena, in modo da fare posto al bambino, o eventualmente a un pancione (qualche mamma abile con la macchina per cucire riesce a realizzare in casa la “prolunga” da utilizzare davanti). Di norma, felpe e giacche per portare sono perfettamente funzionali anche senza inserto, e possono pertanto essere utilizzate anche quando non si sta col pupo in fascia.

mamalila FelpaNegli ultimi anni si è moltiplicata l’offerta di prodotti di questo genere, realizzati con tessuti più o meno imbottiti, impermeabili o meno. Ne esistono di stili e colori diversi, modelli lunghi e corti, sportivi o “eleganti” e anche versioni maschili o unisex. I prezzi, di solito, non sono esattamente popolari, ma queste giacche hanno il vantaggio di poter essere usate anche quando si smette di portare, in gravidanza, ed eventualmente per portare in tandem o quando si è in attesa, acquistando un inserto aggiuntivo. Permettendo quasi sempre l’uso della fascia sul davanti e sulla schiena, inoltre, sono indumenti molto versatili, vere e proprie giacche o felpe “4 in uno”.

Quella che stiamo provando io e Flavia in questi giorni, e che vedete nelle foto, è il modello “Trenchcoat” prodotto dall’azienda tedesca Mamalila, una giacca a due strati – trench esterno e felpa interna con cappuccio per la mamma, agganciabile all’impermeabile attraverso dei bottoni a pressione – che può appunto essere usata da sola come giaccia “normale”, in gravidanza, o per portare i bambini sia sul davanti che sulla schiena. Il valore aggiunto di questo prodotto sta sicuramente nei materiali sostenibili utilizzati: cotone organico certificato per la felpa e poliestere ricilato per l’impermeabile esterno. Inoltre, la possibilità di usare i due strati in maniera indipendente o combinata rende il trenchcoat Mamalila estremamente versatile: in pratica, si dispone con un solo acquisto di una felpa sportiva e calda (con cappuccio per la mamma), di un trench più elegante e perfetto per la mezza stagione e le giornate umide, e di una giacca più calda e idrorepellente quando i due strati vengono indossati contemporaneamente. Personalmente, apprezzo molto la linea del trench (tanto che lo sto usando anche quando non ho Flavia in fascia), che essendo antivento e impermeabile (grazie alla membrana di poliestere riciclato) è perfetto per il clima variabile dei mesi autunnali.

mamalila trench Non saprei dire, al momento, se il doppio strato possa essere sufficiente per i climi più rigidi (ma forse in quel caso è preferibile optare per uno dei modelli Mamalila più pesanti), anche se va detto che camminare con un figlio in fascia o in marsupio permette in partenza di scaldarsi abbastanza. Per quanto riguarda la praticità d’uso, trovo la giacca comoda sia per portare davanti che sulla schiena, anche se, personalmente, faccio ancora fatica nell’idossarla senza aiuti, o senza uno specchio, quando ho Flavia in groppa. In questo caso, infatti, è necessario “lanciarsela” sulle spalle, centrando poi in qualche modo il buco destinato alla testa del bambino. Il prezzo al pubblico non è economico (299 euro sul sito dell’azienda), ma riflette la molteplicità di usi e, soprattutto, la qualità e la sostenibilità dei materiali utilizzati.

mamalila senza

felpa

Che viviate sulle Dolomiti o nei pressi di una spiaggia siciliana; che portiate tutti i giorni o solo saltuariamente, sul davanti o sulla schiena, un neonato o un bimbo più grande; che abbiate a disposizione un budget limitato o un investimento a tre cifre: buon babywearing invernale a tutti!

mantella

10 Novembre 2015 4 Commenti
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Perché amo portare in fascia mia figlia

by Silvana Santo - Una mamma green 7 Ottobre 2015

Perché c’è una grande differenza tra portare e trasportare. Si trasportano i pesi, passivamente e con fatica. Un figlio, invece, lo si porta con sé alla scoperta della vita. Tenendo conto il più possibile delle sue esigenze e della sua volontà.

