Una mamma green
  • HOME
  • CHI SONO
    • DICONO DI ME
    • MEDIAKIT
    • IL MIO CURRICULUM
  • ESSERE MADRE
  • ESSERE GREEN
    • MENO PLASTICA
    • ABBIGLIAMENTO SOSTENIBILE
    • COSMETICI BIOLOGICI
    • PANNOLINI ECOLOGICI
    • NATURA
    • RIMEDI NATURALI
    • ANIMALI
    • ALLATTAMENTO
    • BABYWEARING
    • COSLEEPING
  • ESSERE IN VIAGGIO
    • CAMPANIA
    • ITALIA
    • EUROPA
    • MONDO
  • COLLABORAZIONI
  • CONTATTI
Una mamma green
  • HOME
  • CHI SONO
    • DICONO DI ME
    • MEDIAKIT
    • IL MIO CURRICULUM
  • ESSERE MADRE
  • ESSERE GREEN
    • MENO PLASTICA
    • ABBIGLIAMENTO SOSTENIBILE
    • COSMETICI BIOLOGICI
    • PANNOLINI ECOLOGICI
    • NATURA
    • RIMEDI NATURALI
    • ANIMALI
    • ALLATTAMENTO
    • BABYWEARING
    • COSLEEPING
  • ESSERE IN VIAGGIO
    • CAMPANIA
    • ITALIA
    • EUROPA
    • MONDO
  • COLLABORAZIONI
  • CONTATTI
Categoria:

essere madre

non sono una madre perfetta
essere madre

Non sono una madre perfetta

by Silvana Santo - Una mamma green 8 Ottobre 2019

Non sono una madre perfetta. Non lo ero quando vi stringevo smarrita al mio seno turgido di latte e di vene azzurre, non lo ero quando tenevo forte le vostre minuscole mani, aggrappate alle mie nell’urgenza traballante dei primi passi, non lo ero quando camminavo attonita nella luce del primo mattino, spingendo il passeggino, tenendovi in fascia, portando su di me il peso delle vostre esistenze in ogni possibile accezione, letterale e metaforica.
Non sono una madre perfetta, e mai lo sono stata, ad eccezione forse di qualche momento in cui la purezza dell’amore e la pienezza della verità ci hanno investito di meraviglia, regalandoci attimi da consacrare all’eternità della memoria. Alla profondità delle radici.

Non sono una madre perfetta. Non lo sono quando mi scopro perplessa perché vi scopro diversi da quello che credo di volere per voi. Non abbastanza forti, non abbastanza liberi, non abbastanza sicuri e felici. Non sono una madre perfetta quando agisco come credo di dover fare, e non come sento che sia giusto fare. Quando non riesco a trovare abbastanza energia per risalire la corrente, una volta e un’altra ancora, e così mi abbandono alla risacca, arresa al veleno lento del conformismo e dell’omologazione. Non sono una madre perfetta quando non sono me stessa. Quando non riesco a dire di no, quando permetto ai sensi di colpa di decidere al posto mio. Quando spingo i miei bisogni in fondo alla fila delle priorità. Non sono una madre perfetta quando vi offro lo spettacolo patetico e l’esempio nefasto di una madre incapace di scegliere in nome del proprio bene, incapace di perseguire la propria felicità.

Non sono una madre perfetta quando proietto su di voi quelle che sono ferite soltanto mie. Quando credo di dovervi proteggere dai miei stessi fantasmi, quando ingaggio per voi una lotta che invece sono io a dover combattere. Soltanto per me stessa.

Non sono una madre perfetta quando perdo la pazienza. Quando strillo, quando minaccio, quando strattono. Quando finisco col farvi paura. Non sono una madre perfetta quando lascio che si esauriscano le estreme risorse di pazienza, di immedesimazione e di ascolto. E allora strillo, minaccio, strattono. E vi faccio paura.

Non sono una madre perfetta quando, per stanchezza o fragilità, concedo cose che vi dovrei negare, e quando, per pregiudizio e chiusura mentale, nego cose che fare bene a concedervi. Non sono una madre perfetta quando dimentico che prima di essere stata madre sono stata figlia, che figlia lo sono ancora e lo resterò per il resto dei miei giorni, anche quando sarò ormai soltanto una madre.

