Di occhiali nuovi e di figli che invecchieranno

by Silvana Santo - Una mamma green

Ieri ho comprato un paio di occhiali nuovi. Di quelli neri e con le lenti enormi che vanno tanto di moda adesso e che solo qualche anno fa nessuno avrebbe mai accettato di indossare neanche a pagamento. Quando sono andata a dormire mi sono sorpresa a posarli sul comodino con una insolita cautela. Non ho neanche ripiegato le stanghette, per dire. Ma da miope navigata so che si tratta di una delicatezza passeggera, di una cura momentanea che presto soccomberà al tempo, all’abitudine, alla frenesia quotidiana. All’indifferenza. Poche settimane e i miei occhiali, non più nuovi e forse già fuori moda, dovranno rassegnarsi allo stesso trattamento brusco e approssimativo dei loro numerosi predecessori. Inevitabile, per quanto ora mi ripeta che li ho pagati con soldi buoni e che devo averne cura.

È che la vita è così, purtroppo o per fortuna. E questo non vale soltanto per gli occhiali. Ieri sera, nel mio gesto di provvisoria attenzione verso quei due vetri ancora scintillanti, ho pensato a quando, appena qualche anno fa, una persona a cui voglio molto bene ha sfiorato la morte da molto vicino. L’ha abbracciata stretta, per essere più precisi. Ci ha ballato un tango struggente e appassionato. Ricordo il terrore da paralizzare il diaframma, da congelare le lacrime sotto le palpebre, da incastrare le parole al centro della gola. Poi, chissà per chi o per cosa, il sollievo, da respirare a pieni polmoni. Tango finito, la nera signora migrata verso altre milonghe. Dal lutto alla speranza in un solo momento, proprio quando ormai non sembrava più possibile. E non era neanche la prima volta che mi capitava, tra l’altro.

Ricordo la rivelazione potente di quanto la vita sia labile, di quanto perderla nel fiore degli anni e con una figlia nata da poco sia così disperatamente facile. Ricordo una presa di coscienza violenta e pacificante insieme: quante energie sprecate a pensare ad altro, a preoccuparsi “del resto”. La consapevolezza granitica che piangere senza una bara davanti sia quasi oltraggioso, o per lo meno inutile. Ma si sa, la vita è così, purtroppo o per fortuna. Certe verità, per quanto scolpite nel marmo, sono fatte per essere dimenticate. Passata l’emozione, smaltita la chimica, si torna a dare per scontato quello che in fondo non lo è: inspirare, espirare. Atrio destro, ventricolo destro, arteria polmonare, ventricolo sinistro. Si ricomincia a gettare gli occhiali dove capita, a sedercisi sopra, a brutalizzarli con noncuranza.

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Mi chiedo, e forse ho un po’ paura di scoprire la risposta, se accada lo stesso con i propri figli. Mesi e anni passati a sfiorarli con delicatezza quasi innaturale, decisioni spicciole pesate come se stabilissero il destino dell’umanità (meglio la ciniglia o il caldo cotone?). Particolari di poco conto che scatenano faide familiari, discussioni con altri genitori, isterismi e alzate di scudi (mia suocera gli ha dato una caramella prima di cena!). La paura strisciante e onnipresente di fare del male ai propri eredi, di sciuparli, di rovinarli. Di spezzarli, in tutti i sensi che questa parola può contenere. Sono certa che se i bambini avessero le stanghette, la maggioranza delle mamme – io per prima – li metterebbe a dormire sul comodino senza neanche ripiegargliele. Così, per stare più sicuri.

Ma quei figli piccoli e teneri diventeranno più alti di noi. Avranno ossa forti e spalle larghe, passi saldi e voci sicure. Diventeranno grandi e, chi lo sa, forse diventeranno “normali”. Forse verrà, per tutti noi, il giorno in cui avere un figlio non sarà più quella cosa così incredibile e disarmante che è adesso. E allora non ci faremo scrupoli a strapazzarli, a graffiare (con le parole, per lo meno) quelle lenti fragili che noi stessi abbiamo forgiato. A gridare loro in faccia quanto siano impossibili e sbagliati, quanto ci deludano e ci facciano soffrire. A lamentarci di loro, a mettere in discussione le loro decisioni, a criticarli e a pretendere qualcosa in cambio della dedizione che gli abbiamo riservato quando erano così piccoli e teneri. Quando erano nuovi. Non so proprio se questo accada alla maggioranza dei genitori, non posso dire, per fortuna, che sia successo ai miei, e soprattutto non ho la più pallida idea se, un giorno, possa accadere a me. Ma il tempo passa, le mode cambiano e gli occhiali, prima o dopo, si graffiano. La vita è così, purtroppo o per fortuna.

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4 Commenti

zonerrogene 19 Dicembre 2013 - 12:26

Non ho figli ma con gli occhiali ho lo stesso atteggiamento.
Per una settimana li tratto con cura maniacale. Dalla seconda settimana ci manca poco che li usi come fermaporta.
Una riflessione sul modello: neri con le lenti enormi. Secondo me sono tornati di moda da quando li ha messi Arisa a Sanremo 😀
Buffa cosa le mode
Alex

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Silvana - Una mamma green 19 Dicembre 2013 - 14:09

Io so solo che ho preso in giro per anni mia madre per le sua foto anni 70 con quei fanali sulla faccia. E adesso sembro Steve di Otto Sotto Un Tetto 🙂

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Silvana - Una mamma green 19 Dicembre 2013 - 14:10

Ps. Non me ne vogliano le mamme, ma i lettori senza figli sono i miei preferiti.

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zonerrogene 19 Dicembre 2013 - 14:18

ah ah ah. Tu dovresti vedere le facce che faccio quando leggo cose tipo le recensioni del cuscino Bamboo Baby di Picci Naturelle. Hai presente una mucca davanti ad un’equazione? Non ci capisco nulla….ma mi affascina. E alla fine mi viene voglia di comprarmi il cuscino. Come quando da ragazzino guardavo lo chef Tony che presentava i coltelli Miracle Blade serie PERFETTA 🙂
I post come questo mi sono più congeniali, lo ammetto. E mi permetto di commentare con quasi cognizione di causa 🙂
Complimenti comunque per il blog 🙂
Alex

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