Perché viaggiare ad altezza “di adulto” offre a un bambino un altro punto di vista, più partecipe, più coinvolto, più democratico. Più consapevole. Gli consente di guardare in faccia la gente, di allungare le mani verso quello che lo incuriosisce, di respirare gli stessi odori che sente l’adulto che lo porta. Di guardare il mondo “alla pari”, e non sempre dal basso verso l’alto.

Perché la sensazione di fiducia incondizionata di un bambino piccolo che, assicurato “solo” da una striscia di stoffa, si lascia andare gradualmente sul petto o sulla schiena di una madre o di un padre, è l’essenza stessa della genitorialità. E chi non ha la fortuna e la curiosità di provarla almeno una volta, secondo me, si perde una esperienza di inestimabile bellezza.

Perché c’è qualcosa di simbolicamente potentissimo nel caricarsi in spalla i propri figli e portarli per il mondo finché non sono in grado di farlo da soli. Sollevarli, letteralmente e metaforicamente, dalle fatiche e dalle insidie del suolo. Farsene carico, nel senso più stretto del termine.

Perché è un gesto ancestrale e istintivo, la prima cosa che ti viene da fare quando guardi tuo figlio. Ti prendo e ti porto con me: viaggeremo insieme, stretti l’uno all’altro, ci scalderemo a vicenda se farà freddo e suderemo lo stesso sudore quando la temperatura salirà. Guarderemo il mondo dalla stessa altezza, ma con prospettive diverse. E tutto questo, per me, è la definizione perfetta di famiglia.

Perché stare in fascia permette di capire più facilmente le esigenze di un bambino: se ha fame, caldo, freddo, paura. Se ha sonno, se ha voglia di giocare o di scendere dalla fascia stessa. Il dialogo, verbale e non, ha meno filtri, poche interferenze. È più efficace e più semplice.

Perché sentire il peso di un figlio che si fa di mese in mese più gravoso, e allo stesso tempo allenarsi ogni giorno a sostenerlo, adeguare la propria forza all’entità della prova cui ci si sottopone, è una palestra straordinaria per il corpo e per il cuore. Che imparano, fisicamente e non solo, a reggere sempre meglio l’impegno della maternità e della paternità.

Perché portare in fascia è sempre una scelta condivisa da genitore e figlio, anche se dall’esterno potrebbe sembrare il contrario. Se può essere molto difficile convincere un bambino reticente a sedere nel passeggino, è assolutamente impossibile “costringere” alla fascia un piccolo che in quel momento non ha voglia di essere legato.

Perché è un nodo che stringe, ma mai più del dovuto. Un abbraccio che riscalda senza soffocare. Una fatica dolce, lieve, necessaria. Un pezzo di strada percorso pelle a pelle, cuore a cuore. Insieme, vicini.

 

 

7 Ottobre 2015 4 Commenti
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5 motivi per usare la fascia portabebè

by Silvana Santo - Una mamma green 4 Febbraio 2015

La fascia portabebè è pratica
Perché consente di tenere il bimbo accanto a sé rimanendo sempre con le mani libere. Una condizione che permette di lavorare, fare la spesa, leggere, giocare con un altro figlio etc. Il tutto in totale sicurezza. È perfetta, inoltre, su terreni accidentati, in viaggio, durante escursioni e uscite all’aperto, in valigia.

La fascia portabebè fa bene al bambino
Perché, se usata correttamente (in particolare evitando la posizione “fronte mondo”, ndr) gli permette di assumere una posizione fisiologica ideale per lo sviluppo di scheletro e muscoli. Perché riproduce le condizioni intrauterine, previene i pianti serali, lenisce le coliche gassose, concilia il sonno. Perché rassicura e permette di scoprire il mondo per gradi, senza stress o stimoli eccessivi.

La fascia portabebè fa bene alla mamma
Oltre a semplificare la vita, favorisce l’attaccamento col bambino e l’allattamento al seno. Incoraggia il movimento, invogliando alle passeggiate. Consente di portare il bambino distribuendone correttamente il peso e assumendo una postura corretta.

La fascia portabebè è facile da usare
Una volta individuto il supporto ideale (ne esistono vari tipi, con caratteristiche differenti e adatti a bambini di diverse età), basta fare un po’ di pratica nelle varie legature, eventualmente con l’aiuto di una Consulente del portare. In rete esistono moltissimi siti e gruppi dedicati al babyewearing, con informazioni, video e immagini illustrative. Alcuni supporti, come le fasce elastiche per i neonati e i marsupi ergonomici, sono particolarmente facili da usare.