Non sono una madre perfetta, né lo diventerò man mano che vi guarderò crescere dinanzi al mio sguardo. Non lo diventerò quando avremo disseminato il nostro giardino comune di reciproche delusioni, di cicatrici sbiadite, di ferite più o meno inconsapevoli. Quando la vostra fiducia incondizionata di bambini avrà lasciato spazio all’orgoglio e all’autonomia della gioventù. E quando l’insicurezza della mia gioventù si sarà forse arresa – ma speriamo di no – all’arroganza della maturità. Quando il terreno rassicurante delle abitudini condivise avrà ceduto il posto alle sabbie mobili della distanza e dell’assenza.

Non sono una madre perfetta, e mai lo sarò. Sono talmente lontana dalla perfezione da aver pensato centinaia di volte di aver osato troppo, nel diventare madre di figli. Di essermi concessa un lusso che non mi spettava, di essermi arrogata un diritto che non era mio.

Non sono una madre perfetta. Ma sono, se non altro, una madre che non si accontenta di fare meramente “del suo meglio”. Che ogni giorno si impone un esame di coscienza – che a volte è travaglio e tormento – per cercare dentro di sé un essere umano sempre migliore, o perlomeno una versione più accettabile di se stessa. E magari questo non basterà a salvarvi dagli errori che riceverete in eredità da vostra madre, ma è ragionevole che salvi vostra madre, un giorno, dal morso del rimpianto (che pure lei conosce così bene).

Non sono una madre perfetta. Ma nemmeno voi, in fondo, siete figli perfetti. Eppure questo non mi impedisce di amarvi con la forza della testa, della pancia, delle mani e del cuore. Speriamo che sia vero anche il contrario, e che possiate amare questa madre che combatte da una vita contro la sua perfetta imperfezione.

8 Ottobre 2019 2 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
avere figli aumenta l'autostima
essere madre

5 motivi per cui avere figli ha fatto impennare la mia autostima

by Silvana Santo - Una mamma green 3 Ottobre 2019

Lo avrete capito, dopo sei anni di blog e diverse centinaia di post: non sono mai stata una campionessa di autostima, e, visto il carattere che mi ritrovo, l’esperienza della maternità è stata spesso occasione di ulteriori dubbi, insicurezze e sensi di colpa. È altrettanto vero, però, che avere figli ha fatto impennare la mia autostima, almeno da certi punti di vista. Che sono ben lieta di condividere con voi!

1. Mi scambiano tutti per un’adolescente

Se già prima non ero avvezza a “mettermi in tiro”, e non ero certo un’appassionata di trucco e parrucco, da quando sono nati i bambini vado in giro quasi sempre in jeans, abiti da fricchettona o tenuta da Potterhead un po’ emo. La gamma delle mie calzature comprende solo sneakers, Birkenstock e stivali flat, e i miei capelli vengono sistematicamente acconciati con frontini, fasce colorate o code di cavallo. Va da sé che la gente tenda a scambiarmi per una teenager, con grandi benefici per la mia traballante autostima.

2. Leggo più e meglio di prima

Perché ai miei tanto amati romanzi (meglio se americani) si sono aggiunte centinaia di letture di ogni tipo condivise con Davide e Flavia. Non solo i classici, che è stato bellissimo riscoprire, ma una quantità di testi di autori contemporanei di straordinaria qualità, che ancora non conoscevo e che non avrei mai avuto occasione di leggere se non fossero nati i miei figli. Da Roald Dahl a Julia Donaldson, da Bruno Tognolini a Nicoletta Costa, il panorama delle mie letture si è arricchito immensamente da quando sono madre.

3. Sono diventata il mito del vicinato

Davide e Flavia sono tra i bambini più piccoli del vicinato. Io, di conseguenza, per quanto non sia certo di primo pelo, sono tra le mamme più giovani in circolazione. Al di là dell’anagrafe, sospetto inoltre di essere una di quei pochi adulti che, per citare nonno Saint-Exupéry, ricordano di essere stati bambini. Fatto sta che ogni volta che posso mi ritrovo in giardino a: tracciare schemi di “campana” coi gessetti; preparare miscele improbabili per le bolle di sapone; somministrare pasti alla colonia di gatti randagi; dirigere il traffico di biciclette e monopattini; raccogliere fiori e soffioni. Il tutto con uno stuolo di bambini al seguito, per i quali naturalmente sono una specie di essere mitologico mezzo mamma e mezzo Peter Pan.