La fascia portabebè è amica dell’ambiente (e del portafogli)
In commercio esistono molti modelli realizzati con fibre biologiche e tinte atossiche. È molto semplice, inoltre, trovare fasce di seconda mano di ottima qualità (ad esempio su questo gruppo Facebook), oppure, per chi è in cerca di un acquisto a km zero, prodotte da artigiane di ogni zona d’Italia.

4 Febbraio 2015 17 Commenti
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Istintivo, sostenibile e comodo: viva il babywearing

by Silvana Santo - Una mamma green 27 Dicembre 2013

Tratto dalla mia rubrica Diario di ECOmamma su La Nuova Ecologia (numero di dicembre 2013)

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La prima carrozzina per neonati è stata inventata solo verso la metà del 1700, ma ci sono voluti diversi decenni perché quella di trasportare i più piccoli in appositi “mezzi su ruote” diventasse una vera e propria abitudine, e solo nei Paesi occidentali. Come facevano prima le mamme e i papà? Esattamente come continuano a fare tuttora i genitori di molte regioni del Pianeta: portando i figli sul proprio corpo (sulla schiena, sul petto, sul fianco) e servendosi, per sostenerli, di strisce di stoffa, fasce e altri supporti in tessuto. Un po’ come accade tra le specie di primati filogeneticamente più prossime a quella umana, con le femmine che se ne vanno in giro, per mesi o anni, coi piccoli aggrappati al proprio corpo.

Il babywearing (letteralmente “indossare il bambino”) è infatti il sistema più antico e universale per trasportare i bambini che non sanno ancora muoversi autonomamente. Il più istintivo, per così dire. Una specie di prolungamento della gestazione, che permette alla mamma (ma anche al papà, s’intende) di stare col proprio figlio pancia a pancia, pelle a pelle, rassicurandolo, scaldandolo, assicurandogli il “contenimento” di cui necessita. Di allattarlo con comodità e discrezione in qualsiasi contesto, spesso continuando a fare quello che si stava facendo prima della poppata. Senza contare la comodità indiscussa di girare senza ingombranti mezzi di trasporto e con le mani libere. Portare i bambini, in un certo senso, rappresenta anche un approccio particolarmente sostenibile, perché consente di spostarsi agevolmente a piedi anche su distanze e tracciati un po’ più impegnativi.

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27 Dicembre 2013 0 Commenti
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Recensione: marsupio ergonomico Tula baby carrier

by Silvana Santo - Una mamma green 2 Novembre 2013

Meglio metterlo subito in chiaro: più che una recensione, questa è una dichiarazione d’amore. Ho scoperto quello che sarebbe diventato il nostro amatissimo baby carrier Tula quando ero incinta di pochi mesi, navigando in qualche sito ad altissima densità ormonale (leggi forum per future madri o aspiranti tali) e sono subito impazzita per il design e le fantasie dei modelli proposti sul sito. Le informazioni relative alle caratteristiche del prodotto hanno fatto il resto: il porta bebè della Tula è resistente, leggero, soffice e soprattutto ergonomico. A differenza dei marsupi “tradizionali”, infatti, asseconda infatti la fisiologia del bambino, portandolo a divaricare leggermente le gambe, come le fasce porta bebè: le ginocchia rimangono più alte rispetto al sedere e la colonna vertebrale si incurva naturalmente. Un sistema di “trasporto” che, in perfetto stile babywearing, permette al piccolo koala di sentirsi saldamente a contatto con chi lo porta, assecondando il suo istintivo bisogno di vicinanza e protezione.