4. Mio figlio di 7 anni conosce le canzoni degli Imagine Dragons

E le balla senza ritegno, con uno stile che nei primi anni Novanta avrebbe fatto semplicemente faville.

5. Ho il congelatore pieno di sughi fatti in casa

Io. Proprio io. Me stessa. Quella che negli anni di vita da fuori sede andava avanti col riso cantonese da asporto, le penne all’olio (giusto perché la pasta al tonno e le uova sode mi hanno traumatizzato da bambina, e ora davvero faccio fatica a mandarle giù) e la pietà delle coinquiline. Adesso ho un congelatore straripante di vaschette per il ghiaccio piene di sughi al pomodoro, alle zucchine, al basilico e alla ricotta. Una specie di miracolo della gastronomia, alimentato dalla consapevolezza di quanto costi sfamare una famiglia di quattro persone e da una discreta propensione al senso del dovere (eredità materna, suppongo). Un bel doping per la mia autostima. Peccato solo che ora la sopravvivenza di tutti noi dipenda in tutto e per tutto dal funzionamento del nostro congelatore. Che Elsa e Siberius veglino sulla mia casa per sempre.

3 Ottobre 2019 3 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
essere madre

Come fate a fidarvi ancora?

by Silvana Santo - Una mamma green 1 Ottobre 2019

Come fate a fidarvi ostinatamente di noi?
A credere ancora in noi, dopo che vi abbiamo deluso e mentito? Anche se a volte vi abbiamo tradito? Voi che mentite a vostra volta, ma solo con l’innocenza della vostra piccolezza, con il candore della vostra autenticità.

Come fate a non dubitare mai del nostro amore così imperfetto, claudicante, tremulo? Voi che dell’amore conoscete solo l’assoluta pienezza, la vertigine dell’abbandono, la poderosa verità. Come fate ad accontentarvi di quello che riusciamo a darvi, di quello che sappiamo, di quel poco che siamo in grado di essere?

Come fate a ricominciare ogni volta da zero, capaci non solo di perdonare, ma addirittura di dimenticare? I nostri sbagli, le promesse non mantenute, le sentenze sommarie, le bugie. Come fate ad affidare ancora a noi, giorno dopo giorno, la vostra stessa vita? A puntellarvi sulle nostre gambe barcollanti, a rifugiarvi nel nostro abbraccio esitante, a specchiarvi nella nostra immagine così confusa, così compromessa, così ipocrita?

Come fate a fidarvi ancora? A darci un’altra possibilità, e poi ancora un’altra e un’altra dopo di quella, giorno dopo giorno? Incrollabili nella certezza della nostra buona fede, granitici nella sicurezza del nostro amore fallace eppure indiscusso. Come fate a fidarvi con tanta passione, in un modo che da adulti si disimpara senza neanche accorgersene? Come fate a gettarvi a capofitto nelle amicizie che vi hanno già ferito, sorridendo sinceri a chi non ha saputo evitare di farvi del male?

L’infanzia, mi sembra, è il regno delle seconde possibilità. E delle terze, e delle centesime. Del perdono, della speranza giovane che non si arrende al disincanto. Il mondo della fiducia incondizionata (e qualche volta immeritata), che si rinnova nonostante tutto e nonostante noi. È quello che di luminoso e impalpabile viviamo prima di corazzarci con la pelle spessa della consapevolezza, prima di rifugiarci dietro il muro insondabile della diffidenza e del sospetto.

Diciamo sempre che dai nostri figli impariamo più di quanto non ci sia possibile insegnare loro. Ma la cosa più preziosa, probabilmente, non possono restituircela: ed è il dono di credere ancora. Nonostante tutto, nonostante noi.

1 Ottobre 2019 1 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
mio figlio ha paura del buio
essere madre

Mio figlio ha paura del buio

by Silvana Santo - Una mamma green 24 Settembre 2019

Mio figlio ha paura del buio. Sta per compiere sette anni e ha paura del buio.
Affronta senza riserve gli animali selvatici, le altezze vertiginose, gli aghi delle vaccinazioni, l’acqua profonda. Viaggia all’estero con la disinvoltura di un manager d’impresa, cambiando albergo ogni sera senza il minimo problema. Va a scuola con entusiasmo fin dal primo giorno, curioso e aperto alle novità. Eppure mio figlio ha paura del buio, e a volte fa un po’ fatica a relazionarsi con i bambini, specie se sono più grandi e se sono in gruppo. È ostinato, ma anche piuttosto insicuro, e questo finisce col calamitargli addosso la tracotanza di chi è più strutturato di lui, col trasformarlo nell’elemento fragile della situazione, quello più esposto alle battutine e al sarcasmo. All’ostracismo da parte della banda. Eppure, ogni tanto mi sorprende con una consapevolezza ragguardevole, per la sua età. Come quella volta in cui, tornando dal campo estivo, mi ha detto felice che amava giocare a pallavolo “anche se sono scarso, mamma”. Come quando proclama il suo diritto a fregarsene dei supereroi e delle macchine, anche “se piacciono a tutti i maschi”. Oppure quando infila nello zaino il suo quaderno preferito, nonostante sappia perfettamente che sarà preso in giro perché il quaderno ha in copertina un disegno “da piccoli”, o “da femmine”.

Mio figlio ha paura del buio, e questo ogni tanto mi preoccupa molto. Come ogni tanto mi preoccupa il fatto che lui sia molto incline al pianto, che tenda a dichiararsi “pessimo” o incapace, che ripeta con enfasi le considerazioni orribili sulla vita che a volte – mea maxima culpa – vomito fuori nei miei attacchi di nichilismo insanabile. Mio figlio ha paura del buio, e questo mi fa sentire profondamente responsabile, colpevole delle sue fragilità e delle sue insicurezze. Dell’ansia che non di rado lo attanaglia, perché lui, un po’ come sua madre, non si sente “mai abbastanza”.

Mio figlio ha paura del buio. Mio figlio piange molto. Mio figlio, a volte, ha qualche incomprensione nei giochi di gruppo dei coetanei. E la verità, forse, è che non c’è niente di così allarmante, o “patologico”, in questo. Che questo non fa di lui un individuo infelice, o predisposto a una futura infelicità. La verità è che tutti, adulti e bambini, conviviamo con delle nevrosi, con delle debolezze, con dei fantasmi di cui siamo più o meno consapevoli. Solo che quando si tratta dei nostri figli, tendiamo a raccontare (e forse a raccontarci) una storia diversa. A farne una narrazione parziale e univoca. Edulcorata e acritica. E così i figli degli altri, di quasi tutti gli altri, finiscono col sembrarmi, di solito, equilibrati e risolti, maturi, inseriti socialmente. Graniticamente “sereni”, per utilizzare una parola che piace tanto sfoderare alle madri, forse per rassicurare in primis se stesse sulla propria attitudine alla genitorialità. Sembrano più felici dei miei, se li guardo da lontano o attraverso le lenti dei social, delle parole che su di loro spendono i loro stessi genitori.

E invece mio figlio ha paura del buio, e a volte sembra che sia l’unico, tra i suoi coetanei. Peccato, o fortuna, che poi, a guardare le altre famiglie senza filtri o più da vicino, vengano fuori un po’ per tutti quelle umane e forse inevitabili crepe che sono tipiche di ogni persona, adulta o piccina che sia: e c’è chi rifiuta la scuola, chi non riesce a dormire, chi fa la pipì a letto, chi mangia troppo, chi ha degli scatti di rabbia o stenta a socializzare. C’è chi ha la fobia degli animali, del mare, della sporcizia. E chi, come mio figlio, ha paura del buio. Che venga fuori, come sempre, che nessun genitore è perfetto e nessun figlio – nessun essere umano – è privo di fragilità, di insicurezze, di limiti. Che venga fuori che nessuna esistenza, appena cominciata o già segnata dal tempo, è esente da momenti di infelicità, di paura e di solitudine. Solo che in pochi riescono a dirsi ad alta voce tutta la verità.

24 Settembre 2019 7 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
essere madre

E se pretendessimo troppo, dai nostri figli?

by Silvana Santo - Una mamma green 17 Settembre 2019

Generazione di smidollati, genitori incapaci di educare i propri figli, schiavi di “bambini dispotici e viziati”. Si leggono spesso disamine impietose sull’operato dei miei coetanei (diciamo dei genitori nati a cavallo tra gli anni ’70 e ’80) in veste di madri e padri, e sui danni permanenti che staremmo arrecando ai nostri bambini. Non c’è dubbio che in qualche caso si tratti di analisi veritiere e condivisibili, che si assiste da qualche tempo a una deriva che confonde la liberalità con il lassismo, l’autodeterminazione con l’anarchia, la tolleranza con la totale e cronica strafottenza. Ma è pur vero, forse, che a volte pretendiamo, dai nostri figli, che si comportino né più né meno come degli adulti. O, addirittura, con più equilibrio e saggezza di quanto non sappiamo fare noi, che adulti lo siamo davvero.