In pratica, la parte in cui si sistema il bambino è in tutto simile a un mei tai, ma il baby carrier si assicura al corpo del “portatore” con delle pratiche cinghie, invece che con delle strisce di tessuto da annodare. È stato proprio il compromesso tra ergonomia e praticità che me l’ha fatto scegliere! Cosa non trascurabile, poi, il Tula è concepito in modo da scaricare bene il peso del pupo sulla vita e sulle gambe del portatore, oltre che sulla schiena. Con un BigD che a meno di 9 mesi viaggia spedito verso gli 11 chili, questo è un aspetto tutt’altro che secondario. Non abbiamo ancora provato il trasporto sulla schiena, ma credo che a breve dovremo sperimentarlo, vista la crescita fuori controllo del piccolo di casa (l’azienda indica 20 kg come limite massimo).

6fd0b-marsupioMolto utile il supporto per la testa (lavabile e staccabile), che funge anche da tendalino/parapioggia, mentre sono tanto semplici quanto geniali gli elastici che permettono di arrotolare i capi delle cinghie, evitando che penzolino pericolosamente. Una tasca sul davanti permette di portare con sé piccoli oggetti, mentre l’adattatore per i neonati consente di portare i bambini al di sotto dei 6/7 kg (ma ricordate che per un newborn è sempre preferibile una fascia). Essendo praticamente tutto in tessuto, inoltre, si ripiega e trasporta facilmente, ed è altrettanto semplice lavarlo (all’occorrenza anche in lavatrice). Se proprio devo trovare un difetto, sta nella difficoltà di allattare

Il prezzo (all’epoca costava 120 euro più una ventina per l’adattatore, ora sul sito Tula compare l’indicazione in dollari, 149 più 30) potrebbe scoraggiare qualcuno, ma mi sento di dire che sono soldi ben spesi, vista la lunga durata del prodotto. E poi, potete sempre fare come noi, che lo abbiamo chiesto in regalo per la nascita di BigD ai nostri impareggiabili amici! Che aggiungere? Davide lo adora, suo padre lo adora, Mamma Green lo adora. Senza questo marsupio ergonomico molte esperienze che abbiamo fatto in questi 9 mesi sarebbero state semplicemente impossibili. E poi: visto che fantasie?

2 Novembre 2013 25 Commenti
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Settimana internazionale del portare: viva le mamme canguro!

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Ottobre 2013

IMG_20131008_112138Quella in corso è la International Babywearing Week 2013, la Settimana internazionale del portare. Come portare cosa? I bambini, ovvio! Ma come dove?? Nelle fasce, nei mei tai e nei marsupi ergonomici! Da brava mamma canguro, io adoro portare BigD nel fantastico “carrier” ergonomico che ci hanno regalato i nostri amici prima che lui nascesse. Anche se non sono una irriducibile di questo sistema, lo trovo molto pratico, divertente, ma soprattutto mi pare che sia il modo più naturale per portare a spasso un bambino piccolo. Quello più istintivo. Da millenni, del resto, tutte le popolazioni del mondo fasciano e portano i bambini su di sé, mentre passeggini e carrozzine sono un’invenzione recente, e prettamente occidentale. I nostri “cugini” primati, poi, trasportano su di sé i piccoli per molto tempo, come probabilmente hanno fatto per secoli le antenate preistoriche delle femmine di Homo sapiens.

Stare pancia a pancia, cuore a cuore, pelle a pelle, rassicura e contiene, scalda e conforta. Fa passare il mal di stomaco e la stanchezza, concilia il riposo e riporta alla mente il ricordo dolcissimo dell’esistenza intrauterina. Per la mamma, poi, è quasi come essere di nuovo in attesa, ma senza le nausee, i piedi gonfi e l’acidità di stomaco! Un’esperienza che naturalmente è alla portata anche di tutti i papà, che in questo modo, secondo me, possono stabilire con il neonato l’intimità che la mamma sperimenta già con l’allattamento.

IBW2013logo

C’è “portabimbo” e “portabimbo”, naturalmente. I marsupi tradizionali, quelli che permettono di tenere il bambino anche fronte strada, per intenderci, non mi convincono del tutto. Mi sembra che il piccolo viaggiatore sia in un certo senso “appeso” al corpo del genitore, distaccato da chi lo porta, precario nel suo equilibrio in movimento. Come una tartaruga che si rovesci accidentalmente sul proprio carapace. Preferisco l’approccio più intimo dei mei tai o delle fasce portabimbo, e il mio rimpianto più grande in materia di babywearing – a proposito, non trovate anche voi che sia un’espressione potentissima, “Indossare il proprio bambino”? Capovolge il punto di vista, rende il bimbo il vero protagonista dell’azione, piuttosto che un oggetto passivo del trasporto – è quello di non avere avuto a disposizione una fascia per le primissime settimane di vita di BigD (ho cominciato a portarlo verso i due mesi). Sono certa che gran parte del disagio legato alle cosiddette “coliche gassose” poteva essere risolto semplicemente tenendolo stretto a me. Ancora più stretto e ancora più a lungo.