E così ci aspettiamo che un bambino piccolo assista magari al nostro shopping senza osare chiedere qualcosa per sé. Che mangi carote e cetrioli per merenda, mentre noi ci concediamo aperitivi a suon di spritz e noccioline americane. Che legga e studi (anche se forse noi siamo i primi a impiegare diversamente il nostro tempo libero), o che sappia dosare con buon senso le ore passate davanti a uno schermo, quando poi, noi per primi, lasciamo che la tecnologia ci rubi la maggior parte delle giornate. Pretendiamo dai bambini che siano “educati” e rispettosi, che siano empatici, che sappiano ascoltare e condividere. Eppure siamo i primi a derogare senza troppi scrupoli a questi stessi principi. Diamo per scontato che nel giro di pochi anni debbano imparare a gestire la stanchezza, la rabbia, la paura, la frustrazione, quando a noi, magari, non è bastata una vita per giungere allo stesso risultato.

Abbiamo dimenticato, probabilmente, come eravamo noi stessi da bambini. Io a volte dimentico, per esempio, di essere stata una bambina sì studiosa, “obbediente” e tranquilla. Ma anche molto insicura, pigra, incline al lamento, disordinata. Viziata con il cibo. E, più tardi, una ragazzina intransigente e rigida, egocentrica, a tratti anche un pochino stronza. Questo, però, non mi ha impedito di cambiare, almeno da alcuni punti di vista. Non mi ha impedito di diventare un’adulta che mangia (quasi) qualsiasi cosa, che tiene molto all’ordine, che non si stancherebbe mai di “fare”, di vivere, di andare e di imparare. Un’adulta con tanti difetti, ma che cerca ogni giorno di comportarsi bene con tutti, e che quando fallisce lo fa di norma in buona fede.

Ma non è che io sia stata folgorata a metà degli anni Novanta sulla via di Damasco. Sono cresciuta, semplicemente. Come cresceranno i nostri figli, quei bambini che a volte ci sembrano così inguaribilmente maleducati, capricciosi, insofferenti. Così “ingestibili”. E che invece, magari, sono soltanto piccoli. Che questo post sia una specie di promemoria per la sottoscritta: i bambini sono, per definizione, individui che si stanno ancora formando, e che hanno bisogno, per diventare adulti, di tempo, di esperienze, di pazienza. E di esempio, soprattutto (e su quello è vero che forse non siamo una generazione di campioni).

17 Settembre 2019 10 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
essere madre

Di bambini “bravissimi” (ma solo fuori casa)

by Silvana Santo - Una mamma green 5 Settembre 2019

“Che bravi, questi bambini”. “Complimenti, sono stati tranquilli per tutto il volo!”. “Ma davvero li porti nei musei? E stanno buoni?” Frasi che negli ultimi anni ho sentito decine di volte, e che mi fanno sempre sospirare con un pizzico di sarcasmo, al pensiero di quanto meno “buoni e tranquilli” siano i miei figli quando sono a casa. Se chiedessi ai miei vicini un parere sincero sulla questione, dubito che sarebbero concordi nel definire “educati e silenziosi” Davide e Flavia.

Non so se dipenda dal fatto che fuori casa – in viaggio, ma anche semplicemente al cinema, durante un picnic o una visita guidata – la gestione della noia è più semplice per dei bambini piccoli (anzi, il problema proprio non si pone). Oppure che quando sono impegnati in una qualsiasi attività finiscono col litigare meno tra di loro, o ancora se possa influire il fatto di vivere in un appartamento molto piccolo, dove gli spazi sono ristretti e limitanti, e giocoforza condivisi. Magari è un mix di tutti questi diversi fattori, fatto sta che bisticci, pianti e “capricci” sono decisamente più frequenti quando i miei figli si trovano in casa. Anche quando viaggiamo, in effetti, dopo poche ore passate in camera o in appartamento sentiamo tutti la necessità di uscire, per evitare di finire a discutere o di innervosirci.

Mi è capitato di sentirmi dire che forse sono troppo indulgente, che ho il cuore troppo “tenero” e i miei furbissimi bambini tendono ad approfittarsene. O, viceversa, che le manifestazioni di insofferenza dipendono dalla mia eccessiva rigidità nei confronti di Davide e Flavia (Sei bello, e ti tirano le pietre; sei brutto, e ti tirano le pietre).