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10 Ottobre 2013 0 Commenti
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Piccole avventure di una mamma canguro

by Silvana Santo - Una mamma green 30 Maggio 2013

Parco pubblico della città di provincia in cui vivo, una mattina di primavera. Passeggio con mio figlio che dorme placidamente nel marsupio ergonomico Tula (in realtà, a me sembra più una via di mezzo tra un marsupio ergonomico e un mei tai, qui c’è la mia recensione), prezioso regalo dei nostri amici di sempre. Davide è pancia a pancia con me, posso scorgere il suo musetto addormentato all’altezza del mio sterno). Un tizio di una certa età mi si avvicina con aria preoccupatissima e mi fa: “Signo’, ma sta dormendo!!!”. Il tono è quello di uno che ti avverte che il tuo bambino di pochi mesi sta facendo merenda con escrementi di ratto, o sta per infilare le dita in un’affettatrice di prosciutti. In funzione. Ancora sporca di mortadella ai pistacchi. Rassicuro il passante ansioso con aria perplessa – non capirò mai cosa lo angustiasse tanto – e proseguo.

Cambio di scena: negozio di frutta e verdura sotto casa. Un’amabile vecchina mi sorride, si complimenta per la bellezza di mio figlio – “Pare nu’ bambolotto!” – (per inciso, tra il ciuccio, il berrettino e il retro del marsupio, Davide è tanto bello quanto invisibile…) e si informa della comodità del “coso” che uso per portarlo in giro. Le rispondo che in effetti è molto pratico e che il bimbo ci fa delle grasse dormite. Lei sembra soddisfatta, accenna un sorriso, fa per allontanarsi e ricominciare ad occuparsi della scelta dei kiwi più succulenti, ma poi – è un attimo – cambia di colpo espressione: inarca un sopracciglio, tende i muscoli del collo, storce appena la bocca, solleva una mano con il palmo in fuori e mi dice: “Certo, è comodo, però non si sa mai: una storta, un inciampo, una caduta… Troppo pericoloso!”. Roba che al confronto Cassandra era benaugurante come un quadrifoglio di mezzo metro di diametro.
La tentazione è quella di lasciare sul banco cetrioli e banane (del fatto che i miei acquisti abbiano tutti una inequivocabile forma fallica ne vogliamo parlare?) e darmela a gambe levate recitando un mantra apotropaico, ma mi limito a garantirle che avrei affrontato le pericolose strade metropolitane con la massima attenzione. Se il mio didietro avesse avuto una targa – e viste le sue dimensioni attuali, la cosa avrebbe piuttosto senso – sono certa che la signora l’avrebbe prontamente annotata e comunicata all’assistente sociale di zona.

Tappa successiva: una nota cartoleria del centro. Scelgo un bigliettino di auguri e mi avvicino alla cassa per pagarlo. La proprietaria del negozio attacca con l’immancabile nenia “Quantoèbello-quantoha-maègrandissimo-prendeiltuolatte-lanottedorme-maèilprimofiglio-sembraunbambolotto…”, alla quale rispondo con ormai collaudatissimi sorrisi di cemento. Passano 30 secondi, non faccio in tempo a pagare i due euro e settanta che le devo, e la signora attacca: “Come sta bene in questo marsupio… Però…”. Eccolo, prevedibile quanto la calvizie senile di Piersilvio, il però. “Le manine ce le ha sistemate bene? Altrimenti rischia di farsi molto male!”. Non trovo di meglio da fare che risponderle con la semplice verità: Davide si è addormentato con le mani saldamente piazzate sulle mie tette.

Voi che dite: starà abbastanza comodo?

30 Maggio 2013 5 Commenti
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Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

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