Qualcuno invece sostiene che i bambini si sentano talmente a proprio agio solo al cospetto dei propri genitori, che siano, di fronte a loro, così sicuri di essere amati a prescindere dai propri difetti da concedersi “di mostrare il peggio di sé”, senza particolari remore. Come se i pianti, la reticenza, i conflitti, potessero essere manifestati solo in presenza di chi – mamma e papà, appunto – sarà disposto a perdonare ogni limite, perseverando nel proprio amore incondizionato. Io non so quanto ci sia di vero in questa teoria, ma so che a volte è davvero faticoso dover riuscire ad accogliere anche i lati o i momenti dei miei figli che meno mi vanno a genio.

Speriamo almeno che duri il più a lungo possibile la relativa tranquillità fuori casa. Così, se non altro, ho la scusa pronta per continuare a organizzare viaggi e uscite come se non ci fosse un domani.

5 Settembre 2019 6 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
ruolo materno
essere madre

Sono vostra madre, non un’amica

by Silvana Santo - Una mamma green 10 Luglio 2019

Da quando Davide e Flavia non sono più piccolissimi, passare il tempo con loro è diventato per me (anche) un vero e proprio divertimento. Viaggiare, giocare a carte per ore, andare al cinema, in gelateria, al ristorante, guardare un film sul divano, leggere insieme facendo “le vocine”, passare la domenica in piscina: godiamo della compagnia reciproca, ridiamo, ci prendiamo in giro. Costruiamo un linguaggio comune di scherzi, sfottò e riferimenti che, mi auguro, ricorderemo per tutta la vita. È la parte migliore, per certi versi, dell’avere figli della loro età, non più minuscola ma ancora relativamente lontana (o almeno lo spero) dall’indifferenza, dal distacco e forse dal conflitto che mi toccheranno durante la loro adolescenza. Quella parte che compensa, almeno un po’, i momenti di colossale stanchezza e l’impegno quotidiano che richiede lo sforzo educativo di questi anni.

A volte però mi viene il dubbio che i miei figli possano fraintendere il mio ruolo. Che possano “dimenticare” che sono una madre, con le sue responsabilità precise, e scambiarmi per una specie di amica. Una cosa che mai vorrei, e che penso sarebbe controproducente non solo ai fini del loro sviluppo personale, ma anche dell’evoluzione del nostro rapporto nel lungo termine.

“Sono vostra madre, anche se mi diverto a giocare con voi. Anche se con voi scherzo e se mi lascio prendere in giro. Anche se condividiamo sinceramente un sacco di interessi, se mi stanno a cuore le cose che vi piacciono, se il vostro parere per me conta praticamente sempre. Anche se vi parlo spesso come a dei pari, se vi dico le cose come stanno, se mi mostro ai vostri occhi per quello che sono davvero. Anche se sono sempre al vostro fianco, se piango con voi e rido con voi. Anche se di solito ho la presunzione di credere di riuscire a capirvi come nessun altro al mondo (ma questa, lo so bene, è un’illusione che non durerà)”.

I miei figli potranno scegliere, negli anni, tutti gli amici che vorranno. Hanno già cominciato, in effetti, mostrando di avere le idee chiare e, di solito, una certa lungimiranza. Potranno essere amici tra loro, ed è quello che spero con tutto il cuore per il futuro di tutti noi. Io, però, sono una cosa diversa, e sempre lo sarò. Mi troveranno dalla loro parte, finché avrò vita. Mi sforzerò di comprenderli, anche quando le loro scelte saranno molto distanti da quelle che farei io. E confido che sapremo sempre ridere insieme, anche quando il tempo avrà cambiato drasticamente le nostre vite. Ma non sono una loro amica e non lo sarò mai, anche se loro sono a volte i migliori compagni di avventure che potrei desiderare.

10 Luglio 2019 3 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
essere madre

I figli non ti avvisano prima

by Silvana Santo - Una mamma green 12 Giugno 2019

I figli non ti avvisano prima.
Non ti danno segnali del cambiamento incipiente, non mandano preavvisi e allerte che ti consentano di prepararti, in qualche modo. I figli, semplicemente, crescono. E lo fanno a volte con delle epifanie improvvise, con degli strappi bruschi e dei balzi estemporanei. Il giorno prima vengono a infilarsi nel tuo letto in piena notte, il giorno dopo smettono di farlo per sempre (o almeno per qualche decennio). E tu magari neanche te ne rendi conto, lì per lì. Prendi atto con soddisfazione della nottata di sonno ininterrotto, ignorando che quella a cui avevi assistito il giorno prima, senza averne la minima coscienza, era la celebrazione di una delle vostre ultime volte.

I figli non ti avvisano prima, quando smettono di aver bisogno di te per qualcosa che fino a quel momento ti aveva visto indispensabile. Non ti comunicano che sarà proprio quello, l’ultimo pomeriggio in cui ti chiederanno di giocare insieme a loro. Non ti concedono il lusso di goderti quell’ultima volta, di assaporarla con consapevolezza, di astenerti, forse, dal pensare a quanto esigua è la tua voglia di stare lì a distribuire carte e lanciare dadi.

Forse è proprio questo, il bello, a pensarci bene.

I figli sono come la vita, che non ti avverte prima delle frustate né delle soddisfazioni in arrivo. Sono la personificazione dell’imprevedibile, della sorpresa, dell’equilibrio instabile (che non per forza deve voler dire labile, o precario). Sono il monito quotidiano a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, perché per certi versi è sempre così, con loro: domani saranno diversi da quello che sono stati oggi, anche se nessuno ti avvisa del cambiamento in atto.

12 Giugno 2019 0 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
essere madre

Siamo tutte neomamme, per sempre

by Silvana Santo - Una mamma green 31 Maggio 2019

Porti tuo figlio in pancia per nove mesi, o un po’ meno. Oppure lo vai a prendere in un istituto, in una casa famiglia, in una struttura per bimbi senza famiglia. In ogni caso, ti ritrovi madre all’improvviso, del tutto ignara, impreparata, inconsapevole. E non importa quanti libri tu abbia letto, quanta esperienza tu possa avere come educatrice, maestra o baby sitter. Non importa quanti fratelli o nipotini abbia contribuito a tirare su. La verità è che non hai la minima idea di quello che stia accadendo. Improvvisi, navighi a vista, ricorri in qualche modo al tuo istinto e al retaggio dell’educazione che tu stessa hai ricevuto, dell’esperienza che hai fatto da figlia (nel tentativo di replicarla o di prenderne le distanze). Soprattutto, ti addestri giorno dopo giorno a interpretare i segnali criptati che ti manda tuo figlio. A leggere i suoi bisogni inintelligibili. A districarti tra dubbi, fallimenti, difficoltà e imprevisti. A perseguire, o meglio tentare di perseguire, il bene di tuo figlio.

Sei una neomamma, sei inesperta, sei una pioniera. Un’improvvisatrice, una creativa. Una funambola. Ma si tratta, a ben vedere, di una condizione solo apparentemente temporanea. La verità è che resti inesperta e ignara per tutta la tua esistenza di genitrice. Impari in fretta a cambiare un pannolino, a lavare tuo figlio senza lessarlo o fartelo scivolare via dalle mani, a preparare ettolitri di brodo vegetale, a sterilizzare un biberon, allattare in un mezzo pubblico, leggere facendo le vocine, cantare la ninna nanna con la modulazione più efficace. Ma non fai in tempo a sentire di aver acquisito una certa padronanza della situazione, che tuo figlio diventa qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che avevi imparato a conoscere. Cambiano le sue esigenze, le sue necessità, i gusti e le sue preferenze. Cambiano le cose di cui ha bisogno, e che tu devi riuscire in qualche modo a dargli.

Fare il genitore significa esistere in un equilibrio precario e incessantemente mutevole. Anzi, significa inseguire un equilibrio che di solito ti sfugge dalle mani nell’attimo esatto in cui ti illudi di averlo raggiunto. Significa dover conoscere e riconoscere tuo figlio ogni giorno, perché ogni giorno lui cresce e cambia, anche in profondità, a volte senza causa apparente e non sempre nella direzione che ti aspettavi o che auspicavi per lui, per voi. Significa ritrovarsi di continuo a dover sparigliare le carte e ricominciare da capo, perché quello che per mesi, fino al giorno prima, aveva più o meno funzionato – linguaggi, rapporti, abitudini, piccole e grandi liturgie quotidiane – all’improvviso ha perso di efficacia. E allora tocca cambiare registro, mettersi in discussione, ripensarsi e tentare ancora e ancora. Ripartire dal via, o quasi.

Siamo tutte neomamme, sempre e per sempre. Inchiodate a un’imprevedibilità che, se vale per ogni aspetto della vita, e in definitiva per la vita stessa, vale anche di più per un essere umano in evoluzione rapida e continua. E di cui hai la responsabilità per molti anni. Perché al “mestiere” del genitore non è, credo, applicabile, il concetto ordinario di esperienza: puoi aver tirato su tuo figlio fino alla maggiore età per ritrovarti all’improvviso disarmato da una scelta che non ti aspettavi, da una condizione inedita, da una situazione ancora sconosciuta. E sentirti comunque impreparato come quando ti hanno piazzato tuo figlio appena nato tra le braccia.

Siamo tutte neomamme, per sempre. Navighiamo a vista, senza bussola e con delle coordinate che ci cambiano continuamente tra le mani.

31 Maggio 2019 0 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
preghiera mamme
essere madre

Preghiera laica di una madre

by Silvana Santo - Una mamma green 23 Maggio 2019

Sono una madre, e questa è la mia preghiera laica. La mia muta invocazione, la mia supplica ecumenica.

Che mai venga meno, dentro di me, la memoria della mia infanzia. Della libertà selvatica che mi animava e che piano piano ho dovuto addomesticare. Della necessità fisica di fantasticare, di inventare, di plasmare il mondo e il tempo a immagine e somiglianza dei miei sogni. Della disperazione con cui desideravo, della furia con cui mi arrabbiavo, del trasporto con cui amavo.

Che mi sia concesso tempo. Il tempo quotidiano per indugiare in un abbraccio, in un silenzio, in una fantasia. Il tempo per leggere e quello per danzare, il tempo per ridere, per inventare, il tempo per asciugare le lacrime e quello per piangere insieme. Il tempo per sognare e per rallentare. Il tempo per perdonare. Il tempo per capire, o perlomeno provarci. Il tempo per aspettare e quello, soprattutto, per ascoltare.

Che mi sia regalato tempo a sufficienza per esserci, domani, dopodomani e il giorno dopo ancora. Anno dopo anno, finché ai miei figli servirà davvero una madre a proteggerli, a incoraggiarli, a cullarli. A perdonarli sempre e insegnare loro a perdonarsi a propria volta. Che mi sia regalato il privilegio di vedere i miei figli diventare adulti.

Che fiorisca dentro di me la pazienza, ogni giorno. La forza per tenere a bada il peggio di me. La coerenza per concedere quello che io stessa mi concedo, la misericordia per perdonare quello che vorrei mi fosse perdonato. La maturità per accettare quello che non riesco a comprendere. La dignità per riconoscere i miei sbagli, l’intelligenza di essere indulgente nei miei confronti.

Che non mi manchi mai la speranza. La capacità di credere nella possibilità del cambiamento e la volontà sufficiente a realizzarlo. Che la consapevolezza dell’età non uccida mai l’innocenza e l’ingenuità e il candore. Che non ammazzi, soprattutto, la follia dell’idealismo.

Che il mio cuore sia risparmiato dal senso di colpa, o che ne sia perlomeno alleggerito. Che sia liberato e assolto, che possa perseguire la pienezza della felicità, per dare ai miei figli l’insegnamento più grande che una madre possa dare: siamo al mondo per essere felici. Ne abbiamo il diritto e ne abbiamo il dovere.

Sono una madre, e questa è la mia laica preghiera: che la paura di sbagliare e il mio bisogno d’amore non annacquino il mio senso di responsabilità nei confronti dei miei figli. E che, viceversa, il senso del dovere non delegittimi mai, ai miei stessi occhi, il sacrosanto desiderio che i miei figli mi amino.

23 Maggio 2019 2 Commenti
0 FacebookTwitterPinterestEmail
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
  • 6
  • …
  • 35

Seguimi!

Facebook Twitter Instagram Linkedin

Chi sono

Chi sono

Mi chiamo Silvana Santo e sono una giornalista, blogger e autrice, oltre che la mamma di Davide e Flavia.

Il mio libro

Rubriche

Mi trovi anche su:

 

 

 

Archivi

Cookie Policy

Unamammagreen su Instagram

  • Facebook
  • Twitter
  • Instagram

@2011/2021- All Right Reserved. Designed by DigitalStylist


Torna su